Cass. Sez. III n. 14287 del 5 aprile 2023 (CC 11 gen 2023)
Pres. Andreazza Est. Aceto Ric. Mazziotti ed altri
Urbanistica.Trasmissione ordine di demolizione agli eredi ed obblighi del PM

La trasmissibilità dell’ordine di demolizione agli eredi dell’autore dell’abuso (e ai suoi aventi causa) non comporta, a carico del pubblico ministero, alcun dovere di accertamento della qualità di “erede” che vada oltre la semplice constatazione dell’essere “chiamato all’eredità”, ai sensi dell’art. 460 cod. civ.; in altre parole, operando la trasmissione “ope legis”, la notifica dell’ingiunzione emessa dal PM non ha alcun effetto costitutivo né novativo dell’obbligo già contenuto nella sentenza, ma solo ricognitivo dei suoi attuali destinatari, con la conseguenza che il PM non è tenuto ad accertare preventivamente che l’attuale destinatario dell’ordine stesso abbia nel frattempo accettato l’eredità (in maniera espressa o tacita), costituendo la chiamata all’eredità legittima presunzione della qualità di erede, soprattutto quando si tratti di persone che avevano con il “de cuius” una relazione qualificata ai sensi dell’art. 536 cod. civ.


RITENUTO IN FATTO

        1. I sigg.ri Anna Mazziotti, Giuseppe Mazziotti e Raffaele Mazziotti ricorrono congiuntamente per l’annullamento dell’ordinanza del 13/09/2022 del Tribunale di Nocera Inferiore che ha rigettato la richiesta di revoca o sospensione dell’ordine di demolizione emesso dal pubblico ministero in esecuzione della sentenza di condanna del 25/11/1998 del medesimo Tribunale pronunciata nei confronti di Mazziotti Carmine (deceduto) e Vitale Gelsomina.
            1.1. Con il primo motivo deducono l’inosservanza della legge penale e il vizio di motivazione contraddittoria e manifestamente illogica.
Lamentano, in particolare: a) che l’ordine di demolizione non è stato loro notificato nella specifica qualità di eredi; b) l’omesso accertamento del loro rapporto con il bene da demolire; c) la mancanza di motivazione sulle predette questioni. Osservano che l’incidente di esecuzione era stato proposto non per impedire la demolizione dell’immobile (e dunque in funzione conservativa del bene), bensì per contestare la loro qualità di “eredi” del Mazziotti Carmine, obbligati ad un “facere” il cui inadempimento li avrebbe esposti a responsabilità erariali. Il provvedimento impugnato, sostengono, costituisce integrazione postuma della motivazione dell’ingiunzione a demolire che indica, sì, la loro qualità di eredi, ma non ha accertato chi fosse in diretta connessione/possesso con il bene da demolire.
            1.2. Con il secondo motivo deducono l’inosservanza della legge penale e il vizio di motivazione contraddittoria e manifestamente illogica in relazione all’omessa verifica della condizioni poste dalla sentenza di condanna alla demolizione dell’immobile (la sua acquisizione, cioè, al patrimonio comunale).


