TAR Piemonte Sez. II n. 619 del 16 giugno 2023
Rifiuti.Impugnazione provvedimento di localizzazione di una discarica o di un impianto industriale

Non occorre provare l'esistenza di un danno concreto e attuale al fine di impugnare il provvedimento di localizzazione di una discarica o di un impianto industriale ritenuto inquinante in quanto la questione della concreta pericolosità dell'impianto, valutata alla luce dei parametri normativi, è questione di merito, mentre al fine di radicare l'interesse ad impugnare è sufficiente la prospettazione di temute ripercussioni su un territorio collocato nelle immediate vicinanze ed in relazione al quale i ricorrenti sono in posizione qualificata. La realizzazione di una discarica per il conferimento di materiali contenenti amianto costituisce un’attività che reca in sé un indice di rischio a fronte del quale si deve riconoscere alle comunità viciniore, e quindi agli enti che le rappresentano, la possibilità di sottrarvisi opponendosi alla realizzazione dell’intervento


Pubblicato il 16/06/2023

N. 00619/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00890/2021 REG.RIC.

N. 00891/2021 REG.RIC.

N. 00896/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 890 del 2021, proposto da
Tenuta Agricola Castello di Turletti Carlo e C. S.S., P.A.B. Produzioni Agricole Brianco S.S., Bovindoc S.S., in persona dei legali rappresentanti pro tempore, nonché Piera Anna Turletti e Marisa Turletti, tutte rappresentate e difese dagli avvocati Hebert D'Herin e Riccardo Viriglio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Provincia di Biella, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Alberto Savatteri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Acqua &Sole S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Pietro Ferraris, Riccardo Montanaro, Enzo Robaldo e Francesca Trolli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;


sul ricorso numero di registro generale 891 del 2021, proposto da
Legambiente Nazionale APS Onlus e Legambiente Circolo Biellese “Tavo Burat” ODV, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dall'avvocato Riccardo Viriglio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Provincia di Biella, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Alberto Savatteri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Acqua &Sole S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Pietro Ferraris, Riccardo Montanaro, Enzo Robaldo e Francesca Trolli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;


sul ricorso numero di registro generale 896 del 2021, proposto da
Comune di Santhià e Comune di Carisio, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Michele Greco e Marco Briccarello, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Provincia Biella, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Alberto Savatteri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Acqua &Sole S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Pietro Ferraris, Riccardo Montanaro, Enzo Robaldo e Francesca Trolli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Regione Piemonte, Arpa Dipartimento Piemonte Nord Est – Sede di Biella, Asl di Biella Dipartimento Prevenzione S.I.S.P., Comune di Salussola, Comune di Dorzano, COSRAB – Consorzio Smaltimento Rifiuti Area Biellese, Consorzio di Tutela della DOP Riso di Baraggia biellese e Vercellese, Tenuta Agricola Castello di Turletti Carlo e C. S.S., non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

A) quanto al ricorso n. 890 del 2021:

- della determinazione del Dirigente Responsabile dell'Area Tutela e Valorizzazione Ambientale della Provincia di Biella 21 luglio 2021, n. 1128, «provvedimento di rilascio compatibilità ambientale con prescrizioni e contestuale A.I.A. per installazioni I.P.P.C. di cui al D. Lgs. 152/06 e ss.mm.ii. art. 27 bis per la Discarica monodedicata a materiale di costruzione contenente amianto e localizzato in regione Brianco”, in Comune di Salussola (BI), presentato dalla "Acqua e Sole" S.r.l. Milano»;

- di ogni altro atto antecedente, presupposto, conseguente o comunque connesso con tale determinazione, comunque compresi in particolare:

il Verbale di riunione congiunta dell'O.T.-C.T. 23 marzo 2021 e date seguenti e i verbali e atti in esso richiamati;

il Verbale della Conferenza Provinciale dei Servizi 21 giugno 2021 e i verbali e atti in esso richiamati;

il Verbale di riunione congiunta dell'OT-CT 7 luglio 2021;

nonché gli atti, non conosciuti, di nomina e insediamento del cd. “Organo tecnico presso la Provincia di Biella ai sensi dell'art. 7 L.R. 40/1998”, integrato con il cd. “Comitato Tecnico per i problemi dell'ambiente della Provincia di Biella per istruttoria I.P.P.C. D.Lgs. 152/06”.

B) Quanto al ricorso n. 891 del 2021:

1) della determinazione del Dirigente Responsabile dell'Area Tutela e Valorizzazione Ambientale della Provincia di Biella 21 luglio 2021, n. 1128, «provvedimento di rilascio compatibilità ambientale con prescrizioni e contestuale A.I.A. per installazioni I.P.P.C. di cui al D. Lgs. 152/06 e ss.mm.ii. art. 27 bis per la Discarica monodedicata a materiale di costruzione contenente amianto e localizzato in regione Brianco”, in Comune di Salussola (BI), presentato dalla "Acqua e Sole" S.r.l. Milano»;

2) di ogni altro atto antecedente, presupposto, conseguente o comunque connesso con tale determinazione, comunque compresi, in particolare

- il Verbale di riunione congiunta dell'O.T.-C.T. 23 marzo 2021 e date seguenti e i verbali e atti in esso richiamati;

- il Verbale della Conferenza Provinciale dei Servizi 21 giugno 2021 e i verbali e atti in esso richiamati;

- il Verbale di riunione congiunta dell'OT-CT 7 luglio 2021;

nonché gli atti non conosciuti di nomina e insediamento del cd. “Organo tecnico presso la Provincia di Biella ai sensi dell'art. 7 L.R. 40/1998” integrato con il cd. “Comitato Tecnico per i problemi dell'ambiente della Provincia di Biella per istruttoria I.P.P.C. D.Lgs. 152/06”.

C) Quanto al ricorso n. 896 del 2021:

- della determinazione n. 1128 del 21 luglio 2021 con la quale il Dirigente/Responsabile dell'Area Tutela e Valorizzazione Ambientale della Provincia di Biella ha rilasciato alla Società Acqua e Sole srl la “compatibilità ambientale con prescrizioni e contestuale A.I.A. per installazioni I.P.P.C. di cui al D. Lgs. 152/06 e ss.mm.ii. art. 27 bis per la discarica monodedicata a materiale di costruzione contenente amianto e localizzato in regione Brianco, nel Comune di Salussola”;

- di ogni parere, proposta, verbale, comunicazione, corrispondenza ed ogni altro atto in genere comunque connesso, presupposto o conseguente a quelli impugnati, espressamente menzionati o meno nel presente ricorso, anche se non noti, con particolare riferimento a:

i) verbali sedute 20.12.2019, 28.7.2020 e 21.6.2021 della Conferenza dei servizi tenutasi presso la Provincia di Biella – Servizio rifiuti, VIA, Energia, Qualità dell'aria, Acque reflue;

ii) verbali riunioni congiunte dell'Organo Tecnico VIA coordinato con il Comitato Tecnico per i problemi dell'ambiente della Provincia di Biella del 17.12.2019 (con aggiornamento lavori alle sessioni del 13.1., 4.2. e 4.3.2020), del 23.3.2021 (con aggiornamento lavori alle sessioni del 30.3., 16.4., 14.5, 19.5 e 25.5.2021) e del 7.7.2021;

iii) note Direzione Regionale Ambiente Energia e Territorio Settore Territorio e Paesaggio della Regione Piemonte prot. ricezione prov. nn. 11378 del 27.5.2021 e 12268 dell'8.6.2021.


Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Biella e di Acqua &Sole S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 marzo 2023 la dott.ssa Valentina Caccamo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con istanza prot. n. 11186 del 16.05.2017, Acqua & Sole S.r.l. (di seguito solo “Acqua & Sole”) richiedeva alla Provincia di Biella il rilascio del giudizio di compatibilità ambientale per il progetto denominato “Discarica monodedicata a materiale di costruzione contenente amianto e localizzato in regione Brianco”, da realizzarsi su terreni siti nel Comune di Salussola. Contestualmente, nell’ambito del medesimo procedimento, la controinteressata richiedeva anche l’autorizzazione integrata ambientale (A.I.A.) ai sensi dell’art. 10 del D.Lgs. n. 152/2006.

2. Con determinazione dirigenziale n. 1175 del 25.10.2018, la Provincia di Biella respingeva l’istanza della società Acqua & Sole, esprimendo giudizio ambientale negativo sul progetto. La controinteressata impugnava tale provvedimento dinanzi a questo Tribunale, che, con sentenza n. 839/2019, lo annullava per vizi procedimentali.

3. Con istanza del 16.10.2019 Acqua &Sole presentava una versione aggiornata del progetto ai fini della riassunzione del procedimento amministrativo. Ad esito della conferenza di servizi, con determinazione n. 1128 del 21.07.2021 la Provincia di Biella esprimeva giudizio positivo di compatibilità ambientale del progetto, contestualmente autorizzandolo ai sensi dell’art. 208 del D.Lgs. n. 152/2006 e rilasciando l’A.I.A. ex art. art. 29 quater del D.Lgs. n. 152/2006.

4. Avverso detto provvedimento, unitamente agli altri atti indicati in epigrafe, sono insorti i ricorrenti per chiederne l’annullamento, articolando a sostegno del gravame censure di violazione di legge (in particolare, il D.Lgs. n. 36/2003, il D.Lgs. n. 152/200, il DPR n. 120/2007, la L.R. del Piemonte n. 56/1977, l’art.174 par. 2 Trattato CE), del Programma Provinciale di Gestione dei Rifiuti della Provincia di Biella (doc. 56 di Acqua & Sole), plurime figure di eccesso di potere, difetto di istruttoria, errore sui presupposti di fatto e travisamento dello stato dei luoghi, contraddittorietà, ingiustizia manifesta, illogicità e irragionevolezza.

5. Si sono costituiti in giudizio in resistenza la Provincia di Biella e Acqua & Sole, quest’ultima eccependo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso dei comuni di Santhià e Carisio per carenza di interesse, insistendo entrambe per il rigetto dei gravami nel merito.

6. Con ordinanza n. 606/2022, previa riunione dei ricorsi ex art. 70 c.p.a., questo Tribunale ha disposto, per avere un quadro di fatto completo al fine del decidere, una consulenza tecnica d’ufficio ai sensi dell’art. 67 del d.lgs. n. 104/2010, formulando quesiti in relazione agli studi sulla direttrice dei venti dominanti prodotti da Acqua & Sole e alle modalità di abbancamento descritte nel piano di gestione operativa della controinteressata.

7. La CTU si è svolta nel contraddittorio tra le parti, a mezzo dei rispettivi consulenti tecnici, che hanno potuto presenziare alle verifiche in loco e presentare osservazioni; la relazione di verifica è stata depositata in atti in data 22.12.2022.

8. Le parti hanno scambiato ulteriori scritti difensivi con corredo documentale e, all’udienza del 22 marzo 2022 fissata per la trattazione di merito del ricorso, la causa è passata in decisione.

DIRITTO

1. Vengono in decisione i ricorsi con cui è stata impugnata la Determinazione Dirigenziale n. 1128 del 21.07.2021 della Provincia di Biella, che ha espresso giudizio positivo di compatibilità ambientale del progetto presentato da Acqua & Sole per la realizzazione di una discarica monodedicata a materiale di costruzione contenente amianto, con contestuale sua approvazione ex art. 208 del D.Lgs. n. 152/200 e rilascio dell’A.I.A. per la realizzazione e gestione dell’impianto.

2. Preliminarmente, ai sensi dell’art. 70 c.p.a., deve confermarsi la riunione dei ricorsi già disposta con ordinanza n. 606/2022, sussistendo evidenti ragioni di connessione soggettiva ed oggettiva tra i medesimi.

