Cass. Sez. III n. 14344 del 15 aprile 2010 (Cc 11 mar. 2010)
Pres. De Maio Est. Lombardi Ric. Lambiase
Rifiuti. Restituzione mezzo adibito al trasporto illecito di rifiuti oggetto di sequestro preventivo

Non può essere disposta la restituzione del mezzo adibito al trasporto illecito di rifiuti che sia stato oggetto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, in quanto il sequestro preventivo “delle cose di cui è consentita la confisca” si giustifica non per pericolosità intrinseca della cosa, ma per la funzione generalpreventiva e dissuasiva attribuitale dal legislatore.

 

 

UDIENZA del 11.03.2010

SENTENZA N. 442

REG. GENERALE N. 43527/2009


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale



Composta dagli Ill.mi Signori:


Guido De Maio                       Presidente

Alfredo Teresi                        Consigliere
Alfredo Maria Lombardi                    "

Amedeo Franco                              "
Santi Gazzara                                "


ha pronunciato la seguente:


SENTENZA


- Sul ricorso proposto dall'Avv. Alberto Gullino, difensore di fiducia di Lambiase Alessandro, n. a Napoli il xx.xx.xxxx, avverso l'ordinanza in data 5.10.2009 del Tribunale di Messina, con la quale é stato rigettato l'appello avverso il provvedimento del G.I.P. del Tribunale di Patti in data 10.6.2009, che aveva respinto la richiesta di dissequestro di un'area.
- Udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Alfredo Maria Lombardi;
- Visti gli atti, la ordinanza denunziata ed il ricorso;
- Udito il P.M. in persona del Sost. Procuratore Generale, Dott. Guglielmo Passacantando, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
- Udito il difensore Avv. Alberto Gullino, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso;

 

CONSIDERATO IN FATTO E DIRITTO


Con la impugnata ordinanza il Tribunale di Messina ha rigettato l'appello proposto da Lambiase Alessandro avverso il provvedimento del G.I.P. del Tribunale di Patti in data 10.6.2009, con il quale era stata respinta la richiesta di restituzione di un'area, sottoposta a sequestro in relazione alla fattispecie di cui all'art. 256, comma terzo, del D. Lgs n. 152/2006 per essere stata adibita a discarica abusiva.


In sintesi il Tribunale della libertà ha osservato che il sequestro dell'area, facente parte di altra di maggiore estensione, parzialmente restituita all'interessato, era stato disposto dal G.I.P. ai sensi dell'art. 321, comma secondo, c.p.p. in previsione della confisca obbligatoria della stessa imposta dall'art. 256, comma terzo, del decreto legislativo citato.


Sulla base di tale rilievo il tribunale ha ritenuto inconferente la circostanza che l'area fosse stata sottoposta ad un intervento di bonifica.


Si è osservato sul punto che il sequestro delle cose confiscabili costituisce una specifica ed autonoma figura cautelare rispetto a quella di cui al primo comma dell'art. 321 c.p.p., in quanto prescinde da qualsiasi prognosi di pericolosità connessa alla libera disponibilità della cosa, mentre assume rilevanza solo la sussistenza del fumus del reato oggetto di indagine, essendo finalizzata a consentire la concreta confiscabilità del bene.


Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso il difensore dell'indagato, che la denuncia per violazione di legge e carenza assoluta di motivazione.


Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione degli art. 125 c.p.p., 240, comma 2, c.p. e 256, comma 3, del D. Lgs n. 152/2006.
Si deduce, in sintesi, che il tribunale della libertà ha erroneamente applicato il principio di diritto, secondo il quale la suscettibilità di confisca obbligatoria della cosa in sequestro è ostativa alla sua restituzione all'interessato anche in assenza di esigenze cautelari.
Si osserva, in contrario, che il divieto di restituzione delle cose in sequestro, di cui all'art. 324, comma 7, c.p.p., deve essere riferito esclusivamente alle ipotesi di confisca obbligatoria ai sensi dell'art. 240, comma secondo, c.p.p. e non anche a quelle in cui la confisca debba essere disposta solo in caso di condanna dell'imputato o di applicazione della pena su richiesta delle parti, quale la fattispecie di cui all'art. 256, comma terzo, del D. Lgs n. 152/2006.


Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia carenza assoluta di motivazione in ordine alla dedotta insussistenza delle condizioni richieste dall'art. 321, comma 3, c.p.p. e, cioè, il permanere delle condizioni per il mantenimento del sequestro a seguito della avvenuta bonifica del terreno.


Il ricorso non è fondato.


La giurisprudenza citata dal ricorrente (sez. III, 7.11.2007 n. 44279 ed altre), secondo la quale il divieto di restituzione delle cose in sequestro, ai sensi dell'art. 324, comma 7, c.p.p., riguarda solo le ipotesi di confisca obbligatoria ex art. 240, comma secondo, c.p., si riferisce esclusivamente al sequestro probatorio (misura reale presa in esame dalla sentenza citata) ovvero al sequestro preventivo disposto ai sensi dell'art. 321, primo comma, c.p.p.
In tali casi, infatti, venendo meno le esigenze probatorie o quelle cautelari specificamente previste dal primo comma della norma citata, non sussistono più cause ostative alla restituzione del bene ai di fuori dell'ipotesi, tassativamente prevista dall'art. 324, comma 7, c.p.p., di cose suscettibili di confisca obbligatoria ai sensi del citato art. 240, comma secondo, del codice penale.

Diverso è, invece, il caso in cui il sequestro sia stato espressamente disposto, ai sensi dell'art. 321, comma 2, c.p.p., in previsione della confisca della cosa, che può essere anche solo facoltativa, nel qual caso le esigenze cautelare fanno parte della stessa funzione della misura di assicurare effettività al successivo provvedimento di confisca.
E' stato, infatti, di recente affermato da questa Suprema Corte, in relazione ad analoga fattispecie, che "non può essere disposta la restituzione del mezzo adibito al trasporto illecito di rifiuti che sia stato oggetto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, in quanto il sequestro preventivo "delle cose di cui è consentita la confisca" si giustifica non per pericolosità intrinseca della cosa, ma per la funzione generalpreventiva e dissuasiva attribuitale dal legislatore." (sez. Ill, 11 marzo 2009 n. 10710, Girardi, RV 243106).
I giudici del tribunale della libertà, pertanto, hanno correttamente affermato che, nel caso in esame, essendo stato disposto il sequestro ai sensi dell'art. 321, secondo comma, c.p.p., assume esclusiva rilevanza la sussistenza del fumus del reato oggetto di indagine, mentre a nulla rileva la insussistenza di altre esigenze cautelare di cui all'art. 321, primo comma, c.p.p., in quanto non sono state poste a fondamento della misura adottata.


Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.


Ai sensi dell'art. 616 c.p.p. segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.


P.Q.M.


La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 11.3.2010.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA il  15 APR. 2010