Cass. Sez. III n. 31158 del 24 luglio 2008 (Ud. 12 giu 2008)
Pres. De Maio Est. Squassoni Ric. Mancini
Rifiuti - Alghe marine

In tema di gestione dei rifiuti, integra il reato di cui all\'art. 51, comma primo, D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 la detenzione senza autorizzazione di alghe marine, in quanto le stesse, insieme alle altre piante marine, non sono utilizzabili, ai sensi della L. 19 ottobre 1984, n. 748, nè per la produzione di ammendante compostato verde nè per la produzione di ammendante compostato misto.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. DE MAIO Guido - Presidente - del 12/06/2008
Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere - SENTENZA
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - N. 01522
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. SARNO Giulio - Consigliere - N. 009141/2008
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) MANCINI GIOVANNI, N. IL 25/06/1975;
avverso SENTENZA del 02/10/2007 GIP TRIBUNALE di LIVORNO;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. SQUASSONI CLAUDIA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. DI POPOLO Angelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con sentenza 2 ottobre 2007, il Giudice per la udienza preliminare del Tribunale di Livorno ha ritenuto Mancini Giovanni responsabile del reato previsto dal D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 51, comma 1, (così modificata la originaria imputazione ex art. 53 bis del citato decreto) e lo ha condannato alla pena di euro tredicimila di ammenda. Per giungere a tale conclusione, il Tribunale ha rilevato che il materiale che l\'imputato deteneva senza autorizzazione fosse da qualificarsi come rifiuto in quanto conteneva alghe esplicitamente escluse, con le altre piante marine, dalla composizione degli ammendanti.
Per l\'annullamento della sentenza, l\'imputato ha proposto ricorso per Cassazione deducendo difetto di motivazione e violazione di legge, in particolare, rilevando:
- che vi è stata una modifica della originaria imputazione in elementi essenziali che non è possibile nel giudizio abbreviato incondizionato estraneo a forme di integrazione probatoria : se si ritiene legittima la mutatio libelli, si deve ritenere necessaria la procedura, non seguita, dell\'art. 441 bis c.p.p.;
- che, dopo avere modificato l\'imputazione, il Giudice avrebbe dovuto rimettere l\'imputato in termini per richiedere l\'oblazione;
- che l\'impiego di alghe è vietato per lo ammendante compostato verde e non per quello compostato misto;
- che era munito di autorizzazione per le operazioni di recupero di rifiuti non pericolosi per cui la sua condotta era da qualificarsi a sensi del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 51, comma 4;
- che la pena è eccessiva e la mancata concessione delle attenuanti generiche immotivata.
Deve precisarsi come, nel caso in esame, il Pubblico Ministero non abbia proceduto ad una modifica della contestazione per cui non doveva essere attivata la procedura dell\'art. 41 bis c.p.p.; il Giudice ha sussunto i fatti materiali in una diversa, e meno grave , ipotesi di reato che consente l\'accesso alla oblazione di cui all\'art. 162 bis c.p., che era inibito in rapporto alla originaria contestazione.
La questione processuale proposta dall\'imputato è stata risolta dalle Sezioni Unite con sentenza n 7645/2006 (le cui conclusioni il Collegio recepisce ed alla cui elaborata motivazione rimanda). La decisione ha chiarito che la disposizione di cui all\'art. 141 disp. att. c.p.p., comma 4 bis, (che prevede la rimessione in termini per l\'imputato in caso di modifica della contestazione in altra che ammette la oblazione) non si applica alla ipotesi di mutamento dell\'imputazione fatta direttamente dal Giudice con la sentenza di condanna.
La disposizione citata implica il rispetto, non possibile nella ipotesi che ci occupa, della seguente procedura in contraddittorio tra le parti: il Pubblico Ministero sollecita la derubricazione, il Giudice rimette in termini l\'imputato, questi presenta istanza di oblazione, l\'organo della accusa formula il parere ed, infine, il Giudice valuta la richiesta.
Solo nel caso (che non è quello in esame) in cui l\'imputato nel corso del giudizio abbia presentato in via cautelare istanza di oblazione (subordinata ad una diversa e più favorevole qualificazione giuridica del fatto dalla quale discende la possibilità di oblazione), il Giudice, se procede a tale modifica, deve ricorrere al meccanismo dell\'art. 141 disp. att. c.p.p.. In merito alle residue censure, si rileva che la normativa concernente la produzione di ammendanti non consente l\'uso di alghe ed altre piante marine (in relazione alle quali è difficoltoso l\'accertamento dei livelli di metalli accumulati) sia per la produzione di ammendante compostato verde sia di quello compostato misto. Su tale punto, la conclusione dei Giudici di merito è conforme alla previsione della L. n. 784 del 1984, e non merita censure, mentre la esegesi proposta dal ricorrente non tiene conto del chiaro tenore del testo normativo. Di conseguenza, il materiale era da qualificarsi rifiuto per la gestione del quale, l\'imputato operava privo di autorizzazione e non in contrasto con le prescrizioni della autorizzazione stessa. Relativamente al regime sanzionatorio, si rileva come le attenuanti generiche non fossero state richieste dalla difesa per cui l\'imputato non può dolersi del mancato esercizio di un potere discrezionale che non aveva sollecitato; la motivazione sul quantum della pena (per la quale il Giudice ha optato per la meno afflitiva sanzione pecuniaria), pur nella sua sintesi, è sufficiente e congrua.
P.Q.M.
La Corte:
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 12 giugno 2008.
Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2008