LE IMMISSIONI ELETTROMAGNETICHE TRA INCERTEZZE SCIENTIFICHE E CERTEZZE LEGISLATIVE

di Michele Nardelli
Pubblcato su Giurisprudenza di merito n. 122009. Si ringrazia l\'editore.

Nella nota si individuano i caratteri generali della disciplina in tema di immissioni elettromagnetiche, e i rapporti tra la stessa e gli altri valori costituzionalmente tutelati.
Si tratta anche, seppure brevemente, del riparto di giurisdizione rispetto ad attività di regolamentazione dell\'assetto territoriale urbanistico espletata dalla P.A.

Sommario: 1. Premessa. - 2. Il fatto. - 3. Le fonti normative. - 4. Considerazioni sul valore dei limiti legali. - 5. Principio di precauzione. - 6. Nesso di causalità. - 7. Prime conclusioni. - 8. Il tema della giurisdizione.

1. PREMESSA
Il caso affrontato nella pronuncia in commento è di quelli spinosi. Esso è però anche la spia di quanto sia teso il rapporto tra quello che siamo in grado di fare da un punto di vista tecnologico, ed i costi che inevitabilmente ogni nuova conquista della specie comporta per l\'ambiente e in definitiva per la salute di ciascuno di noi.
La causa di tale tensione, a ben guardare, sta nel fatto che la verifica delle ricadute delle tecnologie sul nostro organismo non corre parallela al progresso scientifico. A tutto questo deve aggiungersi, innegabilmente, che la corsa verso i profitti - ma anche verso le comodità che ogni nuova invenzione porta con sé - da un lato spinge verso l\'immediata fruizione delle nuove potenzialità, e dall\'altro lato espone al rischio che solo a distanza di anni si possa scoprire che quella stessa fruizione ha comportato danni irreversibili all\'ambiente o alla salute umana.
L\'esperienza dell\'amianto (da materiale insostituibile a big-killer) è all\'evidenza troppo attuale e troppo bruciante per rendere chiara a tutti quale sia la posta in gioco.
Su questo difficile crinale si è dovuto pronunciare il giudice di Santa Maria Capua Vetere.
2. IL FATTO
Nello specifico un gruppo di cittadini, le cui abitazioni sono prossime ad un impianto di elettrodotto, hanno invocato la tutela cautelare urgente tesa ad ottenere la disattivazione della rete elettrica e, in via subordinata, il suo interramento ovvero ancora la riduzione dell\'inquinamento elettromagnetico nei limiti consentiti dalla legge.
A tale scopo hanno evidenziato che dal monitoraggio dei livelli di induzione magnetica a carico delle loro abitazioni, emergevano valori compresi tra 2,27 e 3,56 Mtl, con punte comprese tra 6,33 e 8,66 Mtl nelle simulazioni di calcolo. Hanno quindi sostenuto che l\'elettrodotto risultasse gravemente nocivo per la salute umana, attese anche le patologie dalle quali alcuni di loro erano affetti.
La società concessionaria dell\'elettrodotto ha resistito a tale azione, sostenendo in primo luogo la giurisdizione del giudice amministrativo, e nel merito l\'infondatezza del ricorso, per essere i limiti di emissione compresi in quelli stabiliti dalla normativa vigente per gli impianti preesistenti rispetto al d.p.c.m. 8 luglio 2003.
A fronte del rigetto del ricorso da parte del giudice di prime cure, anche il reclamo è stato rigettato, pur nella affermazione della giurisdizione del giudice ordinario.
Il collegio ha infatti aderito alla tesi della società resistente in ordine ai limiti di tollerabilità da applicare nel caso sottopostogli, e stabiliti nelle norme in vigore (1).
3. LE FONTI NORMATIVE
La disciplina che regola lo specifico settore (2) è costituita in via principale dalla l. 22 febbraio 2001 n. 36 (3), tra le cui finalità vi sono propriamente quelle di assicurare la tutela della popolazione dagli effetti dell\'esposizione a determinati livelli di campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici ai sensi e nel rispetto dell\'art. 32 Cost., e non a caso di promuovere la ricerca scientifica per la valutazione degli effetti a lungo termine e l\'attivazione delle misure di cautela, da adottare in applicazione del principio di precauzione di cui all\'art. 174, par. 2, del trattato istitutivo dell\'Unione Europea (4).
L\'individuazione dei limiti, rimessa dalla legge a decreti successivi, è stata poi operata con i decreti dell\'8 luglio 2003, nn. 11719 (per i campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici) e 11723 (per gli elettrodotti).
Va evidenziato che la legge non si ferma alla definizione di valore limite di esposizione, ma definisce anche il concetto, ben più importante, di valore di attenzione, in relazione alla finalità di valutazione degli effetti a lungo termine della esposizione.
I limiti sono peraltro stabiliti in relazione ad entrambi i predetti valori di riferimento.
Più in particolare il primo di essi è definito ai fini della tutela della salute da effetti acuti, e rappresenta un limite che non deve essere superato in alcuna condizione di esposizione della popolazione e dei lavoratori al fine di assicurare la tutela della salute.
Il secondo è stabilito a titolo di misura di cautela per la protezione da possibili effetti a lungo termine, eventualmente connessi con le esposizioni ai campi generati alle suddette frequenze all\'interno di edifici adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore giornaliere, al fine di promuovere la ricerca scientifica per la valutazione degli effetti a lungo termine, e soprattutto di attivare misure di cautela da adottare in applicazione del principio di precauzione.
4. CONSIDERAZIONI SUL VALORE DEI LIMITI LEGALI
