TAR Lombardia (MI) Sez. III n.928 del 11 maggio 2016
Rifiuti.Contaminazioni storiche

L’obbligo di adottare le necessarie misure di prevenzione sussiste anche in relazione alle contaminazioni storiche, giacché non rileva a tal fine la risalenza dell'inquinamento, quanto le conseguenze che nell’immediato possono produrs

N. 00928/2016 REG.PROV.COLL.

N. 00405/2015 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 405 del 2015, proposto da Energheia srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Mario Bucello, Nicola Bassi, e Simona Viola, con domicilio eletto presso il loro studio, in Milano, via Serbelloni, 7;

contro

il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero della salute, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Milano, presso la quale ope legis domiciliano in Milano, via Freguglia, 1;
la Regione Lombardia, n.c.;

nei confronti di

Fallimento della S.I.S.A.S. spa, Comune di Pioltello, Comune di Rodano, T.R. Estate Due srl;

per l’annullamento,

previa misura cautelare,

- delle prescrizioni rivolte a Energheia srl al punto n. 3.3 dell’ordine del giorno della conferenza di servizi istruttoria tenutasi il giorno 24 febbraio 2014, i cui esiti sono stati approvati dalla conferenza di servizi decisoria tenutasi il giorno 9 dicembre 2014;

- del decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare - Direzione generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche n. 5554/TRI/B del 10 dicembre 2014, avente ad oggetto “decreto contenente il provvedimento finale di adozione, ex art 14-ter legge 7 agosto 1990, n. 241, delle determinazioni conclusive della conferenza di servizi decisoria relativa al sito di bonifica di interesse nazionale di Pioltello – Rodano del 09/12/2014”;

- di tutti gli atti connessi.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero della salute;

Visti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 aprile 2016 il dott. Diego Spampinato e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

La società ricorrente, premettendo di essere titolare di un terreno su cui insisteva una centrale elettrica non attiva, incluso entro l’area industriale di Pioltello – Rodano, rilevato dalla controinteressata società SISAS, e facendo riferimento ad un articolato contenzioso con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare da cui sarebbero scaturite diverse pronunce giudiziali, impugna gli atti in epigrafe.

Affida il ricorso ai seguenti motivi.

1. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 23 della Costituzione, nonché degli articoli 242 e 245 del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152; violazione e falsa applicazione degli articoli 3 e 6 della legge 241/1990; eccesso di potere per travisamento dei presupposti, difetto di istruttoria e contraddittorietà. Gli atti impugnati sarebbero in contrasto sia con quanto stabilito nel verbale della conferenza di servizi istruttoria del 24 febbraio 2014, sia con gli esiti della riunione tecnica del 15 ottobre 2014.

2. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 23 della Costituzione, nonché degli articoli 144, 240, 242, 244, 245, 250, 252 e 253 del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152; violazione e falsa applicazione degli articoli 1, 3 e 10 della legge 241/1990; violazione e falsa applicazione degli articoli 33 e 112 cpa; violazione e falsa applicazione del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa; eccesso di potere per travisamento dei presupposti, difetto di istruttoria ed erroneità di motivazione, nonché per contraddittorietà e per sviamento. Le amministrazioni procedenti avrebbero illegittimamente posto a base della prescrizione l’art. 245 del TU ambiente, posto che: a) non vi sarebbe alcun pericolo imminente da fronteggiare con misure preventive; b) se anche un rischio attuale sussistesse, sarebbe la pubblica amministrazione (in quanto proprietaria delle acque di falda) a dover intervenire. Né rileverebbe la decisione della società ricorrente di collaborare ad iniziative per il disinquinamento, atteso che le sentenze di questo TAR Lombardia – Milano 5782/2007 e 1117/2009 avrebbero affermato che tali comportamenti sarebbero risultati esigibili nell’ambito del provvedimento che autorizzasse la riqualificazione della centrale elettrica inisistente sull’area di proprietà della società ricorrente, ed atteso che il relativo progetto di riqualificazione della centrale sarebbe stato definitivamente accantonato e l’edificio preesistente demolito.

3. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 23 della Costituzione, nonché degli articoli 240, 242, 244, 245, 250, 252, 253 e 256 del D. Lgs. 3 aprile 2006 n. 152; violazione e falsa applicazione degli articoli 33 e 112 del cpa; eccesso di potere per travisamento dei presupposti, difetto di istruttoria ed erroneità della motivazione. Allo stato attuale, il sito di Pioltello dovrebbe essere qualificato non come “contaminato”, ma come “potenzialmente contaminato”, non essendo state approvate specifiche “concentrazioni soglie di rischio” di cui sia stato accertato il superamento, da ciò derivando che non sarebbe ancora certa la necessità di porre in essere interventi di ripristino ambientale.

