Una particolare sentenza del Consiglio di Stato riguardo all’art. 167 D.Lgs. 42/2004
(nota a Cons. Stato, Sez. VI, n° 2250/2020)

di Massimo GRISANTI

1.-    Con la sentenza n° 2250 depositata il 06 aprile 2020, la VI^ Sezione del Consiglio di Stato (Pres. Santoro, Est. Lageder) ha stabilito che l’art. 167 d.lgs. 42/2004 non preclude il conseguimento dell’autorizzazione paesaggistica a sanatoria per opere che, sotto il profilo urbanistico-edilizio, non integrano superficie utile oppure costituiscono volumi tecnici.
2.-    Il caso deciso dal Collegio nell’udienza del 17 ottobre 2019 riguarda la realizzazione di una piscina e volumi correlati costruito nell’Hotel Europa di Castellammare di Stabia di proprietà della società Prominvest s.r.l., legale rappresentante sig. Alfonso Cesarano.
3.-    Nella sentenza i Giudici affermano: “… il rinvio ai concetti di volumetria e superficie utile, contenuto nell’art. 167, comma 4, d.lgs. n. 42/2004 – per cui l’autorità preposta alla gestione del vincolo accerta la compatibilità paesaggistica, secondo le procedure di cui al comma 5, nei casi indicati (tra cui, per quanto qui interessa, in relazione a lavori, realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati) –, non può che interpretarsi nel senso di un rinvio al significato tecnico-giuridico che tali concetti assumono in materia urbanistico-edilizia, trattandosi di nozioni tecniche non già specificate dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, ma solo dalla normativa urbanistico-edilizia (v. sul punto, ex plurimis, Cons. Stato, Sez. VI, 31 marzo 2014, n. 1512); ne deriva che non può essere ipotizzato un’accezione in termini a-tecnici o eccedenti il loro significato specialistico per giungere senz’altro alla conclusione di un’astratta preclusione normativa rispetto a una valutazione che va, invece, ragionevolmente espressa in funzione della essenzialità dell’opera che di volta in volta viene in rilievo, in modo da porla in concreta ed effettiva relazione, ai fini del successivo giudizio di compatibilità paesaggistica, rispetto al contesto paesaggistico tutelato (v. Cons. Stato, Sez. VI, 13 maggio 2016, n. 1945) …”.
4.-    < Ex plurimis > è una locuzione dal significato < tra i moltissimi >.
Ebbene, non solo sono esclusivamente tre le sentenze del Consiglio di Stato ove sono espresse le argomentazioni utilizzate dal Collegio (due sono state citate nella sentenza qui criticata: la n° 1512/2014 e la n° 1945/2016; la terza è la n° 5932/2014; tutte della VI^ Sezione), ma addirittura la sentenza n° 1512/2014 è erroneamente utilizzata a conforto delle argomentazioni addotte dal Collegio, atteso che, confermando la sentenza n° 8748/2010 del TAR Campania, Napoli, venne riconosciuta la correttezza del diniego di sanatoria paesaggistica per aumento di volume (torrino scala di 3 mq) così esprimendosi: “… essendo il concetto di “volume” incidente a fini paesaggistici autonomo rispetto a quello rilevante ai fini edilizi e non potendo essere l’abuso considerato “volume tecnico” …”.
Quindi non vi è chi non veda come non sia centrato l’utilizzo della locuzione ex plurimis, visto che finisce per far pensare ai cittadini comuni e agli operatori del settore che esista, contrariamente al vero, un vero e proprio orientamento in tal senso nella giurisprudenza del supremo consesso amministrativo (e non sole due sentenze isolate).