Come si vede, è la stessa fonte primaria a farsi carico del problema degli effetti a lungo termine della esposizione alle immissioni elettromagnetiche (5), al punto che stabilisce espressamente un apposito limite, distinto rispetto a quello della esposizione acuta, e funzionale ad evitare i rischi connaturati ad una esposizione che sia invece di lunga durata, che si effettui mediante una esposizione superiore alle quattro ore giornaliere.
Vi è da chiedersi, però, se il rispetto dei limiti legali (6), che è ovviamente sufficiente ad assicurare la conformità al dato normativo, e impedisce alla P.A. qualunque intervento inibitorio o sanzionatorio nei confronti dell\'autore delle emissioni (7), sia sempre e comunque opponibile ai privati che agiscano a tutela del proprio personale diritto alla salute, per paralizzare la relativa domanda.
La risposta a tale interrogativo dipende ovviamente dal valore che si voglia attribuire ai limiti legali.
Già in passato, e nonostante una prima «storica» pronuncia (8), non sono mancate decisioni che, al pari di quella in rassegna, partendo dal dato obiettivo per il quale l\'indicazione di tali limiti è contenuta (o richiamata) in una legge, e che quindi la condotta di chi produca delle emissioni entro i limiti in esame è conforme al dato normativo, non potesse ravvisarsi alcunché di illecito nella condotta medesima (9), che quindi neppure potesse essere inibita dal giudice ordinario (10).
Ma non sono mancate neppure prese di posizione di estrema nitidezza, a mente delle quali la ragion d\'essere di una normativa della specie è quella di predisporre un adeguato sistema di prevenzione rispetto alle malattie e agli infortuni in qualunque ambito di vita, sicché essa mira ad impedire che possano essere tenute condotte contrastanti, e non rende lecite condotte che invece si uniformino (11).
La corretta ricostruzione del sistema deve allora prendere a base non il mero rispetto dei limiti legali, ma la potenzialità offensiva delle emissioni rispetto al valore costituzionale tutelato, che nel caso di specie è la salute umana.
Questo fa sì che se si riscontrino dei rischi concreti per la salute, anche in presenza di valori di emissione contenuti entro i limiti previsti dalla legge, non vi sarebbe alcun motivo per ritenere lecita, ancorché essa sia legittima da un punto di vista amministrativo, la operatività della stazione emittente (12).
5. PRINCIPIO DI PRECAUZIONE
Ed è a questo specifico punto che soccorre il principio di precauzione.
Esso è positivamente previsto nell\'art. 174, par. 2, del Trattato istitutivo della Comunità Europea, che testualmente recita che la politica in materia ambientale della Comunità «è fondata sui principi della precauzione e dell\'azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all\'ambiente, nonché sul principio "chi inquina paga"».
Al fine di pervenire alla esatta interpretazione del significato di tale principio (13), e soprattutto di stabilire in che termini esso deve orientare le decisioni giurisprudenziali, soccorrono le decisioni adottate dalla Corte di Giustizia, laddove è stato affermato che quello in parola costituisce un principio generale del diritto comunitario. Più in dettaglio, secondo tale giurisprudenza esso fa obbligo alle autorità interessate di adottare provvedimenti appropriati «al fine di prevenire taluni rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per l\'ambiente, facendo prevalere le esigenze connesse alla protezione di tali interessi sugli interessi economici». Ed ancora va applicato tenendo conto che «in materia sanitaria il principio di precauzione implica che, nel caso in cui sussistano incertezze quanto all\'esistenza o alla portata dei rischi per la salute delle persone, le istituzioni possano prendere provvedimenti di tutela senza dover attendere che la realtà e la gravità di tali rischi siano pienamente dimostrate» (14).
Il punto fondamentale, nella interpretazione del principio di precauzione, è allora nel senso che esso tende ad evitare rischi potenziali (i rischi puramente ipotetici - fondati su semplici ipotesi non provate scientificamente - non possono essere presi in considerazione), al punto che la situazione di incertezza legittima l\'adozione di misure di protezione, senza che sia necessario attendere che siano esaurientemente dimostrate la realtà e la gravità di tali rischi (15).
Così stando le cose, il principio di precauzione va inteso propriamente come il principale riferimento dell\'interprete, il quale deve intanto verificare se la situazione concreta presenti un rischio che, ancorché solo potenziale, sia non di meno desunto da basi scientifiche certe (anche solo fondate su studi epidemiologici), che evidenzino anche la sola mera probabilità del danno (16), e quindi deve provvedere a contenere il rischio con misure appropriate al caso concreto. Tali misure potranno consistere nell\'adozione di accorgimenti tecnici, ma anche nell\'inibitoria di una certa attività, allorquando essa sia l\'unica soluzione praticabile per ovviare alla situazione di pericolo per la salute umana (17).
Come ben si comprende, in tale ambito non possono giocare alcun ruolo i limiti previsti dalle tabelle legali, posto che rispetto al diritto dei singoli cittadini alla salute, esse da un lato non costituiscono dei criteri certi ed assoluti, ma solo delle indicazioni «allo stato del livello di conoscenza», e dall\'altro lato non possono legittimare una condotta della quale, proprio in virtù di tanto, non possa escludersi la potenziale pericolosità (18).
6. NESSO DI CAUSALITÀ
