Consiglio di Stato Sez. IV n. 2173 del 17 marzo 2025
Urbanistica.Condono edilizio e limiti di cubatura

Il limite di 750 m³ previsto dalla legge per le nuove costruzioni non può essere eluso attraverso la ripartizione delle stesse in tante autonome unità. L’articolo 39 l. n. 724 del 1994, laddove ha previsto che il limite di 750 m³ di volumetria condonabile debba essere computato per le nuove costruzioni “per singola richiesta di concessione edilizia in sanatoria”, deve essere interpretato nel senso che nei casi in cui all’interno di un unico compendio immobiliare sia possibile individuare abusi ontologicamente diversi è possibile per essi presentare distinte richieste di condono (ciascuna delle quali soggiace al ridetto limite volumetrico), mentre in tutti gli altri casi resta fermo che dovranno essere le plurime istanze, sommate assieme, a non eccedere la volumetria di 750 m³. In definitiva, non può essere messa in discussione la ratio della legge, volta a impedire la sanatoria di nuove costruzioni oltre un certo limite di volumetria; volumetria quindi che non può che essere calcolata sull’intero immobile, a meno che le ripartizioni di esso non presentino caratteristiche particolari tali da giustificare una valutazione autonoma in sede di condono. Tutta la legislazione urbanistica e la giurisprudenza formatasi in materia di condono edilizio escludono la possibilità di una sanatoria parziale, sul presupposto che il concetto di costruzione deve essere inteso in senso unitario e non in relazione a singole parti autonomamente considerate. Pertanto, non è possibile scindere la costruzione tra i vari elementi che la compongono ai fini della sanatoria di singole porzioni di essa.

Pubblicato il 17/03/2025

N. 02173/2025REG.PROV.COLL.

N. 02080/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2080 del 2022, proposto da
Giuseppina De Gregorio, rappresentata e difesa dall'avvocato Antonio Maria Di Leva, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via Toledo n. 156;

contro

Comune di S. Agnello, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Giulio Renditiso, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Sesta) n. 5027/2021.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di S.Agnello;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, c.p.a;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 5 marzo 2025 il Cons. Roberto Michele Palmieri e viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso proposto innanzi al TAR Campania la sig.ra De Gregorio ha impugnato i provvedimenti nn. 23261/16, 23263/16 e 23264/16, di diniego dell’istanza di sanatoria edilizia relativa agli immobili di sua proprietà. A sostegno delle sue doglianze, ella ha premesso:

- di aver inoltrato, con istanza prot. n. 13462 del 30.12.1994, richiesta di concessione edilizia in sanatoria ai sensi della 724/1994 (n. progr. 25/724), in relazione ad opere eseguite in assenza di titolo edilizio presso l’immobile di sua proprietà ubicato nel Comune di S. Agnello, alla Via Galatea n. 2, identificato in catasto al Foglio 8, part.lla 960, sub 1), sub 2) e sub 3);

- che tali opere edilizie consistevano nella costruzione di un fabbricato su due livelli, per complessive tre unità immobiliari, adibite ad abitazione principale di essa richiedente (1° piano) e dei n. 2 figli Maria Laura Sannino e Ciro Sannino (piano terra), così distinte nella relativa scheda del Tecnico Comunale Istruttore: a) modello A/1, appartamento posto al primo livello, distinto in catasto al Foglio 8, part.lla 960, sub 101 (s.u. mq. 111,72 – s.n.r. mq. 7,92 = mq. 116,47; mc. 467,13); b) modello A/2, appartamento posto al primo livello, distinto in catasto al Foglio 8, part.lla 960, sub 102 (s.u. mq. 83,43 S.n.r. 7,92 = mq. 88,18, mc 350,74) c) modello A/3, appartamento posto al secondo livello, distinto in catasto al Foglio 8, part.lla 960, sub 103 (s.u. mq. 163,75, s.n.r. mq. 41,96 = mq. 188,921; mc 675,72);

- che, per ciascuna delle tre unità immobiliari, richiamati i relativi pareri favorevolmente espressi dalla CEI nella seduta del 01.07.2008, erano pervenuti tre distinti decreti a firma del competente Funzionario Responsabile, recanti l’autorizzazione paesaggistica ex art. 32 L. 47/85;

- che, preso atto dell’avvenuta definizione della fase di cui all’art. 32 L. 47/85, confluita nell’avvenuto rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche, il Comune segnalava, come da relativo parere favorevole, “... che per un miglior inserimento paesaggistico, dovranno essere eliminate tutte la parti aggettanti presenti sulle facciate ...”;

