Consiglio di Stato, Sez. V, n. 5305, del 27 ottobre 2014
Rifiuti.Legittimità Ordinanza del Sindaco di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale

Risulta incontestata l’ammissione della responsabilità da parte della odierna appellante circa le attività inquinanti, il ché giustifica la sua individuazione quale soggetto destinatario dell’ordinanza impugnata e dunque tenuto a realizzare le misure ripristinatorie cui questa azione amministrativa è nell’interesse generale orientata. L’applicabilità della disciplina di cui al d.lgs. 22/1997 deve collegarsi non con riferimento al momento in cui l'inquinamento si è verificato, ma alla mancata eliminazione degli effetti che permangono nonostante il fluire del tempo; ne consegue che si deve considerare legittima l'applicazione del suddetto D.Lgs. n. 22/1997, e del successivo regolamento, a situazioni anche pregresse all'entrata in vigore di detta normativa, qualora tesa a far cessare gli effetti di una condotta (attiva od omissiva) a carattere permanente, che possono essere elisi solo con la bonifica. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 05305/2014REG.PROV.COLL.

N. 00437/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 437 del 2005, proposto dalla s.r.l. Icep., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Daniela Viva, Francesca Guercio e Riccardo Delli Santi, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Monserrato, n. 25;

contro

Il Comune di Cerro al Lambro, in persona del Sindaco pro tempore,rappresentato e difeso dagli avvocati Caterina Solimini e Roberto Colagrande, con domicilio eletto presso l’avvocato Franco Gaetano Scoca in Roma, via Giovanni Paisiello, n. 55; 
Viscolube Italiana S.p.a., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Maria Cristina Pagni, Sergio Sambri e Angelo Clarizia, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Lovells in Roma, piazza Venezia, n. 11; 
i signori Danelli Ambrogio, Danelli Daniele e Vitali Giuseppina, tutti rappresentati e difesi dagli avvocati Vincenzo Negri e Giuseppe Bozzi,con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via degli Scipioni, n. 268/A; 
la signora Papetti Antonia, non costituitasi nel secondo grado del giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Lombardia– Milano, Sez. I, n. 5472/2004, resa tra le parti, concernente la messa in sicurezza coon bonifica e recupero ambientale di un’area.



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della s.r.l. Viscolube Italiana;

Visto l’atto di costituzione dei signoriDanelli Ambrogio, Danelli Daniele e Vitali Giuseppina;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 ottobre 2014 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino e uditi per le parti l’avvocato Martino Margiotta, su delega dell’avvocato Riccardo Delli Santi, l’avvocato Gianluca Lemmo, su delega dell’avvocato Roberto Colagrande, e gli avvocati Sergio Sambri, Angelo Clarizia e Vincenzo Negri;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. I.C.E.P. S.r.l. proponeva il ricorso n. 142 del 2004 al TAR per la Lombardia, assumendo l’illegittimità dell’ordinanza n. 9 del 6 ottobre 2003 del Sindaco del Comune di Cerro al Lambro di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale della località denominata “cascina Gazzera”.

2. Il primo giudice respingeva il ricorso, rilevando la presenza di un’espressa ammissione di responsabilità da parte dell’originaria ricorrente in ordine allo scarico di residui di lavorazione sino all’anno 1975 nell’area in questione e che gli esami di laboratorio avevano individuato l’inquinamento come prodotto dagli stessi componenti chimici prodotti come materiali di scarto dalla tipologia di lavorazioni dalla stessa effettuate.

Del pari, il primo giudice non riteneva provata la presenza di un nulla osta allo scarico a favore della ricorrente, mentre valutava come la disciplina del d.lgs. 22/97 potesse applicarsi anche alle situazioni di fatto cristallizzatesi prima della sua entrata in vigore.

3. L’originaria ricorrente, con l’appello in esame, dapprima ripropone i motivi contenuti nel ricorso di primo grado, quindi passa ad esporre le censure contro la sentenza impugnata, evidenziando l’erroneità della stessa nella misura in cui: a) considererebbe applicabile la disciplina del d.lgs. 22/97; b) non avrebbe rilevato che i fenomeni di inquinamento sarebbero addebitabili a più soggetti anche successivamente operanti, sicché in assenza di una verifica dello stato di inquinamento dei luoghi al momento della loro riconsegna non sarebbe possibile muovere un addebito in capo all’appellante. Infatti, non sarebbe possibile individuare in che misura l’inquinamento in questione sarebbe addebitabile all’originaria ricorrente.