Sotto un diverso profilo si devono eseguire alcune ulteriori puntualizzazioni, non dal versante della tutela cautelare, ma da quello dell\'azione di risarcimento del danno, conseguente alla esposizione ad emissioni di onde elettromagnetiche.
È stato recentemente affermato in giurisprudenza (19) che «la risarcibilità ... non potrebbe prescindere dall\'accertata illiceità» del comportamento, a sua volta individuabile «soltanto nell\'ipotesi di superamento dei limiti di immissione previsti dalla normativa vigente», poiché tali limiti sarebbero assistiti da una presunzione di non pericolosità.
Il tema, come ben si comprende, pone di fronte ad una prospettiva peculiare. Ed impone di verificare se il principio di precauzione possa estendere i propri effetti anche oltre il mero ambito cautelare. A portarlo alle estreme conseguenze, l\'ultimo arresto della Suprema Corte permetterebbe ciò, che il rischio di danni alla salute potrebbe legittimare l\'inibitoria alla attività potenzialmente pericolosa, ma il danno che taluno avesse a subire a seguito della esposizione (ad esempio perché il giudice della cautela abbia rigettato la relativa domanda), non potrebbe essere risarcito perché il comportamento dell\'autore delle emissioni non sarebbe illecito, essendo conforme ai limiti legali.
È una conclusione che non ci sentiamo di condividere per due ordini di motivi.
Il primo prende le mosse da quanto si è già in precedenza evidenziato. La condotta di chi rispetta i limiti legali di emissione non può essere considerata certamente lecita, ma solo legittima rispetto alla P.A. In altre parole, la P.A. autorizza una certa emissione perché in quel dato momento storico non ha l\'evidenza (la certezza) che essa sia pericolosa. Ma ciò non esclude che quella attività possa risultare certamente pericolosa sulla base di acquisizioni scientifiche successive.
A ben guardare, quindi, questo non permette di escludere il nesso di causalità.
Potrebbe semmai sostenersi, sotto un diverso profilo, che comunque mancherebbe in capo al soggetto autore delle emissioni la consapevolezza della dannosità delle stesse, perché inferiori ai limiti previsti dalla legge. Non ci si nasconde che si tratta di una ipotesi suggestiva, ma essa è a sua volta da respingere. In primo luogo perché il valore dei limiti legali, come detto, non è nel senso di rendere lecita una attività che le acquisizioni scientifiche non permettono con certezza di considerare tale. In secondo luogo, e soprattutto, perché il principio di precauzione impone direttamente ai singoli di tenere condotte che non siano potenzialmente dannose per la salute umana. Non è estraneo a questa convinzione, peraltro, il dato per il quale non si comprenderebbe altrimenti quale possa essere la base giuridica di un ordine di inibitoria cautelare da parte del giudice ordinario. In altre parole, se la condotta è lecita perché le emissioni risultano inferiori ai valori legali, non vi è modo di inibire l\'attività produttrice delle emissioni stesse.
Il secondo motivo risiede invece nella individuazione della portata del nesso di causalità in ambito civilistico.
Al riguardo, e sulla scorta di una recente pronuncia della Suprema Corte (20) va chiaramente evidenziato che la causalità, in sede civile, non coincide con quella fatta propria in sede penale (21). Nel primo ambito, infatti, essa ha il compito di rappresentare un criterio di imputazione del fatto illecito, e quindi risponde alla esigenza di allocare l\'obbligo risarcitorio (non a caso l\'art. 2043 c.c. si limita a sancire la responsabilità in capo a chi cagiona un danno ingiusto). Così stando le cose, è evidente che non ci si possa rifare, in sede civile, al criterio dell\'elevato grado di credibilità razionale (22) proprio del diritto penale, e si debba invece fare riferimento al principio del «più probabile che non», quale misura della relazione probabilistica concreta tra comportamento e fatto dannoso (23).
Ed allora, allorquando sia dimostrato il danno in capo ad un soggetto che sia stato esposto alle emissioni, ancorché queste fossero contenute nei limiti legali, occorrerà verificare se quel danno sia «più probabile che non» conseguenza delle emissioni medesime. Solo a quel punto occorrerà guardare alla esistenza dell\'elemento sogget tivo in capo all\'autore della condotta, secondo i criteri della prevedibilità e della evitabilità del fatto.
7. PRIME CONCLUSIONI
Completando questo primo aspetto trattato dalla ordinanza in commento, non può farsi a meno, quindi, di segnalare le perplessità che essa suscita.
Il riferimento ai limiti legali non pare infatti convincente rispetto ai valori in campo.
Non si disconosce che l\'intervento giudiziario potrebbe, a seguito di successive acquisizioni scientifiche, essere smentito in fatto, perché potrebbe scoprirsi che quelle date emissioni non fossero affatto dannose. Ma non può parimenti disconoscersi che l\'alternativa appare di gran lunga peggiore nei suoi esiti, e quindi ancor meno accettabile.
8. IL TEMA DELLA GIURISDIZIONE
L\'altro aspetto affrontato dal Tribunale ha riguardato l\'affermazione della giurisdizione del giudice ordinario per la controversia ad esso sottoposta.
Non è questa la sede per affrontare in maniera approfondita il tema, ma alcune considerazioni sono comunque opportune.
È noto che l\'art. 34 d.lg. 31 marzo 1998, n. 80, nella parte in cui devolveva alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, nelle materie dell\'urbanistica e dell\'edilizia, le controversie originate da atti, provvedimenti e comportamenti della P.A., è stato dichiarato incostituzionale dal giudice delle leggi (24). È stato infatti osservato che il criterio di attribuzione della giurisdizione non possa derivare dalla circostanza per la quale la P.A. sia parte di un giudizio, ma dal concreto esercizio di un potere sostanziale da parte della stessa P.A.
