TAR Campania (SA) Sez. I n.2947 del 31 dicembre 2021
Urbanistica.Convenzione urbanistica e opere di urbanizzazione
 
Anche nell’ipotesi in cui sia stata stipulata una convenzione urbanistica il compimento effettivo delle opere di urbanizzazione non costituisce un’obbligazione sinallagmatica a carico dell’Amministrazione comunale, la quale può quindi sempre pretendere il pagamento delle obbligazioni derivanti da tale convenzione, indipendentemente dalla realizzazione delle opere di urbanizzazione


Pubblicato il 31/12/2021

N. 02947/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00021/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 21 del 2019, proposto da Antares, Società Cooperativa Sociale in Liquidazione, in persona del Liquidatore e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Giuseppe Ruocco, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Piera Ruocco in Salerno, via Enrico Toti 5;

contro

Comune di Novi Velia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Marcello Giuseppe Feola, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Salerno, via G.V. Quaranta n. 5;

per la dichiarazione di nullità e la risoluzione per inadempimento

- del contratto di cessione in proprietà di un'area edificabile di terreno riferita al lotto compreso nell'area del Piano di Insediamento Produttivo del Comune di Novi Velia individuato con i nn. 5 e 7, comparto 1, f. di mappa n. 3, part. 1993, 1994, 2008, 2009, 2011, 2012, della superficie complessiva di mq 2.608 - contratto redatto per atto pubblico dal Segretario Comunale del Comune di Novi Velia, dott.ssa Maria Citarella, in data 9 luglio 2013, Rep. 958, registrato il 15 luglio 2013 all'Agenzia delle Entrate di Vallo della Lucania (n. 1203 Serie 1^), trascritto ai RR. II. di Salerno il 19 luglio 2013 ai nn. 25788 di Reg. gen. e 21294 di Reg. part. e stipulato, a mezzo dei rispettivi rappresentanti, dal Comune di Novi Velia, in qualità di cedente, e la Società Cooperativa Sociale ANTARES, in qualità di acquirente, a seguito di concorso pubblico bandito dal Comune con conseguente acquisizione di posizione utile nella successiva graduatoria e preventiva determina di immissione in possesso n. 104 del 4-12-2008 del responsabile dell'U. T. C. del Comune di Novi Velia – Azione di condanna del Comune di Novi Velia al risarcimento del danno emergente e del lucro cessante in tema di giurisdizione esclusiva amministrativa.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Novi Velia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 ottobre 2021 il dott. Pierangelo Sorrentino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1 – La ricorrente società Antares, cooperativa sociale in liquidazione, ha agito innanzi a questo T.A.R. chiedendo che sia dichiarato il grave inadempimento del comune di Novi Velia nell’esecuzione del contratto di cessione in proprietà di un’area edificabile di terreno riferita al lotto compreso nell’area P.I.P. del Comune (di mq 2.608), assegnatole a seguito di concorso pubblico indetto con bando del 10 luglio 2008 (determina di immissione in possesso n. 104 del 4.12.2008 del responsabile dell’U.T.C. di Novi Velia).

1.1 – Su tale presupposto ha inoltre chiesto che il contratto sia dichiarato nullo, venendo in rilievo un’ipotesi di aliud pro alio e, comunque, che ne sia dichiarata la revoca o la risoluzione ex art. 1453 c.c., con conseguente condanna del comune di Novi Velia al risarcimento del danno subito, liquidando in suo favore la somma di € 124,978,55 a titolo di esborsi fatti per l’acquisto di cui al risolto contratto e l’ulteriore somma di € 124.978,55 a titolo di ulteriori danni emergenti e, a titolo di lucro cessante, una somma di denaro da quantificarsi in via equitativa.

2. – Costituitosi in giudizio, il comune di Novi Velia ha preliminarmente eccepito il difetto di giurisdizione del G.A. e, nel merito, ha chiesto la reiezione del ricorso per infondatezza.

