Doppia Intermediazione e Subappalto. Subappaltatore e intermediario negli appalti per lo smaltimento di rifiuti
(nota a sentenza Consiglio di Stato, sez. IV, 11 dicembre 2023, n. 10675)

di Fabio ANILE

NDR La sentenza commentata è pubblicvata in questo sito e leggibile qui 

Con la sentenza in commento, il Consiglio di Stato ha approfondito la disciplina del subappalto prevista dal Codice dei Contratti Pubblici in relazione ad una fattispecie in cui viene in considerazione la cd. “doppia intermediazione” in materia di rifiuti.

I. Il caso all’esame del Consiglio di Stato nella sentenza 11 dicembre 2023, n. 10675 (subappalto).

Con la sentenza in commento, il Consiglio di Stato è stato chiamato ad affrontare un caso relativo ad un contratto di appalto avente ad oggetto l’affidamento del «servizio di nolo cassoni, prelievo, trasporto, smaltimento/recupero presso terzi di sabbie derivanti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane», nel quale viene in rilievo il tema della cd. doppia intermediazione

Nel corso dell’esecuzione del contratto, a seguito all’acquisizione dei formulari di identificazione dei rifiuti (Fir) da parte dell’aggiudicatario (soggetto A), era emerso il coinvolgimento nell’esecuzione delle prestazioni oggetto dell’appalto di un soggetto terzo (soggetto B), non comunicato - né autorizzato dalla stazione appaltante - a cui risultava riconducibile il rapporto con l’impianto di smaltimento finale (soggetto C).

La stazione appaltante procedeva alla revoca dell’aggiudicazione del servizio nei confronti del contraente risultato vincitore, assumendo che il soggetto terzo intervenuto nella filiera produttore-smaltitore fosse un subappaltatore che, senza autorizzazione, aveva svolto una parte del servizio oggetto dell’appalto1.

Da quì la materia del contendere.

“A” contestava tale qualifica in capo a “B”, osservando che, alla luce delle prescrizioni del disciplinare di gara, l’intermediazione afferiva al «solo trasporto dei rifiuti», a nulla rilevando il reperimento dell’impianto di smaltimento finale.

Secondo la tesi della ricorrente, il ruolo di “B” sarebbe stato solo quello di «porre virtualmente a disposizione di“A”una parte della capienza dell’impianto “C” di smaltimento finale2,non potendo essere considerata un subappaltatore, svolgendo una prestazione che « non è direttamente effettuata a favore dell’appaltante, ma funzionale ad “A” onde questa possa eseguire il contratto d’appalto» curando che i rifiuti giungessero a “C” preposto allo smaltimento/recupero.

La ricorrente eccepiva infine l’insussistenza dei requisiti richiesti dall’art. 105, D. Lgs. 50/2016 per configurare tale rapporto quale subappalto , non involgendo prestazioni richiedenti manodopera ed in ragione dell’importo, non superiore al 2% dell’appalto e dell’incidenza del costo della manodopera non superiore al 50%

Il Tar prima ed il Consiglio di Stato, poi, hanno respinto la tesi della società ricorrente osservando che, ai sensi dell’art. 105 del D. Lgs. n. 50/2016, applicabile ratione temporis (ma anche del sopravvenuto art. 119 del D. Lgs. n. 36/2023 che ha mantenuto ferma la definizione del contratto di subappalto), «il subappaltatore si caratterizza per avere una propria organizzazione con assunzione del rischio imprenditoriale relativamente alla parte dell’appalto che esegue….- e che elemento imprescindibile è costituito dall’autorizzazione da parte della stazione appaltante» 3.

In particolare, avendo riguardo alla legge di gara (lex specialis), l’art. 2 del disciplinare includeva: «nolo cassoni, prelievo, caricamento, trasporto di cassoni scaricabili di sabbie, prodotte dagli impianti di depurazione delle acque reflue gestiti da (….), nonché lo smaltimento/recupero finale delle stesse presso impianti terzi autorizzati». L’art. 5.3. dello stesso disciplinare, chiariva poi che «è compito e responsabilità dell’appaltatore verificare l’idoneità del sistema di smaltimento adottato rispetto alle caratteristiche del rifiuto; sono, pertanto, a sua cura, e s’intende compresa nei prezzi d’offerta, l’esecuzione delle analisi dei rifiuti per le necessarie omologhe (almeno una all’anno) e tutte le eventuali ulteriori analisi che nel corso dello svolgimento del servizio fossero necessarie per disposizioni legislative o su richiesta dell’Autorità di controllo o della Committente presso gli Istituti da quest’ultima indicati».

