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SEZ. 3 SENT. 11275 DEL 20/03/2002 (CC.17/01/2002) RV. 221433
PRES. Zumbo A REL. Grillo C COD.PAR.342
IMP. Palmieri R PM. (Conf.) Favalli M 
576001 PATRIMONIO ARCHEOLOGICO, STORICO O ARTISTICO NAZIONALE (COSE D'ANTICHITA' E D'ARTE) - IN GENERE - Reato di cui all'art. 118 del D.Lgs n. 490 del 1999 - Esecuzione di opere su beni culturali in difetto di autorizzazione - Esistenza di autorizzazione condizionata - Mancato rispetto delle condizioni - Reato - Sussistenza - Fondamento. 
D. LG. DEL 29/10/1999 NUM. 490 ART. 118 
L. DEL 1/6/1939 NUM. 1089 ART. 11 
L. DEL 1/6/1939 NUM. 1089 ART. 59 
In tema di beni culturali, integra il reato di cui all'art. 118 del D. Lgs 29 ottobre 1999 n. 490, (esecuzione di opere su beni culturali in difetto di autorizzazione) la mancata ottemperanza alle condizioni apposte dalla P.A.in sede di rilascio del provvedimento autorizzativo, atteso che in tale ipotesi esso deve considerarsi inefficace. (Fattispecie nella quale la autorizzazione alla installazione dell'impianto di illuminazione della cattedrale di Trani era condizionata alla necessita' che "ogni passaggio esecutivo" fosse verificato da sopralluogo della Sovrintendenza). CON MOTIVAZIONE

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                          REPUBBLICA ITALIANA

                      IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

                    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

                         SEZIONE TERZA PENALE

 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:         Camera di consiglio

    Dott. ANTONIO     ZUMBO      - Presidente  -   del 17/01/2002

 1. Dott. ALDO        RIZZO      - Consigliere -   SENTENZA

 2. Dott. CLAUDIA     SQUASSONI  - Consigliere -   N. 63

 3. Dott. CARLO M.    GRILLO     - Consigliere -   REGISTRO GENERALE

 4. Dott. ALDO        FIALE      - Consigliere -   N. 40548/2001

 ha pronunciato la seguente

                            S E N T E N Z A

 sul ricorso proposto da PALMIERI ROBERTO, nato a Lecce il 10/12/1948,

 avverso  l'ordinanza del 5-8/10/2001 pronunciata  dal  Tribunale  del

 riesame di Bari.

 - Sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Carlo M. Grillo;

 -  sentite  le  conclusioni del P.M., in persona del  S.  Procuratore Generale  Dott. M. Favalli, con le quali chiede l'annullamento  senza  rinvio  della  gravata  ordinanza,  limitatamente  al  reato  di  cui  all'art. 733 c.p., ed il rigetto del ricorso nel resto;

 -   sentito   il  difensore,  avv.  F.  Rotunno,  che   insiste   per  l'accoglimento del ricorso;

 la Corte osserva:

           SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

 Con  provvedimento 6/8/2001, il G.I.P. presso il Tribunale di  Trani,  accogliendo  la  richiesta del P.M. in data  2/8/2001,  disponeva  il  sequestro preventivo dell'impianto di illuminazione installato presso  la  Cattedrale di Trani, con disattivazione e smontaggio immediato di  esso,  ipotizzando, nei confronti di Palmieri Roberto  -  funzionario  E.N.E.L.  responsabile della progettazione ed esecuzione dei  lavori,  nonche'  condirettore degli stessi- i reati di cui agli artt.  635  e  733 c.p., 11 e 59 L. n. 1089/1939.

 In  data 13/9/2001, il G.I.P., richiesto di revocare la detta misura,  o comunque di disporre la rimozione dei sigilli, accoglieva l'istanza  subordinata,  disponendo la temporanea rimozione  dei  sigilli  e  la  sospensione  dello  smontaggio dell'impianto, al fine  di  consentire  alla  competente  Soprintendenza di compiere le necessarie  verifiche  sullo stesso.

