TAR Piemonte Sez. II n. 604 del 16 maggio 2018
Ambiente in genere.Giudizio di compatibilità ambientale
 
Il giudizio di compatibilità ambientale, pur reso sulla base di oggettivi criteri di misurazione pienamente esposti al sindacato del giudice, è attraversato da profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa sul piano dell’apprezzamento degli interessi pubblici in rilievo e della loro ponderazione, rispetto all’interesse dell’esecuzione dell'opera; apprezzamento che è sindacabile dal giudice amministrativo, nella pienezza della cognizione del fatto, soltanto in ipotesi di manifesta illogicità o travisamento dei fatti, nel caso in cui l’istruttoria sia mancata o sia stata svolta in modo inadeguato e risulti perciò evidente lo sconfinamento del potere discrezionale riconosciuto all’Amministrazione.

Pubblicato il 16/05/2018

N. 00604/2018 REG.PROV.COLL.

N. 00377/2016 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 377 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Comitato Italiasessantuno, Alessandro Pampanoni, Associazione Pro Natura Torino Onlus, Giorgio Gillardi, Cinzia Nonnato, Almo Olmi, Andrea Insalata, Stefania Trinchero, Roberta Palmigiani, Tiziana Fasola, Alessandro Storace, Agostina Greco, Giulio Mariani, Lucrezia Greco, Baricolando di Bianco Stefano, Adriana Emma Burei, Unidida s.r.l., Daniele Costamagna, Alpi Gold s.a.s. di Fragasso Alfredo e C., Loris Bartoli, Giovanna Rimmaudo, Mauro Titonel, Luigi Iannone, Ditta Individuale Ruggero Davide, Emanuele Alpignano, Antonio Travierso, Luisa Clara Margherita Serra, Laura Carta, Giovanna Gandolfo, Mauro Bergamino, Alberto Cibrario, Angelo Rubino, Francesco Moretti, Cinzia Barbieri, Elektro Lab - Assistance, Elisa Maria Castagneri, Vinardi Calzature s.n.c., tutti rappresentati e difesi dagli avvocati Sebastiano Zuccarello, Anna Garavello, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Torino, corso Duca degli Abruzzi, 42;

contro

Comune di Torino, rappresentato e difeso dall’avvocato Maria Lacognata, con domicilio eletto in Torino, via Corte d’Appello, 16;
Comune di Moncalieri, rappresentato e difeso dall’avvocato Salvatore Mirabile, domiciliato presso la Segreteria del Tribunale in Torino, via Confienza, 10;
Regione Piemonte, non costituita in giudizio;

nei confronti

Pentagramma Piemonte s.p.a., rappresentata e difesa dagli avvocati Riccardo Ludogoroff, Vilma Aliberti, con domicilio eletto presso il loro studio in Torino, corso Galileo Ferraris, 71;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
Associazione Italia Nostra Onlus, rappresentata e difesa dagli avvocati Sebastiano Zuccarello, Anna Garavello, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Torino, corso Duca degli Abruzzi, 42;

per l'annullamento

- del decreto del Sindaco di Torino del 25 gennaio 2016 prot. n. 662, di approvazione dell’accordo di programma, pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte n. 5 del 4 febbraio 2016;

- dell’accordo di programma, sottoscritto digitalmente in data 23 dicembre 2015 dai Comuni di Torino e di Moncalieri, in variante al piano regolatore ai sensi del combinato disposto dell’art. 34 T.U.E.L. e dell’art. 17-bis, comma 2, della legge regionale n. 56 del 1977, avente ad oggetto la riqualificazione del Palazzo del Lavoro e le aree limitrofe;

- della deliberazione del Consiglio comunale di Torino n. 7 del 18 gennaio 2016, di ratifica dell’accordo di programma;

- della deliberazione della Giunta comunale di Torino n. 36 del 26 maggio 2016, avente ad oggetto l’approvazione del progetto di fattibilità tecnica ed economica del sottopasso veicolare in corrispondenza della rotonda Maroncelli (importo complessivo di euro 9.700.000,00);


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Torino, del Comune di Moncalieri e di Pentagramma Piemonte s.p.a.;

Visto l’atto di intervento;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 marzo 2018 il dott. Savio Picone e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La società Pentagramma Piemonte s.p.a. è attuale proprietaria del Palazzo dell’Esposizione Internazionale del Lavoro, meglio noto come Palazzo del Lavoro o (dal nome del suo autore) Palazzo Nervi, edificio realizzato a Torino, lungo il Corso Unità d’Italia, in prossimità del confine con il Comune di Moncalieri, nell’ambito delle celebrazioni del Centenario dell’Unità d’Italia del 1961.