3. Sempre in via preliminare, su istanza del ricorrente Comune di Santhià formulata all’udienza di discussione della causa, deve essere dichiarato inammissibile, perché tardivo, il deposito dei documenti allegati alla memoria di replica di Acqua & Sole. Ad ogni modo, trattasi di documentazione non rilevante ai fini del decidere, avendo il Collegio già a disposizione tutti gli elementi necessari alla delibazione delle questioni devolute in giudizio.

4. Ciò posto, va innanzitutto scrutinata l’eccezione sollevata dalla controinteressata di inammissibilità del ricorso presentato dai comuni di Carisio e Santhià per carenza di interesse e legittimazione, poiché gli stessi non sarebbero sede dell’impianto autorizzato e disterebbero parecchi chilometri dalla sua ubicazione (5 km nel caso di Carisio e 6 km nel caso di Santhià).

L’eccezione è infondata.

4.1 Sotto il profilo della legittimazione a ricorrere, i due comuni si trovano in contiguità territoriale all’area in cui è localizzato l’impianto e in stabile collegamento con detti luoghi. Dalla scheda planimetrica prodotta in giudizio (doc. 27 dei comuni di Santhià e Carisio), infatti, risulta che il territorio dei comuni di Santhià e Carisio si estende fino ad una distanza di poco più di 2 km dall’area di realizzazione della discarica, a prescindere dalla circostanza – a questi fini irrilevante – che il “centro abitato” dei due comuni si trovi a distanza maggiore.

4.2 Con riferimento allo smaltimento o gestione dei rifiuti, al fine di radicare la legittimazione ad agire è ritenuta sufficiente la vicinitas, intesa come vicinanza dei soggetti che si ritengono lesi dal luogo prescelto per l’ubicazione di un impianto avente potenzialità inquinanti. Peraltro, il criterio in parola non può intendersi quale stretta contiguità geografica con il sito assunto come potenzialmente dannoso, poiché la portata delle possibili esternalità negative di una discarica non si limita a investire i soli terreni confinanti, che al più sono destinati a sopportarne le conseguenze più gravi (cfr. TAR Lazio, Roma, 31.03.2020, n. 3728).

4.3 Sussiste, altresì, anche l’interesse a ricorrere. In materia di tutela ambientale, la giurisprudenza ha chiarito che non occorre “provare l'esistenza di un danno concreto e attuale al fine di impugnare il provvedimento di localizzazione di una discarica o di un impianto industriale ritenuto inquinante in quanto la questione della concreta pericolosità dell'impianto, valutata alla luce dei parametri normativi, è questione di merito, mentre al fine di radicare l'interesse ad impugnare è sufficiente la prospettazione di temute ripercussioni su un territorio collocato nelle immediate vicinanze ed in relazione al quale i ricorrenti sono in posizione qualificata” (cfr. TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, 11.01.2012, n. 67).

Ora, la realizzazione di una discarica per il conferimento di materiali contenenti amianto costituisce un’attività che reca in sé “un indice di rischio a fronte del quale si deve riconoscere alle comunità viciniore, e quindi agli enti che le rappresentano, la possibilità di sottrarvisi opponendosi alla realizzazione dell’intervento” (cfr. TAR Piemonte, Sez. I, 30.08.2012, n. 987, confermata da Cons. di Stato, Sez, V, 8.04.2014, n. 1649). Per tale ragione, è stata riconosciuta ai comuni limitrofi a quello interessato dalla realizzazione di un impianto di gestione e/o smaltimento di rifiuti la qualità di soggetto portatore di un interesse qualificato ai fini della impugnazione degli atti che autorizzano la realizzazione tale opera.

4.4 Nel caso di specie, peraltro, il comune di Carisio ha precisato di trovarsi lungo la direttrice dei venti dominanti, per cui l’ente ha tutto l’interesse, in rappresentanza della cittadinanza e a tutela del proprio territorio, a contestare la realizzazione della discarica, tenuto conto del rischio – indagato, come si vedrà, tramite apposita CTU – di eventuale dispersione in atmosfera di fibre di amianto. Parimenti, il Comune di Santhià ha allegato le ripercussioni negative sul territorio in termini di incremento del traffico di mezzi pesanti a fronte di una viabilità non adeguata a sostenerlo.

Alla luce delle riflessioni che precedono, pertanto, ritiene il Collegio che sussista la legittimazione ad agire e l’interesse a ricorrere dei comuni in questione, per cui il ricorso deve essere delibato nel merito.

5. Con un primo mezzo di gravame, i ricorrenti lamentano che la discarica in questione verrebbe realizzata ad una distanza inferiore a 500 metri da case e cascine, tra cui quella della Tenuta Agricola Castello di Turletti Carlo e C. s.s. (di seguito solo “Tenuta Agricola Castello”) e delle sig.re Turletti e le relative pertinenze (c.d. “Cascina Brianco”), in violazione dell’art. 9.2 del Programma Provinciale di Gestione dei Rifiuti della Provincia di Biella. Contestano, in particolare, il contenuto del documento “REL. 25”, elaborato da Acqua & Sole per dimostrare il rispetto della predetta distanza minima, poiché le misurazioni ivi effettuate sarebbero erronee e condotte secondo criteri difformi da quelli enucleati nella sentenza di questo Tribunale n. 574/2019, secondo cui detto calcolo deve essere effettuato con riferimento al perimetro dell’impianto. In particolare, le conclusioni raggiunte nel citato documento risulterebbero erronee e inattendibili poiché:

- i risultati delle misurazioni effettuate dalla controinteressata sarebbero falsati dall’artificioso frazionamento delle strutture costituenti la discarica, essendo stata eliminata dal perimetro del sito un’area di quasi 3 ettari e destinata a “deposito intermedio”, che sarebbe, in realtà, a tutti gli effetti parte integrante dell’area di impianto. In questo modo, la distanza rilevata è risultata superiore al limite di 500 metri, laddove quella antecedentemente rilevata dalla Provincia era pari a 420 metri;

- la distanza tra la discarica e la Tenuta Agricola Castello risulterebbe erronea anche con riferimento ai punti di misurazione dei recettori sensibili utilizzati; infatti, il valore maggiore di 500 metri sarebbe stato ottenuto prendendo a riferimento gli spigoli delle case sparse, senza considerare, come invece necessario, il perimetro esterno della complessiva Cascina Brianco, incluse le pertinenze; ove calcolata correttamente, la distanza sarebbe risultata inferiore al limite dei 500 metri anche mantenendo come perimetro dell’impianto l’area destinata a deposito intermedio;

- non sarebbero stati considerati, ai fini della misurazione delle distanze, tutti gli edifici agricoli presenti destinati “allo stoccaggio di cereali, essiccazione o altre attività collegate”, dato che gli stessi presenterebbero “modalità realizzative funzionali all’utilizzo produttivo”, mentre la Provincia avrebbe chiesto al proponente esclusivamente di “verificare la presenza di abitazioni”; parimenti erronea sarebbe l’affermazione dell’Organo Tecnico presso la Provincia di Biella, integrato col Comitato Tecnico per i problemi dell’ambiente della Provincia (di seguito solo “OT-CT”), secondo cui la presenza di persone nei fabbricati agricoli della Cascina Brianco “non risulta continuativa”, per cui detti fabbricati non dovrebbero essere considerati ai fini del computo delle distanze;

- le abitazioni e le pertinenze del nucleo Cascina Brianco sarebbero collocate ad una distanza notevolmente inferiore ai 500 metri, sia considerando il perimetro del sito di progetto comprensivo dell’area classificata da Acqua & Sole come deposito intermedio, sia nella versione fornita dalla proponente nella REL. 25, e cioè ricorrendo all’estromissione di detta area dal perimetro dell’impianto;

- nella Cascina Brianco sarebbero presenti 2 pozzi alla distanza rispettivamente di 387 e 414 metri dal perimetro dell’area di impianto.

Il motivo è complessivamente infondato.

5.1 È opportuno innanzitutto ricostruire sinteticamente il quadro delle disposizioni normative e regolamentari che attengono alla questione sottoposta al Collegio.

Sul piano della legislazione nazionale, la fonte principale è rappresentata dal D.lgs. n. 36/2003 (attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti). Tale decreto prevede, all’allegato 1, punto 1.1., che “per ciascun sito di ubicazione devono essere valutate le condizioni locali di accettabilità dell’impianto in relazione ai seguenti parametri: distanza dai centri abitati”. La direttiva 1999/31/CE in materia di discariche (allegato I, punto 1.1, lettera a) stabilisce, inoltre, che per l’ubicazione di una discarica si debbano prendere in considerazione “le distanze fra i confini dell’area e le zone residenziali e di ricreazione”.

5.2 Quanto alle fonti regolamentari, il Programma Provinciale di Gestione dei Rifiuti della Provincia di Biella, al punto 9.2, nell’elencare i criteri di ammissibilità per gli impianti di discarica per rifiuti speciali e i siti idonei alla realizzazione di una discarica, prescrive che gli stessi non devono ricadere in “aree con presenza di centri abitati a distanza inferiore a 500 metri dal punto di scarico dei rifiuti”. Inoltre, costituiscono fattori penalizzanti per la valutazione della localizzazione: “presenza di case sparse e cascine a distanza inferiore a 500 m dal punto di scarico dei rifiuti”.

Infine, il Piano Territoriale Provinciale della Provincia di Biella all’art. 3.6. comma 6 stabilisce che “l’ubicazione di impianti per lo smaltimento dei rifiuti è subordinata alla considerazione degli elementi territoriali e ambientali sensibili di seguito elencati: (…) aree a distanza inferiore ai 500 metri dal perimetro delle aree residenziali”.

Sulla base delle disposizioni sopra richiamate si può affermare che la localizzazione della discarica deve tener conto della presenza, sia pure con diversi effetti e portata, di “centri abitati”, “aree o zone residenziali” e “case sparse e cascine”.

5.3 Nel caso di specie, non sono presenti centri abitati a distanza inferiore di 500 metri dal punto di scarico dei rifiuti, in quanto, secondo il D.lgs. n. 36/2003, Allegato 1, art. 2 (come modificato dal D.Lgs. n. 121/2020), con tale locuzione deve intendersi un “insieme di edifici delimitato lungo le vie d’accesso dagli appositi segnali di inizio e fine. Per insieme di edifici si intende un raggruppamento continuo, ancorché intervallato da strade, piazze, giardini o simili, costituito da non meno di venticinque fabbricati e da aree di uso pubblico con accessi veicolari o pedonali sulla strada”. Aspetto, questo, su cui ha posto l’accento anche la sentenza del Consiglio di Stato n. 7007/2021 – con la quale è stata riformata la pronuncia di questo Tribunale n. 574/2019 – evidenziando che, in merito alla questione della distanza dalla discarica, non era stato dalle parti “allegato e dimostrato adeguatamente (…) che si tratti effettivamente di centri abitati o di aree residenziali”.

Alla luce delle informazioni e della documentazione in atto, la Cascina Brianco non possiede le caratteristiche sopra richiamate per essere qualificata come centro abitato, ospitando essa solo 4 residenti e personale impiegato stagionalmente, mentre i centri abitati prossimi all’impianto sono quelli di Carisio e di Santhià, posti rispettivamente a circa 5,6 km e 6 km dall’impianto.

5.4 Non persuadono, poi, le argomentazioni dei comuni ricorrenti, secondo cui, in ogni caso, il nucleo della Cascina Brianco costituirebbe un’area residenziale rispetto alla quale varrebbe sempre il limite di 500 metri. Il concetto di area residenziale implica, infatti, che la zona considerata abbia una destinazione urbanistica preordinata all’edificazione, che ne consenta lo sviluppo a fini abitativi. Nella fattispecie, al contrario, si discute di case sparse e cascine nell’ambito di un’area che ha espressamente vocazione e destinazione d’uso agricola, quindi, come tale, priva delle caratteristiche oggettive in termini di densità abitativa, presenza di urbanizzazioni e servizi proprie dell’insediamento residenziale.