4. Costituitisi in giudizio, i Sig.ri Danelli e Vitali, proprietari del sito inquinato, sostengono il proprio difetto di legittimazione passiva, atteso che gli stessi hanno proposto un autonomo ricorso avverso l’ordinanza sindacale n. 9 del 6 ottobre 2003 (che veniva accolto dal TAR per la Lombardia con la sentenza n. 5443/2004, avendo qualificato gli stessi come non responsabili della causazione dei fenomeni di inquinamento). Nel merito, essi chiedonola conferma della sentenza impugnata.

5. Allo stesso modo la Viscolube S.p.a., costituitasi in giudizio, chiede che l’appello principale accolto sia respinto.

6. L’amministrazione comunale dal canto suo sostiene l’infondatezza dell’appello, atteso che non vi sarebbe alcuna commistione tra i fenomeni di inquinamento che hanno interessato il territorio comunale, che risulterebbero distinti sia come zona che come causazione. La difesa comunale evidenzia in particolare che l’ordinanza impugnata non riguarderebbe affatto l’area per la quale venne emessa l’ordinanza n. 8 del 23 aprile 1997, avendo un solo mappale coincidente. Pertanto, dell’annullamento di quest’ultima non potrebbe beneficiare l’appellante anche in considerazione del fatto che l’intervenuto annullamento riguarderebbe la sola posizione dei proprietari, avendo ritenuto illegittimo l’atto impugnato per la mancata ricerca dei responsabili dei fenomeni di inquinamento. Del pari infondato sarebbe l’argomento secondo il quale la responsabilità ricadrebbe sul comune, per il mancato compimento del progetto di bonifica proposto dalla società Cave Grandone S.r.l., considerato che il progetto non avrebbe riguardato le aree in questione.

Anche sotto il profilo temporale l’istruttoria condotta avrebbe consentito di accertare che l’attività di sversamento di fanghi sarebbe iniziata nel 1962 e sarebbe proseguita a ritmo serrato per vent’anni ed in modo più sporadico negli ulteriori vent’anni.

A fronte degli elementi a carico dell’appellante, tra i quali anche il riconoscimento della propria responsabilità, l’amministrazione comunale non avrebbe alcun dato per ritenere riferibile l’attività inquinante alla Società Viscolube. In ogni caso anche se una simile responsabilità vi fosse, andrebbe considerato che la responsabilità da inquinamento è solidale.

Ancora, infondata sarebbe la doglianza relativa all’applicazione ratione temporis del d.lgs. n. 22/1997, in quanto la disciplina in questione si applicherebbe a qualsiasi situazione di inquinamento in atto.

Pertanto, la fattispecie in esame risulterebbe pienamente rientrante nell’ambito dell’art. 14, d.lgs. n. 22/1997, per la sussistenza sia dei requisiti oggettivi che di quelli soggettivi.

7. Nelle successive difese, la Viscolube S.p.a. sostiene l’irricevibilità del ricorso in appello, in quanto l’oggetto dello stesso dovrebbe farsi rientrare nella materia dei servizi pubblici, disciplinata dall’abrogato (ma rilevante ratione temporis) art. 23-bis, l. TAR, che prevedeva la dimidiazione del termine per ricorrere, non rispettato dall’originaria ricorrente.

Inoltre, la società evidenzia la genericità dei motivi di appello, che sarebbero meramente riproduttivi di quelli di primo grado.

Nel merito, infine, essa conclude per l’infondatezza delle doglianze prospettate dall’appellante principale.

8. Preliminarmente, va respinta l’eccezione di irricevibilità dell’appello principale per tardività.

In disparte la circostanza che nella fattispecie potrebbe essere concesso il beneficio dell’errore scusabile, in ragione del fatto che l’indirizzo interpretativo invocato dall’appellato è stato sostenuto molti anni dopo rispetto alla proposizione dell’appello in esame, è la stessa prospettazione fatta propria dal suddetto orientamento che non può essere condivisa, atteso che la fattispecie non può – ai fini processuali - essere ricondotta nella materia dei servizi pubblici.

Il carattere temporaneo e contingente dell’attività, e la circostanza che la stessa sia dovuta quale conseguenza di una condotta vietata dall’ordinamento, non consente di ricondurre l’oggetto del provvedimento di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale nell’ambito del servizio pubblico.

Del resto, la nozione di pubblico servizio individua la prestazione resa alla generalità da parte di un soggetto, anche privato, che sia inserito nel sistema dei pubblici poteri o sia a questi collegato e che sia sottoposto ad un regime giuridico derogatorio dal diritto comune (Cons. St., Sez. V, 16 agosto 2010, n. 5716).