Per rimediare allo stato d’abbandono in cui versa il Palazzo, la società ha presentato un progetto di recupero condiviso dal Consiglio comunale di Torino che, con delibera del 1° luglio 2014, “(…) considerato che la nuova proposta progettuale, confermativa nei contenuti e nelle finalità rispetto a quella originaria, prevede in sintesi il recupero funzionale del Palazzo del Lavoro mediante l’insediamento di un centro commerciale classico, l’impegno a realizzare interventi di recupero e riqualificazione del Parco Italia 61, la possibile realizzazione di un parcheggio pubblico ed opere di sistemazione superficiale nell’area contigua al Palavela, nonché l'adeguamento viabilistico (esteso anche al comune di Moncalieri), al fine di restituire nuova qualità ambientale ed economica alla Porta Sud della città (…) considerato ancora che la disciplina urbanistica ritenuta più idonea è quella delle Zone Urbane di Trasformazione che consente, attraverso una specifica scheda, di coordinare gli interventi prevedendo alcune prescrizioni volte alla salvaguardia dell’edificio e delle aree circostanti (…) la nuova Zona Urbana di Trasformazione Z.U.T. denominata ‘Ambito 16.35 Palazzo del Lavoro’ comprende l’area del Palazzo del Lavoro, il Parco ed il laghetto Italia ’61 e l’area antistante il Palazzo a Vela (…) l’ipotesi urbanistica propone destinazioni d’uso ad ASPI in luogo dell’attuale prevalente destinazione Area per servizi pubblici S (…) ed il conseguente assoggettamento ai disposti afferenti alle Zone Urbane di Trasformazione di cui agli articoli 7 e 15 delle NUEA di P.R.G. ed alle specifiche prescrizioni della scheda normativa dell’Ambito (…) per tale immobile, già vincolato con Decreto n. 242 del 25 luglio 2011, si prevede il mantenimento della tutela in quanto edificio di particolare interesse storico, ferme restando ulteriori diverse valutazioni da parte della competente Soprintendenza che potrà assentire interventi aggiuntivi o diversi da quelli ammessi dal P.R.G.”, ha dato avvio all’iter procedurale di approvazione del progetto di conservazione e valorizzazione del Palazzo del Lavoro e di riqualificazione delle aree limitrofe, mediante la predisposizione di una variante e relativo programma degli interventi in accordo di programma, ai sensi del combinato disposto dell’art. 34 del d.lgs. n. 267 del 2000 e dell’art. 17-bis della legge regionale n. 56 del 1977.

La valutazione ambientale strategica è stata demandata alla conferenza di predisposizione dell’accordo di programma.

Avviato il procedimento con atto del Sindaco di Torino del 2 luglio 2014, svoltasi la conferenza istruttoria dal luglio 2014 al dicembre 2015 e attuatasi la procedura di valutazione ambientale strategica con provvedimento del 23 dicembre 2015, il Sindaco di Torino ed il Sindaco di Moncalieri hanno sottoscritto l’accordo di programma.

I ricorrenti, tutti cittadini ed operatori economici residenti nella zona, affiancati dal Comitato Italiasessantuno, con l’intervento ad adiuvandum dell’associazione Italia Nostra, impugnano gli atti della procedura, deducendo motivi così rubricati:

1) violazione dell’art. 17-bis della legge regionale n. 56 del 1977, violazione dell’art. 34 del d.lgs. n. 267 del 2000: vi sarebbe un utilizzo sviato dell’accordo di programma rispetto alle sue finalità tipiche, avendo la Regione e la Città Metropolitana reso soltanto il parere di competenza (senza sottoscrivere l’accordo) e non avendo il Comune di Moncalieri deliberato alcunché in merito alla nuova viabilità;

2) incompetenza, violazione dell’art. 43 dello Statuo del Comune di Moncalieri: il Sindaco di Moncalieri avrebbe illegittimamente sottoscritto l’accordo senza l’autorizzazione preventiva della Giunta;

3) incompetenza, violazione dell’art. 17-bis della legge regionale n. 56 del 1977, violazione dell’art. 34 del d.lgs. n. 267 del 2000: il Sindaco di Moncalieri non avrebbe adottato il decreto di definitiva approvazione dell’accordo di programma;