5.5 La presenza di “case sparse e cascine” nel raggio di 500 metri dall’ubicazione dell’impianto – qual è la Cascina Brianco, comprensiva di pertinenze e abitazioni – non rappresenta, in base ai contenuti del Programma Provinciale di Gestione dei Rifiuti della Provincia di Biella, un elemento idoneo a impedire la realizzazione della discarica, ma soltanto un fattore penalizzante. Ciò non comporta, pertanto, il divieto di localizzare detto impianto all’interno della fascia di 500 metri, poiché la criticità derivante da tale prossimità può essere superata attraverso accorgimenti progettuali e adeguate opere di mitigazione. L’OT-CT deputato alla fase istruttoria ha poi espressamente considerato la questione in esame, per cui la decisione assunta in conferenza di servizi è supportata dalla disamina delle tematiche della prossimità di detti insediamenti rispetto al sito della discarica.

5.6 Nella delineata prospettiva, diventano irrilevanti il lamentato “arretramento” del confine dell’impianto e le modalità di calcolo della distanza dalla cascina Brianco o da altre case sparse, poiché, come anzidetto, costituisce elemento ostativo all’insediamento della discarica di cui si discute solo la presenza di un centro abitato entro il raggio di 500 metri dalla stessa o l’accertata presenza di aree residenziali, entrambi non ricorrenti nel caso di specie.

5.7 Quanto alla presenza di pozzi in prossimità del sito di discarica, va innanzitutto evidenziato che, sul piano normativo, l’art. 9.2. del Programma Provinciale di Gestione dei Rifiuti della Provincia di Biella stabilisce che il sito di discarica non deve ricadere in “aree collocate nelle fasce di rispetto (200 m) da punti di approvvigionamento idrico a scopo potabile, fatta salva analisi di rischio”. Nel caso di specie, i ricorrenti contestano la presenza di due pozzi posti a distanza di 387 e 414 metri dal perimetro dell’area di impianto, sebbene Acqua & Sole non ne avesse indicato la presenza. Sottolinea quest’ultima che tali pozzi non sarebbero ad uso domestico e la loro presenza neppure risulterebbe censita formalmente presso la Provincia o altri enti.

La censura non può essere condivisa.

5.7.1 I citati pozzi sono collocati, per ammissione degli stessi ricorrenti, a una distanza maggiore – cioè 387 e 414 metri – rispetto a quella indicata dal Programma Provinciale di Gestione dei Rifiuti della Provincia di Biella quale elemento ostativo all’insediamento dell’impianto, pari a 200 metri. Da questo punto di vista, quindi, non si ravvisano ragioni impeditive della localizzazione.

Inoltre, alla relazione tecnica “Verifica del rispetto delle distanze rispetto ai punti sensibili individuati dal perimetro dell’area di discarica” a firma del consulente Alessandro Boniforte (doc. 53 del comune di Santhià), allegata dai ricorrenti a dimostrazione delle criticità contestate nel gravame, risultano allegati un’autorizzazione alla trivellazione, risalente 1984, di un pozzo per “attingimento acqua per i fabbisogni dell’azienda” e una denuncia relativa a un pozzo a uso zootecnico (priva di data di ricezione di pozzi esistenti).

5.7.2 Non è dato sapere se il primo di detti pozzi sia stato effettivamente realizzato, se sia ancora attivo e se sia destinato al prelievo potabile, tenuto conto che i fabbisogni dell’azienda possono essere anche di altro tipo. Quanto al secondo pozzo, laddove esistente, risulta chiaramente destinato all’uso zootecnico e non domestico.

In conclusione, le doglianze devono essere respinte.

6. Con un secondo mezzo di gravame, i ricorrenti lamentano che, per allontanare i confini dai recettori sensibili, Acqua & Sole avrebbe previsto un’area di “stoccaggio” interna al perimetro dell’impianto (e dunque oggetto di variante urbanistica), che accoglierà il vaglio e le terre utilizzate durante l’esercizio della discarica, e un “deposito intermedio” esterno al perimetro dell’impianto, che servirà solo per abbancare il terreno escavato da utilizzare a copertura della discarica. In questi termini, espungendo dal perimetro della discarica l’area di deposito intermedio sarebbe possibile arretrarne la recinzione e aumentare la distanza intercorrente tra l’impianto e la cascina Brianco.

La censura non coglie nel segno.

6.1 Le conclusioni raggiunte nell’ambito dello scrutinio del primo motivo di ricorso valgono a dimostrare anche l’infondatezza della doglianza in questione. Una volta chiarito che la cascina Brianco non può essere qualificata come centro abitato o area residenziale, non è rilevante stabilire se, tenuto conto o meno dell’area adibita a deposito intermedio, tra la stessa e la discarica si frapponga una distanza maggiore o minore di 500 metri, poiché tale dato non costituisce un’automatica ragione ostativa all’insediamento della discarica. Trattandosi, come anzidetto, di fattore penalizzante, le considerazioni svolte dai ricorrenti non valgono a inficiare per ciò solo la scelta della localizzazione dell’impianto.

6.2 Deve essere invece delibato il profilo di censura, in quanto dotato di propria autonomia, con il quale i ricorrenti lamentano che Acqua & Sole non avrebbe condiviso con ARPA il piano di indagine ex art. 11 del DPR n. 120/2017, in base al quale stabilire se, a fronte del superamento dei valori delle “concentrazioni soglia di contaminazione” (di seguito anche solo “C.S.C.”) di cui alle colonne A e B della tabella 1, Allegato 5 della Parte IV del D.Lgs. n. 152/2006, fosse possibile assumere tali parametri pari al valore di fondo naturale esistente, né avrebbe comunicato agli enti il riscontrato superamento di detti valori, incombente anch’esso richiesto per consentire al proponente di non considerare il superamento di detti valori ascrivendoli a quelli di fondo naturale. Di conseguenza, il sito non potrebbe essere qualificato come “intermedio”, dal momento che, ai sensi dell’art. 5 comma 1, del DPR n. 120/2017, è necessaria la medesima classe di destinazione d’uso urbanistica di quello di produzione.

Il motivo è infondato.

6.2.1 Ai sensi del citato art. 11 è prevista la possibilità che, qualora le terre e rocce da scavo presentino concentrazioni di taluni parametri analitici – segnatamente quelli indicati nell’Allegato 4 del DPR n. 120/2017 – superiori alle C.S.C. di cui alle colonne A e B, tabella 1, Allegato 5 alla Parte IV del D.Lgs. n. 152/2006, “le concentrazioni di tali parametri vengano assunte pari al valore di fondo naturale esistente”.

La stessa norma descrive gli adempimenti procedurali da seguire, stabilendo che il proponente deve predisporre un piano di indagine per definire i valori di fondo naturale da assumere, condiviso con l’ARPA. Sulla base delle risultanze di detto piano di indagine e degli altri dati eventualmente disponibili per l’area oggetto di indagine, “l'Agenzia di protezione ambientale competente per territorio definisce i valori di fondo naturale. Il proponente predispone il piano di utilizzo sulla base dei valori di fondo definiti dall'Agenzia”

6.2.2 Dagli atti di causa risulta che, verificato il superamento dei valori di cui alla colonna A della citata tabella 1 durante le attività preliminari di caratterizzazione delle terre oggetto di escavazione, Acqua & Sole ha predisposto, nell’anno 2017, un apposito studio per la determinazione dei valori di fondo naturale in relazione alla matrice terreno dell’area interessata dalla realizzazione dell’impianto (cfr. doc. 31 della controinteressata). I risultati di tale indagine sono stati valutati nel corso della riunione dell’OT/CT del 05.06.2018 (cfr. pag. 11) – poi confermati nella riunione del 17.12.2019 – ove si legge che, “con riferimento all’elaborato ‘Determinazione dei Valori di Fondo – Trattazione Statistica dei Risultati Derivanti dalla Caratterizzazione Analitica dei Risultati’ l’O.T.+C.T. dà atto che la metodologia utilizzata dal proponente per la definizione dei valori di fondo è stata concordata con la struttura A.R.P.A. di riferimento. I valori ottenuti sui parametri per il suolo (da 0 a 1 m) sono in linea con i valori definiti dall’A.R.P.A. (ad es. per il cromo definiscono un valore di fondo di 203 mg/kg, che è inferiore al valore individuato dall’A.R.P.A. di 271 mg/kg). Per quanto attiene ai valori di fondo definiti per il sottosuolo, l’O.T.+C.T. osserva che non sono disponibili dati di riferimento validati dall’A.R.P.A. Tuttavia è possibile affermare che la metodologia utilizzata è corretta e che i valori individuati dal proponente per i parametri Cromo, Cobalto e Nichel non sono dissimili da quelli ottenuti in aree limitrofe”.

6.2.3 Con nota del 18.11.2020, Acqua & Sole ha quindi rappresentato all’ARPA di aver provveduto alla redazione del Piano di utilizzo delle terre e rocce da scavo (di seguito anche solo “PdU” o “Piano di Utilizzo”), al fine di completare l’iter autorizzativo di progetto, richiamando e mantenendo ferma la proposta di caratterizzazione preliminare e la destinazione di riutilizzo delle terre escavate. Ritenendo adempiuti gli obblighi di cui all’art. 11 del D.Lgs. n. 152/2006 – e, pertanto, condivisi i valori di fondo naturale dell’area – ha invitato l’ente a esprimersi con proprie controdeduzioni nel caso in cui non avesse ritenuto adeguate tali conclusioni. Nella determinazione impugnata, infine, ARPA ha fornito alla Provincia il proprio contributo tecnico, valutato e confluito nel parere dell’OT-CT.

6.2.4 In detti termini, si può ritenere che Acqua & Sole abbia sostanzialmente adempiuto all’iter istruttorio di cui all’art. 11 del D.Lgs. n. 152/2006.

7. I ricorrenti lamentano, inoltre, la violazione dell’art. 9 commi 1, 2 e 3 del D.P.R. 120/2007, nella parte in cui prevedono che nei cantieri di grandi dimensioni connessi ad attività o opere sottoposte a VIA e/o AIA deve essere inclusa nel Piano di Utilizzo la dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà in cui si attesta che i materiali sono sottoprodotti e non rifiuti (sussistenza dei requisiti di cui all'art. 4, anche in conformità a quanto previsto nell’Allegato 3, con riferimento alla normale pratica industriale).

Il motivo è fondato nei termini di seguito illustrati.

7.1 Preliminarmente, rileva il Collegio che, come riconosciuto anche dalla controinteressata, la dichiarazione sostitutiva di cui si discute non è stata inviata agli enti competenti nell’ambito del procedimento esitato nell’emanazione del provvedimento impugnato.

7.2 Nel merito, con l’entrata in vigore del DPR n. 120/2017 ha trovato corpo una disciplina organica della gestione delle terre e rocce da scavo finalizzata al riordino e alla semplificazione delle procedure, variamente articolata a seconda delle caratteristiche del sito di provenienza dei materiali (cantieri di piccole dimensioni, di grandi dimensioni e di grandi dimensioni non assoggettati a VIA o a AIA, ex art. 1, comma 1, lett. a), della qualificazione degli stessi come sottoprodotti o rifiuti e della conseguente diversa possibilità di impiego.

7.3 Nell’ambito dei progetti assoggettati ad AIA, l’art. 9 DPR n. 120/2017 obbliga il proponente alla presentazione del Piano di Utilizzo, definito all’art. 1, lett. f) del predetto decreto come il “documento nel quale il proponente attesta, ai sensi dell'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, il rispetto delle condizioni e dei requisiti previsti dall'articolo 184-bis, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e dall'articolo 4 del presente”. Conformemente, l’art. 9, comma 2 stabilisce che “il piano include la dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà redatta ai sensi dell'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, con la quale il legale rappresentante dell'impresa o la persona fisica proponente l'opera, attesta la sussistenza dei requisiti di cui all'articolo 4, in conformità anche a quanto previsto nell'allegato 3, con riferimento alla normale pratica industriale”. Nei cantieri di piccole dimensioni, nonché di grandi dimensioni non sottoposti a VIA o AIA, tale dichiarazione sostitutiva assolve la funzione del Piano di Utilizzo (art. 21, comma 2, del DPR n. 120/2017).