3 – Sostiene la società ricorrente che il grave inadempimento del Comune di Novi Velia sarebbe stato determinato dalla mancata realizzazione delle opere di urbanizzazione nell’area P.I.P. ove insiste il lotto ceduto, alla quale l’ente sarebbe stato tuttavia vincolato “come da Bando pubblico, Regolamento e da Contratto di trasferimento [del 9 luglio 2013] che includevano nel prezzo di acquisto il costo di dette opere”, nonché dall’assenza di ogni provvedimento sulla richiesta concessione edilizia del 29.05.2009 e del 15.04.2010 in ragione dell’omesso riscontro, da parte del comune, della richiesta del S.U.A.P. Cilento finalizzata ad acquisire una relazione ambientale ex art. 146 del d.lgs. 42/04 in relazione alla richiesta di Provvedimento Autorizzativo Unico per la realizzazione della prevista casa albergo per anziani da parte della cooperativa ricorrente, circostanze che avrebbero reso di fatto “inedificabile” il lotto ceduto, “snaturandone la funzione convenzionale e urbanistica procedimentale”.

3.1 – Per un verso, infatti, la condotta gravemente inadempiente del comune si porrebbe in contrasto con gli obblighi di buona fede nelle trattative (art. 1337 c.c.), in pendenza della condizione (art. 1358 c.c.), nell’interpretazione del contratto (art. 1366 c.c.) e nell’esecuzione del contratto (art. 1375 c.c.), avendo il Comune proceduto alla vendita (nel 2013) di un lotto edificabile che tale non era giacché inserito in un’area rimasta di fatto priva di opere di urbanizzazione e rimasta sfornita della necessaria concessione edilizia, non avendo l’amministrazione provveduto sulla relativa richiesta avanzata dalla società (nel 2009); per altro verso, la non edificabilità di tale appezzamento, verificatasi per fatto e colpa del cedente Comune, avrebbe determinato la nullità assoluta del procedimento di concessione e del procedimento convenzionale di cessione in proprietà, configurandosi un’ipotesi di aliud pro alio, con conseguente diritto alla risoluzione del contratto ex art. 1453 c.c. e al risarcimento del danno, da quantificarsi, quanto al danno emergente, in € 124.978,55 (di cui € 122.576,00 solo per il prezzo di acquisto) da aggiungersi al ristoro dovuto per il tempo e le energie impiegate nelle trattative, nella partecipazione al concorso unitamente ai costi del procedimento, compresa la presentazione e redazione del progetto esecutivo per la costruzione della progettata “casa-albergo per anziani”, mentre, quanto al lucro cessante (correlato all’immobilizzo del capitale corrispondente alla cifra di acquisto del lotto per un periodo così lungo, dai mancati affari e dal mancato rendimento), trattandosi di pregiudizi che non possono essere provati nel loro preciso ammontare, la quantificazione andrebbe effettuata in via equitativa ex ai sensi dell’art. 1226 c.c.

4 – All’udienza pubblica del 6 ottobre 2021 la controversia è stata trattenuta in decisione.

5 – Va preliminarmente osservato che, contrariamente a quanto predicato dalla resistente amministrazione, sussiste, con riguardo alla presente controversia, la giurisdizione del G.A.

5.1 – Non coglie nel segno, infatti, il rilievo che esclude la natura di convenzione urbanistica del contratto del 2013 stipulato tra le parti in controversia non essendo, secondo la ricorrente, nel caso di specie, “il privato assegnatario del lotto […] anche onerato della esecuzione di opere a beneficio della collettività (es. opere di urbanizzazione) da cedere poi alla p.a.”, con la conseguenza che l’atto convenzionale non assumerebbe alcuna funzione attuativa delle previsioni urbanistiche e, per tale ragione, non sarebbe riconducibile al novero delle relative convenzioni, presentando un contenuto “solo edilizio”.

5.2 – L’osservazione, incentrata sul mero contenuto testuale del contratto, trascura di considerare il decisivo argomento che il suddetto contratto di cessione del lotto del 9 luglio 2013 è invero l’atto terminale e conclusivo di un intero procedimento ad evidenza pubblica al quale ha partecipato la ricorrente e che la controversia riguarda questioni strettamente correlate a provvedimenti amministrativi (cessione di beni pubblici, convenzione tra comune e concessionario o acquirente, concessione edilizia) costituenti esercizio di poteri autoritativi fino a quando non sia realizzata la finalità pubblicistica cui la cessione è diretta, che rientrano in tale giurisdizione alla stregua dell'art. 133, co. 1, lett. b), del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, investendo, altresì, il buon governo del territorio ed il suo uso, anch'essi riservati alla medesima giurisdizione giusta la lettera f) del primo comma della citata disposizione (ex multis Cass. Sez. Un., 5 ottobre 2016, n. 19914).

