Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 7440 del 12 ottobre 2010
Beni Ambientali Ente Parco. Il silenzio-assenso ex art. 13 della L. n. 394 del 1991 non si applica alle procedure di sanatoria di opere già realizzate.

L’art. 13 della L. n. 394 del 1991 dispone che “il rilascio di concessioni o autorizzazioni relative ad interventi, impianti ed opere all’interno del parco è sottoposto al preventivo nulla osta dell’Ente parco. Il nulla osta verifica la conformità tra le disposizioni del piano e del regolamento e l’intervento è reso entro sessanta giorni dalla richiesta. Decorso inutilmente tale termine il nulla osta si intende rilasciato”. Appare evidente, ad avviso del Collegio, che la norma contempli una ipotesi di nulla osta preventivo, da richiedere prima che sia stata realizzata qualsiasi costruzione.
Nel caso di specie, invece, nell’ambito di una procedura in sanatoria, per ampliamenti già realizzati, per la quale il silenzio non poteva avere valore di assenso, stante il disposto dell’art. 20 comma 9 del DPR n. 380 del 2001, secondo cui, relativamente al permesso di costruire(e, quindi, anche al permesso di costruire in sanatoria)”Decorso inutilmente il termine per l’adozione del procedimento conclusivo, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio- rigetto”. Ritiene, quindi, il Collegio che l’ipotesi di silenzio assenso di cui all’art. 13 della L. n. 394/91 non possa trovare applicazione nel caso di specie, sia perché, come già detto, riferito al caso di opere ancora da realizzare e inapplicabile in caso di procedure di sanatoria di opere già realizzate, sia per la valenza eccezionale, stabilita dall’art. 20 comma 4 della L. n. 241 del 1990, delle ipotesi di silenzio assenso in materia ambientale e paesaggistica, con esclusione, quindi, di una loro applicazione analogica, così come correttamente sostenuto dalle difese dell’Ente Parco appellato. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 07440/2010 REG.SEN.

N. 07442/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 7442 del 2009, proposto da:
Stefano Cuneo, rappresentato e difeso dall'avv. Fabio Lorenzoni, con domicilio eletto presso Fabio Lorenzoni in Roma, via del Viminale, 43;

contro

Ente Parco Regionale dei Castelli Romani, rappresentato e difeso dall'Avvocatura, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE II BIS n. 04450/2009, resa tra le parti, concernente RILASCIO NULLA OSTA PER CIVILE ABITAZIONE OGGETTO DI SANATORIA.

 

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ente Parco Regionale dei Castelli Romani;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 giugno 2010 il Cons. Anna Leoni e uditi per le parti gli avvocati Lorenzoni e l'avv. dello Stato Volpe;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1. L’ing. Stefano Cuneo con istanza del 23 febbraio 1995 richiedeva al Comune di Castel Gandolfo il rilascio di una concessione edilizia in sanatoria per gli abusi realizzati prima dell’entrata in vigore della L. n. 47 del 1985 nella costruzione dell’immobile sito in via spiaggia del Lago n.24, pervenuto allo stesso in proprietà per successione, provvedendo all’uopo al versamento dell’oblazione e all’integrazione della documentazione per la predetta domanda.

Successivamente, con provvedimento della Provincia di Roma, Assessorato alle politiche all’agricoltura, all’ambiente, caccia e pesca del 13 marzo 2006, prot. n. 32691, il medesimo otteneva il nulla osta di competenza, trattandosi di opere incidenti su aree sottoposte a vincolo idrogeologico.

Nel frattempo, con istanza del 10 dicembre 2004, richiedeva all’Ente Parco Regionale dei Castelli romani il rilascio di nulla osta preventivo, ai sensi dell’art. 28 della L.R. n. 29 del 1997.

Decorsi sei mesi dalla domanda stessa, l’Ufficio tecnico dell’Ente Parco con nota del 30 giugno 1995 richiedeva l’acquisizione del parere e/o autorizzazione PTP n. 9.

Il ricorrente ha poi richiesto al Comune di Roma , subdelegato alle funzioni amministrative in materia di tutela ambientale, il parere ai fini ambientali per le opere abusive realizzate.

In data 15 dicembre 2005 il Responsabile dell’area tecnica del Comune di Castel Gandolfo trasmetteva al ricorrente e alla Soprintendenza per i beni ambientali ed architettonici del Lazio il parere favorevole alla realizzazione di interventi sugli edifici esistenti oggetto di condono ex art. 39 L.n. 724 del 1994(divenuto definitivo per mancato annullamento da parte della Soprintendenza entro 60 giorni).

