Cass. Sez. III n. 20841 del 28 maggio 2024 (UP 9 mag 2024)
Pres. Ramacci Est. Galanti Ric. Michelini
Rifiuti.Deposito temporaneo

Il «deposito temporaneo prima della raccolta» (art. 183, lett. bb, d.lgs. 152/2006), è «il raggruppamento dei rifiuti ai fini del trasporto degli stessi in un impianto di recupero e/o smaltimento, effettuato, prima della raccolta ai sensi dell'articolo 185-bis». Esso è estraneo al perimetro della «gestione» dei rifiuti che, ai sensi della lettera n), concerne «la raccolta, il trasporto, il recupero, compresa la cernita, e lo smaltimento dei rifiuti, compresi la supervisione di tali operazioni e gli interventi successivi alla chiusura dei siti di smaltimento, nonché le operazioni effettuate in qualità di commerciante o intermediari) e prodromico allo svolgimento delle relative attività». Posto che l’attività di «raccolta» è definita come «il prelievo dei rifiuti, compresi la cernita preliminare e il deposito preliminare alla raccolta, ivi compresa la gestione dei centri di raccolta di cui alla lettera "mm", ai fini del loro trasporto in un impianto di trattamento», è evidente che se è già stata fatta una cernita dei rifiuti non può parlarsi di deposito temporaneo ma già di «gestione» dei rifiuti (e, in particolare, se si tratta di operazioni finalizzate al recupero, a quelle di cui alla lettera R12 dell’Allegato C), il che significa che il raggruppamento secondo categorie omogenee di rifiuti deve avvenire nel luogo ove si effettua il deposito temporaneo, e non prima.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 19/09/2023, la Corte di appello di Firenze confermava la sentenza del Tribunale di Siena del 27/05/2022, che aveva condannato Leonardo Michelini, quale L.R. della Azienda Agricola “La Selva”, alla pena di mesi 8 di arresto ed euro 14.000,00 di ammenda in relazione al reato di cui all’articolo 256, comma 1, lettera b), d.lgs. 152/2006. 

2. Avverso il provvedimento ricorre per cassazione l’imputato.
2.1. Con il primo motivo lamenta violazione di legge, ritenendo che erroneamente sia stato ritenuto sussistente un deposito incontrollato in luogo di un deposito temporaneo.
2.2. Con il secondo motivo lamenta vizio di motivazione in riferimento alla asserita fatiscenza e alla mancanza di impermeabilizzazione dell’immobile dove erano depositati i rifiuti pericolosi.
Inoltre, la pronuncia sarebbe contraddittoria laddove i giudici hanno inferito la presenza dei rifiuti da oltre un anno, posto che tra i due sopralluoghi sono intercorsi solo pochi mesi (12/08/2018 – 03/04/2019).

3. In data 30 parile 2024, l’Avv. Andrea Gasbarri depositava memoria di replica in cui contestava le conclusioni del P.G. e insisteva nell’accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO 
 
