Cass. Sez. III n. 39164 del 29 ottobre 2021 (UP 21 set 2021)
Pres. Rosi Est. Corbo Ric. Salamone
Beni Ambientali.Compatibilità paesaggistica

L’istituto della “compatibilità paesaggistica” non può trovare attuazione nel caso di lavori non autorizzati che abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati, o che non siano configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria a norma dell’art. 3 d.P.R. n. 380 del 2001. La nozione di superfici utili e di volumetria, inoltre, deve essere individuata prescindendo dai criteri applicabili per la disciplina urbanistica e considerando l'impatto dell'intervento sull'originario assetto paesaggistico del territorio


RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa in data 17 novembre 2020, il Tribunale di Caltanissetta ha dichiarato la penale responsabilità di Salvatore Salamone per il reato di cui all’art. 181 d.lgs. n. 42 del 2004 per aver eseguito lavori in zona sottoposta a vincolo paesaggistico in assenza della necessaria autorizzazione, e lo ha condannato alla pena di 2.000,00 euro di ammenda.
Secondo i giudici di merito, Salvatore Salamone, con condotta protrattasi fino al 21 dicembre 2016, avrebbe commesso il reato precisato realizzando: -) opere di livellamento del fondo di terreno con creazione di terrazzamenti; -) piazzali con pavimentazioni in cemento; -) muretti in pietra e cemento con ringhiere in legno; -) una tettoia in struttura in lamiera zincata, per un’altezza, tra l’altro di circa 4,00 metri; -) un casotto delle dimensioni di 3,00 metri per 2,70 metri ed un’altezza variabile tra i 2,30 metri ed i 3,00, composto da pareti e piano copertura prefabbricati; -) rampe di scale e scalini in materiale cementizio per l’accesso ai piazzali; -) recinzioni del fondo con muretti in pietra e cemento. L’imputato, peraltro, con riferimento agli stessi fatti, è stato assolto dal Tribunale dall’accusa di aver commesso il reato di cui all’art. 44, comma 1, lett. b), d.P.R. n. 380 del 2001, per intervenuto permesso di costruire in sanatoria.

2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello indicata in epigrafe Salvatore Salamone, con atto a firma dell’avvocato Giovanni Cannizzaro, articolato in un unico motivo, con il quale si denuncia violazione di legge e vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., avendo riguardo alla mancata applicazione della causa di estinzione del reato per sopravvenuto accertamento della compatibilità paesaggistica delle opere realizzate.
Si deduce che la condanna è stata illegittimamente pronunciata perché non è stato considerato il dato del sopravvenuto accertamento della compatibilità paesaggistica delle opere realizzate. Si rappresenta, in particolare, che la Regione Sicilia ha ritenuto applicabile alle opere la sanzione della pena pecuniaria e non quella dell’ordine di demolizione, in quanto le stesse «arrecano lieve pregiudizio al paesaggio vincolato» e che il Comune competente ha rilasciato il permesso di costruire a norma dell’art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001. Si osserva che il giudice avrebbe dovuto considerare l’esistenza della disciplina del c.d. “condono ambientale”, introdotta dall’art. 1, comma 36, della legge 15 dicembre 2004, n. 308, e che ha determinato l’inserimento del comma 1-ter nell’art. 181 d.lgs. n. 42 del 2004.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato per le ragioni di seguito precisate.