5.-    Invece, sono moltissime le pronunce del Consiglio di Stato ove viene affermato l’opposto ovverosia che stante la diversità del bene giuridico tutelato (ordinato assetto del territorio – integrità del paesaggio) non è possibile mutuare concetti propri dell’edilizia per valutare la compatibilità paesaggistica: e precisamente ventisette (Consiglio di Stato, Sez. I, n° 702/2020; Sez. VI, n° 650/2020; Sez. VI, n° 3916/2019; Sez. I, n° 407/2019; Sez. II, n° 310/2019; Sez. II, n° 253/2019; Sez. VI, n° 470/2019; Sez. II, n° 190/2019; Sez. II, n° 43/2019; Sez. VI, n° 6904/2018; Sez. VI, n° 5466/2018; Sez. VI, n° 5464/2018; Sez. VI, n° 5463/2018; Sez. VI, n° 5245/2018; Sez. II, n° 1537/2017; Sez. II, n° 1218/2016; Sez. II, n° 523/2016; Sez. VI, n° 3289/2015; Sez. II, n° 2908/2014; Sez. IV, n° 4290/2014; Sez. V, n° 3952/2014; Sez. V, n° 3074/2014; Sez. VI, n° 4079/2013; Sez. VI, n° 1671/2013; Sez. VI, n° 5066/2012; Sez. II, n° 3807/2012; Sez. VI, n° 3578/2012).
6.-    L’orientamento fu inaugurato dalla VI^ Sezione con la sentenza n° 3578, adottata nell’udienza del 29 maggio 2012, depositata il successivo 20 giugno 2012, dal collegio presieduto da Maruotti, estensore Scanderberg, affermando: “… In ogni caso, ed il rilievo appare di per sé assorbente e decisivo, nella prospettiva della tutela del paesaggio non è rilevante la classificazione dei volumi edilizi che si suole fare al fine di evidenziare la neutralità, sul piano del carico urbanistico, dei cosiddetti volumi tecnici. È pacifico infatti che tale distinzione si rivela inconferente sul piano della tutela dei beni paesaggistici: le qualificazioni giuridiche rilevanti sotto il profilo urbanistico ed edilizio non hanno rilievo, quando si tratti di qualificare le opere sotto il profilo paesaggistico, sia quando si tratti della percezione visiva di volumi, a prescindere dalla loro destinazione d’uso, sia quando comunque si tratti di modificare un terreno o un edificio, o il relativo sottosuolo. La circolare ministeriale citata dall’appellante (del Ministero dei lavori pubblici del 31 gennaio 1973, n. 2474, e che, in base ad un parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, inserisce tra i volumi tecnici ai fini del calcolo della volumetria assentibile solo i volumi strettamente necessari a contenere e a consentire l’accesso di quelle parti degli impianti tecnici che non possono per esigenze di funzionalità degli impianti trovare luogo entro il corpo di fabbrica dell’edificio realizzabile nei limiti imposti dalle norme urbanistiche), a parte ogni considerazione sulla impossibilità che essa limiti l’applicazione delle sopravvenute disposizioni legislative, già a suo tempo aveva colto il principio per cui la nozione di ‘volume tecnico’ rileva ai soli fini urbanistico-edilizio, avendo specificato che “la sistemazione dei volumi tecnici non deve costituire pregiudizio per la validità estetica dell’insieme architettonico”. Pertanto, la natura del volume edilizio realizzato (sia o meno qualificabile come volume tecnico) non rileva sul giudizio di compatibilità paesaggistica ex post delle opere: la nuova volumetria, quale che sia la sua natura, impone una valutazione di compatibilità con i valori paesaggistici dell’area (che deve compiersi da parte della autorità preposta alla tutela del vincolo, ovvero dalla competente Soprintendenza in sede di redazione di un suo parere), mentre sono radicalmente precluse autorizzazioni postume per le opere abusive che abbiano comportato la realizzazione di nuovi volumi (art. 167 d.lgs. cit.) …”.
7.-    Concludendo, forse sarebbe stato opportuno che i Giudici avessero investito della questione l’Adunanza Plenaria, visto che la tutela del paesaggio merita anche forme di tutela anticipate, così evitando il formarsi di un vero orientamento contrapposto a quello esistente. Sicuramente la pronuncia segnalata non aiuta gli enti locali nel contrasto all’abusivismo edilizio.