Cass.Sez. III n. 42479 del 16 ottobre 2013 (Cc 24 set 2013)
Pres.Squassoni Est.Sarno Ric.P.M. in proc. Pieri e altro.
Acque.Testo unico delle leggi sulle opere idrauliche e interpretazione alla luce della cosiddetta "concezione realistica del reato"

Il divieto di cui all'art. 96 lett. g) R.D. 25 luglio 1904, n. 523 (T.U. delle leggi sulle opere idrauliche), relativo a "qualunque opera o fatto che possa alterare lo stato, la forma, le dimensioni, la resistenza e la convenienza all'uso, a cui sono destinati gli argini e loro accessori come sopra, e manufatti pertinenti", deve essere inteso, come ogni precetto penale, nell'ottica della cosiddetta "concezione realistica" del reato, la quale espunge dalla fattispecie punibile - ancorché astrattamente rispondente alla figura edittale - la condotta che manchi di qualsiasi idoneità a recare pregiudizio o pericolo di pregiudizio all'interesse protetto. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso il requisito dell'offensività in relazione a opere edili consistite nella mera sostituzione degli elementi di un manufatto preesistente, realizzata in modo da non poter autonomamente incidere sulla sicurezza degli argini di un fiume).

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. SQUASSONI Claudia - Presidente - del 24/09/2013
Dott. GENTILE Mario - Consigliere - SENTENZA
Dott. MULLIRI Guicla - Consigliere - N. 1762
Dott. SARNO Giulio - rel. Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. RAMACCI Luca - Consigliere - N. 20162/2013
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI FIRENZE;
nei confronti di:
PIERI ANDREA N. IL 18/06/1947;
PALLADINI DANIELE N. IL 23/09/1973;
avverso l'ordinanza n. 24/2013 TRIB. LIBERTÀ di FIRENZE, del 25/03/2013;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIULIO SARNO;
sentite le conclusioni del PG Dott. Policastro Aldo, che ha chiesto l'annullamento con rinvio per il capo c);
udito il difensore avv. Ariani Vieri - Firenze.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l'ordinanza in epigrafe il tribunale del riesame di Firenze ha rigettato l'appello proposto dal pm avverso l'ordinanza di revoca del sequestro preventivo emessa in data 29 gennaio 2013 dal gip del tribunale di Firenze.
Il pubblico ministero appellante aveva richiesto la riforma del provvedimento di revoca del sequestro di alcune aree demaniali e delle costruzioni su di esse insistenti ai nn. 1137, 1138, 1140 del foglio di mappa 125 di Firenze - demanio fluviale - disposto nei confronti di Pieri Andrea, presidente della società Rari Nantes Florentia e Paladini Daniele, amministratore delegato della società Josephine in S.r.l. in relazione ai reati per i quali si procedeva nei confronti di entrambi.
2. I due risultavano indagati:
a) del reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 1, lett. c), D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 per avere quali committenti realizzato senza titolo e nulla osta degli uffici preposti ai vincoli di tipo paesaggistico, in assenza di titoli autorizzativi ed in contrasto con gli strumenti urbanistici, sulla terrazza ad uso bar ristorazione insistente su area demaniale, posta alla stessa quota del piano stradale, lavori di sostituzione del tendaggio perimetrale in PVC con installazione di telai metallici costituiti da 13 montanti in parte appoggiati ai profilati esistenti e guida al pavimento su cui scorrono dall'alto verso il basso le tamponatore in PVC; la rimozione delle porte di accesso e l'istallazione di una nuova porta in ferro vetro su telaio metallico; la struttura per l'alloggiamento diffusori della musica agganciata alla copertura esistente; un tavolato di legno a copertura della pavimentazione;
b) del reato di cui al R.D. n. 523 del 1904, art. 96, lett. F) e G), per aver realizzato quanto sopra su area del demanio fluviale, su fascia di pertinenza idraulica soggetta ad inedificabilità assoluta;
c) del reato di cui agli artt. 110, 633 e 639 bis c.p. per avere di fatto abusivamente occupato le aree appartenenti al demanio fluviale sopra indicate anche con le opere rilevate nel corso del sopralluogo dell'11 dicembre 2012, rendendole inoltre inaccessibili con il mantenimento in essere delle strutture abusivamente realizzate e l'utilizzazione delle stesse e, comunque, ostruendo parte dell'area di pertinenza fluviale con notevole il rischio idraulico;
d) del reato di cui all'art. 450 c.p. per avere con le condotte descritte fatto sorgere il pericolo di inondazione. 3. In motivazione il tribunale del riesame riteneva che in relazione al capo a) le fattispecie descritte non configurassero ("ipotesi criminosa contestata trattandosi della mera sostituzione di materiale con passaggio da PVC a metallo riguardo al tendaggio già preesistente e trattandosi anche di struttura rimovibile destinata di fatto ad essere tolta con il sopraggiungere delle stagioni più miti. Quanto ai restanti interventi rilevava che essi avevano invece natura minimale e non richiedevano pertanto permesso di costruire. In relazione al reato di cui al capo b) escludeva la configurabilità della lettera F) poiché inconferente rispetto alla fattispecie contestata e, per la lettera G) rilevava invece che le modestissime variazioni accertate non potevano rientrare negli interventi comportanti significative interferenze sugli argini descritte dalla norma incriminatrice.