Nella fattispecie l’ordinanza impugnata in primo grado mira ad ottenere il ripristino dello status quo ante da colui che ha dato causa all’inquinamento in ottica di eliminazione del vulnus cagionato all’ambiente.

Del resto, in base alla vigente legislazione, non può essere qualificata come ‘servizio pubblico’ l’attività di un privato, dovuta per legge a seguito della commissione di un suo illecito.

In tal caso, l’attività non è ‘rivolta al pubblico’, né può essere qualificata come imprenditoriale.

Nella fattispecie, l’obbligo in esame, invece, sorge immediatamente in capo al privato, quale conseguenza della sua condotta illecita, e solo eventualmente è previsto che l’amministrazione effettui le opere in via sostitutiva.

9. L’infondatezza dell’appello principale determina l’irrilevanza dell’eccezione di difetto di legittimazione passiva, proposta dagli appellati.

9.1. Passando all’esame del primo motivo dell’appello, va rlevato che l’applicabilità della disciplina di cui al d.lgs. 22/1997 deve collegarsi non con riferimento al momento in cui l'inquinamento si è verificato, ma alla mancata eliminazione degli effetti che permangono nonostante il fluire del tempo; ne consegue che si deve considerare legittima l'applicazione del suddetto D.Lgs. n. 22/1997, e del successivo regolamento, a situazioni anche pregresse all'entrata in vigore di detta normativa, qualora tesa a far cessare gli effetti di una condotta (attiva od omissiva) a carattere permanente, che possono essere elisi solo con la bonifica.

9.2. Deve essere respinta anche l’ulteriore doglianza con la quale l’odierno appellante deduce che sarbbe riferibile all’amministrazione la mancata individuazione di ulteriori e diversi responsabili dell’inquinamento dell’area.

Risulta incontestata, infatti, l’ammissione della responsabilità da parte della odierna appellante circa le attività inquinanti, il ché giustifica la sua individuazione quale soggetto destinatario dell’ordinanza impugnata e dunque tenuto a realizzare le misure ripristinatorie cui questa azione amministrativa è nell’interesse generale orientata.

Rispetto ad una simile ammissione di responsabilità, non sono state fornite indicazioni dalle quali desumere che la situazione di inquinamento presente nell’area sia stata da sola superata, tanto da non poter impegnare più l’originaria ricorrente (responsabile in via solidale per aver posto in essere una situazione di superamento dei limiti di accettabilità della contaminazione dei suoli, delle acque superficiali e delle acque sotterranee in relazione alla specifica destinazione d'uso dei siti, secondo quanto dispone l’art. 14, d.lgs. 22/1997).

Del resto, l’appellante non ha fornito, sulla base della documentazione in atti, né la prova che le aree indicate nell’ordinanza siano diverse da quelle sulle quali aveva essa operato le attività di sversamento, né una interruzione del nesso causale tra l’attività stessa e l’inquinamento dei suoli.

Questa prova sarebbe stata necessaria in considerazione del fatto che la responsabilità dell'autore dell'inquinamento, ai sensi dell'art. 17, comma 2, del D.Lgs. 22/1997, costituisce una forma di responsabilità oggettiva per gli obblighi di bonifica, messa in sicurezza e ripristino ambientale conseguenti alla contaminazione delle aree.

La natura oggettiva della responsabilità in questione è desumibile dalla circostanza che l'obbligo di effettuare gli interventi previsti dalla legge sorge, in base all'art. 17 citato, in connessione con una condotta "anche accidentale", ossia a prescindere dall'esistenza di qualsiasi elemento soggettivo doloso o colposo in capo all'autore dell'inquinamento.

Ai fini della responsabilità in questione è comunque pur sempre necessario il rapporto di causalità tra l'azione (o l'omissione) dell'autore dell'inquinamento ed il superamento - o pericolo concreto ed attuale di superamento - dei limiti di contaminazione, in coerenza col principio comunitario "chi inquina paga" (Cons. St., Sez. VI, 15 luglio 2010, n. 4561).

10. L’appello in esame va pertanto respinto.

Le spese del secondo grado seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo, intendendosi come una sola parte quella dei sig.ri. Danelli Ambrogio, Danelli Daniele, Vitali Giuseppina.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello (R. n. 437/2005), come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna Icep S.r.l. al pagamento delle spese del presente grado di giudizio che liquida in euro 10.000,00 (diecimila/00), oltre accessori di legge, da dividersi in parti uguali in favore di ciascuna delle parti vittoriose, costituitesi in giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2014 con l'intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente

Francesco Caringella, Consigliere

Fabio Franconiero, Consigliere

Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere, Estensore

Raffaele Prosperi, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 27/10/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)