PRIME CONSIDERAZIONI
sulla sentenza della Corte Costituzionale del 10 ottobre 2008 n. 335 con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale delle norme che prevedono l’obbligo da parte degli utenti di pagare la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione anche nel caso in cui la fognatura sia sprovvista di impianti centralizzati di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi
dell’Avv. Salvatore Mancuso

Premessa.
Con la sentenza del 10.10.2008 n. 335 la Corte Costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittime le norme di cui all\'art. 14, comma 1, legge 5 gennaio 1994, n. 36 (cd. Legge Galli), sia nel testo originario, sia nel testo modificato dall\'art. 28 della legge 31 luglio 2002, n. 179 nella parte in cui prevede che la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione è dovuta dagli utenti anche nel caso in cui la fognatura sia sprovvista di impianti centralizzati di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi.
Ha dichiarato inoltre, ai sensi dell\'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l\'illegittimità costituzionale della norma (oggi vigente) di cui all\'art. 155, comma 1, primo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 nella parte in cui prevede che la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione è dovuta dagli utenti anche nel caso in cui manchino impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi.

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1. La sentenza della Corte Costituzionale del 10.10.2008 n. 335 - contenuto e motivazioni.
La Corte Costituzionale ha esaminato alcune ordinanze emesse dall’Autorità Giudiziaria con le quali è stata sollevata la questione di legittimità costituzionale della norma contenuta all\'art. 14, comma 1, legge 5 gennaio 1994, n. 36 (cd. Legge Galli), sia nel testo originario, sia nel testo modificato dall\'art. 28 della legge 31 luglio 2002, n. 179. L’articolo 14 citato prevede che la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione è dovuta dagli utenti anche nel caso in cui la fognatura sia sprovvista di impianti centralizzati di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi. Nel testo modificato dalla legge 179/2002 viene invece aggiunta la disposizione che prevede che i proventi delle quote versate per il servizio di depurazione – quando l’impianto manca o è temporaneamente inattivo – affluiscono ad un fondo vincolato all’attuazione del piano d’ambito cui accedono i gestori del SII.
La Corte Costituzionale ha esaminato in particolare la legittimità di tali norme in relazione all’articolo 3 della Costituzione che sancisce, com’è noto, il principio di eguaglianza davanti alla legge di tutti i cittadini.
Infatti nelle ordinanze di remissione davanti alla Corte Costituzionale i Giudici di merito hanno evidenziato l’irragionevolezza della norma che prevede che la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione è dovuta dagli utenti anche nel caso in cui la fognatura sia sprovvista di impianti centralizzati di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi perché crea una situazione di disparità di trattamento tra utenti che godono del servizio di depurazione ed altri utenti che, pur pagando la quota di tariffa relativa alla depurazione, non godono di tale servizio.
La Corte Costituzionale ha ritenuto tale censura fondata poiché il presupposto interpretativo è “che nel sistema delineato dalla legge n. 36 del 1994 la tariffa del servizio idrico integrato, articolato in tutte le sue componenti – e, quindi, anche quella relativa al servizio di depurazione – ha natura di corrispettivo di prestazioni contrattuali e non di tributo”.
In sostanza la Corte Costituzionale motiva la propria decisione sancendo che la tariffa del servizio idrico integrato non è un tributo, avendo invece una natura di corrispettivo di una controprestazione che essa definisce “complessa”.
Tecnicamente il rapporto tra il gestore del servizio idrico e l’utente si pone come un rapporto contrattuale a prestazioni corrispettive (cd. contratto sinallagmatico) dove le obbligazioni, che sono i servizi idrici ed il pagamento di denaro, stanno tra loro in un rapporto di inscindibile reciprocità.
La Corte afferma quindi che trattandosi di un contratto a prestazioni corrispettive – e non di un tributo ovvero di una prestazione patrimoniale imposta – tutti i servizi idrici in esso previsti, dalla somministrazione di acqua alla fognatura fino alla depurazione delle acque reflue, devono essere effettivamente erogati da parte del gestore.

