TAR Piemonte Sez. II n. 2698 del 28 maggio 2010
Caccia e animali. Soppressione cani randagi
Costituiscono principi base della legge-quadro in materia di animali di affezione e di tutela contro il randagismo (legge n. 281 del 1991) e, conseguentemente, principi generali dell’ordinamento giuridico, quello della “corretta convivenza tra uomo e animale”, con relativa “condanna [de]gli atti di crudeltà” contro gli animali (art. 1), e quello del divieto di soppressione dei cani randagi se non nei casi e con le modalità tassativamente indicati dall’art. 2, comma 6 (a norma del quale i cani possono essere soppressi solo allorché si trovino ricoverati presso gli appositi canili comunali “in modo esclusivamente eutanasico, ad opera di medici veterinari, soltanto se gravemente malati, incurabili o di comprovata pericolosità”).Ne deriva che è principio generale del nostro ordinamento giuridico che la soppressione degli animali da affezione (e quindi anche, indiscutibilmente, dei cani, anche se in stato di randagismo ed a prescindere da un’eventuale loro stato di “inselvatichiti”) costituisce l’extrema ratio, tale da poter essere praticata allorché non sia utilizzabile alcun altro rimedio e solo nei casi e nei modi indicati dalla legge-quadro n. 281 del 1991.
N. 02698/2010 REG.SEN.
N. 02227/1998 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 2227 del 1998, proposto da:
L.A.C. - Lega per l’Abolizione della Caccia, sezione Piemonte, in persona del legale rappresentante Giorgio Crema e da LEGAMBIENTE PIEMONTE, in persona del legale rappresentante Vanda Bonardo, rappresentate e difese dall'avv. Mia Callegari, con domicilio eletto presso lo studio della stessa in Torino, via Palmieri, 51;
contro
il Comune di Limone Piemonte, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Gianmario Parola, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Carlo Bruno Scalenghe in Torino, via Bertola, 2;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
della Ordinanza del Sindaco di Limone Piemonte n. 45/98 in data 10.8.98, con la quale viene ordinato l'abbattimento di tre cani randagi nel più breve tempo possibile attraverso l'intervento delle Forze dell'Ordine presenti sul territorio
ed avverso e per l'annullamento
degli atti tutti conseguenti ed in particolare della Ordinanza del Sindaco di Limone Piemonte n. 55/98 in data 31.8.98, con la quale ultima veniva ordinata, in relazione alla ordinanza n. 45/98, la cattura o l'abbattimento dei predetti cani nei giorni 10 ed 11 settembre 1998.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Limone Piemonte;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 aprile 2010 il dott. Antonino Masaracchia; comparso l’avv. Penzi su delega dell’avv. Callegari per le parti ricorrenti; nessuno comparso per il Comune resistente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con il ricorso in epigrafe, l’associazione “L.A.C. - Lega per l’Abolizione della Caccia – Sezione Piemonte” e l’associazione “Legambiente Piemonte”, ciascuna in persona del proprio legale rappresentante, hanno impugnato:
- l’ordinanza del Sindaco di Limone Piemonte, n. 45/98 del 10 agosto 1998, con la quale era stato ordinato l’abbattimento di tre cani randagi, “nel più breve tempo possibile”, “attraverso l’intervento delle Forze dell’Ordine presenti sul territorio”;
- l’ordinanza dello stesso Sindaco, n. 55/98 del 31 agosto 1998, con la quale, “a migliore precisazione” della precedente ordinanza, si ordinava – tra l’altro – che le operazioni di abbattimento avrebbero dovuto tener luogo nei giorni del 10 e 11 settembre 1998.
Di entrambi i provvedimenti le ricorrenti hanno chiesto l’annullamento, previa sospensione cautelare.
2. Il ricorso è affidato a tre motivi di gravame.
Mediante il primo (rubricato: “Violazione di legge: violazione e falsa applicazione dell’art. 38 l. 142/90. Contrasto con i principi generali del nostro ordinamento in tema di tutela degli animali da affezione. Violazione del divieto tassativo di soppressione di cani randagi. Illegittimità del contenuto dell’atto”) le ricorrenti osservano che l’art. 38, comma 2, della legge n. 142 del 1990, “nell’attribuire il potere di emanare provvedimenti contingibili ed urgenti al Sindaco, impone chiaramente che il medesimo potere debba essere esercitato nel ‘rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico’”. Il “principio di tutela degli animali da affezione” sarebbe vigente, nel nostro ordinamento, in modo “assoluto, indiscusso ed indiscutibile”, come emergerebbe sia dalla legge n. 281 del 1991 (recante: “Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo”), in particolare all’art. 2, commi 2 e 6, sia dalla legge della Regione Piemonte n. 34 del 1993 (recante: “Tutela e controllo degli animali da affezione”), in particolare all’art. 6. Da tali norme, in particolare, le ricorrenti deducono che la soppressione dei cani randagi può avvenire soltanto in casi e con modalità tassative, nella specie non sussistenti.