Nella giurisprudenza, tuttavia, si è andato nel tempo affermando un orientamento in forza del quale la giurisdizione del giudice ordinario si avrebbe in ogni caso nel quale vengano all\'attenzione diritti fondamentali che traggano il loro fondamento diretto dalla Costituzione, poiché si tratterebbe di diritti incomprimibili a nucleo rigido, non degradabili ad interessi legittimi ove lesi dall\'amministrazione (25).
Tale orientamento, a seguito delle richiamate pronunce della Corte Costituzionale, è stato poi rivisto dalla stessa Suprema Corte (26), che ha invece ricondotto il discrimine tra le due giurisdizioni ad un\'unica circostanza, vale a dire al fatto che la lesione della sfera giuridica del soggetto derivi o non dall\'esercizio di poteri autoritativi da parte della P.A., in materie riservata alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
In altre parole, non sono i diritti che si assumono lesi ad indirizzare verso l\'una giurisdizione ovvero verso l\'altra, posto che anche i diritti fondamentali, quale quello alla salute, possono trovare valida tutela a mezzo della giurisdizione amministrativa, allorquando la loro lesione sia dedotta come conseguenza di un atto, di un provvedimento, ovvero anche di un comportamento, conseguente ad atti della P.A. dei quali sia denunciata l\'illegittimità, che sia espressione di poteri autoritativi della stessa Pubblica Amministrazione (27).
Nel caso in esame, pur non prendendo posizione sull\'ultimo arresto della Suprema Corte, il Tribunale ha invece aderito alla tesi per la quale il diritto alla salute, costituzionalmente garantito, declassa ogni atto della P.A. che ne comporti la violazione in un atto privo di potere autoritativo.
In altre parole, e riprendendo l\'orientamento richiamato, già ampiamente radicato nella giurisprudenza di legittimità (28), ha affermato che a fronte di diritti fondamentali non possa esservi la giurisdizione del giudice amministrativo, ma solo quella del giudice ordinario (29).
Si tratta di una conclusione che con ogni probabilità presta il fianco a critiche, specie ove si tenga conto della giurisprudenza costituzionale e di quella della Suprema Corte che si sono richiamate.
E tuttavia essa sottende un profilo ineludibile, che riguarda la effettività della tutela derivante dalla giurisdizione amministrativa, specialmente in riferimento alla tutela cautelare ante causam, e che con ogni probabilità aveva ispirato le richiamate prese di posizione della Cassazione, nella parte in cui questa aveva in sostanza affermato che «dove c\'è un diritto fondamentale non ci può essere un potere» (30).
In altre parole, e pur nella consapevolezza della astratta idoneità della giurisdizione amministrativa ad offrire adeguata tutela ai diritti fondamentali, quale quello alla salute, vi è non di meno da chiedersi se tale valutazione debba essere fatta in concreto e caso per caso, per affermare comunque la giurisdizione del giudice ordinario quelle volte in cui il ricorso alla giustizia amministrativa possa per qualunque motivo rivelarsi non idoneo ad offrire una tutela completa ai diritti fondamentali (31).
NOTE
(1) Le indicazioni dei limiti sono attualmente contenute nei due d.p.c.m. datati 8 luglio 2003, emessi in attuazione della l. 22 febbraio 2001, n. 36.
(2) In passato la normativa di riferimento era costituita dal d.p.c.m. 23 aprile 1992, emanato in base all\'art. 2 comma 14 l. n. 349 del 1986, e più in generale in base all\'art. 4 comma 2 l. 23 dicembre 1978, n. 833. In seguito si veda anche il d.m. 10 settembre 1998, n. 381.
(3) Su cui, in generale, cfr. LANDI - MICCICHÈ, La normativa in materia di inquinamento elettromagnetico, in Riv. giur. ambiente, 2001, 769; PATRUNO, Considerazioni sull\'inquinamento elettromagnetico e sulla recente legge-quadro, in questa Rivista, 2001, 749.
(4) Secondo BENEDETTI, Considerazioni giuridiche relative al tetto di radiofrequenza compatibile con la salute umana ed alla tutela del consumatore, in Riv. giur. ambiente, 2001, 343, la parte più rivoluzionaria della l. n. 36 del 2001 è quella rappresentata dalle disposizioni attinenti alla regolazione e alla determinazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione, degli obiettivi di qualità, delle tecniche di misurazione e di rilevamento dell\'inquinamento elettromagnetico.
(5) Sul punto cfr. MATTASSOGLIO, Tutela della salute e inquinamento elettromagnetico: quale valore per i limiti legali?, in Foro it., 2007, I, 2126.
(6) Cfr. MERUSI, Dal fatto incerto alla precauzione: la legge sull\'elettrosmog, in Foro amm., 2001, 1, 221.
(7) Sullo specifico tema cfr. PALMIERI, Osservazioni a Trib. Montepulciano 2 febbraio 2006, in Foro it., 2006, I, 2946; MATTASSOGLIO, op. ult. cit.
(8) Cfr. Pret. Pietrasanta 8 novembre 1986, in Foro it., 1987, I, 3372.
(9) Salvo configurare le conseguenze dannose che comunque avessero a determinarsi come derivanti da una attività lecita dannosa, concetto sul quale cfr. TORREGROSSA, Il problema della responsabilità da atto lecito, Milano, 1964; TUCCI, La responsabilità per danno da atto lecito nel diritto civile, in Riv. dir. civ., 1967, I, 239.