5.3 – La controversia, come quella all’esame del Collegio, concernente la domanda di nullità dell’assegnazione, trasfusa in un atto di compravendita, di un lotto ricompreso in un piano per insediamenti produttivi (P.I.P.) e la richiesta risarcitoria da condotta omissiva della P.A., in tesi contrastante con il dovere di assicurare l’idoneità del bene assegnato rispetto allo scopo per il quale era stato inserito nel piano, è devoluta, pertanto, alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (T.A.R. Salerno, sez. II, 8 novembre 2021, n. 2359), venendo in rilievo un “accordo sostitutivo” del provvedimento per il quale, come è noto, l’art. 11, comma 5, della n. 241 del 1990 (e il cit. art. 133 c.p.a.) prevede la giurisdizione esclusiva del G.A., estendendo siffatta giurisdizione a tutte le controversie relative alla formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi medesimi (Cass., Sez. Un., 28 luglio 2021, n. 21652; Cass. Sez. Un., 9 gennaio 2013, n. 306; Cons. Stato, Sez. IV, 16 febbraio 2011, n. 1014; T.A.R. Salerno, sez. I, 20 settembre 2012 n. 1939).

6 – Ciò posto, venendo al merito della controversia, il Collegio è dell’avviso che non sussistano i presupposti per l’accoglimento del ricorso.

7 – Il grave inadempimento, nella prospettazione della ricorrente, sarebbe consistito, come accennato, nella mancata realizzazione delle opere di urbanizzazione del P.I.P., nonostante il versamento della somma prevista nel contratto di cessione, e nella condotta inerte serbata dal comune sull’istanza di concessione edilizia presentata dalla società ricorrente.

7.1 – Quanto alla mancata realizzazione, da parte dell’ente comunale, delle opere di urbanizzazione, deve anzitutto osservarsi che nessun obbligo in tal senso è espressamente contemplato nel contratto del luglio 2013, il quale si limita a richiamare il Regolamento per la concessione di aree destinate ad insediamenti di attività produttive, il cui art. 12 (“opere di urbanizzazione”) dispone in proposito che “le opere di urbanizzazione primaria e secondaria, previste nelle aree P.I.P., sono realizzate dalla amministrazione comunale attraverso i piani di attuazione”.

7.2 – Il bando del comune del 10 giugno 2008 per l’assegnazione in proprietà delle aree ubicate nel P.I.P., invocato dalla ricorrente, dispone, invece, che “il prezzo di assegnazione della cessione in proprietà è fissato in € 45,00 (quarantacinque/00) al mq comprensivo di costo terreno ed oneri di urbanizzazione” (e non, come erroneamente riportato in ricorso […] in € 45,00 (quarantacinque/00) al mq comprensivo di costo terreno ed opere di urbanizzazione”).

7.3 – La differente formulazione della disposizione (rispetto a quella indicata in ricorso) non è di poco momento e assume, all’evidenza, significativa rilevanza nel caso che occupa giacché il richiamo agli “oneri di urbanizzazione”, quale componente causale del prezzo pattuito, induce a ritenere che la realizzazione delle “opere di urbanizzazione” non assuma natura di obbligo contrattuale, non trovando la sua fonte costitutiva nell’atto convenzionale di cessione della proprietà del luglio 2013 (e nemmeno nel bando).

7.4 – Se così è viene meno, allora, trattandosi di un obbligo che trova la sua fonte aliunde – ossia direttamente nella legislazione urbanistica ed edilizia –, il presupposto del dedotto, grave inadempimento dell’ente comunale, costituito dalla sinallagmaticità della prestazione che si assume non eseguita, che nella specie non appare neanche in astratto configurabile, venendo in rilievo un obbligo ex lege e non ex contractu.

7.5 – Sotto altro profilo va posto in risalto che, nel caso concreto, non esiste nemmeno un termine prefissato per l’adempimento della presunta obbligazione, del quale possa dedursi la scadenza.

7.5.1 – L’obbligo, di stampo prettamente pubblicistico, di realizzare le opere di urbanizzazione primaria e secondaria del P.I.P., gravante sul Comune alla stregua dei principi della legislazione urbanistica ed edilizia – il cui preteso inadempimento è peraltro fermamente contestato in giudizio dall’ente comunale, che ha dichiarato di aver “realizzato le strade di accesso ed interne all’area P.I.P., le fognature, le linee idriche ed elettriche, tanto che da tempo si sono anche insediati degli impianti produttivi, che sono anche in esercizio, finanche in lotti confinanti con quello di proprietà della ricorrente” – non è, in altre parole, sottoposto ad alcun termine tassativo per il suo assolvimento.