4) incompetenza, violazione dell’art. 17-bis della legge regionale n. 56 del 1977, violazione dell’art. 34 del d.lgs. n. 267 del 2000: il Consiglio comunale di Moncalieri non avrebbe ratificato l’adesione all’accordo di programma;

5) violazione dell’art. 17-bis della legge regionale n. 56 del 1977, violazione dell’art. 34 del d.lgs. n. 267 del 2000, violazione dell’art. 14 delle n.t.a. del piano paesaggistico regionale: la previsione del nuovo sottopasso, per l’attraversamento del nodo Maroncelli, contrasterebbe con le prescrizioni a tutela della fascia fluviale del Po e del torrente Sangone, sotto il profilo idrogeologico e paesaggistico;

6) incompetenza, violazione dell’art. 17-bis della legge regionale n. 56 del 1977, violazione dell’art. 34 del d.lgs. n. 267 del 2000: il Consiglio comunale di Torino non avrebbe ratificato l’adesione all’accordo di programma;

7) violazione dell’art. 17-bis della legge regionale n. 56 del 1977, violazione dell’art. 25 della delibera della Regione Piemonte n. 563 del 1999, violazione della delibera del Comune di Torino n. 16 del 2015: la previsione di un nuovo insediamento violerebbe le prescrizioni dettate dalla Regione (e recepite dal Comune) in materia di commercio, con riguardo alla superficie di vendita consentita per le aree di tipologia A2 ed al fabbisogno di parcheggi pubblici;

8) violazione degli artt. 10, 13, 21 e 25 del d.lgs. n. 42 del 2004 ed eccesso di potere per difetto d’istruttoria: l’accordo di programma sarebbe illegittimo, per la mancata acquisizione dell’autorizzazione della Soprintendenza di Torino, in relazione al vincolo di tutela apposto sull’edificio storico e sull’area di pregio paesaggistico;

9) violazione degli artt. 11-ss. del d.lgs. n. 152 del 2006, violazione della delibera della Regione Piemonte n. 12 del 2008 ed eccesso di potere per difetto d’istruttoria: il provvedimento conclusivo della procedura di valutazione ambientale strategica sarebbe viziato, per molteplici profili trascurati ovvero non adeguatamente definiti (viabilità, traffico, parcheggi, interferenza con i corsi d’acqua e con la falda acquifera, zone di esondazione, indagini geotecniche, area naturale “Le Vallere”);

10) violazione dell’art. 23 del d.lgs. n. 50 del 2016, violazione del d.m. 14 gennaio 2008: il progetto di fattibilità tecnica ed economica del nuovo sottopasso veicolare, in corrispondenza della rotonda Maroncelli, sarebbe viziato dalla mancata acquisizione delle relazioni geologiche e geognostiche.

Si sono costituiti il Comune di Torino, il Comune di Moncalieri e la controinteressata Pentagramma Piemonte s.p.a., eccependo l’inammissibilità del ricorso e replicando nel merito.

Le parti hanno svolto difese in vista della pubblica udienza del 28 marzo 2018, nella quale la causa è passata in decisione.

DIRITTO

Può prescindersi dall’esame delle eccezioni di inammissibilità formulate dalle parti resistenti, in quanto il ricorso ed i motivi aggiunti devono essere respinti nel merito.

Possono essere esaminate congiuntamente le censure attinenti al procedimento di approvazione e ratifica dell’accordo di programma, che i ricorrenti scompongono in plurimi motivi autonomi, tutti manifestamente infondati.

Quanto al motivo n. 1), è sufficiente ribadire che l’accordo di programma, disciplinato in termini generali dall’art. 34 del testo unico del 2000, costituisce un modello diffuso e consolidato di urbanistica negoziata, particolarmente utile per la ponderazione di interessi pubblici concorrenti, e può ben comportare variazioni agli strumenti urbanistici anche per la realizzazione di un’opera da parte di un soggetto privato, su aree di proprietà privata e per finalità imprenditoriali (cfr. TAR Piemonte, sez. II, 5 ottobre 2017 n. 1082; Cons. Stato, sez. I, 25 novembre 2015 n. 361).

Non corrisponde al vero che la Regione abbia assunto un ruolo marginale nella procedura di formazione della variante urbanistica.

