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Il deposito temporaneo è un’operazione di recupero rifiuti?

di Vincenzo PAONE

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Il titolo di questo contributo contiene una domanda che può sembrare provocatoria, mentre in realtà non lo è in quanto nasce dalla lettura delle “pieghe” più nascoste del nuovo testo unico sull’ambiente contenuto nel d.leg n. 152/06.

Una premessa si impone.

Anche nel nuovo decreto trova spazio – come nel d.leg. 22/97- il concetto di deposito temporaneo. L’art. 183 definisce infatti il deposito temporaneo come il raggruppamento dei rifiuti effettuato dal produttore, prima della raccolta e nel luogo in cui sono prodotti, purché siano rispettate alcune condizioni elencate nella stessa norma (la prima riguarda la pericolosità dei rifiuti depositati che non devono contenere policlorodibenzodiossine, policlorodibenzofurani, policlorodibenzofenoli in quantità superiore a determinati livelli; la seconda è connessa alle modalità di avviamento al recupero o allo smaltimento in funzione del tempo del deposito o della quantità di rifiuti raggruppati; la terza e la quarta condizione disciplinano infine alcune cautele tecniche da osservare nel deposito nonchè l'imballaggio e l'etichettatura dei rifiuti pericolosi).

Da questo punto di vista quindi “nulla di nuovo sotto il sole”!

La novità la si scopre leggendo non il testo, bensì l’allegato del decreto ed è tra quelle destinate a fare “rumore”.

Però prima di parlarne, vogliamo evidenziare che nel provvedimento del 2006 si è persa un’occasione per rimediare ad una clamorosa svista del d.leg n. 22.

In questo decreto, infatti, era sanzionato penalmente (art. 51, comma 6) il deposito temporaneo dei rifiuti sanitari pericolosi attuato senza rispettare tutte le condizioni previste dall’art. 45, ma nulla si diceva per il deposito dei rifiuti “ordinari” effettuato in violazione delle condizioni previste nell'art. 6, comma 1, lett. m).

Per rimediare a questa aporia del sistema ed evitare quindi che il deposito irregolare sfuggisse a qualsiasi sanzione, la giurisprudenza aveva fatto ricorso alla norma penale che puniva il deposito incontrollato dei rifiuti.

Vale la pena qui ricordare Cass., sez. III, 22 giugno 2004, Frassy, Foro it., 2005, II, 414, per cui “Il combinato disposto dell’art. 51, 2º comma, e dell’art. 6, lett. m), d.leg. 22/97 comporta che ogni deposito controllato non può che essere anche temporaneo e viceversa, con la conseguenza che un deposito, perché possa dirsi controllato ovvero temporaneo, deve essere rispettoso di tutte le condizioni imposte dall’art. 6, lett. m), che prescrive il raggruppamento dei rifiuti nel luogo della produzione e il rigoroso controllo dei tempi di giacenza, con la conseguenza che, difettando anche solo questo requisito deve parlarsi di deposito incontrollato, assoggettato alla sanzione penale di cui all’art. 51, 2º comma”; nello stesso senso, Cass. 13 agosto 2004, Preziosi, id., 2005, II, 160; 22 gennaio 2003, Costa, id., 2003, II, 514; 5 marzo 2002, Amadori, id., 2002, II, 673.

Questa soluzione ci pare esente da critiche perchè, se la fattispecie del deposito incontrollato dei propri rifiuti ricorre le volte in cui l’ammasso è realizzato al di fuori dei casi in cui la legge lo consente liberamente o previo controllo della pubblica autorità, ne deriva che il deposito temporaneo effettuato nel rispetto delle condizioni di legge rientra nella prima ipotesi (attività sempre consentita), mentre quello irregolare rientra nella seconda ipotesi (attività per la quale non è prevista alcuna forma di controllo da parte della P.A.).

Orbene, il testo unico, anziché dettare una norma ad hoc per l’illecito in parola, si è limitato a riprodurre la precedente disciplina (v. art. 256). Il che non esclude che anche in futuro (se e fino a quando il d.leg. 152 resterà in vigore!) non dovrebbero esserci difficoltà a ritenere la sostenibilità della linea interpretativa adottata in passato.

Abbiamo però volutamente impiegato il condizionale perchè, a parte le perplessità giustificate dal tenore letterale della fattispecie che incrimina il deposito incontrollato, il problema più consistente si pone alla luce di un’improvvida disposizione reperibile nell’allegato alla parte quarta del d.leg. 152.

In questo testo sono elencate le operazioni di recupero dei rifiuti e nella voce R14 (inserita ex novo) compare “il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti i rifiuti qualora non vengano rispettate le condizioni stabilite dalla normativa vigente”.

In primo luogo, non si comprende perchè la legge abbia predisposto questa clausola soltanto nel catalogo delle operazioni di recupero e nulla abbia invece previsto per quelle di smaltimento.