7.4 Tramite detta attestazione il proponente garantisce che i materiali gestiti possano essere qualificati come sottoprodotti e non come rifiuti – da cui deriva, conseguentemente, la possibilità del loro riutilizzo all’interno del cantiere – poiché rispondenti alle prescrizioni dell’art. 4 del DPR n. 120/2017 relativo ai “requisiti generali” necessari ai fini di detta qualificazione. In particolare, la norma stabilisce che le terre e rocce sono considerate sottoprodotto alle seguenti condizioni: a) devono essere generate durante la realizzazione di un’opera, di cui costituiscono parte integrante e il cui scopo primario non è la loro produzione; b) il loro utilizzo avverrà, in conformità al PdU, nel corso dell’esecuzione di un’opera per le finalità ivi indicate; c) soddisfano i requisiti di qualità ambientale previsti dal DPR in questione in relazione alle modalità di utilizzo specifico cui sono destinate; d) sono idonee ad essere utilizzate direttamente, ossia senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale. Elemento, questo, che l’art. 9 valorizza esplicitamente nel contesto della dichiarazione medesima, data la rilevanza che il concetto di “trattamento” assume nella distinzione tra sottoprodotto e rifiuto.

7.5 Il documento in questione, quindi, non ha carattere meramente formale, ma costituisce elemento sostanziale del PdU, poiché vale ad attestare, tramite dichiarazione proveniente direttamente dal proponente (o dal suo legale rappresentante se persona giuridica), la sussistenza delle caratteristiche che consentono di qualificare i materiali come sottoprodotti, sottraendone la gestione alla disciplina prevista per i rifiuti e consentendone il riutilizzo all’interno del medesimo o di un successivo processo produttivo. Il che comporta, in capo al soggetto dichiarante, l’assunzione diretta delle correlate responsabilità tanto sul piano amministrativo, che su quello penale in merito alla veridicità delle dichiarazioni ivi rese.

7.6 Non conduce a diversa conclusione l’affermazione della controinteressata secondo cui tale attestazione risulterebbe superflua, in quanto il PdU sarebbe stato approvato con una determinazione espressa della Provincia di Biella, che avrebbe accertato la sussistenza di tutti i requisiti di cui all’art. 4 del DPR n. 120/2017.

7.6.1 Alla luce delle osservazioni che precedono, infatti, non può ipotizzarsi alcuna fungibilità tra la redazione del PdU e la presentazione della dichiarazione sostitutiva in questione. Mentre il primo documento, che presenta i contenuti dettagliatamente indicati all’Allegato 5 del DPR n. 120/2017, ha carattere prettamente tecnico-operativo ed è sottoscritto da soggetto con adeguate capacità professionali, la dichiarazione sostitutiva proviene dal proponente medesimo e ha natura di attestazione, con il correlato corredo di responsabilità in capo al dichiarante.

7.6.2 Nello specifico, poi, la determinazione impugnata non “approva” il Piano di Utilizzo, ma si limita a stabilire, al punto 14), che “la gestione dei materiali di scavo dovrà essere effettuata con le modalità indicate nell’elaborato REL. 6 - Piano di utilizzo in sito delle terre e rocce da scavo escluse dalla disciplina dei rifiuti - Rev. N. 05 Febbraio 2021”, richiamando poi tale documento tra gli elaborati progettuali. Del resto, il DPR n. 120/2017 non prevede l’approvazione del Piano di Utilizzo, ma soltanto la sua trasmissione all’autorità competente almeno 90 giorni prima dell’inizio dei lavori o, come nella fattispecie, prima della conclusione del procedimento attivato per il rilascio della valutazione di compatibilità ambientale e della contestuale AIA, ferma restando la verifica successiva in ordine alla completezza della documentazione trasmessa (art. 9, comma 3) e alla sussistenza dei requisiti di cui all’articolo 4 – come attestati nella dichiarazione sostitutiva – da effettuarsi sulla base dei dati contenuti nel piano di utilizzo (art. 9, comma 5).

7.6.3 Il motivo, pertanto, va accolto per i profili sopra evidenziati e, per l’effetto, va disposto l’annullamento del provvedimento impugnato limitatamente alla parte in cui fa riferimento al Piano di Utilizzo (punto 14 della determinazione) e lo include tra gli elaborati progettuali, essendo tale documento incompleto nei termini sopra illustrati. Rimane fermo il potere dell’amministrazione di emendare il procedimento, acquisendo e valutando il Piano di Utilizzo delle terre e rocce da scavo nella sua integrale composizione.

8. Sempre nell’ambito dello stesso motivo, i ricorrenti lamentano altresì che la Provincia di Biella avrebbe autorizzato un’opera in cui risulterebbe presente un’area di quasi 3 ettari non oggetto di variante urbanistica – cioè quella destinata a deposito intermedio, sebbene funzionale alla coltivazione della discarica –, con la conseguenza che in zona agricola si svolgerà un’attività imprenditoriale da ritenersi illegittima. Il che comporterebbe la violazione del combinato disposto di cui agli artt. 208 e 29 sexies, del D.Lgs. n. 152/2006 in relazione all’art. 17 bis comma 15, della L.R. del Piemonte n. 56/1997, oltre che del principio di precauzione (art. 174 par. 2 del Trattato CE e art. 3 ter, del D.Lgs. n. 152/2006).

La doglianza è infondata.

8.1 Sulla questione si è già pronunciato questo Tribunale in analogo procedimento, con la sentenza n. 1119/2022 che può essere sul punto integralmente richiamata: “6.2. L’art. 208 del D.Lgs. n. 152/2006 stabilisce che il provvedimento autorizzatorio unico per gli impianti di smaltimento e recupero rifiuti “sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori”. Si tratta, dunque, di variante automatica per espressa previsione normativa. Anche il legislatore regionale si esprime negli stessi termini sostanziali, essendo prevista dall’art. 17, comma 15 bis della L.R. Piemonte n. 56/1977 l’esclusione dalla disciplina relativa alle varianti parziali, di cui al medesimo articolo, per quelle “relative a progetti la cui approvazione comporta variante per espressa previsione di legge (…) Gli aspetti urbanistici e ambientali afferenti la variante sono valutati nel procedimento di approvazione del medesimo progetto”. (…) La scelta terminologica del legislatore – che precisa come il provvedimento finale assunto dall’autorità procedente “costituisce” variante allo strumento – induce a ritenere che in tali casi lo strumento urbanistico “resta automaticamente variato in senso conforme alla destinazione dell’impianto autorizzato, senza necessità di attivare previamente la complessa procedura dello strumento urbanistico prevista dalla normativa di settore (cfr.: T.A.R. Campania, Napoli, sez. V,01/04/2015, n. 1883)” (cfr. T.A.R. Campania, Sez. V, 14.07.2020, n. 3086). In sostanza, l'attribuzione di tale potere di autorizzazione, salvo espresse e specifiche previsioni derogatorie, deve essere intesa come inerente a ogni aspetto di localizzazione e realizzazione dell'impianto. La previsione normativa in esame, pertanto, non si limita ad evitare ulteriori sub procedimenti, quali quello inerente all'approvazione di una variante al PRG nella mera ottica di concentrazione procedimentale, bensì si pone come norma che consente alla determinazione assunta in sede finale dalla Provincia di incidere direttamente sullo strumento urbanistico generale, ai fini della localizzazione dell'impianto (cfr. TAR Veneto, Sez. III, 1.06.2017, n. 549)”.

8.2 La variante ex art. 208 del D.Lgs. n. 152/2006, pertanto, determina il mutamento di destinazione urbanistica dell’intera area interessata dal progetto e funzionale alla sua realizzazione, sia essa destinata a ospitare il materiale conferito oppure adibita a sito di deposito intermedio, senza necessità, stante l’automatismo degli effetti da essa derivanti, di ulteriori provvedimenti che ne definiscano il perimetro.

9. Con un ulteriore motivo, i ricorrenti censurano le valutazioni della Provincia di Biella e dell’Organo Tecnico in merito alle questioni agronomiche e alla tutela della Dop del riso di Baraggia Biellese e Vercellese, nonché in relazione alle problematiche legate alla compatibilità della variante con la pianificazione sovraordinata. In particolare, le censure si appuntano sui seguenti profili:

- l’Organo Tecnico avrebbe ritenuto l’area interessata dal progetto come non idonea alla coltivazione di riso Dop, basandosi erroneamente su un unico elemento formale, cioè la classificazione del terreno ai sensi del P.R.G. del Comune di Salussola come “area agricola” e non come “zona agricola a risaia”;

- dal certificato di destinazione urbanistica relativo alle aree oggetto di intervento risulta che i terreni includerebbero mappali rientranti tra le “aree agricole terreni ad alta produttività” e, dalle schede catastali, emergerebbe che i mappali sarebbero tutti classificati come “risaia” e/o “seminativo irriguo”, cioè terreni suscettibili di coltivazione ad alto grado di attività agricolo-pastorale;

- il Comune di Salussola avrebbe evidenziato che l’area oggetto di intervento, sebbene attualmente incolta, sarebbe idonea alla coltivazione del riso (D.C.C. n. 4 del 04.03.2020);

- il terreno oggetto di intervento sarebbe stato in passato utilizzato a scopo agricolo come risaia almeno fino al 2012 – e tale ancora sarebbe, sebbene incolta – circostanza evidenziata anche dall’organo tecnico nella seduta del 18.09.2019.

La valutazione circa la conformità della variante alla pianificazione sovraordinata, ove l’istruttoria fosse stata adeguatamente condotta, avrebbe dovuto considerare la disciplina prevista per i terreni Dop dal Piano Paesaggistico Regionale e dagli altri piani sovracomunali.

Secondo la controinteressata, l’area interessata dal progetto, a differenza di altre aree anche limitrofe, è ricompresa nel P.R.G.C. fra le “aree agricole” e non fra le “zone agricole a risaia”. I terreni avrebbero una limitata fertilità del suolo e non vi sarebbe possibilità di approvvigionamento idrico da corpo idrico superficiale, confinando il sito con un’area industriale a sud ormai dismessa, nella quale sarebbe stato di recente autorizzato un impianto di trattamento (digestione anaerobica e stabilizzazione aerobica) della FORSU con produzione di biometano e compost.

9.1 La censura in questione è stata esaminata e ritenuta fondata da questo Giudice nella sentenza n. 1119/2022, con conclusioni da cui non vi è ragione per discostarsi e che possono di seguito richiamarsi:

“7.1. Va preliminarmente dato atto che l’area interessata dall’insediamento della discarica in questione, allo stato non coltivata, ricade nel territorio del Comune di Salussola, che è ricompreso nell’ambito delle aree di produzione del riso Dop del riso di Baraggia Biellese e Vercellese. La circostanza è pacifica tra le parti e rappresenta, sul piano oggettivo, un dato non oggetto di confutazione.

Risulta dalla lettura degli atti di causa che, quanto ai possibili impatti del progetto elaborato da Acqua &Sole su aree destinate alla succitata coltura, l’organo tecnico si è pronunciato nell’ambito della trattazione delle questioni n. 4 e n. D2020 (cfr. doc. 18 produzione della controinteressata). In detta sede, sono emerse due diverse posizioni sostanziali in ordine all’idoneità produttiva dell’area, corroborate da due distinti elaborati tecnici, ciascuno dei quali confluito nei documenti oggetto di valutazione in fase istruttoria. Secondo la controinteressata, in sintesi, i terreni in oggetto sarebbero inidonei alla produzione di riso, in quanto “l’area interessata dal progetto, in assenza di approvvigionamento idrico sostenibile, non determina presupposti economici ed ambientali tali da consentire una sua utilizzazione in campo risicolo di reddito”. Al contrario, il Consorzio ha sostenuto più volte la piena capacità agronomica del terreno e la sua adeguatezza alla coltivazione del riso Dop, smentendo i calcoli relativi al consumo idrico elaborati da Acqua &Sole e individuando valori di fabbisogno idrico decisamente inferiori.