Alla conferenza per la formazione dell’accordo di programma, che si è protratta per un anno e mezzo, hanno partecipato la Regione Piemonte, la Città Metropolitana di Torino, la Soprintendenza di Torino ed altri enti, ciascuno esplicando le proprie competenze tipiche, sia sulla disciplina urbanistica che sulla valutazione ambientale.

I motivi n. 2), n. 3) e n. 4), tutti riferiti a profili di legittimità formale degli atti del Comune di Moncalieri, sono manifestamente infondati.

Ed infatti, nell’ordine:

l’art. 43, secondo comma – lett. a), dello Statuto del Comune di Moncalieri prevede la necessità di delibera di Giunta soltanto per i casi in cui il Sindaco agisca ovvero si costituisca in giudizio, viceversa, ai sensi del medesimo secondo comma – lett. c) e d), il Sindaco può concludere accordi in rappresentanza del Comune senza la preventiva autorizzazione della Giunta;

ai sensi dell’art. 34, quarto comma, del d.lgs. n. 267 del 2000, non vi era necessità che il Sindaco di Moncalieri approvasse con atto formale l’accordo di programma, dopo averlo sottoscritto, poiché tale adempimento spettava esclusivamente al Sindaco di Torino, quale rappresentante dell’Amministrazione promotrice, che ha provveduto con decreto pubblicato sul B.U.R.P. del 4 febbraio 2016;

l’intervento viabilistico del sottopasso in corso Maroncelli costituisce attuazione di una previsione di piano regolatore già vigente nel Comune di Moncalieri, come desumibile dai documenti prodotti in giudizio dalla difesa del Comune (doc. 3-ss.) e, in dettaglio, dalla relazione illustrativa al piano (doc. 4, pag. 65), non vi era dunque necessità di un’apposita deliberazione di ratifica dell’accordo di programma da parte del Consiglio comunale di Moncalieri, ai sensi dell’art. 34, quinto comma, del d.lgs. n. 267 del 2000;

il Comune di Moncalieri ha depositato un’attestazione del Dirigente del Settore Gestione e Sviluppo del Territorio, nella quale si conferma che “L’adeguamento della rotatoria di corso Trieste al confine con la Città di Torino, mediante realizzazione di sottopassaggio a due corsie per ogni senso di marcia rappresentato nell’elaborato della Direzione Infrastrutture e Mobilità della Città di Torino, insistente sui sedimi esistenti o previsti a viabilità dallo strumento urbanistico generale di Moncalieri, risulta conforme alle previsioni del medesimo. Il P.R.G.C. vigente prevede, all’intersezione di corso Trieste e corso Maroncelli, la realizzazione di un sottopasso / sovrappasso, al riguardo si allega estratto della previsione di P.R.G.C. (consultabile sul sito informatico istituzionale) ed estratto della Relazione Illustrativa, nello specifico il paragrafo 3.10 ad oggetto: <Revisione dell’impianto viario> in cui, a pag. 65, settimo capoverso, è precisato testualmente quanto segue: E’ prevista d’accordo con il Comune di Torino la realizzazione di un incrocio a due livelli con Corso Maroncelli”

Anche il motivo n. 6), con il quale i ricorrenti asseriscono che il Comune di Torino non avrebbe ritualmente ratificato l’accordo di programma, è smentito dai documenti di causa, la ratifica è stata assunta con la delibera del Consiglio comunale di Torino del 18 gennaio 2016 (doc. 2), nel termine di trenta giorni dalla sottoscrizione e nel rispetto della sequenza procedimentale disciplinata dall’art. 17-bis della legge regionale n. 56 del 1977 e dall’art. 34 del d.lgs. n. 267 del 2000.

Con il motivo n. 5), i ricorrenti affermano che il sottopasso risulterebbe non conforme con le norme di tutela idrogeologica e con le norme di attuazione del piano paesaggistico regionale adottato dalla Regione Piemonte (e poi definitivamente approvato con delibera del Consiglio regionale n. 233 del 3 ottobre 2017). Il sottopasso ricadrebbe in zona fluviale “interna” individuata e sarebbe soggetto alle prescrizioni dell’art. 14, comma 10, delle norme del piano paesaggistico che hanno ad oggetto il “sistema idrografico” ed individuano le zone fluviali d’interesse paesaggistico.