In data 18 dicembre 2006 veniva rilasciato anche il permesso di costruire in sanatoria ai sensi della L. n. 724 del 1994.

Nonostante ciò, l’Ufficio tecnico dell’Ente con nota dell’8 maggio 2007 comunicava motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza ex art. 28 L.R. n. 29 del 1997, ricadendo l’intervento in questione in zona E(zona agricola) del PRG di Castel Gandolfo. ove, ai sensi dell’art.8 L.R. n. 2/84, l’edificazione non poteva superare il limite di 0,3 metro cubo per metro quadrato su lotti minimi di 10.000 mq. Ed, altresì, ricadendo in zona CG13 del PTP Ambito territoriale n. 9, ove l’indice di edificabilità territoriale è stabilito(art. 5, comma 4) in 0,001 mc/mq, ivi compresa l’edificazione esistente.

L’ing. Cuneo con nota del 31 maggio 2007 presentava le proprie deduzioni e documentazioni al riguardo, senza ottenere immediato riscontro.

In data 16 gennaio 2008 L’Ente Parco comunicava al ricorrente il definitivo provvedimento di diniego del nulla osta per civile abitazione AP 11/01/2008 per l’esecuzione delle opere.

2. L’ing. Cuneo ricorreva avanti al TAR del Lazio per l’annullamento del suddetto provvedimento di diniego.

3. Il Tribunale amministrativo respingeva il ricorso sulla scorta delle seguenti argomentazioni:

3.1. Non risulterebbe documentalmente provato che le opere siano state realizzate prima dell’istituzione dell’Ente Parco, avvenuta con L.R. n. 2 del 1984, mentre la domanda ed il progetto volti ad ottenere il N.O. per l’ampliamento dell’immobile sono stati presentati in data 10/12/2004, con successive integrazioni documentali.

3.2. Risulterebbe, altresi’, che la domanda per la concessione in sanatoria è stata presentata in epoca successiva alla istituzione dell’Ente Parco, in data 23/2/94, e riguarderebbe un manufatto realizzato su area sottoposta a vincoli, ricadente in zona agricola di PRG che, in base all’art. 8 della L.R. n. 2 del 1984, istitutiva dell’Ente, subordina l’edificazione al rispetto di specifici limiti costruttivi di cubatura.

3.3. La durata del procedimento svolto dall’Ente non sarebbe tale da comportare l’illegittimità dell’atto impugnato, attesa la fase di integrazione documentale, interruttiva del procedimento stesso, né d’altra parte l’acquisito parere favorevole PTP n. 9 potrebbe superare le ulteriori ragioni che hanno giustificato il diniego, incentrato sulla non conformità dell’intervento alle previsioni del parco e del relativo Regolamento ai sensi dell’art. 28 L.R. n. 29 del 1997. Inoltre, il provvedimento non avrebbe potuto presentare contenuti diversi, attesi gli evidenziati rilievi relativi ai vincoli ricadenti nella zona e al superamento della cubatura degli edifici, non contestati dal ricorrente.

4.. Appella l’ing. Cuneo deducendo i seguenti motivi di ricorso:

4.1. Erroneità e contraddittorietà della sentenza e difetto dei presupposti di fatto e di diritto. Ultrapetizione.

Vi sarebbero agli atti prove della risalenza delle opere eseguite.

4.2. Erroneità in fatto, in quanto vi sarebbe agli atti documentazione fotografica risalente al 1973.

4.3. Altro errore nei presupposti di fatto e di diritto, in quanto la circostanza della presentazione della domanda di sanatoria in epoca successiva all’istituzione dell’Ente Parco non inciderebbe sul potere di nulla osta che, all’epoca delle costruzioni il Parco non aveva. La presentazione della domanda in tale epoca era dovuta al fatto che l’immobile era pervenuto all’appellante in via successoria.

4.4. Erroneità di motivazione e falsa rappresentazione del thema decidendum- Ultrapetizione, in quanto il progetto grafico allegato alla domanda rappresenterebbe solo la specificazione del “costruito” , su cui solo si chiedeva il nulla osta e non atterrebbe alla realizzazione di opere ulteriori e nuove rispetto a quelle già realizzate anteriormente alla istituzione dell’Ente Parco.