 Del  provvedimento  di sequestro preventivo il Palmieri  chiedeva  il  riesame  ed  il  Tribunale  di  Bari,  con  l'ordinanza  indicata  in  premessa,  pur  riconoscendo l'insussistenza del fumus  relativamente  alla  contravvenzione di cui all'art. 733 c.p.,  rigettava  l'istanza  ravvisando   l'ipotizzabilita'  degli   altri   reati,   nonche'   la  sussistenza del periculum in mora.

 Ricorre  per  cassazione l'indagato, deducendo: 1) insussistenza  del  fumus commissi delicti in ordine alla contravvenzione di cui all'art.  733   c.p.  ed  assoluta  mancanza  e  manifesta  illogicita'   della  motivazione  dell'impugnata  ordinanza  sul  punto,  in   quanto   il  Tribunale,  dopo  aver  escluso  l'astratta  configurabilita'   della  stessa,  avrebbe  dovuto  coerentemente dichiarare  la  nullita'  del  decreto di sequestro, quantomeno in relazione a tale contravvenzione;  2)  nullita' ed illegittimita' del sequestro per mancanza  del  fumus  commissi delicti in ordine al reato di cui agli artt. 11 e 59  L.  n.  1089/1939   ed  assoluta  mancanza  e  manifesta  illogicita'   della  motivazione dell'impugnata ordinanza sul punto, giacche' per le opere  in  questione  era  stata rilasciata la prevista autorizzazione  (con  nota 2/8/2000, prot. 9195), quantunque la Soprintendenza avesse posto  la  condizione di verificare "ogni passaggio esecutivo" con  appositi  sopralluoghi;  inoltre, nullita' del sequestro  e  del  provvedimento  impugnato  per  inosservanza  ed erronea applicazione  dell'art.  118  D.Lvo  n.  490/1999, che ha sostituito gli artt. 11 e 59 della  legge  del  1939,  in  quanto  la nuova formulazione  normativa  prevede  la  contravvenzione  soltanto,  nel  caso  di  opere  realizzate   "senza  autorizzazione",  e  non  anche  di  quelle  "in  parziale  o  totale  difformita'    rispetto    all'autorizzazione"    rilasciata    dalla  Soprintendenza;  infine,  pur rientrando la contravvenzione  prevista  dal  menzionato art. 118 nella categoria dei reati c.d.  di  pericolo  presunto,  la  condotta posta in essere dall'agente deve  pur  sempre  essere  dotata del carattere dell'offensivita', vertendosi altrimenti  nell'ipotesi di reato impossibile; 3) nullita' ed illegittimita'  del  sequestro per mancanza del fumus commissi delicti in ordine al  reato  di  cui  all'art.  635  cpv  c.p. ed assoluta  mancanza  e  manifesta  illogicita' della motivazione dell'impugnata ordinanza sul punto, per  carenza  dell'elemento soggettivo del reato (dolo),  atteso  che  ne'  prima  ne'  durante l'esecuzione dei lavori la Curia aveva  in  alcun  modo  manifestato  dissenso  alla  realizzazione  dell'impianto,  pur  informata  dell'iniziativa dell'ENEL a seguito della Convenzione  con  la  Regione  Puglia; 4) nullita' ed illegittimita' del sequestro  per  mancanza  del  periculum in mora, ed assoluta  mancanza  e  manifesta  illogicita'  della  motivazione dell'impugnata ordinanza  sul  punto,  parche', non essendo i lavori proseguiti dopo la diffida della Curia,  non  si  comprende  quali altri reati potrebbero essere  commessi  in  assenza  del vincolo cautelare, ne' puo' temersi la messa in funzione  dell'impianto, in quanto lo stesso non e' stato ancora  ultimato;  5)  abnormita',  nullita'  ed illegittimita' del sequestro,  nella  parte  concernente  lo  smontaggio  immediato  dell'impianto,  ed   assoluta  mancanza  e  manifesta  illogicita' della motivazione  dell'impugnata  ordinanza sul punto, quantunque tale ordine sia stato successivamente  sospeso  dal  G.I.P.,  in quanto comunque, fino alla  permanenza  del  vincolo,  l'impianto  non potrebbe essere messo  in  funzione  e  "un  sequestro che comportasse la distruzione della res perderebbe la  sua  natura  e  la  sua  finalita' e si trasformerebbe  in  un  ordine  di  demolizione,  tanto intempestivo, quanto illegittimo", anche  perche'  l'art.  59  L.  n.  1089/1939 (ora art. 131 D.Lvo  n.  490/1999)  non  conferisce  al giudice penale il potere di ordinare, neppure  in  via  suppletiva, rimozioni o intervento sui beni.