7.2. Ora, l’organo tecnico si è limitato a dare atto che “emerge una sostanziale incongruenza tra i due elaborati agronomici finalizzati a valutare le potenzialità agronomiche dei terreni oggetto di intervento”, senza tuttavia assumere una precisa posizione e senza svolgere gli approfondimenti istruttori resi necessari alla luce delle opposte conclusioni raggiunte dalle parti, nonostante la centralità dell’argomento anche ai fini della valutazione di conformità con la pianificazione sovraordinata. E ciò a maggior ragione se si considera che lo stesso ha rilevato che, dalle foto aree consultabili, “l’area risulta coltivata a risaia almeno fino al 2012”, così dando atto della pregressa concreta utilizzazione dell’area a fini colturali. Circostanza, questa, che risulta chiaramente confermata dalla documentazione fotografica depositata in atti, laddove il terreno non solo mantiene ancora le caratteristiche proprie di una risaia, in particolare la presenza degli argini in terra che delimitano le risaie e contengono l’acqua di sommersione, ma è anche circondato da risaie coltivate, inserendosi così in un contesto agricolo specifico nell’ambito di un territorio già vocato a produzione di riso Dop.

7.3. A fronte di tali circostanze, la valutazione istruttoria si è limitata ad approcciare la questione in relazione alle possibili interferenze con “l’oggetto del procedimento in esame” (cfr. doc. 18 di Acqua &Sole, pag. 15), ovvero la natura di variante automatica del P.R.G. comunale riconosciuta all’autorizzazione impugnata, con particolare riferimento ad eventuali situazioni di incompatibilità con la pianificazione territoriale. In tali termini, l’organo tecnico ha valorizzato la circostanza che l’area oggetto dell’intervento in progetto, a differenza di altre aree anche limitrofe, fosse ricompresa dal P.R.G. del comune di Salussola tra le “aree agricole” (dunque zone di minor pregio) e non tra le “zone agricole a risaia” e che, sebbene il disciplinare della Dop del Riso di Baraggia Biellese e Vercellese includesse l’intero territorio comunale all’interno dell’area geografica di produzione, tale riconoscimento non avrebbe automaticamente comportato che ogni area del territorio comunale dovesse essere “necessariamente interessata da colture risicole soggette al disciplinare D.O.P., oltre al fatto che non tutte le aree del territorio comunale sono idonee alla coltivazione del riso” (cfr. doc. 18 di Acqua &Sole, pag. 16).

7.4. L’argomento, tuttavia, non è decisivo e neppure sufficiente a esaurire l’onere istruttorio, oltre che motivazionale, cui l’amministrazione è soggetta. E ciò tenuto conto che, per un verso, valorizzando “l’oggetto del procedimento in esame, ovvero la variante automatica al PRGC ricompresa nel procedimento per i terreni oggetto di intervento ”, l’organo tecnico avrebbe dovuto puntualmente considerare – motivando in merito – il parere negativo espresso dal Comune di Salussola in sede di conferenza di servizi, nel quale è stata indicata come ragione ostativa all’insediamento della discarica la circostanza che il sito in questione fosse idoneo alla produzione di riso e, per le caratteristiche agronomiche e produttive, ricadesse nel disciplinare della produzione della Dop Riso di Baraggia Biellese e Vercellese. Per altro verso, il citato P.R.G. comunale non risulta adeguato alla pianificazione sovraordinata successiva, come espressamente affermato nella stessa determinazione impugnata, e alle diverse disposizioni che, in tale ambito, tutelano le coltivazioni Dop e ne valorizzano il riconoscimento.

7.5. In proposito, merita evidenziare come il sito di localizzazione della discarica sia ricompreso tra le aree classificate “risaie” dalla carta IGT-A“Politiche per l’assetto del sistema agricolo rurale” allegata al Piano Territoriale Provinciale (P.T.P.), ricadente all’interno dei paesaggi agrari di interesse culturale di cui all’art. 2.11 delle N.T.A. del P.T.P. Tale dato, a ben vedere, è significativo ai fini dell’individuazione della natura dell’area, a prescindere dalla circostanza su cui l’amministrazione ha posto l’accento, cioè che, a norma dell’art. 3.8 del PTP, la specificazione degli ambiti in cui sono presenti paesaggi agrari a valenza culturale a livello comunale debba avvenire in fase di adeguamento del P.R.G.

7.6. Parimenti, sempre nel quadro delle valutazioni relative alla compatibilità del progetto con la pianificazione sovraordinata, deve rilevarsi la mancanza di un’adeguata analisi in merito al rispetto dell’art. 3.6, comma 6, del P.T.P., secondo cui “l’ubicazione di impianti per lo smaltimento dei rifiuti è subordinata alla considerazione degli elementi territoriali e ambientali sensibili di seguito elencati: (…) zone di produzione di prodotti agricoli ed alimentari definiti ad indicazione geografica o a denominazione di origine protetta ai sensi del regolamento n. 2081/92/CEE, e in aree agricole in cui si ottengono prodotti con tecniche dell'agricoltura biologica ai sensi del regolamento n. 2092/91/CEE”. Sul punto, invero, l’organo tecnico si è limitato a richiamare la posizione espressa dalla controinteressata che, sotto quest’ultimo profilo, ha rilevato la presenza della Dop sull’area di localizzazione dell’impianto, ritenendola tuttavia avente “caratteristiche non adeguate alla coltivazione risicola specializzata”. Si tratta di valutazioni che, come anzidetto, l’amministrazione non avrebbe potuto recepire pedissequamente, essendo chiamata, proprio alla luce delle diverse posizioni emerse in sede di conferenza di servizi e nell’ambito dell’istruttoria tecnica, ad una puntuale verifica delle circostanze allegate”.

9.2 In conclusione, il motivo è da accogliere in relazione al difetto di istruttoria riferito alle questioni sopra affrontate e nei limiti indicati.

10. Con un ulteriore profilo di censura, i ricorrenti lamentano che il provvedimento impugnato sarebbe stato illegittimamente approvato nonostante il Comune di Salussola, sul cui territorio ricade l’impianto, avesse espresso in conferenza dei servizi una valutazione di manifesta incoerenza sostanziale della variante con le esigenze della pianificazione urbanistica comunale e con la pianificazione sovraordinata. In base alla ricostruzione di parte ricorrente, la censura troverebbe conferma nella Circolare 8 novembre 2016 n. 4/AMB del Presidente della Giunta Regionale, secondo cui “la conferenza non sposta l’assetto delle competenze previste dall’ordinamento ma lo mantiene immutato: di conseguenza, legittimato al pronunciamento in conferenza è il solo Comune, essendo le fattispecie di varianti di cui al comma 15 bis, implicite nell’autorizzazione da rilasciare al soggetto proponente, assimilabili alle varianti parziali di cui all’articolo 17, comma 5, della l.r. 56/1977”. Nella seduta conclusiva della conferenza dei servizi, inoltre, la Provincia non solo non avrebbe sviluppato alcun approfondimento istruttorio, né espresso la propria posizione sul punto, ma avrebbe addirittura omesso di procedere alla deliberazione motivata di conclusione del procedimento nella quale avrebbe dovuto tenere conto delle posizioni prevalenti espresse ai sensi dell’art. 14 quater della legge n. 241/1990. All’interno del provvedimento di A.I.A., l’amministrazione avrebbe proceduto solo fittiziamente alla valutazione delle specifiche posizioni espresse, limitandosi a rinviare al verbale dell’OT-CT e alla nota della Regione Piemonte del 26 maggio 2021.

La censura è inammissibile e infondata.

10.1 Sulle medesime doglianze sopra sintetizzate si è già pronunciato questo Giudice nella citata sentenza n. 1119/2022 con conclusioni tutt’ora valide, nelle quali è stato evidenziato che l’emanazione del provvedimento autorizzativo ex art. 208 del D.Lgs. n. 152/2006 avviene “all’esito di una peculiare conferenza di servizi con compiti istruttori, nel corso della quale sono acquisiti i pareri degli enti competenti, tra cui quello del comune sul cui territorio è previsto l’insediamento dell’opera, fermo restando che la decisione finale assunta dall’autorità competente – nella specie la Provincia di Biella – ha effetto su ogni aspetto inerente la localizzazione dell'impianto. Alla luce di queste premesse, il diniego del Comune all’approvazione di una siffatta variante non è autonomamente ostativo e non ha ex se efficacia preclusiva al rilascio dell’autorizzazione suddetta, pena la sostanziale vanificazione dello strumento della conferenza di servizi nei termini sopra delineati e della funzione che detto istituto assolve, in termini generali, ai fini della risoluzione dei contrasti in materia di pianificazione territoriale. Come sottolineato dalla giurisprudenza, l’autorizzazione ex art. 208 del D.Lgs. n. 152/2006 può essere rilasciata dall’autorità procedente – nella specie, la Provincia di Biella – qualora la conferenza di servizi, con decisione “assunta a maggioranza”, abbia espresso parere favorevole, non disponendo il Comune di un potere di veto al riguardo. L’eventuale mancanza del consenso dell’ente non avrebbe rappresentato ex sé, in ogni caso, un valore decisivo in senso ostativo, in considerazione dell’effetto - previsto direttamente dalla legge - di variante prodotto dal provvedimento autorizzativo finale (cfr. Cons. di Stato, Sez. V, 24.05.2018, n. 3109)”.

11. Con altro mezzo di gravame, i ricorrenti contestano il parere favorevole di compatibilità ambientale espresso in sede di conferenza di servizi dalla Provincia, che avrebbe ritenuto ammissibile la localizzazione, da parte di Acqua & Sole, di una discarica su un’area agricola vergine, mai trasformata e mai interessata in passato ad attività umane diverse dall’agricoltura, coltivata a risaia almeno sino al 2012 e tutt’ora idonea a produrre riso Dop, senza valutare la possibilità di insediare l’impianto presso siti alternativi, in particolare ex cave. Nella comparazione con le alternative, la Provincia avrebbe ritenuto la soluzione in progetto preferibile per gli effetti indiretti legati al traffico, mentre invece avrebbe dovuto rilevare che il sacrificio ambientale preteso per il territorio di Salussola in conseguenza del progetto di discarica sarebbe stato superiore rispetto alle ipotesi alternative di discarica in ex cave, in ragione dell’eccessivo (ed ingiustificato) consumo di suolo vergine.

11.1 La censura è stata esaminata e ritenuta infondata nella citata sentenza di questo Tribunale n. 1119/2022, di cui possono qui richiamarsi le conclusioni: “va premesso che non sussistono disposizioni che impongono la localizzazione delle discariche di amianto esclusivamente all’interno di siti dismessi oggetto di precedenti attività estrattive o, comunque, in quelli espressamente riconosciuti idonei dalla Regione. In primo luogo, il “Piano di protezione dell'ambiente, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica ai fini della difesa dai pericoli derivanti dall'amianto (Piano regionale amianto) per gli anni 2016-2020”, approvato con deliberazione del Consiglio regionale del Piemonte del 1.03.2016 n. 124-7279, non pone l’obbligo di insediare impianti di smaltimento di materiali contenenti amianto esclusivamente nei siti e nelle aree ivi indicate.

La Deliberazione della Giunta Regionale 20 febbraio 2017, n. 25-4693 recante “Attuazione del Piano Regionale Amianto per gli anni 2016-2020 approvato con D.C.R. 1 marzo 2016, n. 124 - 7279 - Recepimento del documento "Approfondimento relativo alla presenza di aree di cava e miniera inattive per l'ubicazione di impianti di smaltimento di materiali contenenti amianto"” afferma che “gli esiti dell'approfondimento riassunto nel presente documento non precludono in alcun modo la possibilità di sviluppare la progettazione e la realizzazione di impianti in aree che in questa sede non sono state poste in evidenza, così come in corrispondenza di zone del territorio che non sono state oggetto di coltivazione mineraria” (pag. 50).