7.6 – Deve poi rammentarsi, su un piano più generale, come correttamente osservato dalla difesa comunale, che anche nell’ipotesi in cui sia stata stipulata una convenzione urbanistica, è giurisprudenza del tutto pacifica quella secondo cui il compimento effettivo delle opere di urbanizzazione non costituisce un’obbligazione sinallagmatica a carico dell’Amministrazione comunale (Cons. Stato, Sez. IV, 21 giugno 2021, n. 4766), la quale può quindi sempre pretendere il pagamento delle obbligazioni derivanti da tale convenzione, indipendentemente dalla realizzazione delle opere di urbanizzazione (Cons. Stato, Sez. IV, 11 dicembre 2020, n. 7934; Cons. Stato, Sez. IV, 1 agosto 2018, n. 4743; Sez. II, 10 febbraio 2020, n. 3058).

7.6.1 – Le convenzioni urbanistiche, infatti, sono accordi ad oggetto pubblico con i quali l’Amministrazione realizza esclusivamente finalità istituzionali (Cons. Stato, sez. IV, 26 febbraio 2019, n. 1341). Ne deriva che, poiché i diritti e gli obblighi ivi previsti sono strumentali a dette finalità, anche la convenzione urbanistica non ha una “specifica autonomia e natura di fonte negoziale del regolamento di contrapposti interessi delle parti stipulanti”, bensì si configura come “accordo endoprocedimentale dal contenuto vincolante quale mezzo rivolto al fine di conseguire l'autorizzazione edilizia” (Cass. civ., Sez. I, 17 aprile 2013, n. 9314; cfr., anche, da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 1° agosto 2018, n. 4743, e Cass. civ., sez. II, 10 febbraio 2020, n. 3058).

7.7 – Va allora respinta, sulla scorta di quanto sopra complessivamente osservato, la ricostruzione prospettata dalla ricorrente in termini di aliud pro alio relativamente all’oggetto del contratto di cessione in proprietà del 2013 e, quindi, la domanda di nullità e di risoluzione per grave inadempimento dell’atto convenzionale.

8 – Nemmeno merita accoglimento – a mente dell’art. 30, comma 3, c.p.a. e dell’art. 1227, comma 2, c.c. – la domanda risarcitoria formulata dalla ricorrente sul presupposto della responsabilità precontrattuale dell’amministrazione comunale.

8.1 – La ricorrente risulta aver esperito l’azione di risoluzione per inadempimento e risarcitoria a distanza di circa 6 anni dal tempo di determinazione del danno lamentato (al più tardi nel luglio 2013, a non voler considerare l’immissione nel possesso del lotto del 2008), senza essersi previamente avvalsa del rimedio giurisdizionale ex art. 31 e 117 c.p.a. avverso la denunciata inerzia amministrativa nell’attuazione del P.I.P. e senza alcuna contestazione o diffida stragiudiziale.

8.2 – Con specifico riferimento alla lamentata inerzia del comune nel rilascio della concessione edilizia, richiesta dalla società con atto del 29 maggio 2009, soltanto nel 2016 la ricorrente ha formalizzato una (mera) richiesta di informazioni al comune, di carattere “esplorativo” (cfr. nota del 12 aprile 2016), anche in tal caso senza intraprendere alcuna azione giudiziale, neppure a fronte dell’omesso riscontro della nota, per contestare l’illegittimo silenzio serbato sull’istanza finalizzata al rilascio del titolo edilizio.

8.2.1 – Al riguardo, rammenta il Collegio che, affinché una condotta illecita sia da considerarsi eziologicamente suscettibile di arrecare un danno risarcibile, occorre anche verificare se quest’ultimo non si sarebbe evitato adottando tutti gli accorgimenti imposti dalla legge secondo un canone di ordinaria diligenza, poiché, in caso contrario, l’inerzia dell’amministrazione resistente non sarebbe causativa del predetto danno-conseguenza. Sotto questo profilo, non basta vagliare il comportamento tenuto dall'amministrazione, ma occorre aver riguardo alla vicenda nel suo complesso, onde accertare l'eventuale concorso di altri fattori causali o concausali che possano aver influito, in maniera più o meno determinante, sulla produzione del danno-conseguenza.