Con il secondo motivo di gravame (rubricato: “Violazione di legge: violazione dell’art. 3 l. 241/90. Carenza, insufficienza, contraddittorietà della motivazione. Eccesso di potere per erroneità dei presupposti e travisamento dei fatti”), le ricorrenti sostengono che la motivazione dei provvedimenti impugnati “è talmente contraddittoria da apparire del tutto carente”. Nell’ordinanza n. 45/98, dopo che all’inizio si riferisce dell’avvenuta aggressione subita da un gregge di pecore “ad opera di sedicenti lupi”, si conclude che gli aggressori del gregge sono invece stati individuati “in un branco di cani randagi di grossa taglia”; inoltre si riferisce di un sopralluogo condotto da personale della USL n. 15 di Cuneo, insieme alla Polizia Municipale ed alle Guardie Parco Alpi Marittime, effettuato “al fine di catturare mediante telenarcosi i cani”, mentre secondo le ricorrenti tale unico tentativo di “regolare cattura” non potrebbe affatto giustificare il disposto abbattimento; infine, l’ordinanza n. 55/98 sarebbe contraddittoria laddove dispone, allo stesso tempo, la “cattura o abbattimento dei cani randagi”, in tal modo “equiparando due atti, di cui uno solo legittimo, e lasciando per giunta agli esecutori la decisione circa il tipo di atto da compiere e la scelta delle modalità relative”.
Con il terzo motivo di gravame si fa valere: “Eccesso di potere sotto i profili dell’insufficiente istruttoria, del travisamento dei fatti, della violazione del canone di proporzionalità nella comparazione degli interessi contrapposti. Inopportunità dei provvedimenti”. Sarebbe mancata, secondo le ricorrenti, “un’adeguata istruttoria”, posto che non vi sarebbe stato “alcun accertamento circa l’effettiva supposta pericolosità dei cani (o dei lupi?)” né si sarebbe compiuto alcun tentativo di “cercare in modo scientifico di avere normali contatti con i predetti animali, al fine non certo di ‘punirli’ per il loro randagismo, ma per tutelarli”.
3. Si è costituito in giudizio il Comune di Limone Piemonte, in persona del Sindaco pro tempore, depositando documenti e chiedendo il rigetto del ricorso.
Osserva l’amministrazione resistente che le impugnate ordinanze sarebbero “assolutamente legittime in quanto emanate in presenza di una situazione di carattere eccezionale che non poteva essere fronteggiata con i provvedimenti che l’ordinamento giuridico consente in via normale”. Si tratterebbe, peraltro, della cattura e dell’abbattimento “di cani randagi ‘inselvatichiti’”, la cui soppressione risulterebbe ammessa anche dalla legge n. 281 del 1991 all’art. 1, comma 6 (recte: 2, comma 6). Né la motivazione di entrambi i provvedimenti potrebbe dirsi carente o contraddittoria, come sostenuto dalle ricorrenti, posto che essi hanno indicato chiaramente – secondo l’amministrazione – che l’aggressione al gregge di pecore era stata realizzata proprio da un branco di cani randagi. Anche la censura di difetto di istruttoria, peraltro, non sarebbe fondata posto che, “nel riferire l’esito negativo di ripetute ricerche condotte dalle Forze dell’Ordine”, il responsabile del Presidio Multizonale di profilassi e polizia veterinaria, con nota del 24 luglio 1998, aveva ritenuto “quasi impossibile la cattura di tali animali, ormai inselvatichiti, difficilmente avvicinabili alla portata (30/40 metri) dei fucili lancia stringhe per la telenarcosi” (doc. n. 3 della resistente).
4. Con ordinanza n. 15 del 1999 questo TAR ha accolto la domanda di sospensione cautelare degli atti impugnati ritenendo che “non risultano esperiti adeguati tentativi di cattura mediante telenarcosi”.
5. In applicazione dell’art. 9, comma 2, della legge n. 205 del 2000, a seguito di avviso notificato a cura della Segreteria del TAR, in data 29 dicembre 2009 la sola associazione ricorrente L.A.C. ha presentato istanza di fissazione di udienza di discussione.