- di aver, pertanto, provveduto all’integrale produzione documentale, comunicata all’UTC con nota del 12.12.2008 assunta al protocollo comunale in data 15.12.2008, recante in allegato: 1) l’attestazione di avvenuto versamento integrale dei diritti di segreteria ed oblazione; 2) l’attestazione di conformità alle norme di attuazione del piano stralcio dell’assetto idrogeologico, 3) copia delle planimetrie e visure catastali; 4) copia delle pratiche 25/724 modelli A1 – A2 – A3;

- di aver, con la stessa nota del 12/15.12.2008, inoltrato istanza di rateizzo delle somme dovute per indennità risarcitoria ambientale e contributo di costruzione, riservandosi la costituzione di apposita polizza fideiussoria;

- che il Comune, con successiva comunicazione prot. n. 1689 del 30.01.2009: a) autorizzava la possibilità di rateizzo semestrale dell’indennità ambientale e del contributo di costruzione in un massimo di mesi trentasei, ribadendo l’avvenuta definizione della fase di rilascio del nulla osta ex art. 32 L. 47/85, il tutto maggiorato del tasso degli interessi legali, secondo i parametri della

DGC n. 67 del 26.04.2007, previa costituzione di idonea polizza fideiussoria a garanzia; b) dall’altro rappresentava dell’avvenuto integrale pagamento dei conguagli dei diritti di segreteria;

- di aver provveduto a quanto richiesto, mediante la costituzione di due polizze fideiussorie, trasmesse all’UTC con note prot. nn. 3868 dell’11.03.2009 e 6190 del 23.4.2009, rispettivamente per il contributo di costruzione e per il danno ambientale;

- che, con i provvedimenti impugnati, il Comune aveva disposto il rigetto della relativa istanza per ognuna delle tre unità immobiliari, a tal riguardo richiamando le relazioni del Tecnico Istruttore del 26.05.2009 e del 26.01.2011.

Per tali ragioni, la sig. De Gregorio ha chiesto l’annullamento degli atti impugnati.

Costituitosi in giudizio, il Comune di Sant’Agnello ha chiesto il rigetto del ricorso.

Con sentenza n. 5027/21 il TAR Campania ha rigettato il ricorso.

Avverso tale pronuncia giudiziale la sig.ra De Gregorio ha interposto appello, affidato ai seguenti motivi di gravame, appresso sintetizzati: 1) error in iudicando; violazione degli artt. 3, 10 bis e 21 octies l. n. 241/90; eccesso di potere; 2) error in iudicando; violazione degli artt. 39 l. n. 724/94, 3 l. n. 241/90 e 112 c.p.c; contraddittorietà; violazione del principio di tutela dell’affidamento; 3) error in iudicando; violazione dell’art. 35 l. n. 47/85; violazione dei principi generali in materia di autotutela.

Ha chiesto pertanto, in accoglimento dell’appello, e in riforma dell’impugnata sentenza, l’annullamento degli atti impugnati in primo grado. Il tutto con vittoria delle spese di lite.

Costituitosi in giudizio, il Comune di Sant’Agnello ha chiesto il rigetto dell’appello, con vittoria delle spese di lite.

All’udienza di smaltimento del 5.3.2025 – tenutasi in modalità di collegamento da remoto in videoconferenza, ai sensi dell’art. 87 co. 4-bis c.p.a. – l’appello è stato trattenuto in decisione.

2. L’appello, in relazione ai dedotti motivi di gravame, è infondato.

3. Con il primo motivo di gravame, l’appellante deduce la violazione dell’art. 10 bis l. n. 241/90.

Il motivo è attinto da un duplice elemento di infondatezza.

3.1. Sotto un primo profilo, questo Consiglio di Stato ha condivisibilmente chiarito che: “Con riferimento al condono edilizio, ... la violazione dell' art. 10-bis l. n. 241/1990 sia idonea a determinare l'annullamento del diniego di sanatoria, qualora, in base agli elementi deduttivi e istruttori forniti dalla parte privata, risulti indubbio che, nell'ipotesi di inosservanza delle disposizioni procedimentali in concreto violate, il contenuto dispositivo dell'atto sarebbe stato identico a quello in concreto assunto” (C.d.S, VI, 3.4.2024, n. 3050).

Orbene, nella specie, l’accertato superamento del limite volumetrico (750 m³) entro il quale può utilmente proporsi domanda di condono rende l’impugnato atto di diniego a contenuto sostanzialmente vincolato (il punto verrà ripreso infra). Per tali ragioni, il dedotto vizio assume natura non invalidante, non essendo in grado di incidere sul contenuto dispositivo degli atti odiernamente impugnati.

