Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 6386, del 29 dicembre 2014
Urbanistica.Legittimità variante per realizzazione di postazioni attrezzate con contenitori seminterrati per la raccolta dei rifiuti, non inserita nel programma triennale.

La mancata concessione del finanziamento, non inficia la natura pubblicistica dell’opera. E’ insegnamento consolidato della giurisprudenza quello per cui il difetto di inserimento dell'opera nel programma triennale non rende illegittima la sua realizzazione nel caso in cui sia finanziata attraverso fondi differenti rispetto a quelli contemplati in ambito di redazione del programma stesso, in quanto in base all'art. 14 n. 9, L. n. 109 dell'11 febbraio 1994, sost. dall'art. 4, L. n. 413 del 1998, le opere pubbliche, non inserite nel programma triennale , possono essere realizzate sulla base di un autonomo piano di finanziamento che non utilizzi risorse già previste tra i mezzi finanziari dell'amministrazione al momento della formazione dell'elenco. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 06386/2014REG.PROV.COLL.

N. 00622/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 622 del 2013, proposto da: 
Carletto Marcoz e Ives Gianinetti, rappresentati e difesi dagli avv.ti Roberta Francorsi, Orazio Giuffrida, Luisa Gobbi, con domicilio eletto presso Luisa Gobbi in Roma, Via Ennio Quirino Visconti N°103;, 

contro

Comune di Brissogne, non costituitosi in giudizio; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. della VALLE D'AOSTA – Sede di AOSTA- n. 00073/2012, resa tra le parti, concernente provvedimento di variante non sostanziale al p.r.g.c. per progetto di realizzazione di postazioni attrezzate con contenitori seminterrati per la raccolta dei rifiuti nella comunità montana Mont Emilius

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 novembre 2014 il Consigliere Fabio Taormina e udito per parte appellante l’Avvocato Luisa Gobbi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con la sentenza in epigrafe appellata il Tribunale amministrativo regionale della Valle D’Aosta – sede di Aosta - ha respinto il ricorso di primo grado proposto dall’ odierna parte appellante Carletto Marcoz e Ives Gianinetti, volto ad ottenere l’annullamento, del provvedimento di variante non sostanziale al P.R.G.C. per progetto di realizzazione di postazioni attrezzate con contenitori seminterrati per la raccolta dei rifiuti nella Comunità Montana Mont Emilius, assunto con deliberazione del Consiglio comunale di Brissogne n. 36 in data 19 ottobre 2011, pubblicata in data 28 ottobre 2011- nonché di ogni altro atto presupposto, consequenziale, connesso, collegato e derivato.

In punto di fatto era accaduto che il Consiglio Comunale del Comune di Brissogne aveva adottato con propria deliberazione n. 28 del 31 agosto 2011 la variante non sostanziale al P.R.G.C. relativa alla realizzazione delle postazioni attrezzate con contenitori seminterrati per la raccolta dei rifiuti.

A seguito di deposito degli atti costituenti la variante e loro successiva pubblicazione, nonché la loro trasmissione alla Direzione Pianificazione Territoriale dell’Assessorato regionale Territorio e Ambiente, detta ultima Direzione con propria nota n. 9.715 del 3 ottobre 2011 aveva formulato osservazioni inerenti la sottoposizione a vincolo degli interventi individuati ai numeri 1, 2 e 3 in località Pallu, Grand Brissogne e Le Moulin.

Ivi si era evidenziata la subordinazione dell’esecuzione delle opere stesse al parere della Direzione Foreste Infrastrutture.

Nelle more, il sig. Carletto Marcoz aveva avanzato proprie osservazioni in ordine alla circostanza che le tavole costituenti la variante non sostanziale al PRGC, ed in particolare la tavola all’area n. 7 “Bonavarda”, avrebbe necessitato di revisione della collocazione del punto raccolta rifiuti in quanto il suo posizionamento, così come previsto nella suindicata variante, risultava di pregiudizio all’accesso al fondo di proprietà del medesimo sig. Carletto Marcoz e della moglie signora Ives Gianinetti, censito al catasto terreni del Comune di Brissogne al foglio 9 mappale 473 ex 258.