2. La sentenza impugnata erroneamente non si confronta con l’istituto della inapplicabilità delle sanzioni penale per effetto della c.d. “compatibilità paesaggistica”, prevista dall’art. 183, comma 1-ter, d.lgs. n. 42 del 2004, ma tale istituto non risulta riferibile al caso di specie.
2.1. A norma dell’art. 181, comma 1-ter, d.lgs. n. 42 del 2004, la disposizione incriminatrice di cui al comma 1 del medesimo art. 181, «qualora  l’autorità amministrativa competente accerti la compatibilità paesaggistica secondo le procedure di cui al comma 1-quater», non si applica: «a) per i lavori realizzati in assenza o difformità dell’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati; b) per l’impiego di materiali in difformità dell’autorizzazione paesaggistica; c) per i lavori configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell’art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380».
L’istituto della “compatibilità paesaggistica”, quindi, non può trovare attuazione nel caso di lavori non autorizzati che abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati, o che non siano configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria a norma dell’art. 3 d.P.R. n. 380 del 2001.
La nozione di superfici utili e di volumetria, inoltre, deve essere individuata prescindendo dai criteri applicabili per la disciplina urbanistica e considerando l'impatto dell'intervento sull'originario assetto paesaggistico del territorio (così, tra le tante: Sez. 3, n. 23028 del 24/06/2020, Barzaghi, Rv. 279708-01; Sez. 3, n. 44189 del 19/09/2013, Tognotti, Rv. 257527-01; Sez. 3, n. 889 del 29/11/2011, dep. 2012, Falconi, Rv. 251641-01).
E in applicazione di questo principio, si è affermato che non potevano essere oggetto di accertamento di “compatibilità paesaggistica”: a) un terrapieno, indipendentemente dalla volumetria interna rilevante ai fini urbanistici (Sez. 3, n. 23028 del 2020, cit.); b) due strade di arroccamento ad elevata pendenza (Sez. 3, n. 44189 del 2013, cit.); c) una veranda, due locali seminterrati e le scale necessarie per raggiungerli (Sez. 3, n. 889 del 2012, cit.).  
2.2. La disciplina dell’istituto della “compatibilità paesaggistica” non può essere rimodulata dalle leggi regionali.
Invero, con riferimento alla necessità di autorizzazione paesaggistica, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che le disposizioni introdotte da leggi regionali, anche se approvate da Regioni a statuto speciale, devono rispettare i principi generali stabiliti dalla legislazione nazionale, e conseguentemente devono essere interpretate in modo da non collidere con i detti principi così Sez. 3, n. 46500 del 30/08/2018, C., Rv. 274173-01).
Nella giurisprudenza costituzionale, inoltre, si è recentissimamente precisato che «[i]l principio di prevalenza della tutela paesaggistica deve essere declinato nel senso che al legislatore regionale è impedito non solo adottare normative che deroghino o contrastino con norme di tutela paesaggistica che pongono obblighi o divieti, ossia con previsioni di tutela in senso stretto, ma, altresì, introdurre limiti o condizioni, in qualsiasi forma, senza che ciò sia giustificato da più stringenti ragioni di tutela, le quali possono se del caso trovare riconoscimento anche negli strumenti urbanistici regionali o comunali, tanto più, poi, se dette limitazioni trovino giustificazione in mere esigenze urbanistiche» (così Corte cost. n. 74 del 2021). La Corte costituzionale, del resto, già da tempo ha chiarito che il potere di incidere sulla sanzionabilità penale spetta al solo legislatore statale, cui va
riconosciuta discrezionalità in materia di estinzione del reato o della pena, o di non
procedibilità (cfr., in particolare, Corte cost., n. 70/2005 e, in tema di interventi edilizi, n. 196/2004, n. 327/2000, n. 149/1999 e n. 487/1989).
2.3. Ancora, secondo il costante insegnamento giurisprudenziale, condiviso dal Collegio, il rilascio del provvedimento di “compatibilità paesaggistica” non determina per ciò stesso l’operatività della causa di non applicazione della disposizione penalmente sanzionata di cui all’art. 181, comma 1, d.lgs. n. 42 del 2004, in quanto è comunque riservato al giudice il compito di verificare se sussistono i presupposti di fatto e di diritto dell’istituto estintivo (cfr., tra le tante, Sez. 3, n. 13730 del 12/01/2016, Principato, Rv. 266955-01, e Sez. 3, n. 889 del 29/11/2011, dep. 2012, Falconi, Rv. 251640-01).
Inoltre, ove la sussistenza dei presupposti di fatto e di diritto per l’operatività dell’istituto di cui all’art. 181, comma 1, d.lgs. n. 42 del 2004 non è desumibile dal provvedimento di sanatoria, è comunque onere dell’imputato allegarne l’esistenza (Sez. 3, n. 36454 del 31/05/2019, D’Acunto, Rv. 276758-01).
2.4. Richiamati i principi giuridici applicabili, occorre indicare i lavori eseguiti nella vicenda in esame.
Nella specie, per come puntualmente descritto in sentenza e non contestato nel ricorso, i lavori per i quali è intervenuto il permesso di costruire in sanatoria, previo parere favorevole della Sovrintendenza dei Beni Culturali e della Regione Sicilia, realizzando: -) opere di livellamento del fondo di terreno con creazione di terrazzamenti; -) piazzali con pavimentazioni in cemento; -) muretti in pietra e cemento con ringhiere in legno; -) una tettoia in struttura in lamiera zincata, per un’altezza, tra l’altro, di circa 4,00 metri; -) un casotto delle dimensioni di 3,00 metri per 2,70 metri ed un’altezza variabile tra i 2,30 metri ed i 3,00, composto da pareti e piano copertura prefabbricati; -) rampe di scale e scalini in materiale cementizio per l’accesso ai piazzali; -) recinzioni del fondo con muretti in pietra e cemento.
2.5. In considerazione di quanto precedentemente indicato, deve escludersi l’operatività dell’istituto della “compatibilità ambientale”.
I lavori per i quali è intervenuto il permesso di costruire in sanatoria, previo parere favorevole della Sovrintendenza dei Beni Culturali e della Regione Sicilia, per come indicati in sentenza, infatti, hanno determinato la creazione di superfici utili e volumi, secondo i criteri indicati in precedenza al § 2.1, e non sono qualificabili come interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria a norma dell’art. 3 d.P.R. n. 380 del 2001.
Né, per quanto si è evidenziato in precedenza nei §§ 2.2 e 2.3, può rilevare il rilascio del parere favorevole della Sovrintendenza dei Beni Culturali e della Regione Sicilia.

3. All’infondatezza delle censure segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 21/09/2021