A comprova del contrario, la difesa del Comune di Torino ha depositato un ampio estratto del piano paesaggistico e la tavola P.4.10 a colori (doc. 23 e 24), in scala 1:50.000, dove la zona fluviale “interna” è contraddistinta con solo tratteggio quadrettato celeste / azzurro, a differenza della zona fluviale “allargata” contraddistinta con tratteggio azzurro, al cui interno è inserita una fascia continua azzurra / grigio. Nella cartografia è agevolmente individuabile l’impronta quadrata del Palazzo del Lavoro di colore grigio, a sinistra della biforcazione del fiume Po, ricadente sul tratteggio azzurro con fascia continua di colore azzurro / grigio che delinea la zona fluviale “allargata”, posta quindi all’esterno della zona fluviale “interna”.

Rispetto alla sagoma del Palazzo del Lavoro ed alla viabilità di corso Unità d’Italia che corre lungo lo stesso, il tratteggio celeste / azzurro della zona fluviale “interna” è spostato a destra verso il fiume. Il sottopasso non andrà a ricadere nella zona fluviale “interna” del piano paesaggistico, bensì nella zona fluviale “allargata”, come attestato dal Comune di Torino nella relazione illustrativa della variante qui impugnata (doc. 14, pag. 6).

La Regione Piemonte, che ha partecipato alla conferenza di servizi ed alla procedura di formazione dell’accordo, non ha sollevato obiezioni sul punto.

Ne discende l’inapplicabilità al progetto di sottopasso delle prescrizioni dell’art. 14, comma 10, delle norme del piano paesaggistico regionale.

Per le stesse ragioni, va esclusa l’applicabilità della “Direttiva Alluvioni” di cui alla delibera della Giunta regionale n. 17 del 2014. In proposito, infatti, l’art. 14 sopra richiamato stabilisce che le eventuali trasformazioni, nelle zone fluviali “interne”, tengano conto degli indirizzi predisposti dall’Autorità di Bacino del Po in attuazione del piano di assetto idrogeologico e di quelli contenuti “nella Direttiva Quadro Acque e nella Direttiva Alluvioni”.

Da qui l’infondatezza delle deduzione dei ricorrenti, invero generica e non provata, secondo cui le direttive per la prevenzione dei fenomeni alluvionali sarebbero state ignorate e disattese.

Con il motivo n. 7), i ricorrenti lamentano che la variante consentirebbe l’insediamento di una nuova struttura di vendita e violerebbe le prescrizioni dettate dalla Regione in materia di pianificazione commerciale, con riguardo alla superficie consentita per le aree di tipologia A2 ed al fabbisogno di parcheggi pubblici. La variante ammetterebbe un’unica destinazione commerciale con una superficie lorda di 43.000 mq, in contrasto con la disciplina vigente per l’addensamento A2 “Bengasi”, che invece consentirebbe di insediare strutture con superfici di vendita massima di 6.000 mq.

La tesi è manifestamente infondata.

In primo luogo, la superficie lorda di 43.000 mq con nuova destinazione “ASPI – Attività di servizio alle persone e alle imprese” (comprendente quella commerciale) attiene alla superfice lorda di pavimento edificabile, ma non corrisponde affatto alla superficie commerciale di vendita, la cui specificazione non è determinata anticipatamente in sede di variante allo strumento urbanistico comunale, ma è demandata all’eventuale rilascio delle autorizzazioni commerciali.

Il limite di 6.000 mq di superficie di vendita, stabilito dal Comune per l’addensamento A2, è stato recepito nella riga G-SE4 della tabella di compatibilità n. 1, cui rinvia l’art. 12 dell’allegato C al piano regolatore, intitolato “Norme sul commercio al dettaglio” (doc. 67).