4.5. Erroneità in diritto sul potere vincolistico dell’Ente Parco, in quanto il vincolo del Parco non potrebbe essere preclusivo di sanatoria e, quindi, sarebbe improprio il richiamo alla legge istitutiva del medesimo.

4.6. Erroneità della sentenza, apoditticità e carenza di motivazione, omessa pronuncia : le affermazioni del TAR riguardo ai motivi sulla lunghezza del procedimento colliderebbero coi principi di economicità ed efficacia dell’azione amministrativa, del quale il divieto di aggravio del procedimento costituisce concreta applicazione.

4.7. Erroneità della sentenza per omessa o contraddittoria pronuncia. Ultrapetizione. Si ripropone la censura di violazione dell’art. 10 bis della l. n. 241 del 1990, per non avere l’Ente Parco dato riscontro alle osservazioni proposte dal ricorrente.

4.8. Violazione dell’art.13 della L. n. 394 del 1991, in quanto la domanda per il rilascio del nulla osta è stata inoltrata in data 10 dicembre 2004, ma riscontrata solo in data 30 giugno 2005, oltre cioè il termine di 60 giorni, decorso il quale il nulla osta si intende rilasciato(silenzio- assenso).

5. Si è costituito in giudizio l’Ente parco regionale dei Castelli romani, eccependo l’inammissibilità delle nuove prove prodotte(documentazione fotografica) in assenza di motivazione circa le ragioni di loro mancata produzione in I grado.

Inoltre, il nulla osta sarebbe stato richiesto nel 2004, allorchè il Parco era già stato istituito e la P.A. deve valutare la situazione dell’immobile all’atto della domanda.

Si contesta, poi, l’applicabilità dell’art. 10 bis della L. n. 241 del 1990, in quanto il provvedimento avrebbe natura vincolata.

Circa l’applicabilità dell’art. 13 della L. n. 394/91, si richiama, per contestarla, la giurisprudenza europea in materia. Inoltre, trattandosi di richiesta di sanatoria, vi osterebbe il DPR n. 380 del 2001 che, all’art. 20 comma 5, prevede il silenzio- rifiuto.

6. L’appellante ha prodotto memoria difensiva.

7. Il ricorso è stato inserito nei ruoli d udienza del 15 giugno 2010 e trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Viene appellata la sentenza del TAR del Lazio, Sezione II bis, n. 4550/09 con la quale è stato respinto il ricorso proposto dall’ing. Stefano Cuneo avverso il diniego, da parte dell’Ente Parco dei Castelli romani, del nulla osta, ai sensi dell’art. 28 L.R. n. 29/97, sul progetto per la concessione in sanatoria relativa ad abusi commessi su civile abitazione ai sensi della L. n. 724 del 1994.

2. Il ricorso è infondato e va respinto.

2.1. Con il primo dei motivi di appello proposti si contesta l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui agli atti non risulterebbe documentalmente dimostrato che le opere siano state realizzate prima della istituzione dell’Ente Parco, avvenuta con L.R. n. 2 del 1984. Trattandosi di richiesta di nulla osta preventivo per opere realizzate su manufatto ricadente in zona agricola sottoposta a vincoli di edificazione, il TAR ha ritenuto corretto l’operato dell’Amministrazione che ha negato il nulla osta in presenza di superamento dei previsti limiti costruttivi. L’appellante cerca di dimostrare l’erroneità di tal affermazione, anche sulla scorta di una produzione aerofotografica risalente al 1973 volta a documentare l’esatto momento temporale di costruzione delle opere contestate.

Le argomentazioni dell’appellante non convincono, in quanto dirette a dimostrare in via indiretta la tempestività delle opere realizzate, attraverso il richiamo alle stesse effettuato in atti sia di parte sia dell’Ente Parco, laddove ciò che il Tribunale amministrativo ha inteso affermare è che mancava la prova documentale specificamente comprovante l’epoca di ultimazione delle opere

Quanto alla documentazione fotografica, utilizzata nel secondo motivo di appello per sostenere l’erroneità in fatto della sentenza impugnata, tale produzione viene ritenuta inammissibile dall’Ente Parco resistente, con argomentazioni tratte da giurisprudenza della Sezione che il Collegio

ritiene di dover confermare.