I coniugi Marcoz avevano altresì fatto presente che il medesimo terreno era già stato in precedenza oggetto di occupazione per l’allargamento della strada comunale, la realizzazione di un parcheggio e la successiva collocazione di un fontanile con relativa copertura oltre ad un’area raccolta rifiuti solidi urbani.

Inoltre avevano sostenuto era che nella realizzazione del manufatto (punto raccolta rifiuti) non si fosse tenuto conto della necessità di rispettare le distanze minime di legge dalle proprietà confinanti e non fossero stati presi in considerazione i pregiudizi arrecati ai diritti di passaggio per usi irrigui. I coniugi Marcoz avevano chiesto quindi che fosse rivista la collocazione dell’area Bonavarda optando per il posizionamento dell’opera nell’area già occupata dal fontanile e dai contenitori R.S.U. (con riferimento alla tavola 1 particolare A).

Ciò avrebbe presentato l’ulteriore vantaggio di ridurre e diminuire le zone adibite a sosta sulla strada comunale, potendo dette soste effettuarsi usufruendo del parcheggio già presente e realizzato nell’area suggerita dai coniugi Marcoz.

A seguito della presentazione di tali osservazioni il Consiglio Comunale con deliberazione n. 36 del 19 ottobre 2011 aveva respinto le osservazioni presentate dai coniugi Marcoz in data 27 settembre 2011 e deliberava di approvare la variante non sostanziale al vigente PRGC relativa alla realizzazione delle postazioni attrezzate con contenitori seminterrati per la raccolta dei rifiuti.

Nella nota esplicativa allegata alla delibera si era rappresentato come l’intenzione dell’Amministrazione comunale fosse quella di realizzare in località Bonovarda un nuovo punto di raccolta rifiuti con contenitori seminterrati previsti nell’ambito della riorganizzazione del servizio di raccolta rifiuti gestito dalla comunità montana Mont Emilius e di ampliare l’attuale parcheggio a servizio della frazione Neyran, ritenuto insufficiente rispetto alla richiesta di posti auto, nonché di favorire il recupero del patrimonio edilizio esistente nella frazione classificata come centro storico. La delibera aveva altresì fatto presente che il sedime dell’area oggetto dell’intervento era ad una distanza di cinque metri dalla proprietà sul lato ovest: i coniugi Marcoz avevano quindi una superficie sufficientemente ampia per accedere al proprio fondo, superficie che non violava distanze di legge richieste per gli accessi carrai ai fondi agricoli.

Veniva ivi altresì evidenziato come l’intervento oggetto della variante non sostanziale al P.R.C.G. (realizzazione di postazioni attrezzate con contenitori seminterrati per la raccolta dei rifiuti) prevedesse altresì l’allargamento dell’attuale sede stradale con evidente miglioramento dell’accessibilità ai fondi posti frontalmente ad essa. In merito poi alla circostanza che il suindicato terreno fosse stato precedentemente oggetto di altra occupazione per la realizzazione di opere pubbliche, la citata nota ne appalesava l’irrilevanza, anche in considerazione del fatto che all’epoca di tale precedente occupazione la proprietà dei terreni non fosse in capo all’istante (coniugi Marcoz).

In ordine ancora all’eccepita presenza del fontanile sui terreni de quibus, le note esplicative ne avevano affermata l’irrilevanza, atteso che la distanza del fontanile dalle proprietà confinanti non poteva costituire ipotesi di violazione della normativa in materia di distanze posto che il predetto fontanile era preesistente, essendo stato ricostruito dall’amministrazione comunale senza peraltro pregiudicare diritti di passaggio irriguo che seguono il tracciato del canale esistente.

Richiamata quindi la suindicata motivazione la deliberazione del consiglio comunale n. 36 del 19 ottobre 2011 aveva respinto, le osservazioni degli originarii ricorrenti, deliberando peraltro di approvare la variante non sostanziale al vigente PRGC relativa alla realizzazione delle postazioni attrezzate con contenitori seminterrati per la raccolta dei rifiuti, adottata con propria deliberazione n. 28 del 31 agosto 2011.

