Cass. Sez.III 18920 del 8 maggio 2014 (ud.18 mar. 2014)
Pres. Squassoni Est. Pezzella Ric. Di Palma
Urbanistica. Lottizzazione abusiva cessazione della permanenza nel reato per ciascun acquirente
In tema di lottizzazione abusiva, la permanenza del reato per gli acquirenti dei singoli lotti prosegue sino a quando continua l'attività edificatoria nel lotto di riferimento in quanto il singolo compratore, non avendo dato causa all'intera operazione lottizzatoria, risponde nei limiti della propria partecipazione, realizzata attraverso l'attività negoziale o edificatoria nel proprio lotto, e non anche dell'attività edificatoria eseguita negli altri lotti.
1. Con ordinanza del 21.6.2013 il Tribunale di Brindisi rigettava l'appello cautelare reale relativamente al provvedimento di rigetto del GIP di Brindisi della richiesta di dissequestro avanzata da D. P.E..
Il GIP in data 6.11.2012 aveva disposto il sequestro preventivo dell'immobile sito in (OMISSIS), di proprietà di D.P.E..
I reati ipotizzati sono quelli di abuso d'ufficio e di lottizzazione.
In particolare, l'ipotesi di incolpazione prevede che, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, numerosi indagati, ciascuno consapevole delle altrui condotte, abbiano realizzato in (OMISSIS) (in Contrada (OMISSIS)) ville residenziali, in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti (e comunque non disponendo la redazione di un piano esecutivo e la stipula di una convenzione lottizzatoria adeguata alle caratteristiche dell'intervento di nuova realizzazione), così attuando una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio comunale ed un aggravio del carico urbanistico in zona agricola non urbanizzata o non sufficientemente urbanizzata.
Un ruolo centrale nell'attività delittuosa di cui all'ipotesi accusatoria riveste S.P., pubblico ufficiale, dirigente pro tempore da 2004 al 2008 dell'Ufficio tecnico del Comune di (OMISSIS), il quale rilasciava una serie di atti amministrativi a sua firma che si assumono illegittimi.
In particolare, avrebbe prima emanato una nota interpretativa del lotto minimo edificabile, riducendolo, e poi rilasciato 21 permessi di costruire in favore di altrettanti soggetti indagati, in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti all'epoca dei fatti, così intenzionalmente procurando un ingiusto danno al comune e un ingiusto vantaggio per i titolari dei permessi di costruire rilasciati. A questi ultimi viene imputato, pertanto, il concorso nell'abuso d'ufficio del pubblico dipendente, oltre che la lottizzazione in relazione ai singoli permessi per costruire ottenuti e le violazioni urbanistiche in relazione ai lavori realizzati sui loro fabbricati.
Con riguardo agli interventi edilizi di cui al LOTTO A, tra i quali anche quello dell'istante, la condotta contestata riguarda un'ipotesi di lottizzazione abusiva mista, negoziale e materiale, nell'ambito della quale la trasformazione del territorio è stata compiuta attraverso il frazionamento e la vendita dei lotti così ricavati e la realizzazione su di essi dei manufatti, eseguiti in base a permessi di costruire illegittimi in quanto rilasciati a soggetti privi dei requisiti soggettivi previsti.
2. Ricorre per cassazione, a mezzo dei proprio difensori, D.P. E., che deduce:
a. Violazione degli artt. 81, 157, 158, 159 e 160 c.p. in relazione agli artt. 110 e 81 cpv. cod. pen., del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 30 e art. 44, comma 1, lett. c) (capo a) nonchè in relazione all'art. 375 cod. proc. pen..
b. Violazione dell'art. 321 cod. proc. pen. in relazione all'art. 111 Cost., comma 7, all'art. 125 c.p.p., comma 3 e conseguente nullità dell'impugnata ordinanza per omessa o apparente motivazione in relazione alla dedotta intervenuta prescrizione dei reati ascritti di lottizzazione abusiva.
c. Violazione dell'art. 110 cod. pen. e art. 27 Cost. in relazione agli artt. 30 e 31 e art. 44, comma 1, lett. c) cit. D.P.R. in relazione all'art. 321 cod. proc. pen. Violazione dell'art. 2729 cod. civ. in relazione all'art. 192 c .p.p., comma 2.