In ogni caso, la deliberazione del Consiglio regionale n. 563 del 1999, all’art. 17, secondo comma, conformandosi alla normativa statale di liberalizzazione delle attività commerciali, stabilisce che la tabella di compatibilità “non costituisce limitazione inderogabile in sede di nuova apertura, di variazione di superficie di vendita, di trasferimento di esercizi commerciali, di modifica o aggiunta di settore merceologico e di rilascio dei titoli edilizi relativi agli insediamenti commerciali, nel rispetto di quanto espressamente previsto all’articolo 16, comma 1”; quest’ultimo prevede la possibilità di rilascio di un’autorizzazione in deroga, di competenza regionale, disponendo che “L’apertura, il trasferimento e la variazione della superficie di vendita degli esercizi commerciali non è soggetta ad alcuna limitazione quantitativa, per comune e per zona, fatto salvo il rispetto dei principi contenuti nell’articolo 41 della Costituzione e nella l. 287/1990, nel d.lgs. 59/2010, nel d.l. 201/2011 convertito dalla l. 214/2011 e nel d.l. 1/2012 convertito dalla l. 27/2012. E’ considerata coerente con l’utilità sociale e funzionale al conseguimento dell’obiettivo di promozione della concorrenza, la realizzazione delle tipologie distributive che rispondono ai requisiti previsti dalla presente normativa. Negli altri casi, il contrasto con l’utilità sociale è determinato valutando, per le medie e grandi strutture di vendita, le esternalità negative e gli altri analoghi effetti indotti, quali ad esempio: il grave intralcio al sistema del traffico, l’inquinamento ambientale (anche acustico, in prossimità delle residenze), evidenti effetti negativi sulla produttività del sistema, effetti restrittivi sulla concorrenza nell’area di programmazione commerciale”.

Nel caso di specie, la variante e la scheda normativa di piano della zona “Palazzo del Lavoro” (doc. 14) non hanno prefigurato la tipologia e la dimensione degli esercizi commerciali.

Le verifiche su tipologie e limiti di insediamento saranno svolte in fase di istruttoria sulle istanze di rilascio delle autorizzazioni commerciali, secondo quanto confermato dal rappresentante della Regione Piemonte in sede di conferenza di servizi, con l’applicazione dei limiti dimensionali di cui alla richiamata tabella (6.000 mq) o con la procedura in deroga di competenza regionale.

Anche in relazione ai parcheggi pubblici, la scheda approvata con la variante chiarisce che l’eventuale monetizzazione potrà avere ad oggetto ulteriori quote di standard, specificando che “ove non sia possibile procedere in tal senso, tali opere potranno essere realizzate secondo le ordinarie compatibilità del P.R.G.”.

Il motivo, per quanto detto, è respinto.

Proseguendo, è manifestamente infondato il motivo n. 8), con cui i ricorrenti denunciano la mancata acquisizione dell’autorizzazione della Soprintendenza di Torino, in relazione al vincolo storico-artistico imposto sul Palazzo del Lavoro (con decreto ministeriale del 2011) ed al vincolo paesaggistico gravante sull’area d’intervento (fin dal decreto ministeriale del 1950).

Nel corso della conferenza di servizi, la Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Torino si è espressa con pareri del 16 settembre 2015 e del 16 dicembre 2015 (doc. 10 e 11), precisando che “il progetto dovrà attenersi ai criteri già più volte espressi da questa Soprintendenza finalizzati ad una soluzione che permetta il recupero dell’importante struttura architettonica (...) Resta inteso che questo Ufficio si dovrà esprimere, nelle successive fasi del procedimento approvativo, tanto a livello paesaggistico che a livello monumentale secondo i disposti delle già citate parte II e parte III del D.Lgs. 42/2004”.

Al contempo, nell’ambito della valutazione ambientale strategica, la Soprintendenza si è espressa con parere del 16 dicembre 2015 (doc. 50), confermando di non avere obiezioni al progetto di riqualificazione dell’edificio storico e dell’area “(…) tenuto conto che il progetto stesso dovrà attenersi ai criteri già più volte espressi da questa Soprintendenza finalizzato ad una soluzione che minimizzi l’impatto dell’intervento sia sulla struttura che sul limitrofo contesto ambientale e paesaggistico”.

Passando al motivo n. 9), il più articolato e complesso, i ricorrenti contestano l’esito della valutazione ambientale strategica per numerosi profili.

Va qui richiamato il principio, già condiviso da questa Sezione, secondo cui “(…) nel procedimento di valutazione ambientale l’Amministrazione esercita una amplissima discrezionalità che non si esaurisce in un mero giudizio tecnico, in quanto tale suscettibile di verificazione tout court sulla base di oggettivi criteri di misurazione, ma presenta al contempo profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa ed istituzionale, in relazione all’apprezzamento degli interessi pubblici e privati coinvolti. La natura schiettamente discrezionale della decisione finale risente dunque dei suoi presupposti, sia sul versante tecnico che amministrativo (…). In difetto di macroscopici indizi di eccesso di potere (…) il giudizio di merito reso dall’Amministrazione chiamata a svolgere la valutazione strategica non può essere sindacato in sede di legittimità” (TAR Piemonte, sez. II, 5 ottobre 2017 n. 1082).