L’amministrazione si è costituita, spiegando difese nel merito; in particolare, ha affermato che le misure richieste alla società ricorrente rientrerebbero fra le misure di prevenzione, cui sarebbe tenuto il proprietario incolpevole, e che l’ordine di ripresentare il progetto di bonifica – contenuto nella conferenza di servizi istruttoria del 24 febbraio 2014, che la difesa erariale qualifica come endoprocedimentale (sulla scorta di quanto ritenuto dalla sentenza di questa Sezione III 2 dicembre 2015, n. 2508) – non sarebbe stato trasfuso nel verbale della conferenza di servizi decisoria del 9 dicembre 2014, approvato con l’impugnato DM 10 dicembre 2014; ha quindi concluso per il rigetto del ricorso.

Con ordinanza 27 marzo 2015, n. 421, sul presupposto che «… ad un primo sommario esame, sussiste l’allegato pregiudizio grave e irreparabile e che i motivi dedotti nel ricorso appaiono provvisti di sufficiente fumus boni iuris, in quanto le prescrizioni adottate in sede di Conferenza di servizi a carico della società ricorrente sembrano essere state assunte in assenza di una sia pur minima istruttoria, in grado di dimostrare la responsabilità (cfr., sul principio chi inquina paga, Corte di giustizia dell’Unione europea, III, sentenza 4 marzo 2015, causa C-534/13) della predetta ricorrente in ordine all’inquinamento del sito Pioltello-Rodano, come già emerso in sede di giudizio, relativo alla società capogruppo Air Liquide Italia S.p.A., conclusosi con la sentenza della IV Sezione di questo Tribunale n. 543 del 2014…», questa Sezione III ha accolto la domanda cautelare.

All’udienza pubblica del 27 aprile 2016 la causa è stata trattata nel merito e trattenuta in decisione.

DIRITTO

Preliminarmente, i profili di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse in conseguenza della natura endoprocedimentale degli atti, sollevati dalla difesa erariale, possono essere superati in ragione del disposto dell’impugnato DM 10 dicembre 2014, che «…decreta di approvare tutte le determinazioni della Conferenza di Servizi decisoria del 09.12.2014…».

Fra tali determinazioni va ricompresa quella (pag. 1 del verbale) secondo cui «La Conferenza di Servizi decisoria delibera di approvare le determinazioni contenute nel verbale della Conferenza di Servizi istruttoria del 24.02.14».

In ragione di questo sistema di rinvii, dunque, si deve ritenere che il contenuto dispositivo dell’impugnato DM 10 dicembre 2014 sia costituito dalle determinazioni adottate dalla conferenza di servizi istruttoria (da ora innanzi: CSI) del 24 febbraio 2014 e dalla conferenza di servizi decisoria (da ora innanzi: CSD) del 9 dicembre 2014, che assumono così natura lesiva in quanto incidenti sulle posizioni degli interessati a seguito della intervenuta approvazione.

Nel merito, il ricorso è in parte fondato, secondo quanto a seguire.

Gli interventi cui la società ricorrente è stata obbligata a mezzo degli atti impugnati, sulla base delle risultanze degli atti di causa, risultano essere:

1. adozione di misure di prevenzione per le acque di falda ai sensi degli artt. 242 e 245 del TU ambiente e continuazione del monitoraggio delle acque di falda con cadenza semestrale da concordare con ARPA (verbale della CSI del 24 febbraio 2014, punto B, pag. 12);

2. aggiornamento circa le attività di “decommissioning” in corso in relazione alle attività di demolizione della sottostazione elettrica e successiva trasmissione del piano di caratterizzazione integrativa (verbale della CSI del 24 febbraio 2014, punto A, pag. 12);

3. presentazione del progetto di bonifica sulla base dei risultati della caratterizzazione eseguita e di quella integrativa da eseguire, comprensiva di analisi di rischio sito specifica (verbale della CSI del 24 febbraio 2014, punto C, pag. 12).

Con riferimento agli interventi di cui ai precedenti punti 2 e 3, risultano fondati i primi due motivi di ricorso, assorbito il terzo, che possono essere trattati congiuntamente afferendo, sotto diversi profili, all’unica questione giuridica della individuazione degli interventi cui il proprietario dell’area non responsabile dell’inquinamento possa essere obbligato ad effettuare.