    1. Il ricorso è inammissibile. 
I due motivi possono essere trattati congiuntamente in quanto strettamente connessi.

2. Il «deposito temporaneo prima della raccolta» (art. 183, lett. bb, d.lgs. 152/2006), è «il raggruppamento dei rifiuti ai fini del trasporto degli stessi in un impianto di recupero e/o smaltimento, effettuato, prima della raccolta ai sensi dell'articolo 185-bis».
Esso è estraneo al perimetro della «gestione» dei rifiuti che, ai sensi della lettera n), concerne «la raccolta, il trasporto, il recupero, compresa la cernita, e lo smaltimento dei rifiuti, compresi la supervisione di tali operazioni e gli interventi successivi alla chiusura dei siti di smaltimento, nonché le operazioni effettuate in qualità di commerciante o intermediari) e prodromico allo svolgimento delle relative attività».  
Posto che l’attività di «raccolta» è definita come «il prelievo dei rifiuti, compresi la cernita preliminare e il deposito preliminare alla raccolta, ivi compresa la gestione dei centri di raccolta di cui alla lettera "mm", ai fini del loro trasporto in un impianto di trattamento», è evidente che se è già stata fatta una cernita dei rifiuti non può parlarsi di deposito temporaneo ma già di «gestione» dei rifiuti (e, in particolare, se si tratta di operazioni finalizzate al recupero, a quelle di cui alla lettera R12 dell’Allegato C), il che significa che il raggruppamento secondo categorie omogenee di rifiuti deve avvenire nel luogo ove si effettua il deposito temporaneo, e non prima.
La Corte di giustizia dell’Unione europea ha precisato (cause riunite C-175/98 e C-177/98, del 5 ottobre 1999, proc. pen. a carico di Paolo Lirussi e Francesca Bizzaro, par. 48 ss.) che, in quanto deroga a norme che mirano a conseguire obiettivi di una fondamentale rilevanza, quali la protezione dell'ambiente e della salute, la nozione di «deposito temporaneo» deve interpretarsi in modo restrittivo e deve rispettare l'art. 4, primo comma, della direttiva 75/442, la quale prevede che gli Stati membri adottano le misure necessarie ad assicurare che i rifiuti siano ricuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente.
In tal senso, è stato introdotto l’articolo 185-bis del Testo Unico, il quale stabilisce che esso deve essere effettuato nel rispetto delle seguenti condizioni:
a) nel luogo in cui i rifiuti sono prodotti (da intendersi quale l'intera area in cui si svolge l'attività che ha determinato la produzione dei rifiuti o, per gli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile, presso il sito che sia nella disponibilità giuridica della cooperativa agricola, ivi compresi i consorzi agrari, di cui gli stessi sono soci);
b) esclusivamente per i rifiuti soggetti a responsabilità estesa del produttore, anche di tipo volontario, il deposito preliminare alla raccolta può essere effettuato dai distributori presso i locali del proprio punto vendita;
c) per i rifiuti da costruzione e demolizione, nonché per le filiere di rifiuti per le quali vi sia una specifica disposizione di legge, il deposito preliminare alla raccolta può essere effettuato presso le aree di pertinenza dei punti di vendita dei relativi prodotti.
Esso è, inoltre, effettuato alle seguenti condizioni:
a) i rifiuti contenenti gli inquinanti organici persistenti di cui al regolamento (CE) 850/2004, e successive modificazioni, sono depositati nel rispetto delle norme tecniche che regolano lo stoccaggio e l'imballaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose e gestiti conformemente al suddetto regolamento;
b) i rifiuti sono raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti: con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi. In ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all'anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno;
c) i rifiuti sono raggruppati per categorie omogenee, nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute;
d) nel rispetto delle norme che disciplinano l'imballaggio e l'etichettatura delle sostanze pericolose.
Ove effettuato alle condizioni di cui sopra, il deposito temporaneo non necessita di autorizzazione da parte dell'autorità competente.
