Nuova pagina 1

Sez. 3, Sentenza n. 8426 del 26/02/2004 (Ud. 23/01/2004 n.00068 ) Rv. 227405
Presidente: Papadia U. Estensore: Grillo C. Imputato: Palumbo. (Conf.)
(Rigetta, Gip Trib.Modena, 22 maggio 2001).
614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Gestione dei rifiuti - Attività di raccolta di autoveicoli non in uso - In difetto di autorizzazione - Reato di cui all'art. 51, comma primo, decreto n. 22 del 1997 - Configurabilità.
CON MOTIVAZIONE

Nuova pagina 2

Massima (Fonte CED Cassazione)

La attività di raccolta di autoveicoli fuori uso in assenza di autorizzazione configura il reato di cui all'art. 51, comma primo, del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 (gestione di rifiuti non autorizzata) atteso che gli autoveicoli in questione rientrano nel nuovo Catalogo Europeo dei Rifiuti quali rifiuti speciali prodotti da terzi, in parte anche pericolosi.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. PAPADIA Umberto - Presidente - del 23/01/2004
1. Dott. ZUMBO Antonio - Consigliere - SENTENZA
2. Dott. GRILLO Carlo M. - Consigliere - N. 68
3. Dott. VANGELISTA Vittorio - Consigliere - REGISTRO GENERALE
4. Dott. FIALE Aldo - Consigliere - N. 046037/2001
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PALUMBO MARIO, nato a Grottaminarda l'1/10/1948;
avverso la sentenza n. 796/01 del 22-28/5/2001, pronunciata dal G.I.P. presso il Tribunale di Modena;
Letti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
udita in Udienza pubblica la relazione fatta dal Consigliere Dott. Carlo M. Grillo;
udite le conclusioni del P.M., in persona del S. Procuratore Generale;
la Corte osserva:
FATTO E DIRITTO
Con la decisione indicata in premessa, il G.I.P. presso il Tribunale di Modena, a seguito di giudizio svoltosi con rito abbreviato, condannava Palombo Mario, titolare della ditta "Palm-Auto", opponente a decreto penale, alla pena di L. 4.000.000 di ammenda in ordine al reato di cui all'art. 51, comma 1, D. L.vo n. 22/1997, accertato il 26/7/99, perché effettuava un'attività non autorizzata di raccolta e commercio di rifiuti non pericolosi (n. 6 autoveicoli radiati dal P.R.A.).
L'imputato, svolgente attività autorizzata di soccorso stradale (recupero e trasporto veicoli), ricorre per Cassazione, deducendo: 1) erronea applicazione degli artt. 51 e 28 D. L.vo n. 22/1997 ed inosservanza dell'art. 103 CdS (in relazione all'art. 606, lett. 'b', c.p.p.), fondandosi la sentenza sull'erroneo presupposto che la radiazione di un veicolo dal P.R.A. determini l'assunzione della qualità di rifiuto del medesimo, mentre la radiazione consegue semplicemente alla volontà di far cessare la circolazione del veicolo, rimanendo facoltà esclusiva del proprietario il futuro destino dello stesso; 2) erronea applicazione degli artt. 51 e 28 D. L.vo n. 22/1997 ed inosservanza degli artt. 1766 e segg. c.c., nonché omessa motivazione sul punto (art. 606, lett. 'b' ed 'e', c.p.p.), in quanto il "Soccorso stradale", che riceve in deposito gli automezzi, non ha alcuna disponibilità di essi, essendone solo detentore, e nel caso di specie manca la prova contraria, e cioè che la ditta Palm-Auto avesse iure proprio la disponibilità dei veicoli in questione; 3) omessa, illogica e contraddittoria motivazione circa la sussistenza dell'elemento oggettivo del reato, giacché il veicolo diventa un rifiuto solo quando il proprietario decide di rottamarlo, consegnandolo all'uopo ad un apposito Centro, e non quando si trovi ancora in deposito, ancorché privato delle targhe (magari per non pagare la tassa di proprietà), in attesa di essere consegnato ad un Centro di rottamazione; 4) violazione degli artt. 51 e 28 D. L.vo n. 22/1997 e carenza di motivazione (art. 606, lett. 'b' ed 'e', c.p.p.) sulla qualificazione dell'attività svolta dalla Palm-Auto come finalizzata alla raccolta e smaltimento di rifiuti. All'odierna udienza dibattimentale, il P.G. conclude come riportato in premessa.
Il ricorso è infondato.
L'imputato contesta innanzi tutto che i veicoli in questione possano qualificarsi "rifiuti" ai sensi della vigente disciplina. Deve, quindi, preliminarmente accertarsi detta circostanza, alla luce del disposto dell'art. 6, comma 1 lett. a), D. L.vo n. 22/1997, e dunque verificare se i veicoli fuori uso rientrino nell'elenco CER (e vi rientrassero all'epoca dei fatti) ed indi se di quelli in questione il detentore si fosse disfatto, avesse deciso o avesse l'obbligo di farlo.
Ebbene, per quanto concerne il primo aspetto, nel nuovo CER i veicoli fuori uso figurano alla voce 16 01 04 come rifiuti pericolosi e sono stati oggetto, in sede comunitaria, di una decisione ad hoc (dec. 27/1/2001, n. 119/2001/CE); nel previgente elenco CER erano annoverati tra i rifiuti speciali (cod. 16 01 00), coerentemente con la disposizione dell'art. 7, comma 3 lett. l), del decreto Ronchi. Pertanto sussiste la prima condizione.
Riguardo all'atteggiamento psicologico dei proprietari dei veicoli de quibus, non appare dubbio - desumendolo dalle circostanze oggettive e pacifiche della mancanza delle targhe (quindi dalla probabile cancellazione dal P.R.A.) e dello stato in cui si trovavano - che, se non se ne fossero già disfatti, quanto meno sussistesse la chiara intenzione di farlo, oltre all'obbligo giuridico, ex art. 46 D. L.vo n. 22/1997.
Quindi i veicoli in questione dovevano considerarsi "rifiuti speciali" prodotti da terzi e la ditta Palm-Auto, sprovvista dell'autorizzazione di cui all'art. 28 D. L.vo n. 22/97, non poteva tenerli nell'area a sua disposizione, vietando l'art. 51, comma 1, D. L.vo n. 22/1997 sia la raccolta, che il recupero e lo smaltimento di rifiuti, in mancanza della prescritta autorizzazione. Il Palumbo, peraltro, non ha neppure tentato di dimostrare un diverso titolo di detenzione dei menzionati veicoli, ne' che per essi siano state osservate le prescrizioni di cui al citato art. 46, pur non potendosi applicare ai fatti de quibus, accertati nel luglio 1999, il disposto dell'art. 13 D. L.vo n. 209/2003, attuativo della Direttiva comunitaria n. 2000/53/CE, relativa ai veicoli fuori uso. D'altronde non può parlarsi, nella fattispecie in esame, di deposito temporaneo, peraltro neanche prospettato dalla difesa. Infatti, come definito dall'art. 6, comma 1 lett. m), del decreto Ronchi, esso consiste nel "raggruppamento di rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti", purché ricorrano una serie di condizioni specificamente indicate dalla norma. Orbene, a parte la considerazione (già di per sè assorbente) che i rifiuti in questione non sono prodotti dalla ditta del prevenuto, non sussistono neppure le altre condizioni dettate dal legislatore e comunque il deposito temporaneo deve essere effettuato sull'area a ciò abilitata e non altrove.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2004.
Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2004