(10) Ad esempio cfr. Trib. Catania, sez. Acireale, 22 marzo 2001, in Resp. civ. e prev., 2003, 206; Trib. Padova 24 maggio 2001, ivi, 205. Per una dettagliata elencazione delle decisioni contrarie sia consentito rinviare a CERUTI, Inquinamento elettromagnetico e salute umana: il principio della sindacabilità giudiziale delle norme tecniche sulla base del principio precauzionale, in Riv. giur. ambiente, 2000, 1, 120 e ss. Si veda altresì MAZZOLA, Tutela della salute da campi a bassa frequenza (ELF) da elettrodotti e legge quadro, in Riv. giur. ambiente, 2002, 986.
(11) Cfr. Cass., sez. III, n. 9893 del 27 luglio 2000, in Giust. civ., 2000, I, 2853 e in Foro it., 2001, I, 141. Sul valore dei limiti legali nei rapporti tra privati, si veda altresì Cass., sez. II, n. 17281 del 25 agosto 2005, in Ced Cass., 584408; sez. II, n. 1151 del 27 gennaio 2003, in Giust. civ., 2003, 12, 1, 2770.
(12) Efficacemente, DALLA MASSARA, Due pronunce in tema di elettrosmog: ovvero dei ragionevoli limiti di un approccio generalizzante di fronte alla specificità del caso concreto, in Giur. it., 2001, 2063 ss., e Ancora in tema di emissioni elettromagnetiche, in Resp. civ. prev., 2003, 1, 215, schematizza le possibili varianti con l\'immagine di tre fasce, di cui quella nera riguarda i casi di superamento dei limiti; quella grigia riguarda i casi entro soglia, ma dannosi in concreto; quella bianca riguarda i casi entro soglia e non dannosi in concreto.
(13) In dottrina CERUTI, op. ult. cit., individua, quale fondamento filosofico del principio di precauzione, l\'etica della responsabilità, dal momento che il primo imperativo categorico per la civiltà tecnologica consiste nella acquisizione dell\'idea degli effetti a lungo termine dell\'azione umana.
(14) Così la sentenza del Tribunale di Primo grado delle Comunità Europee, n. 392 del 21 ottobre 2003 (in Racc. 2003, II-04555), ove anche si richiamano altre sentenze della Corte del 5 maggio 1998 (causa C-180/96, Regno Unito/Commissione, in Racc. pag. I-2265, punto 99, e C-157/96, National Farmers\' Union e a., Racc. ivi pag. I-2211, punto 63), e del Tribunale del 16 luglio 1998 (causa T-199/96, Bergaderm e Goupil/Commissione, in Racc. pag. II-2805, punto 66). È interessante notare che nella giurisprudenza comunitaria ci si sofferma anche sul modo con il quale deve essere esercitato il potere discrezionale dell\'istituzione competente, nel senso che si chiarisce come, nei casi in cui la valutazione scientifica non consenta di stabilire con sufficiente certezza l\'esistenza del rischio, la scelta di ricorrere o di non ricorrere al principio di precauzione dipende dal livello di protezione scelto dall\'autorità competente nell\'esercizio del suo potere discrezionale, tenuto conto delle priorità da essa definite in relazione agli obiettivi perseguiti in conformità delle norme pertinenti del Trattato e del diritto derivato. Ovviamente in ogni caso la scelta deve essere conforme al principio della preminenza della tutela della salute, della sicurezza e dell\'ambiente sugli interessi economici, nonché ai principi di proporzionalità e di non discriminazione.
(15) Così la sentenza della Corte del 5 maggio 1998, Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord contro Commissione delle Comunità europee, in materia di Agricoltura (il caso era quello della «mucca pazza»), Causa C-180/96 in Racc. pag. I-2265, punto 99. In dottrina cfr. RUSSO, Inquinamento elettromagnetico e principio di precauzione, in Resp. civ. prev., 2001, 1267.
(16) Trib. Foggia 27 febbraio 2007, in Foro it., 2007, I, 2124, in un caso riguardante la installazione di una stazione radio base di tecnologia UMTS per telefonia mobile, ha chiaramente affermato che pur se il livello di esposizione fosse inferiore ai limiti di legge, non di meno potrebbe esservi una valutazione di non tollerabilità della stessa, perché: 1) le onde interagiscono sicuramente con i tessuti biologici, 2) l\'incertezza scientifica ha portato all\'adozione del principio di precauzione, e di per sé comunque non esclude che da un punto di vista giuridico possa pervenirsi alla individuazione di un nesso di causalità dotato di sufficiente credibilità logica, sotto il profilo statistico, ed anche in termini di semplice concausalità, 3) i vari studi eseguiti evidenziano, almeno in prevalenza, un\'associazione tra esposizione a campi elettromagnetici e rischio di leucemia, 4) è quindi ragionevole ritenere che non sia tollerabile l\'esposizione alle onde dell\'impianto in discussione, vista la concretezza del rischio di danni alla salute nel lungo periodo. Sulla scorta di tali argomenti, e ribadito che l\'interesse primario alla salute è prevalente su ogni altro interesse giuridicamente protetto, il Tribunale dauno ha in quel caso concluso ordinando la non esecuzione dei lavori di installazione dell\'impianto.
(17) Pare necessario richiamare C. cost. 16 marzo 1990, n. 127, in Cass. pen., 1990, 2061, che con una sentenza interpretativa di rigetto aveva espressamente chiarito, in riferimento al d.P.R. n. 203 del 1988 che condizionava la «migliore tecnologia disponibile» ai costi non eccessivi della stessa, che qualora vi fossero stati dubbi «particolarmente in relazione al verificarsi nella zona di manifestazioni morbose attribuibili all\'inquinamento atmosferico», il giudice ben avrebbe potuto disporre indagini scientifiche al fine di verificare la compatibilità del limite massimo delle emissione con la loro tollerabilità, traendo se del caso le conseguenze giuridiche del caso, non potendosi ammettere che una norma di legge possa sottrarsi all\'ossequio alla Costituzione, e nello specifico all\'art. 32 in tema di tutela della salute.