Con riferimento al requisito di idoneità, il punto 8.1. del disciplinare di gara richiedeva l’iscrizione all’Albo Nazionale Gestori Ambientali nella categoria 4 (raccolta e trasporto dei rifiuti speciali non pericolosi prodotti da terzi) classe D o superiore, con la specificazione che « qualora il concorrente non ne sia in possesso, dovrà dichiarare di voler concedere in subappalto le relative attività a un soggetto in possesso del requisito in oggetto ». In alternativa veniva richiesta « l’iscrizione all’Albo Nazionale Gestori Ambientali nella categoria 8 (intermediazione e commercio rifiuti senza detenzione dei rifiuti stessi) classe D o superiore ».

Quanto al requisito di capacità tecnico e professionale, il punto 8.2. del disciplinare di gara richiedeva inoltre «la titolarità da parte del dell’operatore economico dell’autorizzazione di almeno un impianto di trattamento e recupero per i rifiuti oggetto dell’appalto con capacità complessiva minima non inferiore a quella di previsto conferimento, relativo al quantitativo annuale ovvero dichiarazione dell’operatore relativa alla sua piena disponibilità di uno (o più) impianti di trattamento e recupero/smaltimento per i rifiuti oggetto dell’appalto con capacità complessiva minima pari a 1,5 volte a quella di previsto conferimento, relativo al quantitativo annuale».

Alla luce di tali elementi, il Consiglio di Stato ha dunque ritenuto che “A” aveva partecipato alla gara in veste di “intermediario” non avendo la disponibilità dell’impianto di smaltimento, e che “B” fosse un subappaltatore, in quanto le prestazioni eseguite avrebbero dovuto essere poste in essere da “A”, dovendo ritenersi parte dell’esecuzione delle prestazioni oggetto delle obbligazioni assunte con la stipulazione del contratto di appalto. Infatti, come sopra riportato, l’appalto ricomprendeva anche lo «smaltimento/recupero finale» dei rifiuti «presso impianti terzi autorizzati», con il compito di verificare anche l’idoneità del sistema di smaltimento.

Al riguardo, il Consiglio di Stato ha valorizzato ulteriori elementi probatori a conferma della qualifica di “B” come subappaltatore, ovvero che:

  • B decideva l’intera programmazione della fase finale di smaltimento dei rifiuti, indicando giorni di disponibilità e anche i quantitativi di cassoni, così gestendo in autonomia la parte finale delle prestazioni oggetto dell’appalto, con assunzione del relativo rischio imprenditoriale;

  • l’importo elevato del contratto stipulato tra “A” e “B”, pari ad euro 135 mila, costituiva un ulteriore elemento che conduceva a ritenere che il ruolo della società in questione era rilevante nella fase esecutiva del rapport

Infine, il Consiglio di Stato ha precisato che ai fini della qualifica di subappalto è sufficiente dimostrare, ai sensi del primo inciso dello stesso art. 105 d.lgs. n. 50 del 20164, che era stata affidata a terzi l’esecuzione di parte delle prestazioni oggetto del contratto di appalto, mentre i requisiti relativi all’importo delle prestazioni affidate e l’incidenza del costo della manodopera e del personale superiore al 50%, non sono richiesti per aversi subappalto ma costituiscono ulteriori ipotesi in cui v’è subappalto, come emerge chiaramente dall’utilizzo della locuzione «costituisce, comunque, subappalto»5.

In virtù di tali elementi, risulterebbe dunque violato l’obbligo, da parte di “A” di comunicare alla stazione appaltante l’avvenuta stipulazione del contratto con “B”, ritenendo irrilevante, ai fini della configurazione del subappalto, la qualifica di “B” come intermediario.

