Cass. Sez. III n. 40188 del 6 dicembre 2006 (c.c. 27 sett. 2006)
Pres. Papa Est. Fiale Ric. Benigno
Urbanistica. Esecuzione ordine di demolizione e sanatoria

L'ordine di demolizione impartito dal giudice con la sentenza di condanna costituisce esplicitazione di un potere sanzionatorio autonomo e non residuale o sostitutivo rispetto a quello dell'autorità amministrativa, atteso che assolve ad una autonoma funzione ripriostinatoria del bene giuridico leso. Tale ordine non è suscettibile di passaggio in giudicato ed è sempre passibile di revoca quando risulti assolutamente incopatibile con atti amnistrativi della competente autorità che abbia conferito all'immobile altra destinazione o abbia provveduto alla sua sanatoria.


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA Enrico - Presidente -

Dott. DE MAIO Guido - Consigliere -

Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere -

Dott. FIALE Aldo - Consigliere -

Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.S., n. a (OMISSIS);

avverso l'ordinanza 17/02/2006 del Tribunale monocratico di Termini

Imerese quale giudice dell'esecuzione.

Sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FIALE Aldo;

lette le richieste del P.M. che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

 

FATTO E DIRITTO

B.S. è stato condannato - per reati edilizi commessi in Belmonte Mezzagno - con sentenza del 5.5.2003 del Tribunale monocratico di Termini Imerese, avente autorità di cosa giudicata dal 29.11.2003.

Con la stessa sentenza è stata ordinata la demolizione delle opere abusive, ai sensi della L. n. 47 del 1985, art. 7, u.c., (attualmente D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 31, comma 9).

Nella fase esecutiva il P.M. competente ha ingiunto al condannato la demolizione, ma quegli non vi ha ottemperato ed ha promosso incidente di esecuzione, chiedendo la revoca, o in subordine la sospensione, dell'ordine demolitorio sul presupposto che egli aveva presentato - in data 25.7.2002 - istanza per l'accertamento di conformità già previsto dalla L. n. 47 del 1985, art. 13 ed attualmente disciplinato dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 36.

Su tale istanza, in data 9.4.2003, era stato espresso parere favorevole dalla commissione edilizia ed il responsabile dell'ufficio tecnico comunale, con nota del 30.12.2005, aveva attestato che "nello more non sono intervenute modifiche allo strumento urbanistico, per cui nulla osta al rilascio della concessione edilizia in sanatoria".

Il Tribunale di Termini Imerese, in composizione monocratica, quale giudice dell'esecuzione, all'esito del procedimento in camera di consiglio di cui all'art. 666 c.p.p., commi 3 e 4, con ordinanza del 17.2.2006, ha rigettato l'istanza affermando che, nella specie, a fronte dell'intangibilità del giudicato, le susseguenti vicende amministrative riferite dall'istante "non possono in alcun modo influenzare l'esecuzione della sentenza".

Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il B., il quale - sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione - ha eccepito che:

- "il potere del giudice di ordinare la demolizione dell'opera abusiva, ai sensi della L. n. 47 del 1985, art. 7, u.c., è un potere di supplenza, in quanto è attivato per l'inerzia della pubblica amministrazione. Esso, pertanto, non può essere esercitato quando sia sopravvenuta una incompatibilità con gli interessi urbanistici, altrimenti si avrebbe una illegittima interferenza da parte del giudice penale in materia riservata all'autorità amministrativa che tutela e governa il territorio";

- nella specie la commissione edilizia ha già espresso parere favorevole al rilascio del richiesto provvedimento sanante e deve quindi ritenersi che l'autorità amministrativa abbia manifestato la volontà di non demolire l'immobile, del quale non ha più interesse alla soppressione, in una prospettiva concreta e non di mera eventualità.

Il ricorso deve essere rigettato, poichè infondato.

1. Secondo la giurisprudenza ormai costante di questa Corte Suprema, in tema di reati edilizi, l'ordine di demolizione impartito dal giudice con la sentenza di condanna - ai sensi della L. n. 47 del 1985, art. 7, u.c., ed attualmente del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 31, comma 9, - costituisce esplicitazione di un potere sanzionatorio autonomo e non residuale o sostitutivo rispetto a quello dell'autorità amministrativa, atteso che assolve ad una autonoma funzione ripristinatoria del bene giuridico leso (vedi Cass., Sez. 3^, 13.10.2005, n. 37120, Morelli; 4.7.2000, n. 702, Cucinella; 7.8.1996, n. 2870, P.M. in proc. Petrino; 28.11.1995, n. 11475, Granato; nonchè Sez. 6^, 30.5.1994, n. 6337, Sorrentino).

2. L'ordine di demolizione in oggetto, costituendo una statuizione sanzionatoria giurisdizionale che ha natura amministrativa, non è suscettibile di passare in giudicato, ed è sempre possibile la sua revoca quando risulti assolutamente incompatibile con atti amministrativi della competente autorità, che abbia conferito all'immobile altra destinazione o abbia provveduto alla sua sanatoria (vedi Cass., Sez. 3^, 4.2.2000, n. 3682, Puglisi).

Il giudice dell'esecuzione, pertanto, deve revocare l'ordine di demolizione impartito con la sentenza di condanna o di patteggiamento soltanto quando siano già sopravvenuti atti amministrativi del tutto incompatibili con esso e può altresì sospendere tale ordine quando sia concretamente prevedibile e probabile l'emissione, entro brevissimo tempo, di atti amministrativi siffatti.

Non è sufficiente, invece, una mera possibilità di sanatoria, del tutto ipotetica, che si potrebbe verificare in un futuro lontano o comunque entro un tempo non prevedibile.

Nel caso in esame, non vi è alcun elemento in base al quale potesse ritenersi probabile l'emanazione entro breve tempo di un provvedimento amministrativo contrario all'ordine di demolizione, anzi vi sono elementi che portano decisamente ad escludere una possibilità siffatta.

Non è stata rilasciata concessione in sanatoria a seguito dell'accertamento di conformità già previsto dall'art. 13 della L. n. 47 del 1985 ed attualmente disciplinato dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 36: la relativa richiesta risulta presentata il 25.7.2002 e, ai sensi del 3 comma del citato art. 36, non essendo intervenuta pronuncia entro i 60 giorni successivi alla presentazione, la richiesta medesima deve intendersi "rifiutata".

L'Amministrazione comunale non ha certamente perduto il potere di provvedere in merito all'istanza, poichè questo può essere legittimamente esercitato anche una volta formatosi il silenzio- rifiuto, ma allo stato non si ravvisa alcuna volontà, espressa dall'organo amministrativo competente, incompatibile con l'ordine di demolizione.

Il parere favorevole espresso dalla commissione edilizia, in particolare, ha valore di mero atto preparatorio non vincolante in relazione ad un provvedimento formale che, soltanto se emanato dall'organo investito della relativa competenza, può integrare espressione di volontà dell'amministrazione comunale.

3. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, visti gli artt. 607, 611 e 616 c.p.p., rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 settembre 2006.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2006