Invero, l’art. 345 c.p.c. , la cui applicabilità al processo amministrativo nella sua interezza è stata definitivamente sancita dalla giurisprudenza più recente di questo Consiglio(cfr. Sez. IV, n. 4004 del 2009, n. 306 del 2008 e n. 1122 del 2006; sez. V, n. 2080 del 2008; A.P.n. 14 del 2004) dispone che “ [III]. Non sono ammessi nuovi mezzi di prova e non possono essere prodotti nuovi documenti, salvo che il collegio non li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa ovvero che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile. Può sempre deferirsi il giuramento decisorio “

L’estensione del divieto deve intendersi nella portata individuata da recenti pronunce delle Sezioni Unite della Corte di cassazione (nn. 8202 e 8203 del 2005).secondo cui il divieto di ammissione di nuovi mezzi di prova in appello riguarda anche le prove cd. precostituite, quali i documenti, la cui produzione è subordinata, alla pari delle prove cd. costituende, alla verifica della sussistenza di una causa non imputabile, che abbia impedito alla parte di esibirli in primo grado, ovvero alla valutazione della loro indispensabilità.

Nel caso di specie, non avendo la parte dimostrato la sussistenza di una causa ad essa non imputabile che le abbia impedito di produrre i documenti in questione nel giudizio di I grado, non si rinviene alcuno degli speciali motivi derogatori previsti dall’art. 345 c.p.c., atteso che non può ritenersi che la valutazione, demandata al giudice, circa il requisito della indispensabilità dei documenti nuovi ai fini della decisione della causa, possa consentirgli di derogare a quella funzione di garanzia dell’equilibrio sostanziale delle parti in causa assegnatagli dall’art. 111, comma 2, Cost. (cfr. in termini, dec. IV sez. n. 4004 cit.).

2.2. Con il terzo motivo di appello si sostiene l’erroneità della sentenza nei presupposti di fatto e di diritto, in quanto la circostanza che la domanda di concessione in sanatoria sia stata presentata in epoca successiva alla istituzione dell’Ente, in data 23/2/95 e di seguito integrata, non poteva incidere sul potere di nulla osta che, all’epoca delle costruzioni, l’Ente Parco non aveva. Né, d’altra parte, il ricorrente avrebbe potuto diversamente procedere, essendo entrato in possesso dell’immobile, per successione ereditaria, solo nel 1993, quando ormai era ampiamente scaduto il termine previsto per il condono edilizio dalla L. n. 47/1984.

La censura non può essere condivisa, nella considerazione che la richiesta di nulla osta per un progetto di ampliamento a civile abitazione a sanatoria ex lege n. 724/94, del cui diniego qui si discute, è stata presentata in data 10/12/2004, quando ormai era in vigore la legge istitutiva dell’Ente Parco.

A prescindere da ogni ulteriore considerazione circa la individuazione della data di completamento delle opere realizzate dalla dante causa dell’appellante, è indubbio che l’Amministrazione dovesse valutare la domanda alla luce della normativa vigente al momento della sua presentazione, al fine di valutarne la compatibilità con le prescrizioni regolanti l’area di Parco. Non risultando, agli atti, alcuna prova di richieste di nulla osta precedenti alla istituzione del Parco, non si rinviene alcun motivo per censurare l’operato dell’Ente, a tutela dei pubblici interessi sottostanti.

Inconferente, risulta, quindi, il quarto motivo di ricorso, secondo cui il progetto oggetto di richiesta di nulla osta deve intendersi relativo al “costruito” da parte della originaria proprietaria.

2.3. Con il quinto motivo di ricorso si deduce l’erroneità in diritto della pronuncia per ciò che riguarda l’estensione dei poteri vincolistici dell’Ente Parco, in quanto il vincolo avrebbe la funzione di conservare impregiudicato l’esistente, non quello di rimuovere preesistenze in ipotesi confliggenti con il vincolo sopravenuto. Poiché il vincolo a protezione del Parco è certamente successivo alla realizzazione degli abusi di cui si discute, sarebbe privo di fondamento il richiamo alla legge istitutiva del Parco dei Castelli romani come motivo ostativo all’accoglimento della domanda ex art. 28 L.R. n. 29/97.

La censura non può essere condivisa. Invero, il legislatore regionale, nel confermare la necessità del nulla osta per interventi, impianti ed opere all’interno delle aree protette ha richiamato il procedimento previsto dalla legge quadro sulle aree protette n. 394 del 1991, secondo cui(art.13) il nulla osta serve e verificare la conformità fra le disposizioni del piano e del regolamento e l’intervento.