In proposito, conviene muovere dalla disposizione legislativa di cui all’art. 245 del TU ambiente, rubricato Obblighi di intervento e di notifica da parte dei soggetti non responsabili della potenziale contaminazione, secondo cui «…il proprietario o il gestore dell’area che rilevi il superamento o il pericolo concreto e attuale del superamento della concentrazione soglia di contaminazione (CSC) deve darne comunicazione alla regione, alla provincia ed al comune territorialmente competenti e attuare le misure di prevenzione secondo la procedura di cui all’articolo 242…».

Tale disposizione viene intesa dalla giurisprudenza, per il proprietario dell’area che non sia responsabile dell’inquinamento, come fonte, a suo carico, del solo obbligo della attuazione delle misure di prevenzione di cui all’art. 240, comma 1, lett. i), del TU ambiente, mentre gli interventi di riparazione, messa in sicurezza, bonifica e ripristino gravano esclusivamente sul responsabile della contaminazione, cioè sul soggetto al quale sia imputabile, almeno sotto il profilo oggettivo, l’inquinamento; solo nel caso in cui il responsabile non sia individuabile, gli interventi che risultassero necessari possono essere adottati dall’amministrazione e le spese sostenute per effettuare tali interventi possono essere recuperate agendo in rivalsa verso il proprietario, che risponde nei limiti del valore di mercato del sito a seguito dell’esecuzione degli interventi medesimi (per una ricostruzione della questione si rinvia a Cons. Stato, AP, ord. 25 settembre 2013, n. 21, che ha disposto rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea, deciso con sentenza 4 marzo 2015 in causa C-534/13; sul punto, ex plurimis, anche Cons. Stato, Sez. VI, 16 luglio 2015, n. 3544).

Nel caso di specie, che non sia risultata una responsabilità della società ricorrente nell’inquinamento dell’area di cui si tratta è circostanza già affermata dalle sentenze di questo TAR Lombardia – Milano 7 settembre 2007, n. 5782, 4 febbraio 2009, n. 1117 (appello respinto con sentenza Cons. Stato, Sez. VI, 18 aprile 2011, n. 2376) e 27 febbraio 2014, n. 533.

La soluzione cui giungono tali pronunce sul punto risulta altresì coerente con il contenuto dei verbali della CSI del 24 febbraio 2014 (allegato al ricorso sub 1) e della riunione tecnica del 15 ottobre 2014 (allegato al ricorso sub 2), da cui si ricava come non risultassero ancora individuati compiutamente i responsabili della contaminazione riscontrata nelle acque di falda delle aree in esame: «… Sulla base della documentazione acquisita la Provincia di Milano avvierà le azioni per identificare, previo svolgimento di opportune indagini, i responsabili della contaminazione riscontrata nelle acque di falda delle aree in esame ai sensi dell’art. 244 del D. Lgs. 152/06 ai fini delle conseguenti azioni…» (verbale della CSI del 24 febbraio 2014, pag. 2); «…In merito alla richiesta alla Provincia di Milano di avviare le azioni per identificare, previo svolgimento di opportune indagini, i responsabili della contaminazione riscontrata nelle acque di falda delle aree in esame ai sensi dell’art. 244 del D. Lgs. 152/06 ai fini delle conseguenti azioni la stessa Provincia dichiara che non avendo un quadro conoscitivo chiaro della contaminazione della falda risulta difficile identificare il responsabile…» (verbale della riunione tecnica del 15 ottobre 2014, pag. 2).

Ne consegue che la società ricorrente può essere obbligata alla sola attuazione delle misure di prevenzione definite dall’art. 240, comma 1, lett. i), del TU ambiente come «…le iniziative per contrastare un evento, un atto o un’omissione che ha creato una minaccia imminente per la salute o per l’ambiente, intesa come rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale in un futuro prossimo, al fine di impedire o minimizzare il realizzarsi di tale minaccia…».

Tanto premesso, le misure individuate in questa parte motiva ai numeri 2 e 3, riconducibili ad attività di bonifica, esulano da tale ambito, essendo previste, nell’ambito dell’art. 242 TU ambiente, fra le attività cui è tenuto il soggetto responsabile dell’inquinamento.

Né a diversa soluzione si potrebbe giungere sulla base della considerazione che la società ricorrente si sarebbe volontariamente resa disponibile ad effettuare attività finalizzate alla bonifica dell’area, ai sensi dell’articolo 245, comma 2, ultimo periodo, del TU ambiente, secondo cui «È comunque riconosciuta al proprietario o ad altro soggetto interessato la facoltà di intervenire in qualunque momento volontariamente per la realizzazione degli interventi di bonifica necessari nell’ambito del sito in proprietà o disponibilità».