(18) Sul principio di precauzione, nel senso che esso non può assumere il significato di una fattispecie aperta o in bianco, cfr. COMPORTI, Contenuto e limiti del governo amministrativo dell\'inquinamento elettromagnetico alla luce del principio di precauzione, in Riv. giur. ambiente, 2005, 215 e già Amministrazioni e giudici sull\'onda dell\'elettrosmog, in Foro amm., 2001, 9, 2455.
(19) Cass., sez. II, 23 gennaio 2007, n. 1391, in Foro it., 2007, I, 2124.
(20) Recentemente, tale affermazione è stata operata da Cass., sez. III, n. 21619, depositata il 16 ottobre 2007, in Mass.Giust. civ., 2007, 10, che ha ben precisato che mentre la disciplina penale è rivolta al reo, quella civile è rivolta al danneggiato; che alla tipicità penale del fatto fa da contraltare la atipicità dell\'illecito civile; che una valutazione fondata sull\'aumento - o sulla mancata diminuzione - del rischio è incompatibile con il diritto penale, laddove finirebbe con il trasformare una vicenda di danno in una vicenda di pericolo, mentre altrettanto non può dirsi in sede civile, laddove il baricentro è costituito dal danno ingiusto. Sul tema cfr. altresì Cass., sez. un., n. 576 dell\'11 gennaio 2008, in Mass.Giust. civ., 2008, 1, 31; sez. III, n. 975 del 16 gennaio 2009, in Mass.Giust. civ., 2009, 1.
(21) Sulla configurabilità dell\'art. 590 c.p., e sulle difficoltà di dimostrare il nesso di causalità in sede penale, cfr. BENEDETTI, op. ult. cit.
(22) Al quale è riferimento nella famosa sentenza Franzese delle sezioni unite penali (Cass., sez. un., 10 luglio 2002, n. 30328, tra l\'altro in Resp. civ. prev., 2003, 94).
(23) In dottrina cfr. RUSSO, op. ult. cit., il quale richiama la giurisprudenza civile americana nella specie del criterio della prevalenza della prova («ossia che l\'esistenza del rapporto causa-effetto sia più probabile della sua inesistenza»). Tale criterio di individuazione del nesso causale, peraltro, non comporta una responsabilità per difetto di precauzione, ma -come ha osservato l\'Autore citato - lega la responsabilità per difetto di prevenzione al criterio della apprezzabile probabilità, in buona sostanza riconducendo l\'analisi nei consueti binari di analisi propri della nostra tradizione giuridica.
(24) Cfr. C. cost. 6 luglio 2004, n. 204, in Giust. civ., I, 2207, con nota di DELLE DONNE, Passato e futuro della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nella sentenza della Consulta n. 204 del 2004: il ritorno al «nodo gordiano» diritti-interessi; C. cost. n. 191 dell\'11 maggio 2006, in Guida dir., 2006, 21, 62. Sullo specifico punto deve anche richiamarsi C. cost. 27 aprile 2007, n. 140, in Guida dir., 2007, 23, 14, con nota di Finocchiaro e in Giur. cost., 2007, 2, che ha affermato come non osti alla validità costituzionale del «sistema» in esame (ndr.: la previsione della giurisdizione esclusiva amministrativa) la natura «fondamentale» dei diritti soggettivi coinvolti nelle controversie [...], non essendovi alcun principio o norma nel nostro ordinamento che riservi esclusivamente al giudice ordinario - escludendone il giudice amministrativo - la tutela dei diritti costituzionalmente protetti.
(25) In passato già Cass., sez. un., n. 5172 del 6 ottobre 1979, in Foro it., 1979, I, 2302, e ancor prima Cass., sez. un., n. 3164 del 6 ottobre 1975, in Foro it., 1976, I, 385, e da ultimo Cass., sez. un., 8 novembre 2006, n. 23735, in Giust. civ., 2006, I, 2692; Cass., sez. un., 1 agosto 2006, n. 17461 in D&G, 2006, 39, 18. In dottrina sul punto GIORDANO, La decisione della Suprema Corte sulla vicenda del comune di Serre: considerazioni su alcuni profili processuali, in Giust. civ., 2008, 6, 1447, par. 6.
(26) Cass., sez. un., n. 27187 del 28 dicembre 2007, in Giust. civ., 2008, 6, 1447.
(27) Per una critica a tale decisione cfr. GIORDANO, op. ult. cit., laddove si evidenzia che il potere cautelare attribuito al giudice amministrativo per effetto dell\'art. 3 l. 7 luglio 2000, n. 205, non è strutturato, al pari di quello attribuito al giudice ordinario, nel senso della sua ammissibilità anche ante causam. Tale possibilità è infatti limitata, nella giurisdizione amministrativa, alla sola materia degli appalti pubblici (art. 245 comma 3 d.lg. 12 aprile 2006, n. 163, peraltro a seguito di C. giust. CE 29 aprile 2004 in causa C-418/01, in Foro it., 2004, IV, 541), ciò che comporta che la tutela cautelare possa essere chiesta, in sede amministrativa, solo unitamente ad una domanda di merito (non a caso l\'Autrice richiama il parere espresso da Cons. Stato, sezione consultiva per gli atti normativi, 6 febbraio 2006, n. 355, in D&G, 2006, 28, 110, con il quale è stato evidenziato come la ammissibilità della tutela cautelare ante causam alla materia degli appalti pubblici andrebbe estesa a tutto il processo amministrativo, al fine di scongiurare il rischio di una illegittimità costituzionale della norma relativa).
(28) Cass., sez. un., n. 5172 del 6 ottobre 1979, in Foro it., 1979, I, 2302, e ancor prima Cass., sez. un., n. 3164 del 6 ottobre 1975, in Foro it., 1976, I, 385, hanno infatti affermato che i diritti fondamentali non sono subordinati ad interessi collettivi o generali, sicché sugli stessi vi è sempre la giurisdizione del giudice ordinario.
(29) Sul tema cfr. CARINGELLA, Giudice amministrativo e diritti fondamentali, Relazione tenuta al Tar di Lecce in occasione del trentennale del Tribunale Amministrativo, il 14 e 15 marzo 2008, consultabile in www.teoriaestoriadeldirittoprivato.com.
(30) CARINGELLA, op. cit.
(31) Cfr. GIORDANO, op. cit., e ivi nt. 44.


