Cass. Sez. III n. 16937 del 17 maggio 2024 (UP 1 feb 2024)
Pres. Ramacci Est. Aceto Ric. Aronne
Rifiuti.Particolare tenuità del fatto

Ai fini dell'applicazione della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, acquista rilievo, per effetto della novellazione dell'art. 131-bis cod. pen. ad opera dell'art. 1, comma 1, lett. c), n. 1, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, anche la condotta dell'imputato successiva alla commissione del reato, che, tuttavia, non potrà, di per sé sola, rendere di particolare tenuità un'offesa che tale non era al momento del fatto, potendo essere valorizzata solo nell'ambito del giudizio complessivo sull'entità dell'offesa recata, da effettuarsi alla stregua dei parametri di cui all'art. 133, comma primo, cod. pen. 

RITENUTO IN FATTO

                1. Il sig. Giuliano Aronne ricorre per l’annullamento della sentenza del 21 aprile 2023 della Corte di appello di Firenze che, pronunciando sulla sua impugnazione, ha confermato la condanna alla pena di tre mesi di arresto irrogata con sentenza del 16 giugno 2022 del Tribunale di Grosseto per il reato di cui all’art. 256, comma 2, d.lgs. n. 152 del 2006, a lui ascritto perché, quale legale rappresentante della società agricola «Campo all’Aia di Aronne Giuliano», aveva depositato in modo incontrollato sui terreni della società rifiuti speciali non pericolosi e, segnatamente: due roulotte, due congelatori a pozzetto, una lavatrice, un forno elettrico da incasso, una bilancia da banco, un fornello a gas, pezzi di veicoli vari, due seggiolini per auto, un ciclomotore, una vasca da bagno, una rete metallica, una rete da letto singolo, lamiere metalliche, tre pneumatici, la carcassa di un’autovettura.
                    1.1. Con unico motivo, sulla premessa in fatto di aver adempiuto alle prescrizioni e conferito i rifiuti ad imprese autorizzate al loro trattamento, deduce in diritto la violazione degli artt. 192, comma 1, e 256 d.lgs. n. 152 del 2006, e 131-bis cod. pen., nonché la illogicità e la contraddittorietà della motivazione in ordine alla ritenuta inapplicabilità dell’art. 131-bis cod. pen. benché la Corte di appello abbia escluso la abitualità della condotta (ritenuta invece dal primo Giudice).