Non può ritenersi che tale verifica si limiti a fotografare l’esistente(legittimamente o illegittimamente costruito) senza alcuna possibilità di intervento rispetto agli abusi perpetrati e non sanati nell’area protetta, in quanto gli interventi non autorizzati non rilevano ai fini della ricostruzione dell’esistente da mantenere.

In caso di richiesta di sanatoria degli stessi, come nella fattispecie, la verifica di conformità va svolta alla data di presentazione della istanza di nulla osta e non con riferimento alla ipotetica data di realizzazione delle opere, tanto più in assenza di una istanza di nulla osta precedente alla istituzione dell’area protetta.

Poiché l’intervento oggetto di richiesta di sanatoria e relativo nulla osta riguardava incontestatamente un manufatto realizzato su area sottoposta a vincoli, ricadente in zona agricola di PRG, con prescrizione di limiti costruttivi di cubatura e tale circostanza, per pacifica giurisprudenza, impedisce la sanabilità delle opere, in quanto confliggenti con gli interessi idrogeologici, ambientali e paesaggistici, nonché con l’interesse di tutela dell’area protetta coinvolta dagli interventi realizzati, appare evidente, ad avviso del Collegio, la legittimità del diniego di nulla osta opposto dall’Ente Parco alla richiesta in tal senso avanzata dall’appellante.

2.4. Con il sesto motivo di ricorso si deduce l’erroneità della sentenza impugnata per non aver debitamente considerato i restanti motivi di illegittimità enucleati in I grado dall’appellante, tesi a dimostrare l’indebito aggravio del procedimento che urterebbe con i principi di economicità ed efficacia dell’azione amministrativa. In particolare, sarebbe illogica la richiesta di parere PTP n. 9, peraltro non utilizzato in alcun modo, in sede argomentativa di rigetto della istanza di nulla osta.

La censura non può essere condivisa, in quanto l’ eventuale lunghezza del procedimento non può ritenersi ex se in grado di prevalere sulle ragioni di diniego del nulla osta, incentrate sulla non conformità dell’intervento alle previsioni del piano del parco e del relativo regolamento e sulla sua non sanabilità, attesi i vincoli ricadenti sull’area e le incontestate violazioni di cubatura.

Quanto alla richiesta di parere PTP n.9, non se ne può inferire tout court la inutilità e, quindi, la pretestuosità, atteso che la richiesta di nulla osta era comunque finalizzata alla valutazione della conformità dell’intervento edilizio realizzato, nella quale il parere in questione non appare privo di influenza.

2.5. Con il settimo motivo si deduce la violazione dell’art. 10 bis della L. n. 241 del 1990, per non avere l’Ente Parco dato riscontro alle osservazioni presentate dal privato, con violazione dell’obbligo rinforzato di valutarle in sede di adozione del provvedimento finale espresso.

La censura va disattesa, alla luce della giurisprudenza di questo Consiglio, che ha ritenuto che la violazione dell’art. 10 bis della L. n. 241 cit. non produce ex se l’illegittimità del provvedimento finale, dovendo la disposizione sul preavviso di rigetto essere interpretata alla luce del successivo art. 21 octies comma 2 della medesima legge che impone al giudice di valutare il contenuto sostanziale del provvedimento e di non annullare l’atto nel caso in cui le violazioni formali non abbiano inciso sulla legittimità sostanziale del medesimo.

L'art. 21 octies rende, quindi, irrilevante la violazione delle norme sul procedimento o sulla forma dell'atto per il fatto che il contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato(cfr. V Sez. n. 5235/09).

Nel caso in esame, attesa l’inderogabilità dei vincoli che interessavano l’area ed il non contestato superamento delle cubatura degli interventi realizzati, la istanza di nulla osta non poteva comunque essere accolta.

2.6. Con l’ottavo motivo di ricorso l’appellante ripropone la censura di

violazione dell’art. 13 della L. n. 394 del 1991, deducendo che, prevedendo detta disposizione una speciale forma di silenzio- assenso, decorso inutilmente il termine di sessanta giorni senza che l’Amministrazione abbia provveduto espressamente, il nulla osta doveva intendersi rilasciato.