II. La fattispecie oggetto della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, 22/02/2022, n.1273 (subcontratto)

Al fine di meglio comprendere la ratio decidendi adottata nel caso di specie, merita segnalare la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, del 22.02.2022, n. 1273, che, seppure resa sotto il vigore del D. Lgs. n. 50/2016, reca principi interpretativi pienamente applicabili anche sotto il nuovo regime.

In tale sentenza, richiamando altra conforme giurisprudenza6, il Giudice Amministrativo ha escluso che costituisca subappalto l’attività di trasporto di rifiuti che, se pur compresa nel complessivo oggetto del contratto in quanto necessaria per la corretta esecuzione della prestazione principale, rivesta in rapporto a quest’ultimo e nella complessiva economia del contratto carattere complementare ed accessorio .

La fattispecie all’esame del Giudice Amministrativo aveva riguardo ad un appalto avente ad oggetto un servizio di pulizia e spazzamento delle strade e delle aree comunali. In particolare - ha osservato il Consiglio di Stato - in base alla lex specialis - le prestazioni da affidarsi all’aggiudicataria consistevano nella: a) pulizia meccanizzata e manuale delle strade e delle aree pubbliche; b) pulizia dell’area mercato settimanale; c) pulizia delle piazze; d) sfalcio di alcune aree verdi comunali (come risultava dall’art. 4 della Lettera di invito, nonchè dall’art. 1 del Capitolato Speciale).

La lex specialis prevedeva inoltre il trasporto dei rifiuti prodotti dalla pulizia e spazzamento delle strade, ma quale attività accessoria e marginale a quelle oggetto dell’appalto .

In particolare, la natura residuale delle prestazioni relative al trasporto dei rifiuti veniva desunta da plurimi elementi e segnatamente dal fatto che il predetto servizio:

  • non rientrava tra le attività oggetto dell’appalto, le quali consistono, come detto, nella pulizia e spazzamento delle strade e piazze comunali, e nello sfalcio di alcune aree verdi;

  • aveva un costo complessivo di valore inferiore al 2 per cento dell’importo delle prestazioni affidate ed un’incidenza della manodopera inferiore al 50 per cento dell’importo del subcontratto;

  • veniva svolto occasionalmente, solo a seguito della chiamata dell’appaltatore e sulla base delle direttive ed istruzioni di quest’ultimo;

  • costituiva una mera attività conseguente allo svolgimento delle prestazioni oggetto dell’appalto;

  • era solo citato, ma non disciplinato, dalla lex specialis che, a differenza del servizio di pulizia, spazzamento e sfalcio, non ne aveva regolamentato tempi, frequenza e modalità di esecuzione, limitandosi al riguardo a disporre genericamente che “I rifiuti derivati dalla pulizia stradale e degli altri luoghi comunali manuale e meccanizzata dovranno essere trasportati dalla Ditta appaltatrice presso il sito di stoccaggio provvisorio” , lasciando gli aspetti relativi al trasporto dei rifiuti (tanto per frequenza, quanto per modalità con cui esso deve avvenire) alla discrezionalità dell’appaltatore e alla sua concreta organizzazione aziendale;

La residualità del servizio di trasporto risultava poi comprovata da quanto avvenuto in fase esecutiva del servizio, durante la quale risultava che la subaffidataria aveva svolto solo due trasporti per l’appalto in oggetto in un arco temporale di otto mesi e solo quattro per l’intera durata contrattuale di un anno.

In forza di tali elementi, il subaffidamento a una ditta terza del servizio di trasporto dei rifiuti a discarica è stato, pertanto, configurato come attività meramente accessoria e marginale rispetto all’oggetto del contratto, non integrante la fattispecie del subappalto, bensì quella del subcontratto, come tale non sottoposto al regime autorizzatorio dell’Ente Appaltante.

III. Intermediario di rifiuti e doppia intermediazione.

Le fattispecie esaminate dal Consiglio di Stato nei due casi sopra esposti, assumono rilievo rispetto al tema della cd. doppia intermediazione, tema da anni al centro di un vivace dibattito tra operatori del settore e dottrina7.