CONSIDERATO IN DIRITTO

        2. I ricorsi sono inammissibili perché generici e manifestamente infondati.

        3. Secondo il costante insegnamento della Corte di cassazione, l'ordine di demolizione dell'opera abusiva, avendo natura di sanzione amministrativa di carattere reale a contenuto ripristinatorio, conserva la sua efficacia anche nei confronti dell'erede o dante causa del condannato o di chiunque vanti su di esso un diritto reale o personale di godimento, potendo essere revocato solo nel caso in cui siano emanati, dall'ente pubblico cui è affidato il governo del territorio, provvedimenti amministrativi con esso assolutamente incompatibili (Sez. 3, n. 42699 del 07/07/2015, Curcio, Rv. 265193 - 01; Sez. 3, n. 16035 del 26/02/2014, Attardi, Rv. 259802 - 01; Sez. 3, n. 801 del 02/12/2010, dep. 2011, Giustino, Rv. 249129 - 01; Sez. 3, n. 47281 del 21/10/2009, Arrigoni, Rv. 245403 - 01; Sez. 3, n. 39322 del 13/07/2009, Berardi, Rv. 244612 - 01). Ciò sul rilievo che l’ordine di demolizione del manufatto abusivo, impartito dal giudice ai sensi dell’art. 31, comma 9, d.P.R. n. 380 del 2001 con la sentenza di condanna per il reato di costruzione abusiva, ha natura amministrativa, tant’è vero che non si estingue per il decorso del tempo ex art. 173 cod. pen., atteso che quest'ultima disposizione si riferisce esclusivamente alle sole pene principali (così già Sez. 3, n. 39705 del 30/4/2003, Pasquale, Rv. 226573; più recentemente, nello stesso senso, Sez. 3, n. 43006 del 10/11/2010, La Mela, Rv. 248670; Sez. 3, n. 19742 del 14/04/2011, Mercurio, Rv. 250336; Sez. 3, n. 36387 del 07/07/2015, Formisano, Rv. 264736). Tale orientamento è stato ribadito sul rilievo espresso che le caratteristiche dell'ordine di demolizione escludono la sua riconducibilità anche alla nozione convenzionale di "pena" come elaborata dalla giurisprudenza della Corte EDU (così, Sez. 3, n. 49331 del 10/11/2015, Delorier, Rv. 265540).
            3.1. Il Collegio condivide e fa proprie, sul punto, le articolate considerazioni sviluppate, con il supporto di ampia giurisprudenza anche amministrativa, nella motivazione della sentenza n. 49331 del 2015 (alla quale rimanda), non mancando di rimarcare, in questa sede, la decisiva osservazione che l'ordine demolitorio, diversamente dalla pena, non si estingue per morte del reo sopravvenuta alla irrevocabilità della sentenza (Sez. 3, n. 3861 del 18/1/2011, Baldinucci, Rv. 249317; Sez. 3, n. 3720 del 24/11/1999 - dep. 2000, Barbadoro, Rv. 215601), ma si trasmette, come detto, agli eredi del responsabile (v., ad es., Consiglio di Stato, Sez. 6, n. 3206 del 30/05/2011) e dei suoi aventi causa che a lui subentrino nella disponibilità del bene (v., ad es. Consiglio di Stato, Sez. 4, n.2266 del 12/04/2011; Consiglio di Stato, Sez. 4, n. 6554 del 24/12/2008).
            3.2. Peraltro, come ricorda anche Sez. 3, n. 49331 del 2015, già con la sentenza Sez. 3, n. 48925 del 22/10/2009, Viesti e altri, Rv. 245918, questa Corte, in base alle argomentazioni sviluppate dalla stessa Corte EDU (in essa richiamate), aveva chiaramente affermato che la demolizione, a differenza della confisca, non può considerarsi una “pena” nemmeno ai sensi dell'art. 7 della Convenzione E.D.U., perché essa tende alla riparazione effettiva di un danno e non è rivolta nella sua essenza a punire per impedire la reiterazione di trasgressioni a prescrizioni stabilite dalla legge. Si osservava, inoltre, che la sentenza, nel mentre ha ritenuto ingiustificata rispetto allo scopo perseguito dalla norma, ossia mettere i terreni interessati in una situazione di conformità rispetto alle disposizioni urbanistiche, la confisca (anche di terreni non edificati) in assenza di qualsiasi risarcimento, ha invece espressamente ritenuto giustificato e conforme anche alle norme CEDU un ordine di demolizione delle opere abusive incompatibili con le disposizioni degli strumenti urbanistici eventualmente accompagnato da una dichiarazione di inefficacia dei titoli abilitativi illegittimi. La Corte EDU non solo non esclude un sequestro o un ordine di demolizione dell'opera contrastante con le norme urbanistiche nei confronti di chiunque ne sia in possesso, anche qualora si tratti di terzo acquirente estraneo al reato, ma ritiene che una tale sanzione ripristinatoria può considerarsi giustificata rispetto allo scopo perseguito dalle norme interne di assicurare una ordinata programmazione e gestione degli interventi edilizi e non contrastante con le norme della Convenzione.
            3.3. Va inoltre ribadito, richiamando quanto sul punto già affermato dalla citata Sez. 3, n. 49331 del 2015, che la demolizione ordinata dal giudice penale costituisce atto dovuto, «esplicazione di un potere autonomo e non alternativo al quello dell'autorità amministrativa, con il quale può essere coordinato nella fase di esecuzione (cfr. Sez. 3, n. 3685 del 11/12/2013 (dep. 2014), Russo, Rv. 258518; Sez.3, n.37906 del 22/5/2012, Mascia ed altro, non massimata; Sez. 6, n. 6337 del 10/3/1994, Sorrentino Rv. 198511 ed altre prec. conf. Ma si vedano anche Sez. U, n. 15 del 19/6/1996, RM. in proc. Monterisi, Rv. 205336; Sez. U, n. 714 del 20/11/1996 (dep.1997), Luongo, Rv. 206659)» (così in motivazione), un potere che si pone a chiusura del sistema sanzionatorio amministrativo (cfr. Corte Cost. ord. 33 del 18/1/1990; ord. 308 del 9/7/1998; Cass. Sez. F, n. 14665 del 30/08/1990, Di Gennaro, Rv. 185699).