Seguiva quindi la pubblicazione della deliberazione n. 36/2011 nel bollettino ufficiale della Regione autonoma Valle d’Aosta, con le conseguenti trasmissioni alle strutture regionali competenti in materia di urbanistica.

Avverso la menzionata deliberazione del consiglio comunale di Brissogne n. 36 del 19 ottobre la parte odierna appellante era insorta ed aveva prospettato due macrocensure di violazione di legge ed eccesso di potere analiticamente vagliate dal Tar che, ripercorsa anche sotto il profilo cronologico la vicenda procedimentale, ha dichiarato infondato il mezzo.

Quanto al primo motivo (ivi si era sostenuto che la delibera sarebbe stata inammissibile, nulla o annullabile per violazione degli artt. 13, 14, 15, 16 e 31 della Legge Regionale n. 11 del 1998 Valle d’Aosta) il Tar ha in proposito rammentato che , nella sostanza, si ipotizzava che il Comune avesse adottato la procedura ordinaria (artt. 13, 14, 15, 16 LR 11/1998), con specifico riferimento all’art. 16 relativo alle varianti non sostanziali al PRGC, in assenza del presupposto fondante riconosciuto nell’adeguamento del PRGC al PTP.

Senonchè, doveva in contrario senso osservarsi che l’opera da realizzare doveva essere ricompresa tra le opere di pubblico interesse per la cui realizzazione l’art. 13 comma 4 della L.R. 11/1998 prevedeva una esplicita eccezione al divieto di adozione di varianti al PRG, in caso di mancato adeguamento al PTP entro il 2005 (come opera di pubblico interesse l’intervento aveva ricevuto un finanziamento pubblico).

Il primo giudice ha osservato inoltre, che l’art. 31 della LR 11/1998 prescriveva l’adozione della procedura ordinaria (art. 16 LR 11/1998) per l’approvazione della variante non sostanziale finalizzata alla realizzazione di un intervento di pubblico interesse.

La delibera, infine, dava conto del fatto che la variante risultava coerente con il PTP della Valle d’Aosta approvato con L.R. 13/1998: era quindi insussistente la dedotta violazione degli artt. 13, 14, 15, 16 e 31 della Legge Regionale n. 11 del 1998 Valle d’Aosta.

Quanto alla macrocensura di eccesso di potere (errore di fatto, travisamento dei fatti, violazione del principio di sviluppo sostenibile, proporzionalità, giusto equilibrio, minor sacrificio della proprietà privata, eccesso di potere per contraddittorietà con atti provenienti dalla medesima P.A.; violazione di legge per difetto di istruttoria e motivazione; palese contraddittorietà; violazione dell’art. 3 Costituzione e dell’art. 1 CEDU) prospettata nel secondo mezzo, il Tar ha fatto presente che la copia della delibera prodotta dalla difesa dell’Amministrazione resistente conteneva un foglio – alternato alle pagine della delibera e unito alle stesse con timbro di giunzione – che recava le note di replica alle osservazioni proposte dagli originarii ricorrenti.

La detta nota riportava il contenuto della relazione dell’Assessore all’Urbanistica, letta nel corso della seduta e allegata alla delibera “quale parte integrante e sostanziale delle premesse”: tali modalità di allegazione inducevano a ritenere che la nota esplicativa contenesse i motivi di rigetto sulla base dei quali l’impugnata delibera aveva respinto le osservazioni svolte: la mancanza di sottoscrizione di un atto amministrativo non era idonea a metterne in discussione la validità e gli effetti ove non fosse dubbia la riferibilità dello stesso all'organo competente

Quanto alle censure di merito, la generale attenuazione del principio dell'obbligo di motivazione nell'ambito della pianificazione urbanistica,si accompagnava alla lata discrezionalità dell’Amministrazione in subiecta materia (non sindacabile neppure sotto il profilo di eccesso di potere, a meno di errori di fatto o abnormi illogicità).

Nel caso di specie era stata esaminata in concreto la posizione specifica dei soggetti proprietari di immobili posti nelle vicinanze con il sedime dell’area destinata alla realizzazione dell’opera pubblica con specifica valutazione di prevalenza dell’interesse pubblico connesso alla realizzazione dell’opera nei termini previsti nella variante.