La giurisprudenza ha chiarito (Sez. 3, n. 16183 del 28/02/2013, Lazzi, n.m.) che solo l’osservanza di «tutte» le condizioni previste dalla legge per il deposito temporaneo – e quindi anche lo smaltimento con cadenza almeno annuale - solleva il produttore dagli obblighi previsti dal regime autorizzatorio delle attività di gestione, tranne quelli di tenuta dei registri di carico e scarico e per il divieto di miscelazione previsto dall'art. 187, mentre, in difetto di tali condizioni - la sussistenza delle quali deve essere dimostrata dall'interessato, trattandosi di norma di favore (Sez. 3 n. 15680, 23 aprile 2010; Sez. 3 n. 30647, 15 giugno 2004; Sez. 3 n. 21587, 17 marzo 2004) - l'attività posta in essere deve qualificarsi come gestione non autorizzata, penalmente sanzionabile, o abbandono.
Nel caso in esame, la sentenza chiarisce che l’imputato, su cui gravava l’onere di dimostrare l’avvenuta ottemperanza a tutti i presupposti affinché ricorra il deposito temporaneo, non è stato in grado dimostrare lo smaltimento dei rifiuti depositati all’interno dell’immobile in epoca successiva al gennaio 2017, elemento che esclude in radice l’applicabilità della disciplina di favore. 
Ed infatti, come accennato dianzi, la giurisprudenza consolidata della Corte ha precisato che trattandosi di norme aventi natura eccezionale e derogatoria rispetto alla disciplina ordinaria in tema di rifiuti, «l’onere della prova circa la sussistenza delle condizioni di legge deve essere assolto da colui che ne richiede l’applicazione (Sez. 3, n. 38950 del 26/06/2017, Roncada, n.m.; Sez. 3, n. 56066 del 19/09/2017, Sacco, Rv. 272428 – 01; Sez. 3, n. 16078 del 10/03/2015, Fortunato, Rv. 263336 – 01; Sez. 3, n. 3202 del 02/10/2014, Giaccari, Rv. 262129 – 01; Sez. 3, n. 17453 del 17/04/2012, Busè, Rv. 252385 - 01; Sez. 3, n. 16727 del 13/04/2011, Spinello, n.m.; Sez. 3, n. 41836 del 30/09/2008, Castellano, Rv. 241504 - 01).
Tale giurisprudenza è una applicazione dell’indirizzo consolidato secondo cui  il principio di inversione dell’onere della prova «specificamente riferito al deposito tem­poraneo, è peraltro applicabile in tutti i casi in cui venga invocata, in tema di rifiuti, l’applicazione di disposizioni di favore che derogano ai principi generali» (v. Sez. 3, n. 20410 del 08/02/2018, Boccaccio, Rv. 273221 - 01). 
In tal senso, già Sez. 3, sentenza n. 47262 dell’8/09/2016, Marinelli, n.m., aveva precisato che il principio dell’inversione dell’onere della prova corri­sponde ad un «principio generale già applicato in giurisprudenza: in tema di attività di raggruppamento ed incenerimento di residui vegetali previste dall’art. 182, comma 6-bis, primo e secondo periodo, d. lgs. 152/2006 (cfr. Sez. 3, n. 5504 del 12/01/2016, Lazzarini), di deposito temporaneo di rifiuti (Sez. 3, n. 29084 del 14/05/2015, Favazzo), di terre e rocce da scavo (Sez. 3, n. 16078 del 10/03/2015, Fortunato), di interramento in sito della posidonia e delle meduse spiaggiate presenti sulla battigia per via di mareggiate o di altre cause naturali (Sez. 3, n. 3943 del 17/12/2014, Aloisio), di qualificazione come sottoprodotto di sostanze e materiali (Sez. 3, n. 3202 del 02/10/2014, Giaccari; Sez. 3, n. 41836 del 30/09/2008, Ca­stellano), di deroga al regime autorizzatorio ordinario per gli impianti di smaltimento e di recupero, prevista dall’art. 258, comma 15, del d. lgs. 152 del 2006 relativamente agli impianti mobili che eseguono la sola riduzione volumetrica e la separazione delle frazioni estranee (Sez. 3, n. 6107 del 17/01/2014, Minghini), di riutilizzo di materiali provenienti da demolizioni stradali (Sez. 3, n. 35138 del 18/06/2009, Bastone)». 
Il principio è stato successivamente ribadito anche da Sez. 3, n. 3598 del 23/10/2018, dep. 2019, Fortuna, n.m., e (in tema di End of Waste) Sez. 3, n. 27148 del 17/05/2023, Burato, Rv. 284735 - 01.
La sentenza impugnata, la quale ha escluso che nel caso di specie fosse ravvisabile un deposito temporaneo, non è pertanto viziata da illogicità, ma è anzi ossequiosa dei principi stabiliti da questa Corte.
Il ricorso, sotto entrambi i profili di censura, è pertanto manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile.

3. Alla declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento. Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, che il Collegio ritiene di fissare, equitativamente, in euro 3.000,00.

P.Q.M. 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 09/05/2024.