Sintetizzando si può affermare che la Corte individua sei motivi a giustificazione dell’asserzione per cui il rapporto fra il gestore del servizio e l’utente sia un rapporto contrattuale e non un rapporto di natura tributaria.
Innanzi tutto il dato letterale dell’art. 13 comma 1 della legge n. 36 del 1994 che stabilisce espressamente che tutte le componenti della tariffa rappresentano «il corrispettivo del servizio idrico integrato» costituito «dall\'insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e di depurazione delle acque reflue».
Inoltre il fatto che i criteri adottati per la determinazione della tariffa del servizio idrico sono analoghi a quelli adottati dal Legislatore per la determinazione di altre tariffe come, ad esempio, per i diritti aeroportuali che sono stati qualificati come non tributari con la norma di carattere interpretativo dell\'art. 39-bis del decreto-legge 1° ottobre 2007 n. 159 aggiunta dalla legge di conversione 29 novembre 2007 n. 222 e sui quali la stessa Corte Costituzionale si è pronunciata nella sentenza n. 51 del 2008 definendoli «corrispettivi dovuti in base a contratti».
Il terzo motivo è dato dal giudizio già espresso in alcune decisioni delle sezioni unite della Corte di Cassazione circa la natura non tributaria della quota di tariffa relativa al servizio di depurazione acque reflue. In particolare le SS.UU., nelle controversie relative alla quota di tariffa riferita al servizio di depurazione, affermano che i canoni di depurazione delle acque reflue si sono trasformati da tributo a «corrispettivo di diritto privato» (Cass. SS.UU. sentenze n. 6418 del 2005, n. 16426 e n. 10960 del 2004).
Un quarto motivo si evince dal dato letterale contenuto nell\'alinea e della lettera b) del quinto comma dell\'art. 4 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 come modificato dall\'art. 31, comma 30, della legge 23 dicembre 1998 n. 448 che stabilisce che sono assoggettate a IVA le quote di tariffa riferite ai servizi di fognatura e depurazione in quanto veri e propri corrispettivi dovuti per lo svolgimento di attività commerciali «ancorché esercitate da enti pubblici».
Il quinto motivo che esclude la natura tributaria della tariffa del SII è data dall\'inapplicabilità alla tariffa del servizio idrico integrato delle modalità di riscossione mediante ruolo che sono tipiche (anche se non esclusive) dei prelievi tributari.
V’è infine un ultimo motivo. Stabilire la natura tributaria del rapporto di utenza idrica finirebbe con l’impedire all’utente di godere degli ampi strumenti civilistici di tutela della propria posizione giuridica - quali l’azione di adempimento, l’exceptio inadimpleti contractus e l’azione di risoluzione per inadempimento - avverso eventuali inadempimenti del gestore del SII.

E’ utile una considerazione ulteriore a commento della motivazione della Corte Costituzionale. Quest’ultima nell’interpretare la natura contrattuale e non tributaria del rapporto di utenza del SII non si riferisce mai esplicitamente ai principi comunitari in materia ambientale sebbene la contrattualità del rapporto di utenza del SII risponda al noto principio chi inquina paga. Detto principio, lungi dal limitarsi ad avere una natura meramente risarcitoria, in realtà afferma che il costo dell’inquinamento ovvero il costo dell’utilizzo delle risorse naturali (quale l’acqua) deve essere a carico del soggetto che rispettivamente lo genera o ne fruisce. Pertanto la corrispettività tra pagamento di denaro da parte dell’utente e servizio idrico erogato è un fatto ineludibile alla luce del diritto comunitario.

