Cass. Sez. III n. 53928 del 18 dicembre 2016 (Cc. 27 set 2016)
Presidente: Carcano Estensore: Riccardi Imputato: Ardia
Urbanistica.Inammissibilità del sequestro di immobile abusivo con facoltà di uso

In tema di reati edilizi, la facoltà d'uso residenziale privato di un manufatto sottoposto a sequestro preventivo cosiddetto impeditivo è incompatibile con le finalità della misura cautelare; ai fini dell'adozione del provvedimento di sequestro preventivo di un immobile già ultimato ed occupato, l'esigenza cautelare di evitare l'aggravamento del carico urbanistico è incompatibile con l'autorizzazione all'uso dell'immobile stesso

RITENUTO IN FATTO

1. A.M. ricorre per cassazione avverso l'ordinanza emessa il 17/06/2015 dal Gip del Tribunale di Salerno, con la quale è stata respinta l'opposizione proposta avverso il decreto di rigetto della richiesta di autorizzazione all'uso provvisorio di un immobile, ubicato in (OMISSIS) alla via (OMISSIS), sottoposto a sequestro in relazione ai reati edilizi a lui contestati.

Con un primo motivo deduce il vizio di motivazione, avendo omesso l'ordinanza impugnata la valutazione delle condizioni economiche, di età, di salute e giuridiche dell'istante.

Con un secondo motivo deduce la violazione di legge in relazione all'art. 321 c.p.p., sostenendo che la richiesta concerneva una attenuazione e diversa modalità di applicazione del provvedimento cautelare, in considerazione del fatto che il manufatto era stato ultimato nel (OMISSIS), ed era stato assentito con permesso di costruire n. (OMISSIS) del 2005 come abitazione del custode dell'impianto sportivo; consentire al sig. A., di anni (OMISSIS) e gravemente cardiopatico, di continuare a vivere nel piccolo appartamento insieme all'anziana moglie non avrebbe compromesso le esigenze cautelari.

La situazione, che ha determinato l'allontanamento dell'odierno ricorrente, ospitato dalla figlia a (OMISSIS), sarebbe altresì contraria al diritto alla casa e ad una abitazione dignitosa salvaguardato dalla Costituzione e dalla CEDU.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Oltre ad essere generici, e ad esulare dai limiti valutativi che, in materia cautelare reale, l'art. 325 c.p.p. affida al ricorso per cassazione, consentito soltanto per violazione di legge, i motivi proposti sono manifestamente infondati.

E', infatti, pacifico il principio secondo cui, in tema di reati edilizi, la facoltà d'uso residenziale privato di un manufatto sottoposto a sequestro preventivo cosiddetto impeditivo è incompatibile con le finalità della misura cautelare (Sez. 3, n. 16689 del 26/02/2014, Squillaci, Rv. 259540, in una fattispecie di autorizzazione all'uso di un locale costituente domicilio); ai fini dell'adozione del provvedimento di sequestro preventivo di un immobile già ultimato ed occupato, l'esigenza cautelare di evitare l'aggravamento del carico urbanistico è incompatibile con l'autorizzazione all'uso dell'immobile stesso (Sez. 3, n. 825 del 04/12/2008, dep. 2009, Violante, Rv. 242156).

Tanto premesso, l'ordinanza impugnata appare immune da censure di illegittimità o di illogicità, avendo fatto buon governo dei principi richiamati, essendo l'incompatibilità della facoltà d'uso residenziale con la finalità cautelare insita nel sequestro impeditivo assorbente di qualsivoglia ulteriore e diversa considerazione, estranea alle esigenze pubblicistiche (aggravamento del carico urbanistico) salvaguardate dal vincolo reale imposto.

3. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e la corresponsione di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, somma che si ritiene equo determinare in Euro 2.000,00: infatti, l'art. 616 c.p.p. non distingue tra le varie cause di inammissibilità, con la conseguenza che la condanna al pagamento della sanzione pecuniaria in esso prevista deve essere inflitta sia nel caso di inammissibilità dichiarata ex art. 606 c.p.p., comma 3, sia nelle ipotesi di inammissibilità pronunciata ex art. 591 c.p.p..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, il 27 settembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2016