Il ricorrente si duole che il Tribunale del riesame di Brindisi non abbia rilevato l'intervenuta prescrizione del reato di lottizzazione abusiva, unico per il quale sia stata chiesta la misura del sequestro preventivo. Intervenuta prescrizione che era stata affermata reiteratamente dalla difesa dell'odierno ricorrente anche con l'appello cautelare dell'aprile 2013, con la produzione di una serie di documenti che attesterebbe la fine dei lavori a far data dal 2007.
La violazione di legge si concretizzerebbe nel fatto che il tribunale del riesame accoglierebbe le doglianze del ricorrente di tipo giuridico, in ordine al termine di decorrenza della prescrizione, ma poi, in fatto, non ne farebbe uso.
Viene evidenziato come il tribunale brindisino, a pag. 3 dell'ordinanza, dichiari "di condividere l'assunto difensivo relativo al momento consumativo del reato, momento che non va individuato con quello del rilascio del certificato di agibilità, ma con quello dell'ultimazione dell'edificio che risulti concretamente funzionale e che possegga tutti i requisiti di agibilità o abitabilità, indipendentemente dal conseguimento del relativo certificato".
Il ricorrente rileva peraltro come da tempo la giurisprudenza di questa Corte Suprema abbia affermato che la realizzazione delle rifiniture interne ed esterne, degli intonaci e degli infissi segni il momento consumativo delle contravvenzioni contestate.
Ci si duole, perciò, che il tribunale brindisino abbia ritenuto che la documentazione prodotta, e in particolar modo le fatture inerenti gli arredi o quelle riguardanti le utenze attivate, gli intonaci e gli infissi, non provino in maniera sufficiente che l'immobile fosse ultimato strutturalmente e funzionalmente sin dall'estate del 2007.
Eppure - si lamenta - è lo stesso consulente tecnico del pm, per gli otto immobili del gruppo A, a sottolineare l'esistenza di finiture eccellenti, con arredi fissi e dotazioni impiantistiche degne di una elevata qualità residenziale, al contrario di quanto previsto dalla legislazione nazionale e regionale in materia di residenze agricole (finiture riferibili all'edilizia economica popolare).
Il ct. del PM - si ricorda - riferisce anche della realizzazione di ulteriori costruzioni abusive, per lo più in legno, destinate a deposito, legnaia, etc. ma anche a piscina (ma solo per alcuni lotti).
E' lo stesso ct. del pm dunque - si sottolinea in ricorso - ad affermare la presenza delle rifiniture e delle ulteriori costruzioni degli immobili oggetto di ispezione alla data del suo sopralluogo, avvenuto in epoca di poco successiva 6/4/2010.
Viene evidenziato, tuttavia, che vi era in atti la comunicazione di notizia di reato della Guardia di Finanza di (OMISSIS), che viene prodotta, la quale, in ordine alla pratica edilizia numero 27/2006 e al permesso di costruire del 17/8/2006 rilasciato a favore dell'odierno ricorrente, indica quale inizio dei lavori l'8/9/2006 e quali fine degli stessi il 21/2/2007.
Peraltro, il ricorrente fa rilevare che la medesima informativa di PG evidenzia come, per quanto riguarda gli immobili del gruppo A, gli ultimi lavori sono terminati 26/8/2008. Di talchè, anche a voler fare riferimento alla ultimazione del più recente tra i fabbricati del lotto A, ci si troverebbe di fronte ad un reato prescritto prima dell'esercizio dell'azione penale.
Il ricorrente, infatti, fa presente che non c'è stata interruzione della prescrizione - e quindi andrebbe calcolata una prescrizione di quattro anni- in quanto egli, a differenza degli altri coimputati non solo non ha reso interrogatorio, ma non ha mai ricevuto nemmeno invito a renderlo.
Ancora, ci si duole della mancanza dell'elemento soggettivo in ordine al reato di lottizzazione.
Si evidenzia, in particolare, che il ricorrente ha acquistato il terreno il 28/6/2006, quando non vi era ancora alcun altro immobile in fase di costruzione, e che il suo è stato il primo permesso di costruire, rilasciato il 17/8/2006.
D.P., secondo tale assunto, non aveva alcun elemento per prevedere che successivamente sarebbero stati rilasciati ancora sette permessi di costruire in quel lotto.
Si ribadisce che lo stesso aveva ultimato il rustico, come si evince dalla dichiarazione di fine lavori, il 21/2/2007, cioè solo alcuni giorni dopo che era stato rilasciato il secondo permesso di costruire, il n. 3/2007.
