Cass. Sez. III n.23071 del 10 giugno 2008 (Ud. 3 apr.2008)
Pres. Altieri Est. Marmo Ric. Oppo
Beni Ambientali. Nozione di bosco ed attività di silvicoltura

In tema di tutela del paesaggio ed al fine di individuare i territori boschivi protetti da vincolo deve qualificarsi come bosco, dopo l\'entrata in vigore del d.lgs 18 maggio 2001, n. 227, ogni terreno coperto da vegetazione forestale arborea associata o meno a quella arbustiva, da castagneti, da sughereti o da macchia mediterranea.
L’ attività di silvicolutura presuppone la conservazione delle colture e non anche la loro eliminazione.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale



Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:


Dott. ALTIERI ENRICO Presidente
l. Dott. ONORATO PIERLUIGI Consigliere
2. " PETTI CIRO Consigliere
3. " FIALE ALDO Consigliere
4. " MARMO MARGHERITA Cons. Relatore

ha pronunciato la seguente:


SENTENZA


sul ricorso proposto da:
OPPO MAURINO N. il 15/04/1959
Avverso SENTENZA del 16/11/2007 CORTE APPELLO di CAGLIARI
Visti gli atti, la sentenza denunziata e il ricorso, Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere dott. MARMO MARGHERITA
Udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. VINCENZO GERACI che ha concluso chiedendo l\'annullamento senza rinvio per condono
Udita la difesa dell\'imputato l\'avvocato ELIO MARIA MELONI che ha chiesto l\'accoglimento del ricorso


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Con sentenza pronunciata i1 27 marzo 2007 il Tribunale di Oristano dichiarava Maurino Oppo responsabile del reato di costruzione abusiva di cui all\'art. 44 del d.p.r. n. 380 del 2001 per avere, in assenza di permesso di costruire, proceduto ad opere edilizie, realizzando in territorio di Paulilatino, località Lampaos, su un appezzamento di terreno di sua proprietà, ricadente in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, un fabbricato ad uso abitativo delle dimensioni di mt. 13,94 x 6,70 con adiacente porticato largo mt. 3 e lungo mt. 13,94, composto da un\'unica elevazione fuori terra, nonché del reato di cui all\'art. 163 del d.lgs n. 490 del 1999 per avere eseguito i lavori senza la preventiva autorizzazione dell\'autorità competente, reati accertati l\'8 ottobre 2003 unificati dal vincolo della continuazione e, ritenuta la continuazione tra i due reati, condannato alla pena di venti giorni di arresto ed C 30.000, 00 di ammenda con ordine di riduzione in pristino.


Con sentenza pronunciata il 16 novembre 2007 la Corte di appello di Cagliari confermava la sentenza impugnata.


Ha proposto ricorso per cassazione l\'Oppo, chiedendo l\'annullamento della sentenza impugnata per i motivi che saranno nel prosieguo analiticamente esaminati


MOTIVI DELLA DECISIONE


Il ricorrente deduce che la sentenza della Corte di merito incorreva nelle medesime censure che erano state svolte con l\'atto di appello contro la sentenza di primo grado e che si traducevano nella doglianza avente ad oggetto l\'inosservanza e l\'erronea applicazione della legge penale, ( segnatamente degli artt. 44 d d.p.r. 380 del 2001 comma 1 lettera c e dell\'art. 163 del d.lgs n. 490 del 1999, oggi art. 181 comma l del d.lgs 42 del 2004 e di altre norme si cui si deve tener conto nell\'applicazione della legge penale), nonché il vizio di motivazione.


In ordine al motivo il Collegio rileva che trattasi di motivo estremamente generico e quindi inammissibile, come del resto riconosce implicitamente lo stesso ricorrente, che lo qualifica come introduzione ai successivi.


Vanno a questo punto esaminati congiuntamente, per ragioni di logica e giuridica connessione, il secondo ed il terzo motivo di ricorso.

