Consiglio di Stato, Sez. V, n. 5619, del 17 ottobre 2014
Rifiuti.Illegittimità ordinanza di smaltimento dei rifiuti utilizzati per riempimento del piazzale a servizio dell’impianto industriale, già utilizzati in passato

La società avendo utilizzato per realizzare il contestato ampliamento del piazzale gli stessi materiali di scarto, il cui riuso era stato autorizzato dalla Provincia per il piazzale ampliato, confidava nella correttezza sostanziale del proprio operato. Avendo la società fornito prove adeguate circa i materiali utilizzati per l’opera in questione (perizia giurata che evidenzia che il rifiuto utilizzato per modellare i piazzali ha le caratteristiche previste negli atti autorizzativi, peraltro molto simili a quelle del terreno sottostante), l’intervento non può non ritenersi compatibile non solo sotto il profilo urbanistico - edilizio ma anche sotto il profilo ambientale. Invero, il giusto rigore che caratterizza i procedimenti volti al riutilizzo dei rifiuti non può tradursi in una preclusione assoluta di autorizzazione postuma, ovvero a sanatoria, ove vi sia la prova incontrovertibile che non sussiste violazione delle norme sostanziali, come nel caso in esame, in cui è indubbio che gli scarti usati per l’ampliamento del piazzale sono gli stessi già oggetto di autorizzazione in occasione della realizzazione degli altri piazzali. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

 

 

N. 05619/2014REG.PROV.COLL.

N. 08057/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 8057 del 2013, proposto dalla s.r.l. Fonderia San Martino, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Antonio Voce e Francesco Paoletti, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Francesco Paoletti in Roma, via Maresciallo Pilsudski, n. 118;

contro

il Comune di Barberino Val D'Elsa, non costituito in giudizio;

nei confronti di

la Provincia di Firenze, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avvocato Stefania Gualtieri, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Giovanni Pasquale Mosca in Roma, corso Italia, n. 102;
l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana - ARPAT;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. TOSCANA - Firenze Sezione II n. 494/2013, resa tra le parti, concernente l’ordine di smaltimento dei rifiuti accumulati e utilizzati per riempimento del piazzale a servizio dell’impianto industriale.



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia di Firenze;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 ottobre 2014 il Consigliere Doris Durante;

Uditi per le parti l’avvocato Francesco Paoletti e l’avvocato Pasquale Mosca su delega dell'avvocato Stefania Gualtieri;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1.- Il Comune di Barberino Val D’Elsa, con provvedimento n. 3877 del 10 maggio 2012, respingeva la domanda di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 140 della legge Regione Toscana n. 1 del 2005 relativa all’ampliamento di uno dei piazzali antistanti il fabbricato industriale presentata dalla Fonderia San Martino in data 22 settembre 2011.

Ad avviso del Comune la domanda non poteva essere accolta, essendo carente della documentazione relativa alla “corretta esecuzione di recupero rifiuti nel sito prescelto da inoltrare preventivamente alla realizzazione dell’intervento alla Provincia di Firenze ai sensi dell’art. 216 del d. lgs. n. 152 del 2006”.

Il provvedimento veniva sostanzialmente confermato anche in sede di riesame, non essendo stati ritenuti sufficienti i certificati di analisi chimiche prodotti dalla società da cui si ricavava che il materiale utilizzato per la realizzazione del piazzale oggetto di sanatoria era lo stesso di quello utilizzato per la realizzazione dei piazzali già assentiti dall’amministrazione comunale e dalla Provincia di Firenze.

Il Comune di Barberino Val D’Elsa, quindi, conformandosi ai pareri richiesti alla Provincia di Firenze e all’ARPAT, che ritenevano non concedibilela compatibilità ambientale, a prescindere dal materiale utilizzato (…) in presenza di una violazione della normativa di gestione dei rifiuti…”, comunicava l’avvio del provvedimento di rimozione del piazzale e, con ordinanza n. 7 del 26 novembre 2012, “ritenuto opportuno non accogliere le memorie difensive ..visto che il materiale utilizzato dalla ditta… costituisce senz’altro rifiuto speciale non pericoloso, la cui rimozione è prescritta dal D. Lgs 152/2006”, ordinava, ai sensi e per gli effetti dell’art. 92 del d. lgs. n. 152 del 2006, la rimozione del piazzale, qualificando la fattispecie alla stregua di abbandono di rifiuti.

2.- La s.r.l. Fonderia San Martino con ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana impugnava, chiedendone l’annullamento, l’ordinanza n. 7 del 26 novembre 2012, i pareri della Provincia di Firenze e dell’ARPAT e tutti gli atti presupposti.