Ciò essendosi sottolineato in particolare: l’esistenza di una distanza adeguata tra il sedime dell’area oggetto dell’intervento e il confine della proprietà privata; la presenza di una superficie sufficientemente ampia per consentire l’accesso al fondo, nel rispetto delle distanze di legge richieste per gli accessi carrai ai fondi agricoli; la previsione – nel contesto dell’intervento oggetto della variante - dell’allargamento dell’attuale sede stradale con evidente miglioramento dell’accessibilità ai fondi posti frontalmente ad essa; la concomitante esigenza di ampliamento dell’area adibita a parcheggio, del tutto insufficiente rispetto alla domanda di posti auto.

Il giudizio di rilevanza e preminenza delle esigenze di pubblico interesse, sotto il profilo della ragionevolezza e proporzionalità del sacrificio arrecato alla proprietà privata era immune da profili di abnormità e, pertanto conclusivamente, il ricorso è stato integralmente disatteso.

La odierna parte appellante, già ricorrente rimasta soccombente nel giudizio di prime cure ha proposto una articolata critica alla sentenza in epigrafe chiedendo la riforma dell’appellata decisione.

Ha ripercorso il contenzioso intercorso ed ha sostenuto che il Tar non aveva colto una serie di importanti evidenze.

Sussisteva la violazione degli artt, 13,14,15 16 e 31 della legge Regionale n. 11/1998: il Tar aveva disatteso il motivo ricorrendo ad una tautologia (l’opera era ricompresa tra quelle di pubblico interesse).

Senonchè la richiesta di finanziamento era stata rigettata; nessun elemento residuava per sostenere la pubblica utilità dell’opera.

Con la seconda censura ha sostenuto che non soltanto la nota in replica alle osservazioni era priva di sottoscrizione ma mancava anche l’indicazione del soggetto emanante (indicazione a stampa del nominativo dell’autore).

Non v’era quindi alcuna certezza in ordine alla riferibilità soggettiva dell’atto.

Con la terza censura si è sostenuto che la carenza di certezza soggettiva in ordine alla provenienza del “foglio” allegato alla delibera determinasse, poi, il vizio di carenza assoluta di motivazione della delibera reiettiva delle osservazioni.

La reiezione della richiesta di finanziamento da parte della Regione rendeva palese che era ingiusto imporre un sacrificio al soggetto proprietario dei beni.

L’appellata amministrazione non si è costituita nell’odierno grado di giudizio.

Alla odierna pubblica udienza del 4 novembre 2014 la causa è stata posta in decisione dal Collegio.

DIRITTO

1.L’appello è infondato e deve essere respinto, nei termini di cui alla motivazione che segue.

2.La censura di violazione di legge poggia sulla contestazione che l’opera contestata possa annoverarsi tra quelle “pubbliche” in quanto di pubblico interesse.

2.1.L’appellante non contesta, infatti, l’esattezza della ricostruzione normativa resa dal primo giudice, ma aggredisce il presupposto di fatto ad essa sotteso.

2.2.Il Collegio non concorda con tale argomentare.

Dal combinato disposto dell’art. 13 comma 4 (“I Comuni che, entro il 31 dicembre 2005, non hanno provveduto all'adeguamento di cui al comma 1 non possono adottare varianti al PRG, fatte salve quelle che derivano dall'attuazione delle procedure eccezionali di cui al titolo IV e le varianti rese necessarie per la realizzazione di opere pubbliche e per la classificazione degli edifici. I Comuni possono, in ogni caso, adottare le modifiche non costituenti variante di cui all'articolo 14, comma 1, lettera c)”), 16 (“1. Previa concertazione con le strutture regionali competenti in materia di beni culturali e di tutela del paesaggio, ove incidano su beni tutelati ai sensi della legge n. 1089/1939 e della legge n. 1497/1939 o della legge regionale n. 56/1983, le varianti non sostanziali sono adottate dal Consiglio comunale con apposita motivata deliberazione; questa è pubblicata per estratto nell'albo comunale e depositata in pubblica visione, con gli atti della variante, presso la segreteria del Comune stesso per quarantacinque giorni consecutivi; contestualmente all'avvio della pubblicazione copia della variante adottata è trasmessa alla struttura regionale competente in materia di urbanistica al fine della eventuale formulazione di proprie osservazioni; dell'avvenuta adozione è data tempestiva informazione ai cittadini tramite comunicato inviato agli organi di informazione a carattere locale e regionale; chiunque ha facoltà di produrre osservazioni nel pubblico interesse fino allo scadere del termine predetto.