Con il secondo motivo il ricorrente deduce che con l\'atto di appello aveva specificato che i terreni di sua proprietà non erano coperti da bosco, sicché non sussisteva alcun obbligo di domandare il preventivo nulla osta paesistico.


Non sussisteva quindi il reato di cui al capo B) e sul punto la sentenza impugnata era carente di motivazione.


Con il terzo motivo il ricorrente rileva che comunque, come aveva specificato nell\'atto di appello, non era coperto da bosco il mappale 17 del foglio 4 sul quale era stato realizzato, in epoca anteriore all\'ottobre del 2003, il fabbricato oggetto di contestazione, mappale che non era stato attraversato dall\'incendio del 2000.


Perciò in ogni caso il reato contestato al capo A art. 44 TU legge n. 380 del 2001, in relazione all\'art. 20 lettera c della legge n. 47 del 1985, doveva essere derubricato nell\'ipotesi più lieve di cui alla lettera b della citata norma, con conseguente declaratoria di estinzione del reato. Il Comune di Paulilatino aveva infatti dato parere favorevole alla domanda di sanatoria del fabbricato presentata dall\'imputato.


Secondo il ricorrente la sentenza impugnata era affetta da vizi di motivazione in quanto non aveva risposto ai rilievi formulati nell\'atto di appello, eludendo il problema della densità della copertura arborea necessaria a ritenere coperto da bosco il terreno dell\'imputato.


Tale vizio di motivazione costituiva la presmessa dell\'erronea applicazione dell\'art. 163 in relazione all\'art 146 lettera g del d.lgs n. 490 del 1999, attualmente dell\'art. 181 comma 1 in relazione all\'art. 142 lettera g del d.lgs n. 42 del 2004 e delle norme ivi richiamate.


Rileva il Collegio che entrambi i motivi sono infondati.


La Corte di merito ha infatti specificato che la zona in cui era stata eseguita la costruzione abusiva, in ragione delle colture arboree in esse esistenti, era naturalmente sottoposta a vincolo boschivo in quanto interamente coperta da sughereta, consociata con roverella, precisando che l\'ispezione dei luoghi aveva evidenziato che erano stati eseguiti lavori sul terreno dal quale erano stati rimossi massi di basalto ed altro materiale roccioso e al contempo estirpati ceppi vitali di sughera, roverella, lentisco, olivastro ed altre piante tipiche della macchia mediterranea che, in precedenza, erano stati danneggiati da un violento incendio e che erano in fase di crescita.

La motivazione della Corte Territoriale risulta quindi conforme al principio affermato da questa Corte ( v. per tutte Cass. pen. sez. 1111 sent. 16 novembre 2006, n. 1874) secondo cui in tema di tutela del paesaggio ed al fine di individuare i territori boschivi protetti da vincolo deve qualificarsi come bosco, dopo l\'entrata in vigore del d.lgs 18 maggio 2001, n. 227, ogni terreno coperto da vegetazione forestale arborea associata o meno a quella arbustiva, da castagneti, da sughereti o da macchia mediterranea.


E\' stato quindi correttamente applicato l\'art 44 lettera C del d.p.r. n. 380 del 2001 che sanziona la violazione del vincolo ambientale.


Alla luce della congrua motivazione della Corte di merito, che ha adeguatamente risposto ad analoghe censure sollevate dall\'imputato con l\'atto di appello, i motivi risultano inammissibili per quel che attiene alle valutazioni di fatto poste a fondamento delle argomentazioni di diritto della sentenza impugnata e fondate, a loro volta, sugli accertamenti eseguiti dai verbalizzanti e dalla prova testimoniale.


Come ha infatti precisato questa Corte a Sezioni Unite ( SU sent. 24 settembre 2003, n. 47289) il sindacato demandato alla Corte di Cassazione deve limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l\'esistenza dei un logico apparato argomentativi, senza possibilità, di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali".


Vanno quindi respinti il secondo motivo ed il terzo motivo di ricorso.


Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente rileva che i lavori non erano consistiti in disboscamento, movimento di terra e rimozione di trovanti basaltici e ceppaie, ma erano tutti funzionali e necessari per la conduzione e miglior salvaguardia del fondo. Tali lavori erano da ricondurre al concetto di silvicoltura e taglio colturale del bosco, per i quali non era necessario il nulla osta. Anche sul punto la sentenza era carente di motivazione e quindi faceva erronea applicazione dell\'art. 167 e 152 lettere b e c del d.lgs n. 490 del 1999 e dell\'art. 181 comma 1 e dell\'art, 149 lettere b e c del d.lgs n. 42 del 2004.


La Corte di appello non aveva in proposito considerato la consulenza di parte, da cui risultava che l\'imputato non aveva realizzato alcun intervento di rimozione pietre, di scavo e di sradicamento di piante.


Il motivo è infondato.


La Corte di merito ha infatti rilevato, con logica argomentazione, che dalle fotografie in atti, in cui risultano sradicati dall\'imputato ceppi di sughereta e roverella, risultava che i fini che si proponeva l\'imputato non potevano coincidere con una mera attività di silvicolutura che presuppone la conservazione delle colture e non anche la loro eliminazione.


La Corte di merito ha inoltre rilevato essere incontestato che l\'imputato non aveva chiesto al Comune di Paulilatino alcun permesso di costruire né alcuna preventiva autorizzazione all\'autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico sussistente nell\'area.


Va quindi respinto anche il quarto motivo di ricorso.


Con il quinto motivo il ricorrente deduce di aver censurato la sentenza di primo grado nella parte in cui il giudice aveva ritenuto che l\'imputato non avesse presentato alcuna istanza di condono paesistico. In realtà tale istanza era stata presentata ma il Comune, pur avendola protocollata, non l\'aveva trasmessa all\'Ufficio tutela Paesaggio.


Peraltro l\'inerzia del Comune non poteva dar luogo a pregiudizio per il ricorrente.


In proposito secondo il ricorrente, la Corte di Appello aveva motivato in maniera inadeguata, osservando che l\'inadempienza dei Comune non esime da responsabilità l\'imputato per i reati. In tal modo la sentenza impugnata mostrava di non aver correttamente interpretato la censura, in quanto con essa l\'imputato chiedeva di aver tempo per definire i procedimenti di sanatoria e di condono.


Anche il quinto motivo è infondato, stante il potere - dovere del giudice penale di accertare in via incidentale la sanabilità di un\'opera abusiva anche a prescindere dall\'iter della domanda di sanatoria.
In proposito questa Corte ha precisato ( v. per tutte Cass. pen. sez. III sent. 19 settembre 2007, n. 38701) che " in tema di condono edilizio, il giudice, prima di sospendere i1 processo a norma dell\'art. 44 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, ha il potere - dovere di controllare la sussistenza delle condizioni di applicabilità del condono in quanto si tratta di un potere di controllo strettamente connesso all\'esercizio della giurisdizione, il cui mancato esercizio determina inevitabilmente ed inutilmente la dilatazione dei tempi del processo".


Va aggiunto che, come ha correttamente precisato questa Corte di merito, il parere favorevole formulato dalla Commissione edilizia sulla domanda di sanatoria non equivale al rilascio del permesso di costruire in sanatoria.


Con il sesto motivo il ricorrente deduce che la materia attualmente è disciplinata dal testo unico
• della legge n. 42 del 2004, in particolare dall\'art. 181, al quale sono stati aggiunti alcuni commi, uno dei quali ( il quater) stabilisce che il reato è estinto quando la competente autorità accerta la compatibilità paesistica dei lavori eseguiti.
Siccome il competente Ufficio Tutela Paesaggio aveva accertato tale compatibilità, affermando che l\'intervento eseguito era paesisticamente compatibile e sostenibile, quindi tale da non richiedere la sanzione ripristinatoria, ne discendeva che in forza dell\'art. 181 comma quater d.lgs n. 42 del 2004 il reato di cui ala capo B, se mai esistente, si era comunque estinto.
• La Corte di Appello aveva respinto anche tale motivo rilevando che non era stata ancora determinata l\'entità della sanzione pecuniaria irrogabile all\'autore dell\'abuso, senza considerare che il provvedimento di compatibilità è il presupposto per la determinazione della sanzione pecuniaria.