Il giudizio di compatibilità ambientale, pur reso sulla base di oggettivi criteri di misurazione pienamente esposti al sindacato del giudice, è attraversato da profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa sul piano dell’apprezzamento degli interessi pubblici in rilievo e della loro ponderazione, rispetto all’interesse dell’esecuzione dell'opera; apprezzamento che è sindacabile dal giudice amministrativo, nella pienezza della cognizione del fatto, soltanto in ipotesi di manifesta illogicità o travisamento dei fatti, nel caso in cui l’istruttoria sia mancata o sia stata svolta in modo inadeguato e risulti perciò evidente lo sconfinamento del potere discrezionale riconosciuto all’Amministrazione.

Nella fattispecie controversa, era oggetto di valutazione la variante urbanistica, che richiedeva il livello di dettaglio proprio degli atti di pianificazione. In questo senso, anche la valutazione riguardante il nuovo sottopasso si è correttamente esplicata come la prefigurazione di una delle possibili soluzioni viarie, in conseguenza dell’attribuzione della nuova destinazione urbanistica al Palazzo del Lavoro, e non come esame del progetto tecnico del sottopasso, senz’altro non pertinente alla fase di pianificazione e invece riservato alla eventuale valutazione d’impatto ambientale.

L’art. 13, quarto comma, del d.lgs. n. 152 del 2006 prevede che possono chiedersi dati ed informazioni tecniche nel rapporto ambientale, nei limiti “in cui possono essere ragionevolmente richieste, tenuto conto del livello delle conoscenze e dei metodi di valutazione correnti, dei contenuti e del livello di dettaglio del piano o del programma”. Lo stesso art. 13 dispone che la redazione del rapporto ambientale spetta al proponente, senza oneri a carico della finanza pubblica, e che il rapporto costituisce parte integrante del piano o del programma e ne accompagna l’intero processo di elaborazione ed approvazione.

L’art. 5 della direttiva 2001/42/CE prevede “che il rapporto ambientale elaborato a norma del paragrafo 1 comprende le informazioni che possono essere ragionevolmente richieste, tenuto conto del livello delle conoscenze e dei metodi di valutazione attuali, dei contenuti e del livello di dettaglio del piano o del programma e, per evitare duplicazioni della valutazione, della fase in cui si trova nell'iter decisionale e della misura in cui taluni aspetti sono più adeguatamente valutati in altre fasi di detto iter”.

La v.a.s. si è incentrata sul progetto edificatorio insediabile (un centro commerciale) e sugli effetti ambientali nell’ambito circostante, esteso al Palazzo del Lavoro, alle aree del Parco Italia ’61, al Palazzo a Vela, al contesto viabilistico sul territorio metropolitano, fino al Comune di Moncalieri ed al sistema tangenziale.

Proprio sotto il profilo dell’impatto viabilistico, nel corposo rapporto ambientale sono state confrontate varie alternative, con tecniche di analisi multicriteri: corsie bypass a raso, sottopasso, sovrappasso (doc. 35).

La difesa del Comune di Torino ha prodotto in giudizio il documento preliminare di scoping, i verbali di conferenza, il contributo dell’Organismo tecnico regionale, i pareri del Comune di Moncalieri, della Città Metropolitana di Torino e della Soprintendenza (doc. 25-ss.).

La determinazione dirigenziale n. 319 del 2015, recante il parere conclusivo di compatibilità ambientale, contiene puntuali condizioni e prescrizioni aggiuntive da seguire nel successivo procedimento di v.a.s. sullo strumento urbanistico esecutivo, con particolare riferimento al programma degli interventi, alle misure di mitigazione per la gestione del traffico sul nodo Maroncelli, al piano di monitoraggio, alle misure di precauzione, alla verifica di compatibilità acustica. (doc. 56).

Come osservato dalle parti resistenti, in sede di v.a.s. sull’accordo di programma per la nuova destinazione del Palazzo del Lavoro non vi era alcun progetto di sottopasso da valutare.

Quanto all’asserita insufficienza delle risorse finanziarie, essa è piuttosto riferibile alla fase del piano di monitoraggio degli interventi, non già al processo di formazione di un piano urbanistico.