CONSIDERATO IN DIRITTO

                2. Il ricorso è inammissibile.

                3. Osserva il Collegio:
                    3.1. incontestata la sussistenza del reato sotto ogni suo profilo, è un dato di fatto che il ricorrente aveva adempiuto alle prescrizioni imposte ai sensi degli artt. 318-bis e segg. d.lgs. n. 152 del 2006 ma non aveva poi provveduto al pagamento della somma stabilita  ex art. 318-quater;
                    3.2. la mancata estinzione del reato comporta l’inapplicabilità tout court del meccanismo estintivo ma non comporta la automatica applicazione della causa di non punibilità per speciale tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis cod. pen.;
                    3.3. occorre al riguardo precisare che se è vero che l’art. 318-bis, d.lgs. n. 152 del 2006, condiziona l’applicazione del meccanismo estintivo delle (sole) contravvenzioni sanzionate dal medesimo decreto che non abbiano cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette, non è altrettanto vero che l’avvio, da parte della polizia giudiziaria, del meccanismo estintivo equivalga ad assenza del danno o del pericolo di danno;
                    3.4. venendo in rilievo l’estinzione di un reato già perfezionato in ogni suo aspetto, il giudice penale conserva il dovere di verificarne i presupposti per la sua applicazione, non potendo abdicare al compito di verificare la legalità formale e sostanziale della procedura estintiva (nel senso che il giudice, ai fini dell'applicazione della causa estintiva di cui all'art. 318-bis e ss. d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, è tenuto ad effettuare una verifica fattuale delle conseguenze già effettivamente prodotte dalla condotta incriminata, facendo applicazione del principio di cd. "offensività in concreto", posto che essa risulta in linea con il disposto dell'art. 9, comma 3, Cost., introdotto dalla legge costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1, e soddisfa, nel contempo, esigenze di general-prevenzione postume, Sez. 3, n. 32962 del 21/06/2023, Anzalone, Rv. 284942 - 01);
                    3.5. la presenza di un danno o pericolo di danno esclude, tendenzialmente, la applicazione degli artt. 318 e segg. d.lgs. n. 152 del 2006 ma non comporta la automatica applicabilità della causa di non punibilità ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen.;
                    3.6. è stato al riguardo precisato che «la causa di non punibilità di cui all'articolo 131-bis cod. pen. [può] trovare applicazione ai limitati casi (…) in cui la procedura estintiva sarebbe concretamente applicabile, avendo l’imputato posto in essere tutte le attività riparative necessarie, ma non è stata attivata per cause a lui non riconducibili (in tal caso, infatti, non vi è stata alcuna valutazione negativa da parte dell’organo di vigilanza), ovvero ai casi in cui, anche alla luce della «condotta susseguente al fatto» (in virtù della modifica intervenuta nel testo dell'articolo 131-bis cod. pen., per effetto del d.lgs. n. 150/2022), sulla base di un esame ex post, l'«offesa» risulti di speciale tenuità, ovvero ancora alle ipotesi in cui la procedura sia stata attivata, con pagamento della somma e adempimento delle prescrizioni, ma oltre il termine assegnato» (Sez. 3, n. 32962 del 21/06/2023, Anzalone, Rv. 284942 - 02, secondo cui la causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, di cui all'art. 131-bis cod. pen., non è applicabile alle contravvenzioni previste dal d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, nel caso in cui sia stata attivata la procedura estintiva di cui all'art. 318-bis e ss. d.lgs. citato, ma non siano state ottemperate dall'imputato le prescrizioni impartitegli, dovendo essere valutata negativamente la sua condotta susseguente al reato e in quello in cui l'organo di controllo, a fronte della richiesta di ammissione dell'imputato, abbia motivatamente escluso che ne ricorressero i presupposti, non potendo ritenersi di particolare tenuità un danno o pericolo concreto e attuale tale da non consentire la definizione agevolata);
                    3.7. la non esiguità del danno o del pericolo di danno costituisce pre-requisito imprescindibile per l’applicazione della causa di non punibilità invocata dal ricorrente; 
                    3.8. nel caso di specie, con valutazione che non è frutto di travisamenti ed è immune da vizi (peraltro nemmeno specificamente enucleati dal ricorrente) e dunque insindacabile in questa sede, la Corte di appello ha stigmatizzato l’oggettiva gravità del reato in considerazione della cospicua quantità dei rifiuti, della loro natura ingombrante, della loro diversa tipologia, della estensione dell’area impegnata, della gravità del pericolo di danno cagionato;
                    3.9. né il sostato fattuale del giudizio di gravità dell’offesa può essere rimesso in discussione in questa sede richiamando quanto (non) sarebbe emerso dall’istruttoria dibattimentale; 
                    3.10. la Corte di appello ha così fatto buon governo dell’insegnamento giurisprudenziale, che deve essere qui ribadito, secondo il quale, ai fini dell'applicazione della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, acquista rilievo, per effetto della novellazione dell'art. 131-bis cod. pen. ad opera dell'art. 1, comma 1, lett. c), n. 1, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, anche la condotta dell'imputato successiva alla commissione del reato, che, tuttavia, non potrà, di per sé sola, rendere di particolare tenuità un'offesa che tale non era al momento del fatto, potendo essere valorizzata solo nell'ambito del giudizio complessivo sull'entità dell'offesa recata, da effettuarsi alla stregua dei parametri di cui all'art. 133, comma primo, cod. pen. (Sez. 3, n. 18029 del 04/04/2023, Hu, Rv. 284497 - 01). 

                    4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l'onere delle spese del procedimento nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di € 3.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 01/02/2024.