            4. Tanto premesso, i ricorrenti lamentano, in modo del tutto generico e contraddittorio, da un lato che la notifica dell’ordine di demolizione è stata effettuata nei loro confronti ma non nella loro specifica, dichiarata qualità di eredi (trattandosi di qualità non accertata), dall’altro, che pur indicando l’ordine in questione la loro qualità di eredi ciò nondimeno non è stata accertata alcuna relazione con il bene da demolire.
                4.1. Va innanzitutto precisato che la trasmissibilità dell’ordine di demolizione agli eredi dell’autore dell’abuso (e ai suoi aventi causa) non comporta, a carico del pubblico ministero, alcun dovere di accertamento della qualità di “erede” che vada oltre la semplice constatazione dell’essere “chiamato all’eredità”, ai sensi dell’art. 460 cod. civ.; in altre parole, operando la trasmissione “ope legis”, la notifica dell’ingiunzione emessa dal PM non ha alcun effetto costitutivo né novativo dell’obbligo già contenuto nella sentenza, ma solo ricognitivo dei suoi attuali destinatari, con la conseguenza che il PM non è tenuto ad accertare preventivamente che l’attuale destinatario dell’ordine stesso abbia nel frattempo accettato l’eredità (in maniera espressa o tacita), costituendo la chiamata all’eredità legittima presunzione della qualità di erede, soprattutto quando si tratti di persone che avevano con il “de cuius” una relazione qualificata ai sensi dell’art. 536 cod. civ..
                4.2. Ne consegue che è onere dell’ingiunto, chiamato all’eredità, dimostrare di non aver assunto la qualità di erede (in senso analogo, per la giurisprudenza delle sezioni civili della Corte di cassazione, cfr. Cass. civ., Sez. 3, n. 25885 del 16/11/2020, Rv. 659588 - 01; Cass. civ., Sez. 3, n. 13851 del 06/07/2020, Rv. 658300 - 01).
                4.3. Nel caso di specie, i ricorrenti lamentano il mancato accertamento della loro qualità di eredi ma non risulta che abbiano mai negato tale qualità, né lo hanno dedotto in questa sede.
                4.4. Poiché l’erede succede a titolo universale in tutti i rapporti giuridici del “de cuius” non v’è alcuna necessità di dimostrare l’effettiva disponibilità del bene da demolire, essendo evidente che i ricorrenti confondono il possesso con il diritto reale sul bene da demolire, derivando il primo da una irrilevante (ai fini della demolizione) relazione di fatto, il secondo dalla pura e semplice titolarità di una situazione giuridica soggettiva con il bene.

                5. Il secondo motivo pone una questione di fatto che non risulta devoluta in sede di merito e che non è, pertanto, proponibile per la prima volta in questa sede; né i ricorrenti deducono se il comune abbia o meno emesso un autonomo ordine di demolizione ai sensi dell’art. 31, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001, posto che l’ordine impartito dal giudice ai sensi del comma nono del medesimo articolo non produce gli effetti previsti dal comma terzo.
                    5.1. In ogni caso, l'acquisizione gratuita dell'opera abusiva al patrimonio disponibile del Comune non è incompatibile con l'ordine di demolizione emesso dal giudice con la sentenza di condanna e con la sua successiva esecuzione da parte del pubblico ministero, a spese del condannato, sussistendo incompatibilità solo nel caso in cui l'ente locale stabilisca, con propria delibera, l'esistenza di interessi pubblici al mantenimento delle opere abusive, prevalenti rispetto a quello del ripristino dell'assetto urbanistico violato (Sez. 3, n. 42698 del 07/07/2015, Marche, Rv. 265495 - 01; Sez.3, n. 4962 del 28/11/2007, Mancini, Rv. 238803 - 01; Sez. 3, n. 37120 dell’11/05/2005, Morelli, Rv. 232174 - 01).
                    5.2.  I ricorrenti non deducono alcunché su questo specifico punto, rendendo oltremodo generici i loro ricorsi.

Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa dei ricorrenti (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l'onere delle spese del procedimento nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di € 3.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, l’11/01/2023.