Osserva al riguardo il Collegio che recente giurisprudenza di questo Consiglio(Sez. V, n.6591 del 2008), richiamata da entrambe le parti, a fini contrapposti, ha affermato che l’art. 13 della L. n. 394 del 1991, che prevede una speciale forma di silenzio-assenso, non sia stato abrogato a seguito dell’entrata in vigore delle riforma della L. n. 241 del 1990(L. n. 80/2005).

Infatti, si afferma nella citata decisione. il novellato art. 20 della L. n. 241 del 1990 ha, in primo luogo inteso generalizzare l’istituto del silenzio- assenso, rendendolo applicabile a tutti i procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi, fatta salva l’applicazione delle ipotesi di denuncia di inizio attività, regolate dal precedente art. 19.

Rispetto a tale generalizzazione il comma 4 dell’art. 20 ha introdotto alcune eccezioni in determinate materie, tra cui quelle inerenti il patrimonio culturale e paesaggistico e l’ambiente, che riguardano non l’impossibilità in assoluto di prevedere speciali ipotesi di silenzio assenso, ma l’inapplicabilità della regola generale dell’art. 20 comma 1.

In sostanza, si afferma, la generalizzazione dell’istituto del silenzio assenso non può applicarsi in modo automatico alle materie indicate dall’art. 20 comma 4, ma ciò non impedisce al legislatore di introdurre in tali materie norme specifiche, aventi ad oggetto il silenzio assenso, a meno che non sussistano espressi divieti, derivanti dall’ordinamento comunitario o dal rispetto dei principi costituzionali.

Se, quindi, l’art. 20 comma 4 non impedisce l’introduzione di norme speciali, dirette a prevedere il silenzio assenso anche nelle materie menzionate nel comma 4, non può che ritenersi che eventuali norme speciali preesistenti, quali l’art. 13 della L. n. 394/91, restano in vigore(cfr. dec. cit.).

Le conclusioni cui è pervenuta la giurisprudenza citata e che il Collegio condivide, non possono, tuttavia, giocare, nella fattispecie, a favore della tesi dell’appellante.

Invero, l’art. 13 della L. n. 394 del 1991 dispone che “il rilascio di concessioni o autorizzazioni relative ad interventi, impianti ed opere all’interno del parco è sottoposto al preventivo nulla osta dell’Ente parco. Il nulla osta verifica la conformità tra le disposizioni del piano e del regolamento e l’intervento è reso entro sessanta giorni dalla richiesta. Decorso inutilmente tale termine il nulla osta si intende rilasciato”.

Appare evidente, ad avviso del Collegio, che la norma contempli una ipotesi di nulla osta preventivo, da richiedere prima che sia stata realizzata qualsiasi costruzione.

Nel caso di specie, invece, si contende nell’ambito di una procedura in sanatoria, per ampliamenti già realizzati, per la quale il silenzio non poteva avere valore di assenso, stante il disposto dell’art. 20 comma 9 del DPR n. 380 del 2001, secondo cui, relativamente al permesso di costruire(e, quindi, anche al permesso di costruire in sanatoria)”Decorso inutilmente il termine per l’adozione del procedimento conclusivo, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio- rigetto”.

Ritiene, quindi, il Collegio che l’ipotesi di silenzio assenso di cui all’art. 13 della L. n. 394/91 non possa trovare applicazione nel caso di specie, sia perché, come già detto, riferito al caso di opere ancora da realizzare e inapplicabile in caso di procedure di sanatoria di opere già realizzate, sia per la valenza eccezionale, stabilita dall’art. 20 comma 4 della L. n. 241 del 1990, delle ipotesi di silenzio assenso in materia ambientale e paesaggistica, con esclusione, quindi, di una loro applicazione analogica, così come correttamente sostenuto dalle difese dell’Ente Parco appellato.

3. Per le suesposte considerazioni l’appello va rigettato, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

4. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sez. IV, definitivamente pronunciando in ordine al ricorso in appello indicato in epigrafe, lo rigetta e, per l’effetto conferma la sentenza impugnata.

Condanna la parte soccombente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in Euro 3000,00(tremila/00), oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 giugno 2010 con l'intervento dei Signori:

Giorgio Giaccardi, Presidente

Pier Luigi Lodi, Consigliere

Armando Pozzi, Consigliere

Antonino Anastasi, Consigliere

Anna Leoni, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il Segretario

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 12/10/2010

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

Il Dirigente della Sezione