Insomma, la sua attività, secondo la tesi proposta, sarebbe stata completamente svincolata da quella dei suoi vicini.
Viene richiamata la giurisprudenza di questa Suprema Corte (tra cui sez. 3 n. 20671 del 20 marzo 2012, conf. sez. 3 n. 1966/2002 e n. 21715/2012, laddove si afferma che "in tema di lottizzazione abusiva la permanenza del reato per il venditore lottizzatore cessa solo con il completamento dell'attività edificatoria eseguita dagli acquirenti sui singoli lotti o con il verificarsi di interventi esterni incidenti sul reato, come il sequestro preventivo o l'intervento dell'ente territoriale competente, mentre per ciascuno dei singoli acquirenti che non hanno dato causa alla lottizzazione ex art. 41 cod. pen. cessa con la conclusione delle attività da ognuno di essi poste in essere sul proprio lotto".
Quindi, nei casi analoghi a quello in esame, riguardanti un singolo proprietario, che ha edificato in forza di un regolare permesso di costruire, la sentenza da ultimo richiamata avrebbe valorizzato il principio per il quale occorrerà, di regola, guardare alle condotte poste in essere dal singolo acquirente con riferimento al proprio lotto, compiendo un'analisi accurata circa la potenziale consapevolezza del singolo proprietario riguardo a condotte allo stesso del tutto estranee.
Proprio con riguardo alla lottizzazione "mista", come quella che qui ci occupa, viene fatto riferimento alla pronuncia 21715/2012 di questa Terza Sezione laddove si afferma che il concorso degli acquirenti dei singoli lotti proseguirà nella sua permanenza fino a quando continuerà l'attività edificatoria del proprio lotto e nella realizzazione di opere di urbanizzazione dell'area interessata alla lottizzazione; non può invece il singolo acquirente rispondere dell'ulteriore attività edificatoria realizzata negli altri lotti.
Chiede pertanto l'annullamento dell'ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso appare fondato, nei termini che si andranno a specificare, e pertanto l'impugnata ordinanza va annullata con rinvio al Tribunale di Brindisi.
2. Va ricordato, in premessa, che l'art. 325 cod. proc. pen. prevede, che contro le ordinanza in materia di riesame di misure cautelari reali il ricorso per cassazione possa essere proposto solo per violazione di legge.
La giurisprudenza di questa Suprema Corte, anche a Sezioni Unite, ha, tuttavia, più volte ribadito come in tale nozione debbano ricomprendersi sia gli "errores in iudicando" o "in procedendo", sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice (vedasi Sez. U, n. 25932 del 29.5.2008, Ivanov, rv. 239692; conf. sez. 5, n. 43068 del 13.10.2009, Bosi, rv. 245093).
Ancora più di recente è stato precisato che è ammissibile il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo, pur consentito solo per violazione di legge, quando la motivazione del provvedimento impugnato sia del tutto assente o meramente apparente, perchè sprovvista dei requisiti minimi per rendere comprensibile la vicenda contestata e l'"iter" logico seguito dal giudice nel provvedimento impugnato, (così sez. 6, n. 6589 del 10.1.2013, Gabriele, rv. 254893 nel giudicare una fattispecie in cui la Corte ha annullato il provvedimento impugnato che, in ordine a contestazioni per i reati previsti dagli artt. 416, 323, 476, 483 e 353 cod. pen. con riguardo all'affidamento di incarichi di progettazione e direzione di lavori pubblici, non aveva specificato le violazioni riscontrate, ma aveva fatto ricorso ad espressioni ambigue, le quali, anche alla luce di quanto prospettato dalla difesa in sede di riesame, non erano idonee ad escludere che si fosse trattato di mere irregolarità amministrative).
Di fronte all'assenza, formale o sostanziale, di una motivazione, atteso l'obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, viene dunque a mancare un elemento essenziale dell'atto.
3. Ciò premesso, ritiene il Collegio che nel caso all'odierno esame si sia in presenza di un deficit motivazionale tale da configurare l'errata applicazione di norme di diritto, in ordine all'ultimazione dei lavori e al dies a quo della prescrizione.
E' stato più volte sottolineato da questa Suprema Corte (cfr. in ultimo questa sez. 3, n. 21715/2012, Fedeli, non mass.) che il reato di lottizzazione abusiva ha carattere permanente ed è inquadrabile nella categoria dei reati progressivi nell'evento, la cui permanenza continua per ogni concorrente sino a che di ciascuno di essi perdura la condotta volontaria e la possibilità di fare cessare la condotta antigiuridica dei concorrenti.