3.2. In secondo luogo, e ad abundantiam, rileva il Collegio che la comunicazione di avvio del procedimento di diniego di rilascio del titolo in sanatoria conteneva l’invito all’istante a prendere visione degli atti del procedimento, ivi inclusa la relazione istruttoria, nella quale si evidenziavano in maniera assolutamente chiara le ragioni del (verosimile) mancato accoglimento dell’istanza, rappresentate dal superamento del limite volumetrico (750 m³) normativamente richiesto ai fini in esame.

A fronte di tale comunicazione, l’odierna appellante ha ritenuto di rimanere inerte, impugnando poi i definitivi atti di diniego di rilascio dei titoli in sanatoria.

3.3. Per tali ragioni, le esigenze sottese al contraddittorio procedimentale sono state fatte salve, con la conseguenza che nessun vulnus alle garanzie partecipative risulta essersi verificato nella fattispecie in esame.

3.4. Ne consegue il rigetto del relativo motivo di gravame.

4. Con il secondo e terzo motivo di appello, che possono essere esaminati congiuntamente, per comunanza delle relative censure, l’appellante deduce l’illegittimità degli atti impugnati, per errore dell’Amministrazione in ordine ai criteri di computo del limite volumetrico, che nel caso di specie avrebbe dovuto essere calcolati per ciascuna unità immobiliare, trattandosi di abitazioni catastalmente e funzionalmente distinte tra di loro.

Inoltre, l’appellante lamenta, nella specie, la lesione del principio dell’affidamento, avendo il Comune già provveduto, nel corso del procedimento, al rilascio di tre distinte autorizzazioni paesaggistiche in sanatoria, oltre ad un parere parzialmente favorevole.

Le censure sono infondate.

5. Premette il Collegio che il limite di 750 m³ previsto dalla legge per le nuove costruzioni non può essere eluso attraverso la ripartizione delle stesse in tante autonome unità. Come ha chiarito la giurisprudenza amministrativa, l’articolo 39 l. n. 724 del 1994, laddove ha previsto che il limite di 750 m³ di volumetria condonabile debba essere computato per le nuove costruzioni “per singola richiesta di concessione edilizia in sanatoria”, deve essere interpretato nel senso che nei casi in cui “all’interno di un unico compendio immobiliare sia possibile individuare abusi ontologicamente diversi è possibile per essi presentare distinte richieste di condono (ciascuna delle quali soggiace al ridetto limite volumetrico), mentre in tutti gli altri casi resta fermo che dovranno essere le plurime istanze, sommate assieme, a non eccedere la volumetria di 750 m³” (Cd.S, IV, sent. n. 2693/2016).

In definitiva, non può essere messa in discussione la ratio della legge, volta a impedire la sanatoria di nuove costruzioni oltre un certo limite di volumetria; volumetria quindi che non può che essere calcolata sull’intero immobile, a meno che le ripartizioni di esso non presentino caratteristiche particolari tali da giustificare una valutazione autonoma in sede di condono. Sul punto, la Corte Costituzionale ha infatti chiarito che per “le nuove costruzioni è prevista la possibilità (derogatoria e, come tale, di stretta interpretazione) di calcolare la volumetria per singola richiesta di concessione edilizia in sanatoria per effetto della suddivisione della costruzione o limitazione quantitativa del titolo che abilita la presentazione della domanda di sanatoria” (Corte cost, sent. n. 302/1996).

Questo Consiglio ha ulteriormente precisato che il limite massimo di volume “per le nuove costruzioni (che, come tali, per la differenza di situazione oggettiva, non possono avere un parametro di preesistente riferimento non essendovi costruzione originaria) costituisce un limite unico (riferito alla nuova costruzione, complessivamente considerata con carattere unitario a prescindere dalle unità immobiliari ai fini catastali) ed assoluto, con un derogatorio temperamento (di stretta interpretazione) riferibile esclusivamente alle ipotesi eccezionali in cui è ammessa la scissione delle domande di sanatoria per effetto di suddivisione in autonome costruzioni o di limitazioni quantitative del titolo in base al quale si chiede il condono-sanatoria” (C.d.S, IV, sent. n. 3631/2017).

Tale orientamento è stato successivamente ribadito da questo Consiglio di Stato, che ha condivisibilmente affermato che: “Tutta la legislazione urbanistica e la giurisprudenza formatasi in materia di condono edilizio escludono la possibilità di una sanatoria parziale, sul presupposto che il concetto di costruzione deve essere inteso in senso unitario e non in relazione a singole parti autonomamente considerate. Pertanto, non è possibile scindere la costruzione tra i vari elementi che la compongono ai fini della sanatoria di singole porzioni di essa” (C.d.S, VI, sent. n. 2768/2022).