Il ricorso era affidato ai seguenti motivi:

carenza di accertamento sulla compatibilità ambientale;

contraddittorietà dell’ordinanza rispetto alle precedenti determinazioni dell’amministrazione comunale con le quali aveva riconosciuto la compatibilità urbanistica dell’opera;

illogicità, irragionevolezza e contrarietà ai principi di razionalità e proporzionalità;

carenza di motivazione in ordine al rigetto delle osservazioni presentate durante il procedimento;

carenza dei presupposti di cui all’art. 92 del d. lgs. n. 152 del 2006, non sussistendo la fattispecie dell’abbandono dei rifiuti.

3.- Il TAR Toscana, con sentenza n. 494 del 25 marzo 2013 resa in forma semplificata, rigettava il ricorso, ritenendo decisiva la violazione del procedimento previsto dall’art. 216 del Testo Unico sull’Ambiente, la cui violazione, asseriva, non può considerarsi di natura meramente formale tanto da poter essere superata da un accertamento postumo dell’esistenza delle condizioni per procedere al recupero dei rifiuti di fonderia. Riteneva, poi, sfornita di prova la situazione di emergenza in cui la società affermava di aver operato e rilevava anche che da un accertamento ARPAT dei mesi di ottobre e novembre 2012, si ricavava la presenza di ulteriori rifiuti non compresi tra quelli di cui era stato autorizzato il riutilizzo.

4.- La s.r.l. Fonderia San Martino, con l’atto di appello in esame, ha chiesto la riforma della sentenza del TAR Toscana n. 494 del 2013 per error in iudicando, riproponendo in veste critica i motivi dedotti con il ricorso di primo grado.

Si è costituita in giudizio la Provincia di Firenze che ha chiesto il rigetto dell’appello.

Alla camera di consiglio odierna, fissata per la trattazione dell’istanza di sospensione dell’esecutività della sentenza, il giudizio è stato trattenuto per la decisione di merito, previa comunicazione alle parti.

5.- L’appello è fondato e deve essere accolto.

6.- La Fonderia San Martino, con sede nel Comune di Barberino Val D’Elsa, dal 1959 si occupa della fusione della ghisa per la produzione di utensili e macchine industriali ed ha la necessità di smaltire anche mediante il loro riuso le sabbie di scarto della fusione della ghisa ed è stata ammessa al regime semplificato di cui all’articolo 216 del codice dell’Ambiente.

Nel 1998, recuperando le sabbie di scarto, realizzò due piazzali che furono assentiti sia dall’amministrazione comunale che da quella provinciale (un primo piazzale venne realizzato in forza dell’autorizzazione edilizia n. 3 del 7 febbraio 1998 e successiva variante assentita con d.i.a. protocollata dell’11 novembre 1998 e la Provincia di Firenze rilasciò in data 24 novembre 1998 l’autorizzazione al recupero di sabbie di scarto, iscrivendo la Fonderia San Martino nel registro di cui all’art. 33 del d. lgs. n. 22 del 1997; un secondo piazzale, adiacente al primo, venne realizzato in forza della d.i.a. presentata in data 6 agosto 2002 e successiva variante del 2005 e la Provincia di Firenze in data 6 settembre 2002 rilasciò autorizzazione al recupero delle sabbie di scarto del processo produttivo e, in data 8 agosto 2008, rilasciò per entrambi i piazzali l’autorizzazione integrata ambientale).

La società anche per l’ampliamento del piazzale qui in questione ha usato lo stesso materiale, ovvero le sabbie di scarto del processo produttivo, oggetto di autorizzazione della Provincia per gli altri due piazzali.

Tale circostanza, peraltro, non contestata né dall’amministrazione provinciale, né dall’ARPAT che si sono soffermate sulla violazione del procedimento per non avere la società provveduto alla comunicazione preventiva all’amministrazione provinciale, consente in via eccezionale, in base al principio generale di economia insito nell’ordinamento giuridico, di superare il rigore procedimentale delle disposizioni in materia di smaltimento dei rifiuti per gli operatori ammessi al regime semplificato.

Se è vero, infatti, che l’art. 216 del T.U. Ambiente prevede che “l’esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti può essere intrapreso decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla provincia territorialmente competente”, è, anche vero che tale norma volta a disciplinare un procedimento fisiologico, non può contemplare ipotesi eccezionali in cui ricorra una particolare ed imprevista urgenza non imputabile a comportamenti del privato.