2. Sulle osservazioni si pronuncia il Consiglio comunale che dispone, ove del caso, i conseguenti adeguamenti della variante; questi non comportano una nuova pubblicazione.

3. La variante assume efficacia con la pubblicazione, nel Bollettino Ufficiale della Regione, della deliberazione del Consiglio comunale che l'approva. La deliberazione medesima, con gli atti della variante, è trasmessa nei successivi trenta giorni alla struttura regionale competente in materia di urbanistica”), e 31 (“1. L'approvazione, da parte del Consiglio comunale, dei progetti preliminari di opere pubbliche comunali, intercomunali e delle Comunità montane, riguardanti aree che il PRG destina genericamente a servizi pubblici o la cui destinazione specifica non coincide con quella delle opere progettate, costituisce approvazione di modifica al PRG ai sensi dell'art. 14, comma 1, lett. c); si applicano le procedure di cui all'art. 17.

2. L'approvazione, da parte del Consiglio comunale, dei progetti preliminari di opere pubbliche comunali, intercomunali e delle Comunità montane, riguardanti aree che il PRG non destina in tutto o in parte a servizi pubblici, costituisce adozione di variante non sostanziale al PRG ai sensi dell'art. 14, comma 1, lett. b); si applicano le procedure di cui all'art. 16.

3. Gli atti di approvazione delle modifiche di cui al comma 1 e delle varianti non sostanziali di cui al comma 2 costituiscono dichiarazione di conformità urbanistica del progetto ai sensi della normativa in materia di lavori pubblici”) della Legge Regionale n. 11 del 1998 Valle d’Aosta (recante “normativa urbanistica e di pianificazione territoriale della Valle d'Aosta.”) è pacifico che la procedura delle varianti non sostanziali trova applicazione per i progetti relativi alle opere pubbliche.

E’ noto – e costituisce presupposto condiviso dal Collegio- che la scelta di intraprendere la edificazione ed allocazione di un’opera di pubblico interesse rientra nella più lata discrezionalità dell’amministrazione, ed è sindacabile soltanto per manifesta abnormità.

Detto sindacato “debole” si giustifica (ex aliis T.A.R. Veneto Venezia Sez. II, 01-06-2011, n. 935) in quanto la scelta se dotarsi o meno dell’opera e la collocazione dell' opera pubblica medesima è il frutto di una tipica discrezionalità amministrativa, coinvolgente la comparazione e ponderazione dell'interesse pubblico fondamentale con gli altri interessi, pubblici o privati, in gioco. Di qui la forma di sindacato consentita al giudice, definita "sindacato debole", nel senso che questo, dopo aver accertato in modo pieno i fatti e aver verificato il processo logico - valutativo svolto dalla P.A. in base a regole tecniche o del buon agire amministrativo, anch'esse sindacate, se ritiene le valutazioni dell'Amministrazione corrette, ragionevoli, proporzionate e attendibili, non deve spingersi oltre fino ad esprimere proprie autonome scelte, perché, altrimenti, assumerebbe egli la titolarità del potere. Il giudice non può, cioè, sostituirsi ad un potere già esercitato, ma deve solo stabilire se la valutazione complessiva operata nell'esercizio del potere debba essere ritenuta corretta sia sotto il profilo delle regole tecniche applicate, sia nella fase di contestualizzazione della norma posta a tutela della conformità, che nella fase di raffronto tra i fatti accertati ed il parametro contestualizzato.