La Deliberazione del Consiglio regionale 16 gennaio 2018, n. 253-2215 - “Piano regionale di gestione dei rifiuti speciali (PRRS)”, infine, dà atto della volontà di avviare un approfondimento relativo alla presenza di ex attività estrattive, a cielo aperto e in sotterraneo, che individui potenziali aree per la realizzazione di impianti di smaltimento e, dunque, si limita a rinviare a un’attività istruttoria futura.

8.2. Ne consegue che la localizzazione di una discarica di amianto può avvenire anche in aree diverse da quelle indicate come siti idonei nei documenti regionali, non essendovi allo stato alcun vincolo che precluda la possibilità di sviluppare la progettazione e la realizzazione di impianti in aree che non siano state ivi catalogate, così come in aree che non siano ex cave dismesse. Possibilità che non è esclusa necessariamente dalla natura agricola del suolo, laddove non si rinvengano specifici limiti o impedimenti derivanti da fonti normative o regolamentari diverse dallo strumento urbanistico comunale, che, come già precisato ai paragrafi che precedono, rimane variato con l’approvazione dell’autorizzazione ex art. 208 del D.Lgs. n. 152/2006. Né tantomeno il lamentato consumo di suolo agricolo può valere, in mancanza di altri elementi ostativi, a viziare l’atto impugnato, tenuto anche conto che, nella fattispecie, l’opera da localizzare è comunque funzionale al soddisfacimento delle esigenze di smaltimento di rifiuti pericolosi.

8.3. Sotto altro profilo, risulta dagli atti di causa che la ricorrente ha prodotto nell’ambito dell’iter autorizzativo uno studio di impatto ambientale (cfr. doc. 26 di Acqua & Sole) nel quale è svolta un’ampia e articolata analisi delle alternative progettuali, cioè le alternative tecnologiche, le alternative localizzative e quelle dimensionali, nonché l’alternativa della c.d. “opzione zero”, ovvero l’ipotesi di non realizzare l’impianto (doc. 26 cit., par. 6.6., pagg. 276 e s.s.). L’organo tecnico ha valutato la documentazione prodotta dalla ricorrente, evidenziando aspetti meritevoli di approfondimento e chiedendo puntuali integrazioni (Questioni 9 e 10), cui la stessa ha provveduto. In sede istruttoria, sono state espressamente esaminate le proposte alternative elaborate da Acqua & Sole e, condividendo le conclusioni dello studio di impatto ambientale, l’organo tecnico ha concluso che il progetto presenta parametri migliori od equivalenti rispetto alle altre proposte localizzative. Ritiene il Collegio che le conclusioni raggiunte dalla Provincia di Biella rappresentino espressione di scelte discrezionali dell’amministrazione, sindacabili da questo giudice solo se affette da macroscopica illogicità, irragionevolezza o grave travisamento dei fatti, ovvero vizi che, anche alla luce della complessa istruttoria svolta, nella fattispecie non si ritengono sussistenti”.

12. Con un ulteriore motivo, i ricorrenti lamentano che, nel procedimento che ha condotto agli atti impugnati, una sola persona avrebbe ricoperto il triplice ruolo di responsabile del procedimento di VIA e di AIA nell’ambito del quale si è giunti alla variante urbanistica, di presidente dell’OT-CT che ha condotto l’istruttoria e di firmatario del provvedimento di rilascio del giudizio positivo di compatibilità ambientale e di AIA. Pertanto, nello stesso soggetto si sarebbe concentrato il ruolo dell’autorità “procedente”, quello dell’autorità “competente” e, infine, quello proprio dell’organo tecnico, in spregio ai principi di imparzialità e di garanzia di terzietà e in violazione dell’art. 7 della L.R. del Piemonte n. 40/1998, nella parte in cui prevede l’istituzione di un organo tecnico presso l’autorità competente allo scopo di distinguere la fase di valutazione tecnica dei progetti da quella decisoria.

La censura deve essere disattesa.

12.1 Come già evidenziato nella sentenza n. 1119/2022, “l’art. 7 della L.R. Piemonte n. 40/1998 dispone l’istituzione di un organo tecnico presso l’autorità competente all’espletamento delle procedure di V.I.A. e di verifica di assoggettabilità, con il compito di svolgere la relativa attività istruttoria. In tale contesto, le funzioni esercitate si traducono, essenzialmente, nel fornire ampio supporto specialistico necessario alla valutazione dei progetti, nella promozione di attività di controllo e monitoraggio e nella specificazione dei contenuti dello studio di impatto ambientale. Nell’ambito delle procedure in questione, l’organo tecnico agisce con funzioni istruttorie a favore dell’autorità competente deputata all’emanazione del provvedimento finale che esprime il giudizio di compatibilità ambientale, così esaurendosi l’operatività di detta struttura nella dialettica interna con l’autorità chiamata a pronunciarsi con l’emanazione del provvedimento finale, nella fattispecie la Provincia di Biella. Diversamente, nell’ambito della procedura di V.A.S., l’organo tecnico deve possedere i requisiti necessari per garantire, nel corso delle valutazioni istruttorie, la separazione e l’adeguato grado di autonomia rispetto alla struttura che riveste la qualifica di autorità procedente, cioè la pubblica amministrazione che elabora, recepisce, adotta o approva il piano o il programma da sottoporre a valutazione ambientale strategica.

5.2. Sotto altro profilo, l’art. 3 del “Regolamento per la gestione delle conferenze dei servizi della Provincia di Biella”, modificato con deliberazione della Provincia di Biella n. 15 del 25.05.2016, applicabile anche ai procedimenti di V.I.A., affida al responsabile del procedimento il compito di convocare, qualora lo ritenga opportuno, le riunioni dei vari organismi di supporto tecnico alla Provincia e presiederne i lavori. Nella fattispecie, la composizione dell’organo tecnico risponde a tale prescrizione, essendo presieduto dal responsabile del procedimento e composto da rappresentanti del dipartimento A.R.P.A. Piemonte sede di Biella (indicato quale componente permanente) e dell’A.S.L. Biella - Dipartimento Prevenzione S.I.S.P. Biella. Risulta, infine, che l’organo tecnico si sia sempre riunito congiuntamente con il Comitato Tecnico per i Problemi dell'Ambiente della Provincia di Biella così da consentire il coordinamento tra le procedure di V.I.A. e di AIA, per cui la struttura tecnica garantisce, anche sotto questo profilo, l’autonomia delle valutazioni”.

12.2 Non vale a smentire le suddette conclusioni il richiamo alla sentenza del Consiglio di Stato n. 5876/2021, poiché la stessa ha ad oggetto una questione diversa da quella esaminata nella presente sede e relativa, in particolare, al lamentato vizio di incompetenza dell’organo politico che aveva adottato il provvedimento finale rispetto alle attribuzioni della dirigenza. In detta sede non è stato affrontato il tema della separazione fra autorità competente e organo tecnico, che, peraltro, nella medesima sentenza è riconosciuto come la struttura “presso l’autorità competente” cui sono demandati compiti specifici di natura preparatoria e istruttoria.

Parimenti, non rileva nella presente sede la delibera del Consiglio Provinciale n. 22 del 27.06.2022, recante “Modifica del “Regolamento del Comitato Tecnico Provinciale per i Problemi Ambientali e dell’Organo Tecnico Provinciale ex art. 7 L.R. 14.12.1998 n. 40 e ss.mm.ii. (V.I.A.)”, trattandosi di atto sopravvenuto.

La doglianza, pertanto, deve essere disattesa.

13. Le parti ricorrenti hanno infine articolato due censure di carattere prettamente tecnico, attinenti alle valutazioni e alle scelte progettuali effettuate da Acqua & Sole.

14. Una prima doglianza attiene allo sullo studio dei venti e alla lamentata violazione del D. Lgs. n. 36/2003: nello specifico, si contesta che gli elaborati di progetto sviluppati dalla controinteressata (elaborato REL.26 del marzo 2021 – “Verifica di conformità al D. Lgs. 36/2003 come modificato dal D. Lgs. 121/2020”; elaborato progettuale “AMB 1 ALL. 1 Valutazione previsionale impatto atmosferico”) non rispetterebbero le prescrizioni dell’Allegato 1, punto 2.1. del D.Lgs. n. 36/2003, così come modificato dal D.Lgs. n. 121/2020, secondo cui, per le discariche di rifiuti contenenti amianto, deve essere prodotto uno specifico studio avente ad oggetto la distanza dai centri abitati in relazione alla direttrice dei venti dominanti, dovendo quest’ultima essere “chiaramente indirizzata verso zone differenti da quelle di ubicazione del centro abitato” al fine di evitare “qualsiasi” possibile trasporto aereo delle fibre di amianto, con esclusione dell’ammissibilità di qualsiasi valore soglia. Lo studio della controinteressata, in estrema sintesi, sarebbe inattendibile sia quanto ai dati statistici considerati e al modello utilizzato, sia perché la direttrice dei venti dominanti investirebbe in pieno il centro abitato di Carisio, sia in quanto le simulazioni effettuate avrebbero erroneamente assunto a presupposto sorgenti di emissione ad altezza di 3 metri dal piano di compagna (sia PM10 che rifiuti contenenti amianto), mentre il dato progettuale riferirebbe un’altezza della coltivazione della discarica pari a 13 metri.

15. Una seconda censura è riferita al piano di gestione operativa della discarica in relazione alla metodologia di abbancamento e sulla violazione del D. Lgs. n. 36/2003: secondo le parti ricorrenti, le modalità di abbancamento descritte nel piano di gestione operativa della controinteressata evidenzierebbero profili di rischio (soprattutto la rottura dei bancali a causa del transito dei mezzi e del peso che i rifiuti contenenti amianto posti superiormente eserciterebbero su quelli sottostanti), che non potrebbe essere escluso dai risultati della simulazione effettuata nel campo prova con utilizzo di fibrocemento, in quanto non rappresentativa della realtà. In particolare, le modalità di abbancamento non potrebbero garantire il rispetto dell’Allegato 4, punto 5 del D.Lgs. n. 36/2003, nella parte in cui prevede che le celle “devono essere spaziate in modo da consentire il passaggio degli autoveicoli senza causare la frantumazione dei rifiuti contenenti amianto”.

16. Trattandosi di questioni controverse tra le parti e determinanti ai fini del decidere, il Collegio ha disposto apposita consulenza tecnica, formulando i seguenti quesiti:

“1) Dica il consulente se gli studi sulla direttrice dei venti dominanti prodotti dalla ricorrente nell’ambito del procedimento autorizzativo sono stati eseguiti correttamente e in osservanza delle migliori conoscenze scientifiche e regole tecniche disponibili, se hanno considerato la presenza di centri abitati a distanza tale da poter essere interessati dall’eventuale dispersione aerea delle fibre di amianto e se sono stati utilizzati dati e metodologie di analisi adeguati a restituire un risultato attendibile;

2) Dica il consulente se i suddetti studi sui venti – tenuto conto delle caratteristiche progettuali e costruttive della discarica – sono conformi alle normative di settore e ai contenuti del D.Lgs. 36/2003, in particolare l’Allegato 1, punto 2.1, secondo cui la direttrice dei venti dominanti deve risultare “chiaramente indirizzata verso zone differenti da quelle di ubicazione del centro abitato” e deve essere escluso “qualsiasi possibile trasporto aereo delle fibre”, così da evitare i rischi connessi alla dispersione di queste ultime;

3) Dica il consulente se le modalità di abbancamento descritte nel piano di gestione operativa della ricorrente sono conformi alle migliori conoscenze scientifiche e regole tecniche disponibili, alle normative di settore e ai contenuti del D. Lgs. n. 36/2003, in particolare all’Allegato 4 par. 5 del predetto decreto, garantendo così che non si verifichi la frantumazione dei rifiuti contenenti amianto e i conseguenti rischi per l’ambiente”.