6. Con memoria depositata il 16 aprile 2010 le ricorrenti sono tornate sui fatti di causa, ribadendo i motivi di impugnazione ed evidenziando che, a seguito dell’ordinanza sospensiva n. 15 del 1999 di questo TAR, “non si è data esecuzione al provvedimento del Sindaco”. Nelle more della fissazione della pubblica udienza di discussione, peraltro, non risulta – come le ricorrenti espongono – che i provvedimenti impugnati siano stati revocati e/o annullati dall’amministrazione resistente.
7. Alla pubblica udienza del 28 aprile 2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Oggetto del presente giudizio è la legittimità di due ordinanze contingibili ed urgenti, emesse dal Comune di Limone Piemonte ai sensi dell’(allora vigente) art. 38 della legge n. 142 del 1990, con le quali è stato disposto l’abbattimento di alcuni cani randagi che, nel territorio comunale, si erano resi protagonisti di un’aggressione ad un gregge di pecore.
Le ricorrenti associazioni ambientaliste denunciano, da un lato, il mancato rispetto di un principio generale dell’ordinamento giuridico, desumibile dalla legge n. 281 del 1991, secondo il quale non sarebbe consentito l’abbattimento degli animali d’affezione se non nei casi e con le modalità tassativamente specificate in detta legge, e, dall’altro lato, la contraddittorietà della motivazione ed il difetto di istruttoria.
2. Preliminarmente deve essere dichiarata la perenzione del giudizio nei confronti dell’associazione ricorrente “Legambiente Piemonte”. Essa non ha, infatti, sottoscritto la richiesta di fissazione dell’udienza di merito a seguito di avviso di giacenza ultraquinquennale, così come previsto dall’art. 9, comma 2, della legge n. 205 del 2000.
3. Nel merito, il ricorso è fondato.
Costituiscono principi base della legge-quadro in materia di animali di affezione e di tutela contro il randagismo (legge n. 281 del 1991) e, conseguentemente, principi generali dell’ordinamento giuridico, quello della “corretta convivenza tra uomo e animale”, con relativa “condanna [de]gli atti di crudeltà” contro gli animali (art. 1), e quello del divieto di soppressione dei cani randagi se non nei casi e con le modalità tassativamente indicati dall’art. 2, comma 6 (a norma del quale i cani possono essere soppressi solo allorché si trovino ricoverati presso gli appositi canili comunali “in modo esclusivamente eutanasico, ad opera di medici veterinari, soltanto se gravemente malati, incurabili o di comprovata pericolosità”).
Tali principi, con specifico riferimento alla Regione Piemonte, hanno ricevuto specifica attuazione nella legge regionale n. 34 del 1993, la quale ribadisce, all’art. 5 – per quanto specificamente interessa nella presente controversia –, che la soppressione degli animali di affezione può essere fatta soltanto con modalità eutanasiche, “esclusivamente da un medico veterinario ed in modo da non causare sofferenza all'animale”.
Ne deriva che è principio generale del nostro ordinamento giuridico che la soppressione degli animali da affezione (e quindi anche, indiscutibilmente, dei cani, anche se in stato di randagismo ed a prescindere da un’eventuale loro stato di “inselvatichiti”) costituisce l’extrema ratio, tale da poter essere praticata allorché non sia utilizzabile alcun altro rimedio e solo nei casi e nei modi indicati dalla legge-quadro n. 281 del 1991.
Le due ordinanze sindacali impugnate, pertanto, nell’aver disposto la soppressione dei cani randagi in circostanze del tutto diverse rispetto a quelle stabilite dall’art. 2, comma 6, della legge n. 281 del 1991, sono incorse nella violazione di un ben preciso principio generale dell’ordinamento giuridico, con ciò ponendosi in insanabile contrasto con la norma di cui all’art. 38 della legge (allora vigente) n. 142 del 1990.
Il ricorso va pertanto accolto in riferimento al primo motivo di gravame, con assorbimento degli altri motivi.
4. Le spese del giudizio seguono l’ordinaria regola della soccombenza e sono da liquidarsi, con valutazione equitativa, in euro 2.000,00 (duemila/00).
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, Sezione seconda, definitivamente pronunciando,
a) dichiara la perenzione del ricorso nei confronti dell’associazione “Legambiente Piemonte”;
b) accoglie il ricorso in epigrafe nei confronti dell’associazione “L.A.C. - Lega per l’Abolizione della Caccia – Sezione Piemonte” e, per l’effetto, annulla le ordinanze n. 45/98, del 10 agosto 1998, e n. 55/98, del 31 agosto 1998, del Sindaco di Limone Piemonte;
c) condanna l’amministrazione resistente al pagamento delle spese di lite, fissate in euro 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 28 aprile 2010 con l'intervento dei Magistrati:
Giuseppe Calvo, Presidente
Ariberto Sabino Limongelli, Referendario
Antonino Masaracchia, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/05/2010