Può quindi affermarsi che le scelte effettuate dall'Amministrazione per la destinazione delle singole aree, al momento dell'adozione del piano regolatore generale o di variante al medesimo, costituiscono apprezzamenti di merito sottratti al sindacato giurisdizionale, salvo che non siano affette da errori di fatto o da abnormi illogicità; sicché, sia nella formazione di uno strumento urbanistico generale, che nell’adozione delle varianti le scelte discrezionali dell'amministrazione riguardo alla destinazione delle singole aree non necessitano di apposita motivazione, oltre quelle che si possono evincere dai criteri generali e discrezionali seguiti nell'impostazione del piano (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 12.3.2009, n. 1431).

2.3.Nel caso di specie, si evince per tabulas che l’opera era destinata alla pubblica e generale utilità: sia oggettivamente che avuto riguardo alla natura, tipologia, che intrinseca consistenza e funzione della stessa.

2.3.1.L’appellante sostiene che non fosse “utile”: ma tale valutazione, implica l’aspirazione ad un inammissibile sindacato di merito sulle scelte spettanti all’organo rappresentativo della comunità dei cittadini del tutto estranea alle competenze giurisdizionali di legittimità.

2.3.2.Per altro verso, la circostanza che l’opera medesima non sia stata ammessa a finanziamento, nulla dimostra, di per sé: l’Amministrazione deputata alla erogazione può respingere la detta richiesta, per le più varie ragioni (es: perché altre opere sono state ritenute maggiormente meritevoli e/o urgenti)ma ciò non dimostra la pretesa assoluta inutilità dell’opera prevista (salve, lo si ripete, fattispecie abnormi non riscontrabili nel caso di specie). E d’altro canto, pertiene alla responsabilità dell’Ente procedente decidere se proseguire o meno – in simile eventualità- nella intrapresa dell’opera.

Ma tutto ciò appare fisiologia dialettica tra Amministrazioni, non dimostrativa di una eccezionale ipotesi di abnormità della previsione dell’opera eventualmente sindacabile in sede di giurisdizione di legittimità.

2.4. In più, con riferimento alla detta tesi (che costituisce, insieme, specificazione della censura di cui al primo motivo d’appello ed autonoma doglianza articolata nella terza censura) per cui l’opera non poteva qualificarsi “pubblica” in quanto la richiesta di finanziamento era stata rigettata, ne evidenzia il Collegio l’intrinseca fragilità ed inaccoglibilità.

L’assioma su cui la stessa si fonda è del tutto errato.

L’opera è “pubblica” se ed in quanto l’Ente procedente la ritenga destinata (nei limiti di un giudizio non abnorme o manifestamente assurdo) a fini pubblicistici.

Non cessa di esserlo perché non ammessa a finanziamento, il che come si è detto costituisce fisiologica eventualità.

La giurisprudenza amministrativa e quella civilistica, concordemente, considerano detta evenienza una mera eventualità, che non incide sulla natura intrinseca dell’opera (ex aliis: Cons. Stato Sez. V, 26-09-2013, n. 4766”non è vietato ad un ente locale il ricorso per la realizzazione di opere e lavori pubblici alla contrazione di mutui o di altre forme di finanziamento , nei limiti e nei modi stabiliti dalla legge, così che è legittima la deliberazione, con la quale venga approvato il progetto esecutivo di un' opera pubblica che comporti la necessità della copertura finanziaria, purché sia effettivamente indicata l'esistenza della copertura con la relativa attestazione da parte del responsabile del servizio finanziario”; Cass. civ. Sez. I, 02-01-2014, n. 12 “in tema di compenso del professionista per l'elaborazione di un progetto di opera pubblica, la cui corresponsione sia subordinata al finanziamento dell' opera da parte della Regione e alla presentazione della richiesta di finanziamento e gestione della relativa pratica da parte del Comune beneficiario dell' opera stessa, l'affidamento della stessa, nelle more dell'elaborazione del progetto da parte del professionista, ad altro soggetto privato, costituisce comportamento contrario a buona fede, in violazione dell'art. 1358 cod. civ., che determina l'avveramento fittizio della condizione, ai sensi dell'art. 1359 cod. civ., in quanto cagionato dal comportamento della parte portatrice di un interesse contrario all'avveramento).