Sul punto, infatti, la citata sentenza 5782/2007 ha avuto modo di precisare che «…come del resto chiaramente evidenziato dal Consiglio di Stato già nella prima delle sue pronunzie cautelari (ordinanza n. 5417/2004), la società ha sempre ribadito come la propria disponibilità fosse subordinata all’ottenimento delle autorizzazione necessarie alla conversione della centrale esistente, visto che l’interesse al risanamento ambientale, in capo alla ricorrente, si inserisce in una più ampia operazione imprenditoriale, volta a realizzare un impianto di cogenerazione nell’ambito della vecchia struttura tuttora esistente…».

Il ricorso deve quindi essere accolto nella parte in cui impugna gli atti in epigrafe nella parte in cui prevedono le misure individuate in questa parte motiva ai numeri 2 e 3.

Le stesse ragioni che hanno condotto a tale parziale accoglimento del ricorso ne comportano però il rigetto in relazione alla impugnazione degli atti in epigrafe laddove essi prevedono le misure individuate in questa parte motiva al numero 1 (l’adozione di misure di prevenzione per le acque di falda ai sensi degli artt. 242 e 245 del TU ambiente e la continuazione del monitoraggio delle acque di falda con cadenza semestrale da concordare con ARPA, di cui al verbale della CSI del 24 febbraio 2014, punto B, pag. 12).

Tali misure ricadono infatti nell’ambito delle misure di prevenzione, che anche il proprietario non responsabile dell’inquinamento è tenuto comunque ad adottare (sul punto, in fattispecie analoga in relazione ad altra area dello stesso sito Pioltello – Rodano, TAR Lombardia – Milano, Sez. III, 2 dicembre 2015, n. 2508).

Infatti:

- con riferimento al primo motivo di ricorso: gli stralci già riportati del verbale della CSI del 24 febbraio 2014 e del verbale della riunione tecnica del 15 ottobre 2014 postulano come non ancora individuati compiutamente i responsabili della contaminazione riscontrata nelle acque di falda delle aree in esame, così non risultando – sulla base di quanto già esposto – in contrasto con la possibilità di obbligare il proprietario incolpevole ad effettuare misure di prevenzione;

- con riferimento al secondo motivo di ricorso: sotto un primo profilo, la giurisprudenza della Sezione ha condivisibilmente ritenuto che «…l’obbligo di adottare le necessarie misure di prevenzione sussiste anche in relazione alle contaminazioni storiche, giacché non rileva a tal fine la risalenza dello stesso, quanto le conseguenze che nell’immediato possono prodursi (T.A.R. Puglia, Lecce, I, 21 maggio 2015, n. 1709)…» (TAR Lombardia – Milano, Sez. III, 2 dicembre 2015, n. 2508; in tal senso anche la citata ordinanza AP 21/2013); sotto un secondo profilo, l’argomentazione della società ricorrente, secondo cui sarebbe la pubblica amministrazione (in quanto proprietaria delle acque di falda) a dover intervenire, le misure di prevenzione ed il richiesto monitoraggio si giustificano con la necessità di verificare la presenza di rischi legati all’inquinamento in atto o a un suo aggravamento, al fine di tutelare i fruitori dell’area (in tal senso, la citata 2508/2015);

- con riferimento al terzo motivo di ricorso, le misure di prevenzione devono essere attuate dal proprietario non responsabile dell’inquinamento del sito, ai sensi dell’articolo 242, comma 2, TU ambiente quando egli «…rilevi il superamento o il pericolo concreto e attuale del superamento della concentrazione soglia di contaminazione…», non essendo necessari a tal fine l’approvazione o l’accertato superamento di specifiche “concentrazioni soglie di rischio”.

Il ricorso deve quindi essere in parte accolto ed in parte rigettato, ciò da cui consegue l’annullamento degli atti impugnati nelle parti in cui prescrivono, a carico della società ricorrente, l’adozione delle misure individuate in questa parte motiva ai numeri 2 e 3.

La parziale soccombenza reciproca costituisce motivo per la compensazione fra le parti delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione III), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo accoglie ed in parte lo rigetta, secondo quanto in motivazione; per l’effetto, annulla gli atti impugnati nelle parti in cui prescrivono, a carico della società ricorrente, l’adozione delle misure individuate in motivazione ai numeri 2 e 3.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 27 aprile 2016 con l’intervento dei magistrati:

 

Ugo Di Benedetto, Presidente

Alberto Di Mario, Consigliere

Diego Spampinato, Primo Referendario, Estensore

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 11/05/2016

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


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