Cass.Sez. III n. 42342 del 15 ottobre 2013 (Ud 9 lug 2013)
Pres.Fiale Est. Graziosi Ric. P.G. in proc. Massucco
Rifiuti.Residui da demolizione. Raccolta e triturazione in assenza di specifica autorizzazione

Integra il reato di cui all'art. 256, comma quarto, del D.Lgs. n. 152 del 2006 l'attività, svolta in assenza di autorizzazione, di raccolta e triturazione, a mezzo di un apposito macchinario, di materiali già qualificabili come rifiuto (in particolare, provenienti da demolizioni di opere edilizie), in quanto in tal modo si realizza un reimpiego di rifiuti.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. FIALE Aldo - Presidente - del 09/07/2013
Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere - SENTENZA
Dott. MARINI Luigi - Consigliere - N. 2045
Dott. RAMACCI Luca - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. GRAZIOSI Chiara - rel. Consigliere - N. 11634/2013
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D'APPELLO DI TORINO;
nei confronti di:
MASSUCCO CRISTINA N. IL 20/03/1975;
avverso la sentenza n. 3256/2012 CORTE APPELLO di TORINO, del 10/01/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/07/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. FRATICELLI Mario che ha concluso per il rigetto.
Udito il difensore Avv. Collida Enrico - Cuneo.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 10 gennaio 2013 la Corte d'appello di Torino, in sede di secondo rinvio a seguito di sentenza di questa Suprema Corte, sezione 4^, del 20 aprile 2012 e in riforma di sentenza del 14 settembre 2011 ancora della Corte d'appello di Torino, ha assolto Massucco Cristina perché il fatto non sussiste dal reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006 - che le era stato contestato per aver effettuato operazioni di recupero di rifiuti senza osservare le disposizioni dell'autorizzazione - perché la condotta dell'imputata riguardava inerti qualificabili come sottoprodotto e non come rifiuto ex art. 184 bis cit. D.Lgs. come novellato dal D.Lgs. n. 205 del 2010.
2. Ha presentato ricorso il Procuratore Generale presso la Corte d'appello di Torino, adducendo violazione di legge: ai sensi del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 184 bis nel caso di specie l'attività svolta dall'imputata riguardava rifiuti, e non sottoprodotti, cioè materiali inerti derivanti da demolizione, e consisteva nel recupero degli stessi, mediante la loro frantumazione, al fine di consentirne un successivo utilizzo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è fondato.
La corte territoriale si pone come unico quesito a seguito della seconda sentenza di annullamento da parte della Corte di Cassazione, cioè quella del 20 aprile 2012 (non avendo più pertinenza quanto oggetto della prima sentenza di annullamento del 12 gennaio 2011) se il materiale lavorato dal frantumatore possa considerarsi rifiuto o sottoprodotto, essendo stato il processo di frantumazione avvenuto utilizzando una macchina della Massucco Costruzioni S.r.l. di cui l'imputata è legale rappresentante. Poiché il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 184 bis - nella cui formula novellata si è recepita la nozione comunitaria di cui all'art. 5 della direttiva quadro sui rifiuti 2008/98/CE nel senso di un evidente favore alla soluzione di recupero, come si desume pure dall'art. 4 della stessa direttiva - qualifica sottoprodotto la sostanza o l'oggetto originati da un processo di produzione di cui sono parte integrante e scopo primario (lett. a), di certa utilizzazione nel processo di produzione o in un successivo processo di produzione o di utilizzazione (lett. b), di utilizzabilità diretta senza alcun trattamento ulteriore rispetto alla normale pratica industriale (lett. c) e di ulteriore utilizzo legale in relazione alla protezione della salute e dell'ambiente (lett. d) - requisiti che tutti devono coesistere -, la corte ha ritenuto che il materiale lavorato nel caso di specie fosse sottoprodotto, perché, pur essendo parte integrante di un processo produttivo (la demolizione edilizia prodromo della realizzazione di una nuova opera), non ne costituiva il prodotto finale (che sarebbe stata la nuova opera), doveva essere utilizzato per il riempimento degli scavi (e dunque per la realizzazione dei piazzali accessori all'opera edilizia) senza dovere prima essere sottoposto ad alcun trattamento diverso dal versamento nello scavo che, così utilizzato, non avrebbe apportato lesioni all'ambiente o alla salute umana. Di qui l'assoluzione perché il fatto non sussiste. L'interpretazione della corte territoriale non tiene adeguato conto del primo dei requisiti (lett. a) elencati nell'art. 184 bis novellato, e cioè l'origine della sostanza o dell'oggetto "da un processo di produzione, dì cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto". Il materiale lavorato dal frantumatore della Massucco Costruzioni non deriva da un processo di produzione, bensì da una demolizione di un edificio, che non può qualificarsi processo di produzione - come invece, con evidente forzatura (in ispecie laddove dichiara che il prodotto finale della demolizione è la nuova opera), afferma la sentenza impugnata - perché in seguito sarà costruito un edificio nuovo, non essendo una demolizione il prodromo dì una costruzione, giacché questa può essere effettuata anche indipendentemente da precedenti demolizioni. Al contrario, un macchinario che raccoglie e tritura materiale già qualificabile come rifiuto, e precisamente rifiuti da demolizione (sulla qualificazione dei residui da demolizione come rifiuti speciali e non materie prime secondarie o sottoprodotti da ultimo Cass. sez. 3, 17 gennaio 2012 n. 17823), realizza un'attività di recupero dei rifiuti, necessitante quindi di autorizzazione, sotto forma di reimpiego dei rifiuti stessi (per un caso affine di recupero di materiale che originariamente costituiva un manto stradale, sempre da ultimo, Cass. sez. 3, 19 gennaio 2012, n. 7374). Occorre dunque che la corte territoriale valuti, alla luce di tale corretta interpretazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 184 bis il fatto contestato all'imputata, da ciò conseguendo l'annullamento della sentenza con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Torino.

P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d'appello di Torino - altra sezione.
Così deciso in Roma, il 9 luglio 2013.
Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2013