Sez. 3, Sentenza n. 23696 del 20/06/2006 Ud. (dep.
07/07/2006 ) Rv. 234488
Presidente: Vitalone C. Estensore: Grassi A.
Relatore: Grassi A. Imputato: Bo. P.M. Geraci V. (Diff.)
(Dichiara inammissibile, App. Torino, 10 maggio 2005)
BELLEZZE NATURALI (PROTEZIONE DELLE) - IN GENERE - Reato di cui
all'art. 181 D.Lgs. n. 42 del 2004 - Sanzione applicabile -
Individuazione - Fondamento.
In tema di protezione delle bellezze naturali il generico rinvio
all'art. 20 della legge 28 febbraio 1985 n. 47, effettuato dall'art.181
del D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, che ha sostituito l'art. 163 del
D.Lgs. 29 ottobre 1999 n. 490, allo scopo di individuare la sanzione
applicabile alla esecuzione di opere in assenza dell'autorizzazione,
deve intendersi a quella fissata dalla lettera c) del citato art. 20,
non essendo possibile, attesa la differenza sostanziale della tutela
giuridica del paesaggio rispetto alla disciplina edilizia per la
diversità di scopi, di presupposti e di oggetto, alcuna
trasposizione di istituti tra le due discipline ed, in particolare, il
trasferimento di un regime sanzionatorio graduato in relazione a varie
tipologie di interventi edilizi al reato ambientale, per il quale il
"vulnus" all'assetto paesaggistico non è dipendente
dall'entità e dal grado di tali interventi.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. VITALONE Claudio - Presidente - del 20/06/06
Dott. GRASSI Aldo - Consigliere - SENTENZA
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere - N. 1147
Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. SARNO Giulio - Consigliere - N. 31240/2005
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BO LUCIANA, nata a Maranzano il 12 Aprile 1941;
avverso la sentenza della Corte d'Appello di Torino in data 10/05/05;
Visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
Udita la relazione fatta dal Cons. Dott. Grassi;
Udito il P.M., in persona del S. Procuratore Generale Dott. Geraci V.,
il quale ha chiesto l'annullamento, senza rinvio, della decisione
impugnata, essendo il reato estinto per prescrizione;
Ascoltato l'Avv. Stefanetti B., difensore di fiducia della ricorrente.
La Corte Suprema di Cassazione:
OSSERVA
Con sentenza del Tribunale, in composizione monocratica, di Verbania -
sez. Dist. di Domodossola - datata 25/06/01, Luciana Bo veniva
condannata, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti
generiche dichiarate equivalenti alla recidiva contestatale, alla pena
di 10 giorni d'arresto e L. 30.000.000 di ammenda e, con la
sostituzione di quella detentiva nella corrispondente pecuniaria, alla
pena complessiva di L. 30.750.000 di ammenda, quale colpevole della
contravvenzione prevista dal D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, art. 163,
comma 1, della quale era chiamata a rispondere per avere, quale
amministratore unico della "Cattaneo S.p.a." corrente in Trontano,
impresa esecutrice dei lavori, realizzato, in località
"Fabbrica" di Crevoladossola, zona soggetta a vincolo perché
ricadente nella fascia di mt. 150 dal torrente "Diveria", una rampa in
calcestruzzo, lunga circa mt. 26 e larga mt. 4, 90, di collegamento del
fondo rustico di tale Aldo Basile, frattanto deceduto, alla strada
provinciale n. 71/B, senza l'autorizzazione dell'Autorità
preposta alla tutela del vincolo e senza concessione edilizia, come
accertato il 04/01/00.
Con la stessa sentenza veniva dichiarato non doversi procedere, a
carico dell'imputata, in ordine al reato di cui alla L. 28 febbraio
1985, n. 47, art. 20, lett. c), pure contestatole, perché
estinto per intervenuto rilascio di concessione in sanatoria. Contro il
capo di tale decisione concernente la contravvenzione della quale era
stata dichiarata colpevole, la Bo proponeva impugnazione per chiedere
di esserne assolta con formula piena, almeno per mancanza dell'elemento
psicologico del reato, avendo eseguito l'opera di che trattasi nel
corso dei lavori, debitamente autorizzati, di ampliamento della strada
provinciale sopra indicata, il che le aveva fatto ragionevolmente
credere che la sostituzione della vecchia rampa di collegamento del
fondo del Basile alla strada fosse non solo necessaria, ma da ritenersi
compresa nelle autorizzazioni che le erano state rilasciate.
In subordine, l'appellante Chiedeva che il fatto fosse giuridicamente
qualificato come integrante gli estremi del reato di cui alla L. n. 47
del 1985, art. 20, lett. a), che le attenuanti generiche fossero
dichiarate prevalenti sulla recidiva e che la pena infintale fosse
congruamente ridotta.