 All'odierna udienza, il difensore propone un nuovo motivo di ricorso,  ex  artt.  311,  comma  4,  e 325, comma 3, c.p.p.:  inosservanza  di  disposizioni  processuali previste a pena  di  nullita'  (artt.  309,  commi 9 e 10, 322, 324, comma 7, c.p.p. in relazione agli artt.  178,  lett. "c", e 606, comma 1 lett. "c" ed "e", c.p.p.), nonche' mancanza  e  manifesta illogicita' della motivazione sul punto. Assume, invero,  il ricorrente che, tra gli atti utilizzati dal G.I.P. per l'emissione  della misura cautelare e trasmessi al Tribunale del riesame, non  era  stata  inserita  la  copia  del progetto esecutivo,  approvata  dalla  Soprintendenza, sebbene potesse avere valore decisivo ai  fini  della  pronunzia, donde la nullita' dell'ordinanza impugnata.

 Indi il P.G. e la difesa concludono come sopra riportato.

 Il ricorso merita accoglimento nei limiti appresso indicati.

 La prima doglianza e' inammissibile per carenza di interesse. Infatti  il   Tribunale   ha   escluso   l'astratta   configurabilita'   della  contravvenzione prevista dall'art. 733 c.p., e proprio per le ragioni  poste a base del ricorso dell'indagato. Cio' nondimeno ha ritenuto di  respingere  la  richiesta  di  riesame, finalizzata  all'annullamento  della  misura  cautelare,  ritenendo  quest'ultima  giustificata   in  relazione agli altri due reati ipotizzati dal G.I.P..

 Il provvedimento del Tribunale quindi e', sul punto, correttamente  e  congruamente motivato, ne' comporta alcuna nullita' il fatto che  nel  dispositivo  non  vi  sia  traccia di tale  argomentazione,  giacche'  questo  ha  ad  oggetto  soltanto la conferma o  meno  del  sequestro  preventivo,  determinazione in ordine alla quale non  rileva  se  una  delle ragioni per cui venne adottata la misura sia stata poi ritenuta  insussistente, ferma restando la fondatezza delle altre.

 La  seconda  doglianza,  relativa  alla  configurabilita'  del  reato  previsto dagli artt. 11 e 59 L. n. 1089/1939 si articola, come  sopra  ricordato, in tre censure.

 Rileva,  innanzi tutto, il Collegio che, per quanto concerne il  caso  in  esame, la nuova formulazione della norma ad opera del Testo unico  in  materia  di  beni culturali ed ambientali (D.Lvo n.  490/1999)  -  contrariamente  all'assunto  del  ricorrente  -  nulla  ha   innovato  rispetto  alla  vecchia disciplina; infatti anche  l'art.  11  L.  n.  1089/1933  vietava  - come l'attuale art. 118 - gli  interventi,  sui  beni  vincolati, non preceduti dalla prescritta autorizzazione, senza  prevedere   il   caso  di  esecuzione  delle  opere  in   difformita'  dall'autorizzazione  regolarmente  rilasciata,  per  cui   la   nuova  disciplina non incide sulla fattispecie in esame.

 Ma  la  questione e' un'altra. Non si tratta, - invero, di  stabilire  se, in presenza di autorizzazione, sussista la contravvenzione de qua  qualora le opere realizzate non siano conformi alla stessa, bensi' di  verificare   se   possa  considerarsi  sussistente  un'autorizzazione  "condizionata", nell'ipotesi in cui la condizione non si verifichi, e  cioe'   quale  sia  la  sorte  -  tornando  al  caso  in  esame-   di  un'autorizzazione  subordinata  ad un determinato  comportamento  del  destinatario di essa, quando questo non venga posto in essere.