Circa l’interferenza con la falda acquifera, il parere conclusivo motivato di v.a.s. ha prescritto, in sede di strumento attuativo, la redazione di una “caratterizzazione idrogeologica dell’acquifero superficiale, secondo le prescrizioni formulate dai soggetti competenti in materia ambientale e stimata l’interferenza dei previsti manufatti sotterranei con la falda, previa caratterizzazione delle caratteristiche di permeabilità dei suoli, valutando con modellazione idrogeologica tridimensionale le relative variazioni indotte all’andamento piezometrico dall’insieme degli interventi previsti al fine di escludere interferenze con i manufatti esistenti”.

La valutazione di interferenza è strettamente riconnessa ai dettagli progettuali e quindi è da svolgersi non in fase di pianificazione generale, ma nella pianificazione attuativa e nella progettazione esecutiva.

In merito alla conformità con il piano di assetto idrogeologico, la difesa del Comune ha efficacemente replicato:

- che l’adeguamento al piano è stato assicurato con la variante del 2008;

- che dalla “Carta di sintesi della pericolosità geomorfologica e dell’idoneità all'utilizzazione urbanistica” (doc. 22) si evince che l’area interessata dalla variante è interamente compresa in “Parte Piana” (P) e ricade, quanto al Palazzo del Lavoro, nella classe geologica “I (P)” contraddistinta in legenda con colore giallo, quanto alle porzioni di sedime stradale interessate dal progetto di sottopasso, nella classe geologica “II (P)” colorata in verde;

- che, nel medesimo Allegato tecnico (doc. 63), sono individuate le tre fasce fluviali (A, B e C) in base alle quali il Palazzo del Lavoro ed i sedimi stradali sono collocati all’esterno del “limite esterno della fascia C”, delimitata da tratteggio di colore verde.

Deve perciò ritenersi smentita, senza necessità di approfondimenti istruttori, l’asserzione dei ricorrenti secondo cui il corso Unità d’Italia e l’opera del sottopasso andrebbero a collocarsi all’interno della fascia protetta B contraddistinta dalla linea blu.

Per la classe geologica “II (P)” non operano le differenziazioni tra gli interventi ammessi prima e dopo la realizzazione delle opere di riassetto territoriale.

La difesa del Comune di Moncalieri, d’altro canto, ha dimostrato che la viabilità di corso Trieste ricade in Classe II-b contrassegnata dal colore giallo, idonea all’edificazione con pericolosità ridotta, mitigabile o annullabile (doc. 2).

Tutte le restanti censure, anche quelle riferite alle indagini geognostiche, attengono ad aspetti tecnici propri della fase di progettazione esecutiva dell’opera di viabilità, che non possono essere indebitamente anticipati con la valutazione ambientale strategica.

Il motivo, per quanto detto, è complessivamente infondato.

Infine, per le medesime ragioni, sono infondati i motivi aggiunti con i quali i ricorrenti deducono la violazione dell’art. 23 del d.lgs. n. 50 del 2016, in quanto il progetto di fattibilità tecnica ed economica del nuovo sottopasso veicolare, in corrispondenza della rotonda Maroncelli, sarebbe viziato dalla mancata acquisizione delle relazioni geologiche e geognostiche.

La censura è infondata.

Gli elaborati progettuali comprendono, al paragrafo 3, l’analisi sommaria degli “aspetti geologico-geotecnici” (doc. 58).

L’analisi può giudicarsi adeguata per il livello di progettazione preliminare, nel quale non è richiesta una vera e propria relazione geologica, ma una semplice indagine geologica.

In conclusione, il ricorso originario ed i motivi aggiunti sono infondati e devono essere respinti.

Le spese processuali seguono la soccombenza e sono poste a carico dei ricorrenti, nella misura indicata in dispositivo, che tiene conto del valore della controversia e della violazione, per la parte ricorrente, del dovere di sinteticità. Le spese sono compensate nei confronti dell’associazione intervenuta.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna i ricorrenti in solido tra loro al pagamento delle spese processuali in favore del Comune di Torino, del Comune di Moncalieri e di Pentagramma Piemonte s.p.a., a ciascuno nella misura di euro 5.000,00 (oltre i.v.a., c.p.a. ed accessori di legge, ed oltre oneri riflessi per le avvocature comunali, trattandosi di patrocinio reso da difensori iscritti all’Elenco speciale degli Avvocati degli Enti Pubblici).

Compensa le spese con l’Associazione Italia Nostra.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 28 marzo 2018 con l’intervento dei magistrati:

Carlo Testori, Presidente

Savio Picone, Consigliere, Estensore

Paolo Nasini, Referendario

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Savio Picone        Carlo Testori