Il motivo è infondato in quanto, come sopra precisato, non è sufficiente, ai fini dell\'estinzione del reato di cui al capo b), il parere favorevole in ordine alla compatibilità paesaggistica.


Con il settimo motivo il ricorrente deduce che la Corte di merito aveva anche ingiustamente respinto il motivo, con il quale si rilevava che era erroneo ed ingiusto l\'ordine di rimessione in pristino, in quanto lo stesso Ufficio Tecnico aveva dichiarato espressamente non necessaria la sanzione ripristinatoria, ritenendo congrua, in sua vece, la sanzione pecuniaria. Tale sanzione era stata finalmente determinata e pagata.


Doveva quindi ritenersi perfezionato il procedimento volto all\'accertamento della compatibilità paesistica dei lavori eseguiti, con conseguente declaratoria di estinzione dei reati e revoca della condanna. In ordine al motivo il Collegio rileva che il ricorrente ha prodotto davanti a questa Corte in udienza la Determinazione n. 571 /08 del l aprile 2008 proveniente dall\'Assessorato Enti Locali Finanze e Urbanistica, con la quale il suddetto Ufficio determina di dichiarare definito, con l\'applicazione della sanzione pecuniaria comminata, il procedimento sanzionatorio ai sensi dell\'art. 167 del D1.1gs 22 gennaio 2004, n. 42, precisando che non sussistono prevalenti motivi nell\'interesse pubblico tutelato che impongano il ripristino delle opere abusivamente realizzate.


Il ricorrente ha anche provato il pagamento della sanzione pecuniaria comminata, producendo copia del bollettino postale di pagamento di € 2.500,00 alla Regione Sardegna eseguito ii 28 febbraio 2008.


Essendo stato quindi documentalmente accertato il venir meno dell\'interesse pubblico alla demolizione per fatti sopravvenuti alla sentenza di appello, va annullata, senza rinvio, la sentenza impugnata limitatamente all\'ordine di demolizione che va conseguentemente eliminato.


Sono invece infondati e vanno respinti gli ulteriori motivi di appello.


Con l\'ottavo motivo il ricorrente ripropone infatti la doglianza sollevata con 1 \'atto di appello in ordine all\'eccessiva severità delle sanzioni.


In ordine a tale motivo la Corte di merito ha infatti adeguatamente risposto con riferimento ai criteri indicati nell\'art. 133 c.p., rilevando che la pena appare proporzionata alla gravità dei reati, correlata alla vasta estensione dell\'area interessata dai lavori di disboscamento ed alla negativa personalità dell\'imputato, desunta dai suoi censurati precedenti penali.

Con il nono motivo il ricorrente contesta che le richieste di rinvio avessero sospeso il termine di prescrizione dei reato, rilevando che le norme sul condono paesistico non prevedono la sospensione, precisando che i rinvii erano stati disposti per esigenze istruttorie, che comunque taluni rinvii erano precedenti all\'entrata in vigore del nuovo testo dell\'art. 159 che, solo nell\'attuale formulazione, prevede la sospensione del termine a seguito di rinvii richiesti per esigenze della difesa.


Anche il nono motivo è infondato.


Trattandosi di contravvenzione punita con l\'arresto e con l\'ammenda, trova applicazione il termine massimo di prescrizione di quattro anni sei mesi di cui al combinato disposto degli artt. 157 e 160 c.p.


Pertanto, considerato che i lavori risultano accertati in fase di ultimazione alla data dell\'8 ottobre 2003, sicché il termine di prescrizione si matura l\'8 aprile 2008, alla data di pronuncia della presente decisione/ tale termine non risulta ancora decorso anche a prescindere dalle contestate sospensioni.


P.Q.M.


Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente all\'ordine di riduzione in pristino che elimina; rigetta il ricorso nel resto.


Così deciso in Roma il 3 aprile 2008