Nella prassi è infatti sempre più frequente l’acquisto di “spazi” presso siti di smaltimento, da parte di soggetti che mettono poi a disposizione di altri tali spazi, così assumendo la qualifica di doppio intermediario .

In altre parole: il produttore di rifiuti si rivolge ad un intermediario affinché questi disponga lo smaltimento e/o il recupero di rifiuti. L’intermediario si rivolge a sua volta ad un altro soggetto (secondo intermediario) il quale ha la disponibilità di tali “spazi” presso siti di recupero e/o di smaltimento di titolarità di terzi, esattamente per come accaduto nel caso oggetto della sentenza del Consiglio di Stato dell’ 11 dicembre 2023, n. 10675 .

Ai sensi dell’art. 183, comma 1, lett. l) del D. Lgs. n. 152/2006 per intermediario di rifiuti si intende infatti: “qualsiasiimpresa che dispone il recupero o lo smaltimento dei rifiuti per conto di terzi, compresi gli intermediari che non acquisiscono la materiale disponibilità dei rifiuti”.

Pertanto, secondo una interpretazione rigorosa che fa leva sul dato letterale di tale nozione giuridica, la precipua funzione dell’intermediario è quella didisporre il recupero o lo smaltimento per conto di terzi, senza la possibilità, dunque, che altri soggetti possano interporsi .

Un argomento a sostegno di tale tesi trova appiglio nel modello B del DM 148/1998 (recante il registro per gli intermediari senza detenzione dei rifiuti, attualmente in vigore), ove si individua un solo soggetto intermediario e non è contemplata, nemmeno indirettamente, la possibilità di dare luogo ad una doppia intermediazione.

Facendo applicazione del principio interpretativo “Ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit, parrebbe dunque esclusa la possibilità di una doppia intermediazione all’interno della filiera produzione-smaltimento/recupero dei rifiuti.

Di contro, si è correttamente osservato 8 che nell’attività di intermediazione, l’uso del predicato “dispone” individua la disponibilità uti dominus della cosa‐rifiuto che l’intermediario assume nel momento in cui gli viene affidato l’incarico di “disporre” del rifiuto per lo smaltimento o il recupero.

Sotto il profilo giuscivilistico, questo tipo di incarico fiduciario è dunque inquadrabile nella forma contrattuale del “mandato” (art. 1703 c.c.), in ragione del fatto che l’intermediario opera “in nome proprio ma per conto di terzi” (senza rappresentanza) e assume un “comportamento consapevole e volontario” , che produce effetti giuridici nei rapporti con i terzi (contratti con trasportatori e destinatari).

In ragione di ciò il soggetto (produttore o detentore) che incarica l’intermediario, assume la figura giuridica di “mandante” mentre l’intermediario quella del “mandatario” con i relativi obblighi previsti dal codice civile, anche se, in verità, si è in presenza di un doppio rapporto di mandato, poiché l’intermediario, nel momento in cui si interpone tra il produttore ed il titolare dell’impianto di destinazione opererebbe per conto di entrambi.

La possibilità per il mandatario di farsi sostituire da altri nell’esecuzione del mandato può dunque attingere alla disciplina sul “mandato”, rispetto alla quale alcuni principi risultano consolidati a livello giurisprudenziale.

In particolare, è un dato giuridico acquisito che la tradizionale regola “delegatus delegari non potest” posta alla base del divieto di cessione e della subdelega, su cui si fonda il carattere fiduciario del potere rappresentativo, può essere derogata quando ciò sia previsto nel titolo, con la conseguenza che il rappresentante può subdelegare ad altri i propri poteri.

Come sancito, inter alia, da (Cass. civ. Sez. II, n. 15412/2010, “La legittimazione del sostituto del mandatario o del procuratore a compiere atti efficaci nella sfera giuridica del dominus richiede necessariamente un’esplicita autorizzazione in tal senso da parte di quest’ultimo”, in quanto“il mandante, pur avendo un’azione di responsabilità verso il mandatario ex articolo 1717 c.c., ha comunque il diritto di disconoscere l’attività del sub mandatario, né importa che l’attività del mandatario sia riferibile al mandante, il quale dunque può sempre disconoscerla”(Cass. civ. Sez. II, n. 15412/2010) .