 Secondo  il  Tribunale, l'autorizzazione ottenuta dall'E.N.E.L.  deve  considerarsi  inefficace,  in quanto, in  sede  di  approvazione  del  progetto  esecutivo, la Soprintendenza l'aveva sottoposta a specifica  condizione,  e  cioe' quella di verificare "prima di  procedere  alla  definitiva   collocazione  di  linee  di  alimentazione   e/o   corpi  illuminanti,...  l'effettiva necessita', sia in termini  quantitativi  che  di  compatibilita' formale rispetto alle anzi dette peculiarita'  monumentali'",   ribadendo   successivamente,   in    occasione    di  sopralluoghi,   che   "ogni   fase  dell'intervento   doveva   essere  preventivamente concordata con questa Soprintendenza".

 Pertanto,   non   avendo  l'E.N.E.L.  ottemperato  a   tale   obbligo  condizionante,  l'autorizzazione  deve  ritenersi  inefficace,  donde  l'ipotizzabilita' del reato.

 Ricorda il Collegio che, in tema di sequestro preventivo, la verifica  delle condizioni di legittimita' della misura cautelare, da parte del  Tribunale  del  riesame  e  di questa Corte,  non  puo'  tradursi  in  anticipata  decisione della questione di merito,  dovendosi  limitare  alla  verifica  della  compatibilita' tra la fattispecie  concreta  e  quella   legale  ipotizzata,  mediante  una  valutazione  prioritaria  dell'antigiuridicita'  penale del fatto  (SS.UU.,  7  novembre  1992,  Midolini),  ne'  sono  estensibili alle  misure  cautelari  reali  le  condizioni   generali  per  l'applicabilita'  di  quelle   personali,  indicate  nell'art. 273 c.p.p., per cui e' preclusa ogni  valutazione  riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza, alla gravita'  di  essi ed alla colpevolezza dell'indagato (SS.UU., 23 aprile  1993,  Gifuni).

 Cio'   premesso,   si  ritiene  che,  nella  presente   fase,   debba  considerarsi  sussistente il fumus della contravvenzione  ipotizzata,  potendosi condividere l'assunto del Tribunale.

 Infatti,  nel  nulla  osta  per il progetto  di  illuminazione  della Cattedrale  di Trani rilasciato dalla Soprintendenza il 2/8/2000,  si  legge  che  il  "parere favorevole alla realizzazione dei  lavori  in  progetto",  dopo  l'esame degli "elaborati prodotti,  riguardanti  le  modifiche  apportate al progetto esecutivo", e' sottoposto a  diverse  "specifiche   condizioni",   tra  cui   quella   che   l'opportunita'  dell'installazione dei corpi illuminanti delle serie numeriche 20, 40  e  13  resta  subordinata ad una verifica in corso d'opera  da  parte  della Scrivente". Tale formulazione deve essere intesa, ad avviso del  Collegio,  addirittura  nel senso che il parere  favorevole  espresso  dalla  Soprintendenza  non comprende l'installazione  dei  menzionati  corpi illuminanti, giacche' sulla opportunita' di installarli o  meno  l'Ufficio  si  riserva di pronunziarsi a seguito di una  verifica  in  corso d'opera.

 Pertanto,   non   essendo  stata  in  concreto  mai  valutata   detta  "opportunita'"  di installazione, questa - avvenuta,  secondo  quanto  affermano  i  giudici  del merito e non contesta  la  difesa  -  deve  considerarsi   effettuata  senza  autorizzazione,   con   l'ulteriore  conseguenza  dell'astratta configurabilita'  della  violazione  della  normativa del 1939, trasfusa nel recente Testo unico.

 Sotto  il differente profilo, poi, della offensivita' della condotta,  basta  rilevare  che,  secondo  la Soprintendenza,  istituzionalmente  deputata a valutazioni del genere, "le opere eseguite alla Cattedrale  di  Trani...  appaiono contrastare fortemente con le  caratteristiche  monumentali  dell'edificio medievale e della sua cornice  ambientale,  pesando  negativamente ed in maniera eccessiva sulle piu'  elementari  esigenze di fruizione del bene...".