8.2.2 – Ebbene, tra i fattori concausali da prendere in considerazione non può trascurarsi il rilievo del concorso del comportamento dello stesso danneggiato in quanto rilevante ai sensi dell'art. 1227, comma 2, c.c., a tenore del quale “il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza”.

Nello stesso senso, l’art. 30, comma 3, c.p.a. stabilisce che, “nel determinare il risarcimento, il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l'ordinaria diligenza, anche attraverso l'esperimento degli strumenti di tutela previsti”.

8.2.3 – Come osservato da Cons. Stato, ad. plen., 23 marzo 2011, n. 3, la regola della non risarcibilità dei danni evitabili con la diligente utilizzazione degli altri strumenti di tutela previsti dall'ordinamento – oggi sancita dall'art. 30, comma 3, c.p.a. – deve ritenersi ricognitiva di principi già evincibili alla stregua di un'interpretazione evolutiva dell'art. 1227, comma 2, cod. civ.

8.2.4 – In particolare, l’obbligo di cooperazione ex art. 1227, comma 2, cod. civ. trova fondamento nel canone di buona fede ex art. 1175 cod. civ. e, quindi, nel principio costituzionale di solidarietà: da ciò deriva che anche le scelte processuali di tipo omissivo possono costituire comportamenti valutabili ai fini della esclusione o della mitigazione del danno laddove si appuri, alla stregua del giudizio di causalità ipotetica, che le condotte attive trascurate non avrebbero implicato un sacrificio significativo ed avrebbero verosimilmente inciso, in senso preclusivo o limitativo, sul perimetro del danno.

8.2.5 – La disciplina recata nel comb. disp. artt. 30, comma 3, c.p.a. e 1227, comma 2, c.c. dimostra, così, di apprezzare la rilevanza eziologica anche dell’omessa reazione processuale all’inerzia dell’amministrazione, al fine di stabilire la sussistenza e la consistenza del danno risarcibile, ossia di escludere la ristorabilità del danno che, secondo un giudizio causale di tipo ipotetico, avrebbe potuto presumibilmente evitarsi mediante gli anzidetti rimedi giudiziali e stragiudiziali.

8.2.6 – In tale prospettiva, il Collegio deve ritenersi chiamato a verificare se nel novero dei comportamenti esigibili dal soggetto leso dall’inerzia dell’amministrazione resistente sia sussumibile anche il tempestivo esperimento di rimedi giurisdizionali propulsivi e/o reintegrativi, nella misura in cui esso sarebbe stato idoneo a scongiurare, in tutto o in parte, il nocumento, secondo il ricordato paradigma della causalità ipotetica basata sul giudizio probabilistico, il cui nesso qualificante può rimanere spezzato dalla condotta processuale dell’interessato, integrante violazione dell’obbligo di cooperazione.

8.2.7 – Ebbene, nella specie, la ricorrente, nonostante la risalenza dell’inerzia dell’amministrazione resistente, non ha esperito rimedi giurisdizionali di sorta prima di instaurare il presente giudizio.

Siffatta condotta omissiva costituisce, ad avviso del Collegio, nel quadro del comportamento complessivo delle parti, dato valutabile ai fini della esclusione della risarcibilità del danno evitabile con l'ordinaria diligenza.

8.2.8 – La circostanza, in definitiva, che la Cooperativa ricorrente non abbia assunto, nel corso degli anni, alcuna iniziativa giudiziale – e nemmeno stragiudiziale, se si eccettua la cit. nota del 2016, contenente solo una richiesta di informazioni concernente le ragioni ostative al rilascio della concessione – per contestare l’inerzia del comune di Novi Velia consente di escludere il nesso causale tra l’affermata illegittimità della condotta omissiva dell’ente comunale e i danni lamentati.

8.2.9 – È infatti senza dubbio predicabile, ad avviso del Collegio, l’esigibilità in capo al privato, nel caso in questione, dell’attivazione dei rimedi giurisdizionali a tutela degli interessi legittimi, essendo nel caso in parola certo o altamente probabile che essi avrebbero evitato o ridotto i danni provocati dalla condotta omissiva del comune di Novi Velia (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 15 settembre 2015, n. 4283; Cons. Stato, Sez. IV, 13 aprile 2016, n. 1459), con la conseguenza che appare contraria a buona fede e all’obbligo di cooperazione la irragionevole scelta della società ricorrente di non attivarsi in alcun modo (Cons. Stato, IV, 22 novembre 201