In tale ipotesi, quale per l’appunto quella rappresentata dalla società appellante, in cui il tempestivo intervento di ampliamento del piazzale fu necessitato dall’abbondanza delle piogge che avrebbero causato lo spandimento del materiale di recupero del processo produttivo aziendale, è irragionevole e illogicoqualificare l’intervento alla stregua di un mero deposito incontrollato di materiale, ordinandone la rimozione tout court.

In definitiva, fermo restando l’obbligo della comunicazione preventiva all’amministrazione provinciale nelle ipotesi in cui l’operatore è stato ammesso al regime semplificato ed il decorso del termine di 90 giorni per consentire a quest’ultima la verifica dell’ammissibilità dell’intervento, deve ritenersi in via eccezionale la derogabilità dell’iter procedimentale ove ricorrano circostanze di forza maggiore e l’operatore sia stato autorizzato al recupero della categoria dei rifiuti di fatto recuperati.

Nel caso in esame è indubbio che la società ha utilizzato le sabbie di scarto della fusione del processo produttivo per impedire il cedimento strutturale di uno dei piazzali, essendo stata la zona compromessa da piogge eccezionali e che era stata autorizzata all’utilizzo di tale materiale sia pure per il piazzale già realizzato.

Tali circostanze di fatto evidenziano la particolarità della fattispecie, che non può essere ignorata, dandosi esclusiva prevalenza alla violazione del procedimento che non consente alcuna forma di estensione dell’autorizzazione.

Quanto alla eccezionalità degli eventi atmosferici verificatisi nel mese di maggio 2011, trattasi di fatto notorio che non necessità di conseguenza di ulteriori prove.

Ugualmente non è suscettibile di prova ex tunc lo stato di pericolo ed il temuto cedimento strutturale del piazzale oggetto dell’ampliamento qui in esame.

Né possono trarsi elementi per contestare la sanatoria dell’intervento dal comportamento tenuto dalla società che, invece, di chiedere nell’immediatezza gli accertamenti tecnici, avrebbe richiesto a sanatoria sia l’accertamento di conformità che l’autorizzazione all’occupazione permanente di aree pubbliche.

Invero la società, avendo utilizzato per realizzare il contestato ampliamento del piazzale gli stessi materiali di scarto, il cui riuso era stato autorizzato dalla Provincia per il piazzale ampliato, confidava nella correttezza sostanziale del proprio operato.

In conclusione, avendo la società fornito prove adeguate circa i materiali utilizzati per l’opera in questione (cfr. perizia giurata a firma del dott. Luca Seravalli del 8 dicembre 2012, che evidenzia che il rifiuto utilizzato per modellare i piazzali ha le caratteristiche previste negli atti autorizzativi, peraltro molto simili a quelle del terreno sottostante…), l’intervento non può non ritenersi compatibile non solo sotto il profilo urbanistico - edilizio ma anche sotto il profilo ambientale.

La sentenza impugnata ha omesso ogni considerazione su questi profili che non appaiono privi di rilevanza ai fini della sanabilità dell’intervento.

Invero, il giusto rigore che caratterizza i procedimenti volti al riutilizzo dei rifiuti non può tradursi in una preclusione assoluta di autorizzazione postuma, ovvero a sanatoria, ove vi sia la prova incontrovertibile che non sussiste violazione delle norme sostanziali, come nel caso in esame, in cui è indubbio che gli scarti usati per l’ampliamento del piazzale sono gli stessi già oggetto di autorizzazione in occasione della realizzazione degli altri piazzali.

Peraltro, né l’amministrazione provinciale, né l’ARPAT si sono mai espresse sulla incompatibilità ambientale dei materiali utilizzati per la realizzazione del piazzale, sicché il provvedimento del Comune recante l’ordine di rimozione è privo del presupposto, non ravvisandosi nella fattispecie l’ipotesi dell’abbandono dei rifiuti di cui all’art. 92 del d. lgs. n. 52 del 2006.

Invero, nella fattispecie, non può parlarsi di abbandono di rifiuti ma semmai di recupero, così intendendo le operazioni finalizzate a permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile, sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere la funzione per la quale sono stati utilizzati.

In conclusione, in relazione ai motivi esaminati, assorbita ogni altra censura, l’appello deve essere accolto.

Quanto alle spese di giudizio, sussistono giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado.

Compensa le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 ottobre 2014 con l'intervento dei magistrati:

Mario Luigi Torsello, Presidente

Vito Poli, Consigliere

Antonio Amicuzzi, Consigliere

Doris Durante, Consigliere, Estensore

Antonio Bianchi, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 17/11/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)