17. Il consulente tecnico ha depositato l’elaborato peritale in data 22.12.2022, nel quale ha tratto, all’esito dell’analisi svolta, le seguenti conclusioni:

- con riferimento al quesito n. 1: è stato affermato, quanto alle problematiche sub 1.A), che “lo Studio Planeta, per conto del proponente, ha individuato la direzione dominante dei venti per la discarica in oggetto utilizzando dati dal 2008 al 2020, rispettando pertanto l’arco temporale minimo richiesto da normativa. (…) Si ritiene quindi che gli studi effettuati dallo Studio Planeta per conto della Acqua & Sole s.r.l., presentati in sede di approvazione del progetto, sulla direttrice dei venti dominanti siano stati condotti con metodiche idonee all’ottenimento dei risultati richiesti. (…)”. Relativamente alle questioni esaminate sub 1.B), il CTU ha rilevato che “l’assenza di criticità restituita dal modello (valori della dispersione di fibre di amianto stimati all’interno dello studio al di sotto della soglia indicata dall’OMS pari a 0,01 μg/m3 ) presso i ricettori individuati (case sparse collocate nei pressi della discarica oggetto di causa), consente implicitamente di considerare l’assenza di criticità a distanze maggiori (centro abitato di Carisio)”. Nel merito delle questioni sub 1.C), è stato riconosciuto che “gli studi condotti relativi alla dispersione delle fibre di amianto siano stati condotti con metodiche adeguate e utilizzati dati di input adeguati all’ottenimento di risultati attendibili”.

- con riferimento al quesito n. 2: il CTU ha concluso che “gli studi sulla direttrice dei venti dominanti siano stati condotti conformemente alle norme di settore e a quanto previsto dal D.Lgs. 36/2003 (…) la direttrice dei venti dominanti individuata è indirizzata sì verso un centro abitato (Carisio) che dista circa 5,6 km dalla discarica in oggetto (e non poteva non interessare un centro abitato prima o poi, non essendo indicata una distanza di riferimento), ma lo studio modellistico applicato ha favorevolmente valutato/verificato l’assenza di trasporto aereo di fibre di amianto secondo la vigente normativa”;

- con riferimento al quesito n. 3: il CTU ha affermato che “i materiali impiegati per la realizzazione della copertura giornaliera e della copertura infrastrato hanno caratteristiche di idoneità previste dal D.lgs. 36/2003. (…) La discarica in oggetto, nella modalità risultante dal provvedimento autorizzativo rilasciato dalla Provincia di Biella con Determinazione n. 1128 del 21/07/2021, a parere dello scrivente CTU è allineata alle soluzioni nascenti dalle più 44 di 45 aggiornate conoscenza scientifiche e alle migliori e più prudenti regole tecniche disponibili nel pieno rispetto della normativa vigente”.

18. All’esito del deposito dell’elaborato peritale, le parti ricorrenti hanno versato in atti memorie difensive in vista dell’udienza per la trattazione del merito della causa, nelle quali, oltre ad approfondire le doglianze articolate in ricorso nell’ambito del contraddittorio processuale, contestano sotto plurimi profili le risultanze della CTU. Le argomentazioni critiche dei ricorrenti possono essere sistematizzate, per migliore comprensione, in due gruppi distinti aventi ad oggetto, rispettivamente, le modalità di svolgimento delle operazioni peritali e i contenuti di merito dell’elaborato in parola.

19. Quanto al primo gruppo, le censure si appuntano sui seguenti profili:

- l’elaborato peritale sarebbe affetto da nullità per violazione e falsa applicazione dell’art. 195 comma 3, c.p.c., laddove impone al consulente non solo di depositare le osservazioni dei consulenti tecnici di parte, ma anche di darne effettivamente conto;

- l’intero elaborato peritale sarebbe frutto di una riproposizione pedissequa e acritica degli argomenti dei consulenti tecnici della controinteressata, senza che le osservazioni critiche alla bozza di CTU depositate dai consulenti tecnici di parte ricorrente siano state effettivamente considerate;

- all’esito della riunione del 25.10.2022, il CTU avrebbe consentito la produzione, da parte del CTP della Provincia di Biella, di una nota “informale” di ARPA (i cui contenuti, peraltro, non sarebbero stati analizzati, sottraendola così al confronto dialettico tra le parti), avente ad oggetto non solo asseriti dati meteo, ma anche l’interpretazione degli stessi da parte dell’Agenzia sotto forma di vera e propria memoria difensiva di parte. Ad ARPA Piemonte è stato notificato il ricorso introduttivo dei Comuni di Santhià e Carisio e la stessa, dunque, anche se non costituita in giudizio, sarebbe a tutti gli effetti portatrice di un interesse in causa, non risultando ammissibile che, per il tramite di “note informali” depositate dal CTP della Provincia di Biella durante il corso delle operazioni peritali, ARPA faccia pervenire al CTU la propria versione dei fatti, resa non come organismo tecnico, ma come parte in causa.

Le contestazioni dei ricorrenti non hanno fondamento.

19.1 L’art. 195, comma 2, c.p.c. stabilisce infatti che “se le indagini sono compiute senza l'intervento del giudice, il consulente deve farne relazione, nella quale inserisce anche le osservazioni e le istanze delle parti”. Ritiene il Collegio che, nella fattispecie, il CT abbia adeguatamente dato conto delle osservazioni presentate dai consulenti di parte e controdedotto alle stesse, sia all’interno della relazione finale, sia nell’allegato 7 all’elaborato medesimo, per cui non può rinvenirsi alcuna violazione del contraddittorio procedimentale. Peraltro, l’omessa menzione di tali osservazioni potrebbe rendere invalida la consulenza solo ove configurasse una vera e propria lesione del diritto di difesa; circostanza, questa, che non è dato rinvenire nel caso di specie, in considerazione dell’ampia possibilità consentita alle parti di partecipare alle operazioni peritali, di interloquire con il CT e di replicare alle conclusioni della CTU anche all’interno degli scritti difensivi versati in atti.

19.1.2 Neppure può ritenersi, dalla lettura complessiva della relazione, che il CTU abbia sostanzialmente recepito in termini acritici le posizioni dei consulenti della controinteressata. Al contrario, le valutazioni effettuate nell’elaborato peritale, pur tenendo conto delle osservazioni delle parti, sono sorrette da una propria autonomia concettuale e metodologica, frutto dell’esperienza professionale del consulente, delle verifiche effettuate e delle informazioni assunte per giungere all’elaborazione delle conclusioni di merito.

19.2 Infine, quanto all’acquisizione di un documento proveniente da ARPA per il tramite del rappresentante della provincia, nel verbale di riunione del 25.10.2022 è riportato quanto segue: “la dott.ssa Facchino, CTP della Provincia di Biella legge alcuni passaggi di un contributo informale ricevuto via mail da ARPA nell’aprile 2022 a precisazione dei temi in discussione (a seguito di invio, si allega tale documento al presente verbale)”. Trattasi, ad avviso del Collegio, di chiarimenti relativi ai soli aspetti di valutazione modellistica – prima letti nel corso della riunione peritale e poi acquisiti tramite documento scritto – che non esprimono una posizione di ARPA quale parte processuale, né tantomeno sostanziale, risultando piuttosto sorretti da un intento meramente collaborativo dell’ente in qualità di organo tecnico. Il che è quanto avvenuto anche in conferenza di servizi, laddove ARPA è stata chiamata non come parte portatrice di propri interessi rispetto al provvedimento finale, ma come componente permanente dell’OT-CT. Del resto, neppure risultano formalizzate a verbale opposizioni all’acquisizione del documento.

19.2.1 Va poi evidenziato, con riferimento al principio giuridico sotteso alla contestazione in esame, che recente giurisprudenza ha ritenuto ammissibile l’acquisizione da parte del CTU di documentazione ritenuta rilevante ai fini dello svolgimento dell’incarico. In particolare, è stato affermato che “il consulente nominato dal giudice, nei limiti delle indagini commessegli e nell’osservanza del contraddittorio delle parti, può acquisire, anche prescindendo dall’attività di allegazione delle parti, non applicandosi alle attività del consulente le preclusioni istruttorie vigenti a carico delle parti, tutti i documenti che si rende necessario acquisire al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli, a condizione che essi non siano diretti a provare i fatti principali dedotti a fondamento della domanda e delle eccezioni che è onere delle parti provare e, salvo quanto a queste ultime, che non si tratti di documenti diretti a provare fatti principali rilevabili d’ufficio” (cfr. Cass. Civ., Sez. Un., 1.02.2022, n. 3086).

Le argomentazioni critiche sopra esaminate, pertanto, non risultano fondate.

20. Con riferimento al secondo gruppo di censure, i ricorrenti lamentano, in primo luogo, che il CTU avrebbe errato nel ritenere esistenti soglie minime di rilevanza all’esposizione di amianto, perché in realtà la scienza medica dimostrerebbe la dannosità anche di una minima esposizione: vi sarebbe, pertanto, zero soglia di tollerabilità.

Il Collegio non condivide le argomentazioni dei ricorrenti.

20.1 Esse poggiano, infatti, sull’erronea equiparazione del concetto di “esposizione” all’amianto e “dispersione” delle fibre di amianto in atmosfera, così di fatto sovrapponendo il piano delle valutazioni medico-legali con quelle scientifico-normative cui è ispirata la presente consulenza.

L’inesistenza di una soglia di sicurezza “assoluta”, al di sotto della quale ritenere nulli i rischi alla salute umana in correlazione all’uso o al trattamento di amianto, è questione che rileva con riferimento all’esposizione alla sostanza e alla tutela dei soggetti che, specie nei luoghi di lavoro, vengono a contatto per un periodo di tempo più o meno lungo con materiali contenenti amianto. In questo caso, il rapporto con la fonte del rischio è diretto, costante e/o continuativo e prolungato nel tempo, per cui, rispetto a tale contesto, non risulta possibile predicare allo stato delle conoscenze scientifiche un completo azzeramento delle possibili conseguenze dannose per la salute umana. La questione, sul piano normativo, si traduce non nel divieto di dette attività, ma nell’esigenza di approntare presidi di protezione e tutela che consentano di minimizzare il più possibile il rischio da contatto e/o prossimità con materiali contenenti amianto, anche attraverso l’individuazione – sia pure non in valore assoluto – di valori soglia che rendano tollerabile, tenuto conto dei dispositivi di protezione, l’esposizione alla sostanza nei termini sopra precisati.

20.2 Nel caso di specie, tuttavia, il quesito rivolto al CT non attiene alla valutazione dei rischi legati all’esposizione all’amianto, ma alla diversa verifica in merito all’eventuale dispersione di fibre di detto materiale in atmosfera, tenuto conto delle modalità di abbancamento e della prossimità alla discarica centri abitati posti lungo la direttrice dei venti dominanti. Ora, dopo aver esaminato le modalità di conferimento in discarica, il consulente ha escluso la possibilità di dispersione delle fibre di amianto in ragione della natura del materiale e degli accorgimenti previsti per la coltivazione della discarica.

20.2.1 In particolare, sotto il primo profilo, “i rifiuti conferiti in discarica sono rifiuti contenenti amianto in matrice compatta e non friabile, i quali arrivano in discarica già trattati con vernice incapsulante e imballati al fine di evitare ogni possibilità di dispersione di fibre di amianto durante le varie attività sino al posizionamento in discarica” (CTU, pag. 30). Essi “contengono amianto in matrice compatta, ciò significa che le fibre di amianto presenti sono legate in una matrice solida cementizia”. Inoltre, il CT ha verificato, col contributo di un ausiliario, la “buona caratteristica del materiale che il proponente ha indicato di utilizzare per le fasi di copertura giornaliera e di infrastrato”, concludendo che, “anche nel caso di liberazione di fibre (situazione già di per sé eccezionale) le fibre stesse rimarrebbero intrappolate nello strato di terreno infrastrato con poca probabilità di riuscire ad attraversare lo strato di 40 cm e quindi liberarsi nell’atmosfera” (CTU, pagg. 40,41). Infine, il consulente ha verificato la coerenza del progetto autorizzato con le best practices ricavabili dalla ex D.G.R. della Regione Lombardia n. X/2461 del 07/10/2014 - “Linee guida per la progettazione e gestione sostenibile delle discariche” – ritenuto il più approfondito riferimento italiano contenente istruzioni operative per la materia – esprimendosi positivamente in merito e rilevando anche la presenza di “miglioramenti a favor di sicurezza”.