 Passando  alla terza doglianza, relativa alla sussistenza  del  fumus  del  reato  di  danneggiamento, osserva il Collegio che la  questione  assume un rilievo pratico minore, una volta dimostrata - come  si  e'  fatto  nel  caso in esame - l'astratta configurabilita' di  un  altro  reato,  che  comunque legittima la misura. Nondimeno  si  ritiene  la  censura  infondata, non potendo l'ipotizzabilita' del  reato  di  cui  all'art.  635  c.p.  essere esclusa, posto  che,  lo  si  ripete,  e'  inibita,   nella  presente  fase,  ogni  valutazione  riguardo   alla  sussistenza degli indizi di colpevolezza, alla gravita'  di  essi  ed  alla  colpevolezza  dell'indagato, e considerato  che  in  effetti  i  lavori in questione sono stati realizzati senza un formale consenso o  permesso  delle  autorita' ecclesiastiche preposte  alla  gestione  e  tutela  del monumento religioso. Quindi, l'eventuale carenza di  dolo  da parte dell'agente, o anche l'avere il predetto fatto "affidamento"  sul    comportamento   tollerante   della   Curia,    a    conoscenza  dell'esecuzione  dei  lavori,  non  esclude  -  nella  presente  fase  cautelare-  l'astratta configurabilita' del reato di  danneggiamento,  concretizzatosi  in  particolare  nella  foratura  dei  marmi   della  Cattedrale,  nella  collocazione  di  conduttori  elettrici  e  nella  realizzazione  di tutti quegli interventi che hanno in  qualche  modo  inciso sulla struttura o sull'estetica del monumento.

 Riguardo  alla sussistenza delle esigenze cautelari, che  legittimano  il  provvedimento  ex  art.  321 c.p.p.,  messe  in  discussione  dal  ricorrente  (quarta doglianza), esse sono assolutamente evidenti,  ad  avviso  del  Collegio, essendo concreto il pericolo, derivante  dalla  protrazione   della   condotta  illecita,   di   aggravamento   delle  conseguenze  del  reato  e  di  commissione  di  altri  reati,   come  correttamente   evidenziato  dal  Tribunale.   Innanzi   tutto   deve  considerarsi  che,  stando alle asserzioni dello  stesso  ricorrente,  l'impianto  in  questione  non  e'  ancora  completato,  per  cui  il  sequestro  di  esso tende, in primo luogo, ad evitarne l'ultimazione.

 In  secondo  luogo, si rileva che nell'esposto-denunzia  della  Curia  viene   prospettato,  oltre  al  grave  danneggiamento   dell'aspetto  architettonico  dell'immobile,  di  rilevante  pregio   artistico   e  storico, altresi' il "pericolo per la sicurezza degli operatori e dei  visitatori, a causa del rischio di elettrocuzione e di ustioni dovuto  alla   presenza  di  condutture  elettriche  ed  organi   illuminanti  collocati in posizione pericolosa per l'integrita' fisica, in assenza  di  misure  idonee  a  prevenire il rischio di abrasione".  Pertanto,  stando  al  detto esposto, dalla revoca della misura, con conseguente  completamento   ed  utilizzazione  dell'impianto,  potrebbero   anche  derivare  lesioni  colpose  in  danno dei  visitatori  del  complesso  monumentale.

 L'ultima  doglianza, relativa all'ordine di smontaggio dell'impianto,  e'  invece  fondata. Difatti la natura stessa del sequestro,  seppure  preventivo  (e  quindi misura cautelare), esclude la possibilita'  di  imporre  al  destinatario un facere, essendo mirata  al  congelamento  della situazione pericolosa, tanto piu' nel caso in questione, in cui  il  G.I.P. ha ritenuto di sospendere l'esecuzione dell'ordine proprio  al  fine  di consentire alla Soprintendenza di compiere le necessarie  verifiche  sull'impianto. Ne' il provvedimento sospensivo del  G.I.P.  fa  venir  meno  l'interesse del ricorrente,  giacche'  trattasi  pur  sempre  di  provvedimento di natura provvisoria, che  paralizza  solo  temporaneamente l'ordine, privandolo di efficacia, ma non lo  elimina  in radice.

 La  gravata  decisione,  cosi'  come il provvedimento  originario  di  sequestro,  devono, dunque, sul punto essere annullati, con  elisione  della detta statuizione.

 Va, infine, rilevata l'infondatezza del motivo nuovo, prospettato  in  udienza   dalla  difesa.  Invero  sia  il  Tribunale,  nell'ordinanza  impugnata,  sia il ricorrente, nell'atto di impugnazione,  danno  per  scontato che il progetto esecutivo dell'impianto di illuminazione  in