La sentenza

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Tribunale  Santa Maria Capua Vetere  27 gennaio 2009 

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO.

Con ricorso ex art. 700 c.p.c. depositato il 9 giugno 2008 i sigg.ri S.A., S.A., P.M., S.C., premesso che la società Terna s.p.a. era concessionario di un impianto di elettrodotto posto nelle immediate vicinanze delle abitazioni di essi ricorrenti; che dai risultati del monitoraggio effettuato dal Comitato Tecnico Scientifico emergevano valori medi d\'induzione magnetica a carico delle loro proprietà oscillanti tra 2,27 Mtl e 3,56 Mtl, ovvero tra i 6,33 Mtl e gli 8,66 Mtl nelle simulazioni di calcolo; che pertanto l\'elettrodotto risulta gravemente nocivo della salute umana, attese le patologie di cui risultano affette alcuni ricorrenti (epilessia, carcinoma, depressione e cheratosi): chiedevano al Tribunale sezione distaccata di Marcianise ordinarsi alla Terna s.p.a. di provvedere all\'immediata disattivazione della rete elettrica ovvero di provvedere al suo interramento, od ancora di ridurre l\'inquinamento elettromagnetico nei limiti consentiti per legge.

Si costituiva ritualmente la Terna s.p.a. in persona del l.r.p.t. la quale eccepiva preliminarmente il difetto di giurisdizione del G.O. a conoscere della presente controversia atteso che, pur controvertendosi di diritti fondamentali, quali il diritto alla salute, si assumeva che gli stessi fossero stati messi in pericolo o pregiudicati da un\'attività di regolamentazione dell\'assetto territoriale ed urbanistico, espletata con la scelta di localizzare in quel determinato posto l\'elettrodotto per cui è causa, con conseguente necessità di riconoscere la giurisdizione del G.A.

Nel merito il ricorso era del tutto infondato poiché non soli i risultati rientravano nei limiti consentiti dalla legge, individuati in media in 3 Mtl quale obiettivo imposto dalla normativa del settore solo per gli elettrodotti di nuova costruzione e non già, come nel caso di specie, preesistenti, per i quali valeva il limite di 10 MT come previsto dalla legge quadro n. 36 del 2001 e dal d.p.c.m. del 8 luglio 2003.

Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sezione distaccata di Marcianise dopo avere ritenuto la propria giurisdizione a conoscere della controversia, rigettava il ricorso ritenendo che, avuto riguardo alle rilevazioni effettuate dall\'ARPAC, e considerata la normativa del settore, in particolare il d.p.c.m. del 23 aprile 1992 e dell\'8 luglio 2003, non venivano superati i limiti di tollerabilità fissati in 3 Mtl e quelli di attenzione fissati in 10 Mtl, anche considerando la mancanza di prova positiva della circostanza che la duratura esposizione alle immissioni d\'intensità pari a 3 MT comporti un grave pericolo per la salute.

Con reclamo ritualmente notificato alla controparte i ricorrenti si dolevano dell\'erroneità e contraddizione insita nella decisione del giudice adito il quale, pur affermando che il limite di tollerabilità è pari a 3 MT, e pur richiamando il monitoraggio dell\'ARPAC che individua immissioni elettromagnetiche oscillanti mediante tra 2,27 MT e 3,56 MT, ritiene comunque non superato il limite di tollerabilità dal medesimo riconosciuto in 3 MT.

Si sostituiva ritualmente la Terna s.p.a. la quale ribadendo in via preliminare l\'eccezione di difetto di giurisdizione, nel merito si riportava a tutte le difese già spiegate in sede di art. 700 c.p.c.

All\'udienza del 27 gennaio 2009 il Collegio si riservava di riferire in Camera di Consiglio.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE.

Occorre preliminarmente chiarire se la giurisdizione a conoscere questa controversia, per il combinato disposto di cui agli artt. 2043 c.c., 844 c.c., ed art. 32 Cost., sia del G.O. ovvero di quello Amministrativo per il disposto del d.lg. n. 80 del 1998, art. 34, come novellato dalla l. n. 205 del 2000, art. 7, stante la riscrittura di tale norma ad opera della pronunzia dei giudici della l. 6 luglio 2004, n. 204 (Cass., sez. un., 18 ottobre 2005; Cass., sez. un., 6 maggio 2002, n. 6487; Cass., sez. un., 14 gennaio 2005, n. 599).

