Sez. 3, Sentenza n. 24934 del 08/06/2005 Ud. (dep. 07/07/2005 ) Rv. 231949
Presidente: Zumbo A. Estensore: Squassoni C. Relatore: Squassoni C. Imputato: Casagrande. P.M. Izzo G. (Parz. Diff.)
(Rigetta, Trib. Pordenone, 9 Luglio 2003)
SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di oli usati - Sversamento sul suolo in quantità limitata - Configurabilità del reato di cui all'art. 14 D.Lgs. n. 95 del 1992 - Fondamento.

Lo sversamento di oli usati su suolo non asfaltato o in altro modo protetto configura il reato di cui all'art. 14 D.Lgs. 27 gennaio 1992 n. 95 anche se effettuato in quantità limitata e indipendentemente dalla prova di un danno al suolo, atteso l'obbligo di conferimento del materiale in questione all'apposito consorzio in applicazione del generale principio di prevenzione vigente in materia.(Fonte CED cassazione)

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. ZUMBO Antonio - Presidente - del 08/06/2005
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - SENTENZA
Dott. TARDINO Vincenzo - Consigliere - N. 01216
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere - N. 044252/2003
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA/ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
1) CASAGRANDE CLAUDIO N. IL 04/04/1945;
avverso SENTENZA del 09/07/2003 TRIBUNALE di PORDENONE;
visti gli atti, la sentenza ed il procedimento;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. SQUASSONI CLAUDIA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Izzo G. che ha concluso per: inammissibile il ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con sentenza 9.7.2003, il Tribunale di Pordenone ha ritenuto Casagrande Claudio responsabile del reato previsto dagli artt. 3 c. 2 lett. b, 14 c. 3 DLvo 95/1992 (per avere scaricato sul suolo oli esausti per autoveicoli) e lo ha condannato alla pena di euro duemila di ammenda.
Per giungere a tale conclusione, il Giudice ha ritenuto provata la presenza, presso la autofficina - elettrauto di cui era titolare l'imputato, di una grossa macchia di olio la cui provenienza era stata verificata in base alle percezioni visive ed olfattive degli accertatori. Il Tribunale ha scartato la prospettazione della difesa la quale ha sostenuto che la macchia era causata da catrame diluito in acqua ed utilizzato anni prima per una opera di
impermeabilizzazione. Il Giudice ha ritenuto che l'olio esausto per motori fosse riconducibile alla attività lavorativa dell'imputato e che una quantità anche limitata di tale materiale, qualificato rifiuto, integrasse il contestato illecito anche in assenza di un concreto danno all'ambiente. Per quanto concerne l'elemento soggettivo del reato, il Tribunale ha rilevato che non fosse necessaria la dimostrazione della intenzionalità della condotta essendo sufficiente la comprovata mancanza di idonee cautele circa la custodia dei contenitori.
Per l'annullamento della sentenza, l'imputato ricorre in Cassazione deducendo difetto di motivazione, in particolare, rilevando:
- che la declaratoria di condanna si fonda su indizi non certi, univoci e concordanti bensì sulle soggettive impressioni dei testimoni;
- che non è stata tenuta in considerazione la circostanza che l'imputato si è rifiutato di siglare il verbale di accertamento così contestano subito l'addebito;
- che il capo di imputazione esigeva la prova, non raggiunta, degli effetti nocivi del materiale sul suolo.
Il Collegio rileva che le deduzioni non sono meritevoli di accoglimento.
Per quanto concerne la prima censura, non è esatta la prospettazione del ricorrente il quale sostiene che l'accertamento dei fatti per cui è processo si fonda su incerti indizi, personali impressioni e testimonianze lacunose.
Il Giudice di merito ha desunto la prova della natura dello illecito sversamento avendo come referente dirette percezioni e constatazioni degli accertatori, appartenenti alla Polizia Scientifica e Funzionari dell'Arpa, i quali hanno preso diretta visione della vistosa macchia di olio; gli accertatori hanno concluso, senza margine di dubbio, che il materiale giacente sul terreno fosse olio esausto per autoveicoli. Stante la qualifica professionale dei dichiaranti e la circostanza che la riconoscibilità del materiale era possibile per ogni persona mediamente esperta nel settore, non era necessaria la relazione di analisi sul liquido o l'espletamento di una perizia sullo stesso. Inoltre, il Giudice ha preso nella dovuta considerazione la tesi della difesa (secondo la quale la macchia era dovuta a catrame diluito giacente sul terreno da molti anni) ed ha esplicito la ragione per la quale non fosse sostenibile e non reggesse ad un critico esame.
In tale contesto, il ricorrente, sulla natura del liquido, sottopone al vaglio della Cassazione gli stessi elementi portati all'esame del Tribunale e che hanno avuto puntuale e corretta confutazione. La circostanza che l'imputato non abbia ritenuto firmare il verbale di accertamento è smentita nel testo della impugnata sentenza e, comunque, non è significativa per dimostrare la natura del materiale oleoso.
In merito alla residua censura, si rileva che lo sversamento di oli usati su suolo non asfaltato o protetto (tale è il caso in esame) configura il reato di cui all'art. 14 D.Lvo 95/1992 anche se effettuato in quantità limitata ed indipendentemente dalla prova di un danno al suolo o all'ambiente in generale, atteso che vige in materia il principio di prevenzione e di speciale prudenza attualizzato mediante l'obbligo di conferimento del materiale all'apposito consorzio (Cass. Sezione 3 sentenza 13346/1998, 27507/2004).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 8 giugno 2005.
Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2005