In applicazione di tali principi, la c.d. doppia intermediazione dovrebbe dunque essere ammessa solo se ed in quanto sia autorizzata dall’originario produttore/detentore dei rifiuti nell’ambito del rapporto di mandato conferito al primo intermediario.

IV. Subappalto e doppia intermediazione: conclusioni

Nei due casi sopra richiamati, il Giudice Amministrativo non entra nel merito della dibattuta questione circa l’ammissibilità o meno della cd. doppia intermediazione,da ritenersi consentita, ad avviso di scrive, ove autorizzata dal dominus, secondo le note regole che disciplinano il rapporto di mandato.

Tuttavia, come appare evidente, la presenza di uno o più soggetti intermediari, in materia di rifiuti, assume indubbia rilevanza, con particolare riferimento alla disciplina prevista dal Codice dei Contratti Pubblici.

Nel primo caso, come si è visto, si è ritenuto che l’attività svolta dal soggetto “B” (secondo intermediario) era riconducibile al subappalto, in ragione dei plurimi elementi evidenziati dal Consiglio di Stato9.

Nel secondo caso, è stato invece escluso che la fattispecie integrasse un subappalto, attesa l’ accessorietà e marginalità dell’attività svolta dal secondo intermediario, rispettoa quella oggetto dell’appalto

In estrema sintesi: mentre (primo caso) il subappalto si sostanzia in un subcontratto qualificato con il quale l’appaltatore affida a terzi (doppio intermediario) l’esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto - ed è perciò intrinsecamente finalizzato alla realizzazione del contratto principale stipulato tra amministrazione committente ed appaltatore - gli altri subcontratti (secondo caso) sono contratti diversi e autonomi rispetto al contratto d’appalto principale, pur essendo ad esso funzionalmente collegati.

Ne consegue che il subappaltatore, pur non avendo costituito alcun legame giuridico con l’amministrazione committente, esegue una prestazione che è rivolta direttamente in favore di quest’ultima, mentre il subcontraente si impegna esclusivamente a porre nella disponibilità dell’appaltatore un prodotto o un servizio che quest’ultimo utilizzerà per realizzare l’oggetto dell’appalto, per cui la sua prestazione è unicamente rivolta a favore dell’altro operatore economico contraente (l’appaltatore).

Orbene, atteso che in materia di rifiuti si sta affermando in maniera sempre più massiccia la presenza di soggetti imprenditoriali che acquistano “spazi” presso siti di recupero e/o smaltimento, interponendosi così tra il produttore dei rifiuti (committente) e l’appaltatore è agevole prevedere che la giurisprudenza tornerà ad occuparsi dell’argomento.

La presenza di un secondo intermediario in sede di esecuzione di un affidamento può infatti costituire un indizio utile a ravvisare un subappalto, sempre che ne ricorrano gli elementi, per come individuati dal Giudice Amministrativo.

Ciò che dunque emerge dalla giurisprudenza quì commentata è la necessità di prestare cura in sede di redazione dei bandi di gara e dei relativi capitolati con cui la P.A. intende affidare taluni servizi, specificando in modo puntuale l’oggetto dell’appalto ed i requisiti richiesti alle imprese partecipanti, nonché le attività che si ritengono, o meno, subappaltabili.

Altrettanta cura dovrà essere prestata dalle imprese partecipanti alle gare nel verificare l’esatta rispondenza dei titoli e delle attività richieste dalla stazione appaltante, al fine di non vedersi revocare gli affidamenti, con il rischio, peraltro, di esporsi alle sanzioni penali previste dall’art. 21 della L. 646/1982 (Rognoni - La Torre) 10 .