Come è noto, la Corte costituzionale con sentenza del 6 luglio 2004, n. 204 ha dichiarato l\'incostituzionalità del d.lg. 31 marzo 1998, n. 80, art. 34 comma 1 (come sostituito dalla l. 21 luglio 2000, n. 205, art. 7, lett. b)), nella parte in cui prevede che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto «gli atti, i provvedimenti e i comportamenti» anziché «gli atti e i provvedimenti» delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti alle stesse equiparati, in materia urbanistica ed edilizia. In particolare il Giudice delle leggi, con il sanzionare nei sensi ora precisati d\'illegittimità il disposto dell\'art. 34 comma 1, e l\'attribuzione - con riferimento ai comportamenti della pubblica amministrazione in materia urbanistica e dell\'edilizia - alla giurisdizione esclusiva, ha rimarcato come il legislatore ordinario ben può ampliare l\'area della giurisdizione esclusiva purché lo faccia con riguardo a materie (in tal senso particolari) che, in assenza di tale previsione, contemplerebbero pur sempre, in quanto vi opera la pubblica amministrazione-autorità, la giurisdizione generale di legittimità; con il che da un lato ha escluso che la mera partecipazione del soggetto pubblico al giudizio sia sufficiente perché si radichi la giurisdizione del Giudice amministrativo (il quale davvero assumerebbe le sembianze di Giudice «della» pubblica amministrazione: con violazione degli artt. 25 e 102 Cost. comma 2) e, dall\'altro lato, ha evidenziato come non «sia sufficiente il generico coinvolgimento di un pubblico interesse nella controversia perché questa possa essere devoluta al giudice amministrativo» (cfr. la citata C. cost. 6 luglio 2004, n. 204).

Corollario di tali affermazioni è che, come ha evidenziato la dottrina, la giurisdizione esclusiva nell\'attuale assetto costituzionale, non è estensibile alle controversie nelle quali la pubblica amministrazione non esercita - nemmeno mediamente, e cioè avvalendosi della facoltà di adottare strumenti intrinsecamente privatistici - alcun potere pubblico. Ed ulteriore conseguenza delle indicate statuizioni è che deve riconoscersi la tutelabilità avanti al giudice ordinario in tutte quelle controversie in cui si denunzino comportamenti configurati come illeciti ex art. 2043 c.c., ed a fronte dei quali per non avere, appunto, la pubblica amministrazione osservato condotte doverose, la posizione soggettiva del privato non può che definirsi di diritto soggettivo (vedi sez. un., sentenza n. 22521 del 2006). Ne segue che, hanno affermato la giurisdizione del giudice ordinario quante volte il diritto del privato non tolleri compressione per effetto di un potere esercitato in modo illegittimo il quale incida, ad esempio, sul diritto alla salute o all\'integrità fisica, ovvero quando l\'amministrazione agisca in posizione di parità con i soggetti privati, e in genere quando il suo operato sia ascrivibile a mera attività materiale perché l\'esercizio del potere non è riconoscibile nella specie neppure come indiretto ascendente della vicenda dedotta in giudizio. In tal senso deve concludersi con riguardo alla fattispecie in esame, dove è coinvolto il diritto alla salute, costituzionalmente garantito e la cui violazione declassa ogni atto della p.a., quale mero comportamento, privo di potere autoritativo.

La giurisdizione a conoscere del danno che qui si rappresenta è dunque del G.O.

Ciò premesso, il provvedimento del giudice di prime cure merita di essere confermato atteso che, risulta dagli atti che l\'elettrodotto non è di recente costruzione ma risale agli anni \'70; non priva di rilievo è la circostanza che il fabbricato di parte ricorrente è stato realizzato successivamente. Ora, al fine di valutare l\'eventuale superamento del limite di tollerabilità occorre avere riguardo il limite di 10 MTL fissato con d.p.c.m. del 23 aprile 1992, mentre per gli impianti più recenti il limite scende a 3 Mtl come indicato nel d.p.c.m. dell\'8 luglio 2003.

Nel caso in esame il superamento non è stato verificato dagli accertamenti eseguiti dall\'ARPAC, perché comunque contenuto nel limite di 10 MTL, come a dirsi con riguardo alle misurazioni compiute dai ricorrenti.

In mancanza di un riscontro del nesso di causalità tra le patologie evidenziate dalle parti e l\'elettrodotto, considerato soprattutto che il fabbricato è stato realizzato successivamente all\'elettrodotto, senza che nulla sia stato specificato in ordine all\'allocazione delle abitazioni con riguardo alla fascia asservita ed a quella cosiddetta «di rispetto» la domanda risulta carente del fumus boni juris e come tale respinta.

Per le difficoltà interpretative legate alla normativa sopra richiamata, appare equo compensare tra le parti le spese di lite.

 

P.Q.M.

Il tribunale di S. Maria C.V. in persona del Giudice in epigrafe indicato, definitivamente pronunziando sul reclamo proposto da S.A., S.A.n., P.M., S.C. contro la Terna s.p.a. in persona del l.r.p.t., ogni altra domanda ed eccezione disattesa, così provvede:

1) dichiara la giurisdizione del G.O. a conoscere della presente controversia;

2) conferma l\'impugnato provvedimento;

3) compensa interamente tra le parti le spese di lite.

Note di commento

[Contra: Trib. Bologna 1 agosto 2006, in questa Rivista, 2007, 1644]

[Conforme Trib. Bologna 1 agosto 2006, in questa Rivista, 2007, 1644]