Conseguentemente, il concorso del venditore lottizzatore permane sino a quando continua l'attività edificatoria eseguita dagli acquirenti nei singoli lotti, atteso che egli, avendo dato causa alla condotta edificatoria dei concorrenti, risponde, a norma dell'art. 41 cod. pen., dell'evento, che potrebbe fare cessare attivando il potere di sospensione della lottizzazione del sindaco, della L. 28 febbraio 1985, n. 47, ex art. 18, comma 7 o richiedendo il sequestro preventivo dal pubblico ministero.
La permanenza nel reato per gli acquirenti dei singoli lotti prosegue, invece, sino a quando continua l'attività edificatoria nel lotto di riferimento, atteso che il singolo acquirente non ha dato causa all'operazione lottizzatola e risponde nei limiti della propria partecipazione, realizzata attraverso l'attività negoziale o edificatoria nel proprio lotto (cfr. sez. 3, n. 20671 del 20.3.2012, D'Alessandro, rv. 252914).
Non potrà, invece, il singolo acquirente rispondere dell'ulteriore attività edificatoria realizzata negli altri lotti (cfr. Sez. Un. del 24.4.1992, Fogliani; sez. 3, del 15.10.1997, Sapuppo ed altri; sez. 3, 26.1.1998 Cusumano, sez. 3, n. 1966 del 15-12.2001, dep. 21.1.2002, Venuti ed altri, rv 220853; sez. 3, n. 20006 del 20.4.2011, P.M. in proc. Buratti e altri, rv 250387).
E' stato più specificamente precisato, in relazione ad un caso analogo a quello che ci occupa, che il momento consumativo del reato di lottizzazione abusiva "mista" si individua, per tutti coloro che concorrono o cooperano nel reato, nel compimento dell'ultimo atto integrante la condotta illecita, che può consistere nella stipulazione di atti di trasferimento, nell'esecuzione di opere di urbanizzazione o nell'ultimazione dei manufatti che compongono l'insediamento (sez. 3, n. 35968 del 14.7.2010, P.M. in proc. Rusani e altro, rv. 248483).
Il ricorso appare fondato in quanto la motivazione del Tribunale di Brindisi circa l'ultimazione dei lavori da conto della ritenuta irrilevanza della documentazione prodotta dalla difesa (fatture attestanti l'avvenuta attivazione delle utenze, l'intonacatura, l'acquisto degli infissi, dichiarazione di conformità dell'impianto termoidraulico e certificato di collaudo, etc.), ma non fornisce alcuna spiegazione circa quanto emergerebbe ex actis dalla comunicazione di notizia di reato della Guardia di Finanza - Compagnia (OMISSIS) da cui emergerebbe che l'immobile del ricorrente risulterebbe ultimato il (OMISSIS) e l'ultimo immobile del lotto (quello di M.L. pdc n. (OMISSIS).
4. Alla luce delle considerazioni finora svolte e dei principi di diritto sinora enunciati, consegue che necessita, ai fini dell'individuazione della cessazione o meno della permanenza del reato di lottizzazione abusiva nei confronti dell'indagato D.P. E., accertare in modo concreto ed esaustivo l'epoca non solo dell'ultimazione dell'immobile edificato dallo stesso, ma anche la data di ultimazione delle opere di urbanizzazione interessanti il cosiddetto lotto A. Si tratta di un accertamento necessario e preliminare ai fini della validità del sequestro preventivo de quo, non potendosi disporre detto sequestro se dovesse risultare che, alla data di emissione del provvedimento, il relativo reato come contestato in atti, era già estinto in sede di indagini preliminari, ossia prima ancora del promovimento dell'azione penale.
In tal senso, ai fini dell'esatto computo del termine prescrizionale, il giudice del rinvio dovrà poi verificare se via siano stati atti interruttivi della prescrizione e se effettivamente non vi sia stato, come deduce il ricorrente, alcun invito del PM a rendere interrogatorio.
5. Va annullata, pertanto, l'impugnata ordinanza del Tribunale di Brindisi, nei termini come sopra indicati, con rinvio a detto Ufficio giudiziario per un nuovo esame.
P.Q.M.
Annulla la ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Brindisi.
Così deciso in Roma, il 18 marzo 2014.
Depositato in Cancelleria il 8 maggio 2014