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2. La dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma di cui all’articolo 155 comma 1, primo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
Va detto che malgrado i giudizi di merito in cui sono state sollevate le questioni di costituzionalità esaminate nella sentenza de qua dalla Corte Costituzionale avessero ad oggetto la richiesta di rimborso delle somme illegittimamente versate come quota della tariffa relativa al servizio di depurazione durante la vigenza della norma di cui all’articolo 14 primo comma della legge 36/94, la Corte Costituzionale, rilevando ai sensi dell\'art. 27 della legge 11 marzo 1953 n. 87 l’analogia e la continuità con la norma predetta della disposizione oggi vigente contenuta nell\'art. 155, comma 1, primo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (cd. Testo Unico ambientale) ha dichiarato anche tale norma costituzionalmente illegittima.
Ciò significa che dal giorno successivo alla pubblicazione di tale sentenza sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana anche tale norma risulta non più applicabile.

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3. Conseguenze della dichiarazione di illegittimità costituzionale delle norme citate.
Ora va detto che la questione di maggior interesse è capire quali possono essere gli effetti giuridici legati alla dichiarazione di incostituzionalità delle norme citate.
L’articolo 136 primo comma della Costituzione precisa che “quando la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale di una norma di legge o di un atto avente forza di legge la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione”.
In generale si può dire quindi che le norme dichiarate incostituzionali con la sentenza 335/2008 non possono da oggi più applicarsi né ai rapporti giuridici in essere né a quelli costituendi tra i gestori del SII e gli utenti. Pertanto nelle zone in cui il servizio di depurazione non avviene per mancanza di impianti o per inattività dell’impianto, gli utenti del SII non dovranno pagare in futuro la quota di tariffa relativa alla depurazione e ciò dovrà essere altresì evidenziato in modo chiaro nel prospetto della bolletta. Va ribadito, salvo futuri interventi del Legislatore, le società di gestione del servizio idrico dovranno elaborare ed adottare (e i soggetti competenti approvare) una tariffa del SII che risponda al principio secondo cui gli utenti che non godono del servizio di depurazione per mancanza di impianti od inattività degli stessi non sono tenuti a pagare la corrispondente quota di tariffa.

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4. Applicazione retroattiva della sentenza della Corte costituzionale
Giusto per completezza devono essere rese alcune considerazioni sull’efficacia retroattiva della sentenza de qua.
Va detto che secondo la giurisprudenza consolidata sia della Corte Costituzionale che della Corte di Cassazione “le pronunce di accoglimento della Corte Costituzionale hanno effetto retroattivo, inficiando fin dall\'origine la validità e l\'efficacia della norma dichiarata contraria alla Costituzione, salvo il limite delle situazioni giuridiche "consolidate" per effetto di eventi che l\'ordinamento giuridico riconosce idonei a produrre tale effetto, quali le sentenze passate in giudicato, l\'atto amministrativo non più impugnabile, la prescrizione e la decadenza”. (Cass. civ. sez. III 28 luglio 1997 n. 7057).
In sostanza la sentenza de qua si applica retroattivamente ai rapporti giuridici pregressi fatte salve le situazioni giuridiche consolidate.
Semplificando si può dire che, alla luce di tale sentenza, gli utenti del servizio idrico integrato che abbiano versato al gestore del SII somme come quota di tariffa relativa al servizio di depurazione possono agire in giudizio richiedendo la restituzione delle somme versate, fatta salva l’eventuale intervenuta prescrizione dei diritti.
In ordine alla prescrizione del diritto di ripetere le somme indebitamente versate, va detto che pur non essendo prevista da parte di alcuna norma contenuta nella normativa speciale ambientale un termine di prescrizione ad hoc per il corrispettivo del SII non si applica la prescrizione ordinaria decennale. Si deve applicare, piuttosto, come riconosciuto dalla giurisprudenza, il termine di prescrizione quinquennale di cui all’articolo 2948 c.c. che riguarda i rapporti giuridici caratterizzati da prestazioni periodiche e continuative, come avviene nel caso dei servizi idrici. Poiché il diritto del gestore del SII ad ottenere il corrispettivo del servizio idrico erogato si prescrive in cinque anni, conseguentemente deve applicarsi lo stesso termine per la ripetizione delle somme indebitamente versate dagli utenti a titolo di corrispettivo.
C’è da chiedersi, poi, cosa accada in tutti quei casi in cui il rapporto giuridico tra gestore ed utente si sia già esaurito nel senso che non v’è oggi più in essere un contratto (più che oggi, alla data di inizio dell’efficacia della sentenza della Corte Costituzionale ovvero il giorno successivo alla pubblicazione sulla GURI).
Si deve ritenere anche in questo caso che l’utente abbia il diritto di ripetere le somme indebitamente versate nel passato e quindi di agire in giudizio per tale fine fatta sempre salva la prescrizione quinquennale.
Va ricordato però un aspetto rilevante. Le controversie relative alla debenza del canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue, per espressa previsione dell’art. 1 legge 2 dicembre 2005 n. 248, sono state devolute alla giurisdizione tributaria, indipendentemente dalla loro qualificazione come corrispettivo o come tributo. Questo significa che comunque tali giudizi dovranno essere incardinati davanti alle Commissioni Provinciali Tributarie e saranno disciplinati dalle relative norme processuali.
In ordine alle situazioni giuridiche consolidate deve ricordarsi che vi è anche il giudicato. Infatti se tra un utente ed il gestore del SII vi è già stata, prima della sentenza de qua, una causa avente ad oggetto la ripetizione delle quote di tariffa versate relative alla depurazione con sentenza passata in giudicato non sarà ammissibile la retroattività dell’efficacia della declaratoria di illegittimità costituzionale e quindi conseguentemente sarà reputato inammissibile un nuovo giudizio vertente su questo tema.