La Corte d'Appello di Torino, con sentenza del 10/05/0, dichiarava le
attenuanti generiche già riconosciute alla Bo prevalenti
sulla
recidiva alla stessa contestata, riduceva a 6 giorni d'arresto ed Euro
10.400,00 di ammenda la pena inflitta alla medesima che, con la
sostituzione della detentiva in quella pecuniaria corrispondente,
quantificava in complessivi Euro 10.628,00 di ammenda e confermava, nel
resto, la decisione impugnata, affermando e ritenendo, fra l'altro:
a) che la contravvenzione della quale l'appellante è
chiamata a
rispondere costituisce un reato di pericolo presunto che prescinde
dall'accertamento di qualsiasi effettivo pregiudizio per l'ambiente;
b) che la rampa, realizzata in terreno di proprietà privata,
non
poteva essere considerata opera connessa e consequenziale ai lavori di
ampliamento della sede stradale, ne' compresa nelle autorizzazioni
rilasciate alla ditta esecutrice dei lavori, stante l'autonomia di essa;
c) che il documento n. 1, prodotto dal P.M., smentiva in radice la tesi
della buona fede dell'imputata la quale, titolare di un'impresa di
notevoli dimensioni, era certamente a conoscenza del fatto che per la
realizzazione in calcestruzzo della rampa in questione erano necessarie
sia la concessione edilizia, che il nulla - osta
dell'Autorità
preposta alla tutela del vincolo;
d) che il fatto non poteva essere qualificato a norma della L. n. 47
del 1985, art. 20, lett. a), non vertendosi in tema di violazione
edilizia, ma di reato ambientale.
Avverso la sentenza di secondo grado la Bo ha proposto ricorso per
Cassazione e ne chiede l'annullamento per violazione di legge e difetto
di motivazione.
Deduce, in particolare, la ricorrente:
1. che dalla contravvenzione per la quale è stata condannata
avrebbe dovuto essere assolta per intervenuta abrogazione della norma
incriminatrice, ad opera del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42;
2. che il fatto ascrittole non avrebbe rilievo penale perché
l'opera realizzata non sarebbe stata, neppure astrattamente, idonea a
mettere in pericolo l'ambiente, danneggiandolo;
3. che la sanzione applicabile avrebbe dovuto essere quella prevista
dalla L. n. 47 del 1985, art. 20, lett. a), stante che l'opera
asseritamente abusiva costituirebbe mera difformità al
progetto
per l'allargamento della strada provinciale, regolarmente approvato.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è manifestamente infondato e, come tale, deve
essere
dichiarato non ammissibile, con conseguente condanna della ricorrente
al pagamento delle spese processuali e, non vertendosi in ipotesi di
causa di inammissibilità non dovuta a colpa, anche al
versamento, alla Cassa delle ammende, della somma di denaro indicata in
dispositivo, equa in considerazione delle ragioni di palese
infondatezza dell'impugnazione.
L'abrogazione del D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, ad opera del D.Lgs.
22 gennaio 2004, n. 42, art. 184, non incide sull'esistenza del reato
del quale la Bo è stata ritenuta colpevole, essendovi
continuità normativa fra l'art. 163 del primo dei detti
decreti
legislativi e l'art. 181 del secondo il quale, senza soluzioni di
continuo, ha confermato la illiceità penale del fatto
oggetto
del giudizio. La contravvenzione di che trattasi ha natura di reato di
pericolo astratto per la cui configurabilità non
è
necessario alcun effettivo pregiudizio per l'ambiente.
Vero è che dal novero delle condotte penalmente rilevanti
possono escludersi quelle che si presentano astrattamente inidonee a
compromettere i valori del paesaggio, ma è anche vero che
nelle
zone soggette a vincolo era ed è vietata ogni modificazione
dell'assetto del territorio non previamente autorizzata e non
può certo ritenersi che una rampa in calcestruzzo, delle
dimensioni di quella oggetto del processo, non comportasse una
alterazione sostanziale del territorio, in zona sottoposta a vincolo e
fosse astrattamente inidonea a compromettere l'ambiente (v. conf. Cass.
sez. ni pen., 25/02/'03, n. 19761 e 7/02/'03, n. 14461).
Il generico rinvio alla L. 28 febbraio 1985, n. 47, effettuato dal
D.Lgs. n. 490 del 1999, art. 163, ora sostituito dalla D.Lgs. n. 42 del
2004, art. 181, allo scopo di individuare la sanzione applicabile alle
violazioni ivi contemplate, deve intendersi disposto con riferimento
esclusivo alla pena prevista dalla L. n. 47 del 1985, art. 20, lett.
c), non essendo possibile, attesa la differenza della tutela giuridica
del paesaggio rispetto alla disciplina edilizia - in considerazione
della diversità degli scopi, dei presupposti e dell'oggetto
-
alcuna trasposizione di istituti fra le due discipline ed, in
particolare, la applicazione ai reati ambientali di un regime
sanzionatorio graduato, atteso che il "vulnus" all'aspetto
paesaggistico non è dipendente dall'entità e dal
grado
degli interventi abusivi posti in essere in danno di esso (v. conf.
Cass. sez. 3^ pen., 6/06/03, n. 24775).
La manifesta infondatezza del ricorso è ostativa alla
dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione, nonostante
questa si sia maturata in epoca antecedente alla pronuncia della
sentenza impugnata, non essendo stata - detta causa estintiva -
dedotta, ne' rilevata in appello (v. conf. Cass., Sez. Un. Pen.,
22/03/05, Bracale).
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso
proposto da Luciana Bo avverso la sentenza della Corte d'Appello di
Torino in data 10/05/05 e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento, alla Cassa delle Ammende, della
somma di Euro 1.000,00.
Così deciso in Roma, il 20 Giugno 2006.
Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2006
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