Tanto che, come si è rilevato immediatamente prima, è sovente che gli Enti locali configurino la concessione del finanziamento qual condizione sospensiva (o risolutiva) di contratti privatistici stipulati che certamente non incide sulla “natura” dell’opera che ci si prefigge di realizzare.

E’ insegnamento consolidato della antevigente giurisprudenza – di inalterata validità- quello per cui “il difetto di inserimento dell'opera nel programma triennale non rende illegittima la sua realizzazione nel caso in cui sia finanziata attraverso fondi differenti rispetto a quelli contemplati in ambito di redazione del programma stesso, in quanto in base all'art. 14 n. 9, L. n. 109 dell'11 febbraio 1994, sost. dall'art. 4, L. n. 413 del 1998, 'le opere pubbliche, non inserite nel programma triennale , possono essere realizzate sulla base di un autonomo piano di finanziamento che non utilizzi risorse già previste tra i mezzi finanziari dell'amministrazione al momento della formazione dell'elenco” (T.A.R. Toscana Firenze Sez. III, 16-04-2004, n. 1162 ).

La mancata concessione del finanziamento, non inficia quindi la natura pubblicistica dell’opera.

3. Neppure miglior sorte merita la censura di difetto assoluto di motivazione.

3.1.Va in primis rammentato che secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, condiviso dal Collegio, le osservazioni dei privati al piano regolatore generale adottato dal Comune costituiscono meri apporti collaborativi alla formazione dello strumento urbanistico e non danno luogo a peculiari aspettative, per cui la loro reiezione, ovvero un loro accoglimento parziale, non richiede una specifica motivazione, e ciò quand'anche esse siano state accettate con deliberazione del Consiglio comunale (cfr. T.A.R. Piemonte, sez. I, 25.9.2008, n. 2080; Consiglio Stato, sez. IV, 11.10.2007, n. 5357): tale principio trova applicazione a maggior ragione nel caso di specie, laddove già il Consiglio comunale aveva respinto le osservazioni dei ricorrenti ritenendole non accoglibili nel merito.

3.2 Sostiene l’appellante che la nota reiettiva, in quanto priva di intestazione e sottoscrizione, rende inintellegibile chi fosse stato il soggetto che ebbe ad emanarla,e, quindi, essendo in se inutilizzabile a fini motivazionali integri la ipotesi dell’atto del tutto privo di motivazione.

3.2.1. L’arguta critica appellatoria non può essere accolta. Invero nel caso di specie non rileva la provenienza “soggettiva” della motivazione sottesa al rigetto, mentre ciò che conta è la (incontestabile) certa riferibilità della stessa all’Ente/Organo deputato ad esprimersi sulle osservazioni.

Stante il ridotto onere motivazionale che grava sull’Amministrazione, (Consiglio Stato, sez. IV, 11.10.2007, n. 5357) deputata ad esprimersi sulle osservazioni, essa in teoria potrebbe respingerle facendo riferimento ad una molteplicità di dati (ad esempio, ed a puro scopo esemplificativo: anche richiamando una pagina di un manuale di urbanistica che evidenziasse la pacifica inaccoglibilità della soluzione progettuale proposta, etc) senza che per ciò solo la reiezione sia censurabile.

Ciò che conta è (l’incontestabile nel caso de quo) elemento riposante nella circostanza che la manifestazione reiettiva provenga/sia fatta propria dall’Ente e che l’osservazione sia stata vagliata.

Posto che nel caso di specie dubbi non vi sono, la incertezza “soggettiva” è del tutto priva di rilievo, né dalla stessa può trarsi la carenza motivazionale.

4.Conclusivamente l’appello va integralmente disatteso mentre tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

5. Nulla per le spese del procedimento, stante la mancata costituzione in giudizio dell’appellata amministrazione comunale.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 novembre 2014 con l'intervento dei magistrati:

Riccardo Virgilio, Presidente

Sandro Aureli, Consigliere

Fabio Taormina, Consigliere, Estensore

Diego Sabatino, Consigliere

Giuseppe Castiglia, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 29/12/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)