20.2.2 Tali considerazioni si saldano con gli esiti relativi all’accertamento della direttrice dei venti dominanti, che, secondo il consulente, “è indirizzata sì verso un centro abitato (Carisio) che dista circa 5,6 km dalla discarica in oggetto (e non poteva non interessare un centro abitato prima o poi, non essendo indicata una distanza di riferimento), ma lo studio modellistico applicato ha favorevolmente valutato/verificato l’assenza di trasporto aereo di fibre di amianto secondo la vigente normativa”.

20.2.3 Nel complesso degli elementi sopra richiamati, ritiene il Collegio che le conclusioni raggiunte dal consulente tecnico sul punto risultano attendibili e coerenti con il dato normativo, nonché con le best practices di cui è dato disporre. Ed è in questa prospettiva – cioè quella della migliore conoscenza tecnica al momento attuale – che deve essere interpretato il par. 2.1 dell’allegato 1 al D.lgs. n. 36/2003, a mente del quale “la distanza dai centri abitati in relazione alla direttrice dei venti dominanti deve essere oggetto di specifico studio, al fine di evitare qualsiasi possibile trasporto aereo delle fibre verificando che la direttrice dei venti dominanti sia chiaramente indirizzata verso zone differenti da quelle di ubicazione del centro abitato”. Invero, la distanza dell’impianto dai centri abitati non è fissata in misura predefinita, sub specie di distanza rilevante ai fini dell’automatica ammissibilità dell’insediamento dell’impianto, ma costituisce l’oggetto dell’approfondimento tecnico richiesto al proponente. Ciò significa non che la presenza di un centro abitato lungo la direttrice dei venti dominanti impedisca la localizzazione di una discarica di amianto, ma piuttosto che il legislatore riconosce la possibilità di individuare in concreto una distanza idonea a escludere, per le caratteristiche tecniche dell’impianto, la dispersione di fibre di amianto sul centro abitato intercettato.

20.2.4 Alla luce di dette coordinate ermeneutiche va quindi intesa la previsione secondo cui lo studio della distanza dal centro abitato deve consentire di escludere “qualsiasi” dispersione delle fibre d’amianto in atmosfera. Pur nell’esigenza di un approccio rigoroso alla questione, non può sottacersi come la regola precauzionale ora richiamata finirebbe per paralizzare ogni attività di smaltimento di materiali contenenti amianto laddove fosse intesa in valore assoluto. La stessa va quindi interpretata nel senso che, nella progettazione dell’insediamento di una discarica per il conferimento di materiale contenente amianto, deve essere evitata qualsiasi dispersione di fibra d’amianto considerata “rilevante”, cioè non tollerabile secondo le migliori conoscenze tecniche e scientifiche del momento.

21. Un ulteriore profilo oggetto di critica attiene alle conclusioni raggiunte dal CT con riferimento alla questione della “spaziatura delle celle”. Sostengono, in particolare, i ricorrenti che il consulente avrebbe erroneamente interpretato la normativa di riferimento, ritenendo le “spaziature” necessarie solo tra i settori destinati a celle/lotti per amianto e quelli destinati ad altra tipologia di rifiuti, nell’ambito di discariche destinate a ricevere una pluralità di rifiuti differenti, mentre, invece, tale accorgimento tecnico sarebbe imposto indistintamente per qualsiasi tipo di impianto anche se monodedicato al conferimento di un unico tipo di materiale.

Ritiene il Collegio che l’analisi del consulente resista alle contestazioni di parte ricorrente.

21.1 Il D.Lgs. n. 36/2004, all’Allegato 4, par. 5 definisce “modalità e criteri di deposito dei rifiuti contenenti amianto”, prevedendone il conferimento “direttamente all'interno della discarica in celle appositamente ed esclusivamente dedicate e deve essere effettuato in modo tale da evitare la frantumazione dei materiali. Le celle devono essere coltivate ricorrendo a sistemi che prevedano la realizzazione di settori o trincee. Devono essere spaziate in modo da consentire il passaggio degli automezzi senza causare la frantumazione dei rifiuti contenenti amianto (…)”. Il consulente ha chiarito, sulla base delle proprie conoscenze tecniche, dell’esperienza professionale e delle informazioni assunte anche in relazione alla coltivazione di analoghe discariche sul territorio italiano, che la previsione di spaziature tra celle trova applicazione laddove nella discarica siano conferite tipologie diverse di rifiuti e, pertanto, vengano depositati all’interno di celle destinate a differenti coltivazioni, ma non anche nel caso in cui, com’è quello di cui si discute, la discarica sia monodedicata e accetti soltanto materiali contenenti amianto.

21.2 Pertanto, il CT ha verificato che “tutte le discariche monorifiuto esaminate, funzionanti ed autorizzate sul territorio nazionale, assimilano la definizione di cella a quella di lotto e non applicano spaziature”, per cui “tali spaziature, indicate in normativa, sono da eseguirsi tra i settori destinati a celle/lotti per amianto e quelli destinati ad altra tipologia di rifiuti in discariche destinate a pluralità di rifiuti proprio per consentire e assicurare la applicazione di diversi criteri di gestione necessari per le diverse tipologie di rifiuti abbancati”. Conclusione, questa, che appare non solo ragionevole, ma anche in linea con la possibilità, prevista all’Allegato 4, par. 4 del D.lgs. n. 36/2003, di conferire rifiuti contenenti amianto sia in discariche monodedicate, che in discariche riceventi più tipologie di rifiuti ma dotate di cella dedicata all’abbancamento di detto materiale.

22. Infine, le predette ricorrenti lamentano che il CT non si sarebbe curato di considerare la particolare situazione in concreto della cascina risicola del Brianco, malgrado le controdeduzioni dei consulenti tecnici di parte e i documenti ad esse allegati. Sul punto, evidenzia il Collegio che tali aspetti sono estranei all’ambito oggettivo dei quesiti rivolti al consulente, cui non è stato richiesto di valutare gli impatti generali dell’insediamento della discarica rispetto alla posizione specifica di una delle parti ricorrenti. Ciò posto, il consulente ha correttamente rappresentato che il par. 2.1 dell’Allegato 1 al D.Lgs. n. 36/2003 assume a riferimento la presenza di “centri abitati” – quale non è la Cascina Brianco e le sue pertinenze – rispetto ai quali valutare la direttrice dei venti dominanti, per cui l’indagine effettuata in relazione al primo e al secondo quesito è limitata all’ambito definito dalla norma. Ad ogni modo, il CT ha comunque dato atto che i risultati del modello permettono di escludere situazioni di criticità per i ricettori più vicini costituiti da case sparse nelle vicinanze della discarica (cfr. CTU, pag. 20).

23. In conclusione, il ricorso è da accogliere con riferimento alle censure esaminate ai paragrafi 7 e e 9, nei limiti ivi indicati.

24. Sussistono valide ragioni, in considerazione della particolarità e complessità delle questioni affrontate, per compensare le spese di giudizio.

25. Per quanto riguarda la liquidazione del corrispettivo spettante al CTU, valgono le seguenti considerazioni.

26. Il consulente, con la nota spese presentata, ha computato le proprie spettanze economiche sulla base del valore economico dei due diversi quesiti ai quali ha dato risposta (di cui il primo articolato in due sotto-quesiti). Nel caso di specie rileva l’avvenuto espletamento di un accertamento tecnico plurimo, ancorché in base ad incarico unitario, per cui il Collegio ritiene legittimo che la liquidazione degli onorari sia stata effettuata sommando quelli relativi a ciascuno dei distinti accertamenti richiesti, in quanto la risposta ai quesiti ha richiesto operazioni valutative autonome e non ripetitive. Secondo la giurisprudenza, infatti, “la liquidazione del compenso deve essere compiuta con riferimento all'accertamento richiesto dal giudice sicché, nel caso di accertamenti plurimi, anche se compiuti in base ad incarico unitario, è legittima la determinazione degli onorari sommando quelli relativi a ciascuno dei distinti accertamenti richiesti” (Cass., II, 31.3.2006, n. 7632).

26.1 Nel merito, l’onorario è stato calcolato assumendo come riferimento un valore simbolico del bene oggetto di causa quantificato in euro 1.000.000,00 e applicando, per ciascuno dei quesiti, l’art. 11 del D.M. 30.05.2002, che prevede la liquidazione di un onorario a percentuale in base a scaglioni progressivi di valore. Il Consulente, pertanto, ha formulato una proposta di liquidazione relativa a spese e competenze, indicando i valori minimi (pari a 4.910,89 per ciascun quesito) e massimi (pari a 9.851,73 per ciascun quesito) risultanti dall’applicazione dello scaglione di riferimento. Ritiene il Collegio che, considerato l’oggetto dell’incarico, sia appropriata l’applicazione del valore medio pari a euro 7.381,33, per ciascuno dei quesiti oggetto di esame.

26.2 Per quanto concerne le spese dichiarate dal consulente tecnico (autorizzato all’uso del proprio mezzo di trasporto per effetto dell’ordinanza di questo TAR n. 606/2022), questi ha diritto all’indennità di viaggio prevista per i dipendenti statali (art. 55 del D.Lgs. n. 115/2002), per cui il prezzo chilometrico esposto va ricalcolato in base al valore di un quinto del prezzo della benzina, ragguagliato alla data di redazione della nota spese (0,3325*1132km invece di 0,56*1132km), per un totale di euro 376,39. Con riferimento alle altre voci, il consulente si è avvalso di due ausiliari (ingegnere e geologo) in ragione delle specifiche competenze degli stessi e ha prodotto le note pro-forma relative all’attività dagli stessi espletata, dell’importo rispettivamente di complessivi euro 488,00 e 2.137,60, che il Collegio ritiene congrue in considerazione dell’ammontare degli importi esposti e della natura delle questioni affrontate.

26.3 Pertanto, al CTU deve essere liquidata a titolo di onorario la somma di euro 7.381,33 per ciascuno dei due quesiti, per un totale complessivo euro 14.762,66 oltre a iva e accessori di legge; devono inoltre essergli rimborsate o pagate le spese sostenute, ovvero spese di viaggio per euro 376,39 e spese per ausiliari nella misura complessiva di euro 2.625,60 (euro 488,00 + 2.137,60).

Tali importi devono essere corrisposti al CTU dalla Provincia di Biella e da Acqua & Sole s.r.l. (tenuto conto, a tali fini, della soccombenza in giudizio), per metà ciascuna, detratte le somme già anticipate dalle ricorrenti. Quanto anticipato da quest’ultime dovrà essere loro rimborsato, per metà ciascuna, dalla Provincia e dalla controinteressata.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sui ricorsi previamente riuniti, come in epigrafe proposti, li accoglie nei sensi e nei limiti di cui in motivazione.

Compensa le spese di giudizio.

Pone a carico della Provincia di Biella e di Acqua & Sole s.r.l., per metà ciascuna, il corrispettivo economico dovuto al CTU, liquidato nella misura sopra indicata dal Collegio, e il rimborso di quanto anticipato dalle ricorrenti, come indicato nella motivazione della presente sentenza.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 22 marzo 2023 con l'intervento dei magistrati:

Gianluca Bellucci, Presidente

Valentina Caccamo, Referendario, Estensore

Martina Arrivi, Referendario