1 Nel corso del tempo, l’istituto del subappalto è stato oggetto di numerose modifiche, prevalentemente di natura limitativa che, via via, hanno portato all’attuale configurazione – ampliata al punto da consentire il subappalto a cascata – prevista dall’attuale D. Lgs 36/2023. La diffidenza storica del Legislatore verso il subappalto trae origine dal potenziale utilizzo di questa tipologia negoziale come “canale di accesso” per le organizzazioni criminali, idonea a favorire il raggiungimento di finalità illecite. Da qui, le limitazioni previste dalla normativa, che subordinano il ricorso al subappalto alla previa autorizzazione della stazione appaltante (già ai sensi dell’art. 18 l. n. 55/1990), in mancanza della quale la condotta delle parti (dell’appaltatore e del subappaltatore) assume rilievo penale ex art. 21 L. n. 646/1982, c.d. “Rognoni - La Torre”.

2 Infatti, nella prassi è sempre più frequente l’acquisto di “spazi” presso siti di smaltimento, da parte di soggetti che mettono poi a disposizione di altri tali spazi, così assumendo la qualifica di doppio intermediario .

3 L’art. 119, comma 4, D. Lgs. n. 36/2023 recita: I soggetti affidatari dei contratti di cui al codice possono affidare in subappalto le opere o i lavori, i servizi o le forniture compresi nel contratto, previa autorizzazione della stazione appaltante a condizione che:

a) il subappaltatore sia qualificato per le lavorazioni o le prestazioni da eseguire;
b) non sussistano a suo carico le cause di esclusione di cui al Capo II del Titolo IV della Parte V del presente Libro;
c) all'atto dell'offerta siano stati indicati i lavori o le parti di opere ovvero i servizi e le forniture o parti di servizi e forniture che si intende subappaltare.

4 L’art. 105 recita: “il subappalto è il contratto con il quale l'appaltatore affida a terzi l'esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto”

5 Cfr. art, 119, comma 2, secondo periodo, del D. Lgs. n. 36/2023: Costituisce, comunque, subappalto di lavori qualsiasi contratto stipulato dallappaltatore con terzi avente ad oggetto attivitàovunque espletate che richiedono l'impiego di manodopera, quali le forniture con posa in opera e i noli a caldo, se singolarmente di importo superiore al 2 per cento dell'importo delle prestazioni affidate o di importo superiore a 100.000 euro e qualora l'incidenza del costo della manodopera e del personale sia superiore al 50 per cento dell'importo del contratto da affidare .

6 Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 21 maggio 2020, n. 3211; nonchè Cons. Stato, sez. V, 24 gennaio 2020 n. 607

7 V. in particolare, P. Fimiani “Le responsabilità dell’intermediario di rifiuti” in Rivista Rifiuti n. 208, 07/2013, pag. 30 e ss. nonchè P. Ficco, Riv. cit. n. 301, 01/2022, pag. 62.

8 P.Fimiani, “Le responsabilità dell’intermediario di rifiuti” in Rivista Rifiuti n. 208, cit.

9 Vedi sub par. I

10Chiunque, avendo in appalto opere riguardanti la pubblica amministrazione, concede anche di fatto, in subappalto o a cottimo, in tutto o in parte, le opere stesse, senza l'autorizzazione dell'autoritàcompetente, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa non inferiore ad un terzo del valore dell'opera concessa in subappalto o a cottimo e non superiore ad un terzo del valore complessivo dell'opera ricevuta in appalto. Nei confronti del subappaltatore e dell'affidatario del cottimo si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni e della multa pari ad un terzo del valore dell'opera ricevuta in subappalto o in cottimo. È data all'amministrazione appaltante la facoltà di chiedere la risoluzione del contratto.

L'autorizzazione prevista dal precedente comma è rilasciata previo accertamento dei requisiti di idoneit àtecnica del subappaltatore, nonché del possesso, da parte di quest'ultimo, dei requisiti soggettivi per l'iscrizione all'albo nazionale dei costruttori.

L'autorizzazione non può essere rilasciata nei casi previsti dall'articolo 10-quinquies della legge 31 maggio 1965, n. 575.

Per i rapporti di subappalto e cottimo contemplati nel presente articolo, che siano in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, l'autorizzazione deve intervenire entro 90 giorni dalla data anzidetta. L'ulteriore prosecuzione dei rapporti stessi, in carenza del titolo autorizzatorio, è punita con le pene stabilite nel primo comma, ferma restando la facolt à dell'amministrazione appaltante di chiedere la risoluzione del contratto.