6. Tanto premesso, e venendo ora alla fattispecie in esame, rileva il Collegio che l’odierna appellante ha presentato in data 30.12.1994 istanza volta al rilascio di concessione edilizia in sanatoria, ai sensi della l. n. 724/1994.

In particolare, tale istanza faceva formalmente riferimento a tre appartamenti residenziali distinti, ma facenti parte di un unico fabbricato di circa 1500 m³, così distinti:

-modello A/1, appartamento piano terra sub 101;

-modello A/2, appartamento piano terra sub 102;

-modello A/3, appartamento piano primo sub 103.

Orbene, trattandosi di un immobile facente parte di un unico fabbricato, e appartenente, al momento della presentazione dell’istanza di condono, ad un unico proprietario, esso deve ritenersi sostanzialmente unitario, con la conseguenza che il successivo frazionamento immobiliare non è idoneo – per le ragioni prima esposte – a far perdere tale caratteristica, diversamente venendo eluse quelle finalità di governo del territorio e prevenzione degli abusi maggiori, che la legislazione condonistica ha invece inteso perseguire.

Per tali ragioni, del tutto legittimamente l’Amministrazione ha negato il rilascio dei chiesti titoli in sanatoria, difettandone un imprescindibile elemento costitutivo, id est la volumetria realizzata, pari a 1500 m³, maggiore pertanto del limite massimo assentibile (750³).

7. Alla stessa stregua, va rigettata l’ulteriore censura di parte appellante, che lamenta la lesione del principio di tutela dell’affidamento, in considerazione del lungo lasso di tempo decorso dalla presentazione dell’istanza di condono, e della presenza di pareri istruttori in parte favorevoli. Ciò in quanto il Consiglio di Stato, nella sua più autorevole composizione, ha condivisibilmente chiarito che: “Il tempo trascorso (in ipotesi, anche rilevante) fra il momento della realizzazione dell'abuso e l'adozione dell'ordine di demolizione non determina l'insorgenza di uno stato di legittimo affidamento e non innesta in capo all'amministrazione uno specifico onere di motivazione. Ciò in quanto il decorso del tempo, lungi dal radicare in qualche misura la posizione giuridica dell'interessato, rafforza piuttosto il carattere abusivo dell'intervento (in tal senso - ex multis -: Cons. Stato, VI, 27 marzo 2017, n. 1386; id., VI, 6 marzo 2017, n. 1060)” (C.d.S, AP n. 9/17).

8. Alla luce di tali considerazioni, i relativi motivi di gravame sono infondati e vanno dunque disattesi.

9. Con il quarto motivo di ricorso l’appellante deduce l’avvenuta formazione del silenzio-assenso sull’istanza in esame, avendo ella corredato l’istanza di tutta la prescritta documentazione e non essendosi il Comune pronunciato entro il termine di ventiquattro mesi previsto dall’art. 35 co. 18 l. n. 47/85.

Il motivo è infondato.

Per condivisa giurisprudenza amministrativa, anche di questo Consiglio di Stato: “La formazione tacita dei provvedimenti amministrativi per silenzio assenso presuppone, quale sua condizione imprescindibile, non solo il decorso del tempo dalla presentazione della domanda senza che sia presa in esame e sia intervenuta risposta dall'Amministrazione, ma la contestuale presenza di tutte le condizioni, i requisiti e i presupposti richiesti dalla legge, ossia degli elementi costitutivi della fattispecie di cui si deduce l'avvenuto perfezionamento, con la conseguenza che il silenzio assenso non si forma nel caso in cui la fattispecie rappresentata non sia conforme a quella normativamente prevista” (C.d.S, IV, sent. n. 1177/2023).

Senonché, nella specie, non sussistevano i presupposti per il rilascio del titolo in sanatoria, in quando l’immobile oggetto di condono, considerato nella sua unitarietà, eccedeva il limite massimo volumetrico previsto ai fini del condono (750 m³).

Per tali ragioni, in difetto di un elemento costitutivo della domanda, non si è formato alcun titolo per silentium, non potendo l’appellante conseguire, a seguito dell’inerzia del Comune successiva alla sua istanza, un’utilità maggiore di quella derivante dall’adozione di un provvedimento espresso.

10. Alla luce di tali considerazioni, l’appello è infondato.

Ne consegue il suo rigetto.

11. Sussistono giusti motivi, legati alla natura delle questioni esaminate, per la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 5 marzo 2025 – tenutasi in modalità di collegamento da remoto in videoconferenza, ai sensi dell’art. 87 co. 4-bis c.p.a. – con l'intervento dei magistrati:

Giovanni Sabbato, Presidente FF

Carmelina Addesso, Consigliere

Ugo De Carlo, Consigliere

Annamaria Fasano, Consigliere

Roberto Michele Palmieri, Consigliere, Estensore