La domanda sottolinea la scarsa tecnica nella redazione della normativa perché la voce R 14 non tiene conto che il decreto non distingue affatto tra un tipo e l’altro di deposito temporaneo limitandosi a prevedere, quanto alla durata di esso, un termine e/o limite quantitativo entro il quale “i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento”.

Ciò non significa dunque che il produttore dei rifiuti debba procedere ad un separato raggruppamento dei medesimi, ma soltanto che deve garantire che, entro la soglia prefissata, i rifiuti siano effettivamente avviati al recupero o allo smaltimento.

La nuova previsione potrà perciò provocare un duplice ordine di conseguenze negative: da un lato, aumenterà le difficoltà degli addetti al controllo pubblico chiamati a vigilare sulla corretta effettuazione del deposito temporaneo; dall’altro lato, creerà una oggettiva differenza di trattamento tra produttori dei rifiuti a seconda che depositino, sia pure irregolarmente, i propri rifiuti destinati allo smaltimento o al recupero.

Ma l’inconveniente che deriva dalla formulazione dell’allegato C è ben più grave.

Il fatto è che il principio di legalità e tassatività vigenti in sede penale sono messi a dura prova. Infatti, il legislatore ha dimenticato che il deposito temporaneo non è una fase di gestione dei rifiuti come è reso palese sia dalla direttiva 75/442 che da quella da poco emanata (la n. 2006/12 del 5 aprile 2006).

In argomento, è stato poi decisivo il chiarimento di Corte Giust. 5 ottobre 1999, n. 175/98, 177/98, Foro it., 1999, IV, 441, secondo cui (par. 42) se le operazioni di recupero o di smaltimento dei rifiuti comprendono il deposito preliminare, escluso però il deposito temporaneo, ne deriva necessariamente che il deposito temporaneo non fa parte delle operazioni di smaltimento o di recupero dei rifiuti. Il deposito temporaneo costituisce invece un’operazione preparatoria ad una delle operazioni di recupero o di smaltimento elencate negli all. II A e II B, punti da D 1 a D 15 e, rispettivamente, da R 1 a R 13, della direttiva 75/442.

Sussiste allora un insanabile contrasto tra la normativa comunitaria e quella nazionale.

Occorrerà probabilmente chiamare in causa la Corte costituzionale affinché – se non interverranno prima modifiche legislative – ponga nel nulla la disposizione in questione.

Il contrasto d’altra parte non è componibile neppure ipotizzando che il deposito temporaneo si “trasformi”, a cagione della sua irregolarità, nell’attività di recupero dei rifiuti denominata “messa in riserva”.

Infatti, questa fase (che rappresenta una variante del concetto più generale di “stoccaggio”) si configura quando i rifiuti, dopo la raccolta e perciò non nel luogo in cui sono prodotti, vengono ammassati in attesa di essere sottoposti a una delle operazioni indicate nei punti da R1 a R12. La diversità strutturale tra le due nozioni fa sì che non si possa sostenere che, ai fini sanzionatori, il deposito temporaneo irregolare refluisca nella figura della messa in riserva dei rifiuti.

Infine, sotto un altro profilo siamo perplessi di fronte al fatto che la legge abbia previsto che il deposito temporaneo, non rispettoso delle condizioni prescritte, “diventi” automaticamente un’operazione di recupero dei rifiuti come tale assoggettata alle procedure autorizzatorie.

Invero, come era già previsto dall’art. 28, comma 5, d.leg. 22/97, l’attuale art. 208, comma 17, ribadisce che le disposizioni sull’autorizzazione unica non si applicano al deposito temporaneo effettuato nel rispetto delle condizioni stabilite dall'art. 183, comma 1, lettera m).

Una lettura a contrariis della disposizione porterebbe a dire che è necessaria l’autorizzazione per “effettuare” un deposito temporaneo irregolare!

Ci rendiamo conto dell’assurdità di questa affermazione, ma a ben vedere essa poggia sulla constatazione che il legislatore, anzichè stabilire semplicemente che lo svolgimento illecito dell’attività in questione sia punito con la stessa sanzione predisposta per chi gestisce illegalmente i rifiuti (vale la pena osservare, per inciso, come opportunamente chiarito da Cass. 5 dicembre 2005, C., n. 2033, inedita, che la questione relativa all’esatta qualificazione della condotta determinante un deposito temporaneo di rifiuti non conforme alle disposizioni di legge è puramente teorica in quanto le sanzioni previste per la gestione di rifiuti non autorizzata con riferimento allo stoccaggio degli stessi e per il deposito incontrollato sono identiche), ha costruito la fattispecie in modo tale per cui la regola è che non vi sia recupero di rifiuti (e quindi non occorra l’autorizzazione) se il deposito temporaneo è effettuato a termini di legge, mentre si rientra nella gestione dei rifiuti (e quindi occorre l’autorizzazione) se il deposito temporaneo è irregolare.

Insomma, non mancano le ragioni per modificare, e di fretta pure, la norma oggetto del nostro esame.