5. Conseguenze della dichiarazione di illegittimità costituzionale per i nuovi gestori del servizio idrico integrato
Gli effetti retroattivi della pronuncia in esame si producono in relazione alle gestioni del servizio idrico che siano entrate a regime negli anni scorsi.
Con riferimento invece alle numerose situazioni presenti sul territorio nazionale ove l’aggiudicazione del servizio idrico integrato negli ambiti territoriali ottimali sia in concreto avvenuta da poco tempo e, soprattutto, sussista ancora una situazione transitoria legata alla mancata approvazione da parte dei soggetti pubblici competenti di una tariffa rispondente ai criteri normativamente previsti, la sentenza della Corte dovrebbe potersi applicare soltanto dal momento dell’entrata a regime del servizio, ovvero a seguito dell’approvazione della tariffa e relativa entrata in vigore.
Vi sono infatti attualmente in Italia alcuni casi in cui, pur essendo stato aggiudicato il servizio idrico integrato, non è ancora stata approvata la tariffa del SII. Pertanto sono applicate transitoriamente delle tariffe secondo modalità forfetarie che vanno nella direzione di armonizzare gradualmente - per legittime esigenze di tutela dei consumatori - le numerose tariffe idriche che esistevano nei comuni dell’ambito territoriale ottimale e che erano molto differenti fra loro in ragione sia del costo unitario dell’acqua somministrata che del costo degli altri servizi.

6. Possibili interventi del Legislatore
Esposte le superiori considerazioni va detto che non si può escludere un futuro intervento ad opera del Legislatore - anzi si deve immaginare che avverrà a breve termine - diretto ad introdurre delle norme per evitare la prevedibile pioggia di azioni giudiziali miranti ad ottenere la restituzione delle somme in questione, per tacere delle “temibili” class actions nel momento in cui la specifica normativa entrerà davvero in vigore.
Deve dirsi però che poiché quanto affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza 335/08 presenta un saldo radicamento nel diritto sostanziale, appare verosimile che gli eventuali futuri interventi del Legislatore possano essi stessi rivelarsi incostituzionali.

Avv. Salvatore Mancuso
Studio Legale – Piazza Castelnuovo, 42 90141 Palermo