Quanto al capo c) il tribunale del riesame rilevava che la condotta prevista nella specie non era idonea a configurare il reato de quo mancando la condotta di invasione trattandosi di aree notoriamente detenute da molti anni dalla società già concessionaria delle stesse e dei manufatti ivi realizzati.
Quanto all'ultimo reato ipotizzato escludeva che i lavori realizzati potessero avere determinato il pericolo di inondazione. 4. Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione il procuratore della Repubblica di Firenze limitatamente al dissequestro concernente i capi a), b) e c). Per il capo d), invece, prendendo atto dei rilievi del tribunale del riesame, il procuratore della Repubblica ha ritenuto opportuno modificare separatamente il capo d'imputazione avanzando nuova richiesta di sequestro preventivo. In relazione alle tre ipotesi criminose contestate si eccepisce la violazione di legge.
4.1 Si contesta anzitutto il giudizio di irrilevanza penale delle opere realizzate formulato dal tribunale assumendo trattarsi di opere di tamponamento con materiale tecnologicamente avanzati di tettoie preesistenti in area soggetta a vincoli ed escludendo la natura precaria di tali manufatti in quanto destinati a svolgere un compito duraturo sia pure in ambito stagionale.
4.2 Quanto al capo b) si assume che il reato abbia natura formale e che prescinde quindi dall'accertamento in concreto dell'insorgenza di un pericolo di rischio idraulico collegato alle opere stesse. 4.3 In relazione al capo c) si contesta l'interpretazione della tribunale ritenendosi che anche la permanenza sul terreno invito domino possa farsi rientrare nella fattispecie dell'art. 633 c.p.. 5. I difensori del Pieri, hanno successivamente presentato memoria difensiva nella quale, dopo aver evidenziato che, per quanto concerne il capo d), la ulteriore istanza di sequestro preventivo è stata anch'essa rigettata dal gip di Firenze per difetto del periculum in mora e che il tribunale del riesame ha respinto l'appello del PM anche avverso quest'ultima ordinanza, hanno eccepito con riferimento al ricorso del PM la mancanza dei requisiti prescritti dall'art. 581 stante la genericità delle contestazioni e la manifesta infondatezza di esso.
In particolare ribadiscono l'insussistenza del reato dell'art. 633 c.p., trattandosi di aree detenute da anni dalla società Rari Nantes e, per quanto concerne i capi a) e b), evidenziano che il denunciato vizio di violazione di legge sostanzialmente si traduce in una richiesta di rivalutazione del merito, inammissibile in questa sede, ribadendo al contempo che tutti gli interventi effettuati hanno comunque natura minimale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
5. Il ricorso è fondato nei limiti di seguito indicati. È da premettere che sul reato di cui al capo d) non è richiesta alcuna pronuncia in questa sede essendo mutata l'imputazione ed essendovi nuova richiesta di sequestro preventivo in cui peraltro si precisa, rispetto alla iniziale contestazione, che forma oggetto di imputazione la struttura in cemento armato adibita a terrazza in parte coperta dalla tettoia, struttura in c.a. adibita a piscina. Quanto al reato di cui al capo b) appare senz'altro condivisibile sia l'esclusione della lettera F) del R.D. n. 523 del 1904, art. 96 facendo quest'ultima disposizione riferimento a "piantagioni di alberi e siepi, fabbriche, scavi e smovimento del terreno a distanza del piede degli argini e loro accessori come sopra" - ipotesi tutte non ricorrenti nella specie - collocati a distanza minore di quella stabilita dalle discipline vigenti nelle diverse località. Ugualmente da escludere è la lettera G) della disposizione citata. Correttamente citata appare al riguardo la decisione di questa Corte secondo cui il divieto di cui al R.D. 25 luglio 1904, n. 523, art. 96, lett. g) (T.U. delle leggi sulle opere idrauliche), relativo a "qualunque opera o fatto che possa alterare lo stato, la forma, le dimensioni, la resistenza e la convenienza all'uso, a cui sono destinati gli argini e loro accessori come sopra, e manufatti attinenti", deve essere inteso, come ogni precetto penale, nell'ottica della cosiddetta "concezione realistica" del reato, la quale espunge dalla fattispecie punibile - ancorché astrattamente rispondente alla figura edittale - qualsiasi condotta che manchi di qualsiasi idoneità a recare pregiudizio o pericolo di pregiudizio all'interesse protetto (Sez. 3, n. 5633 del 08/03/1994 Rv. 199118) per escludere la rilevanza delle opere eseguite rispetto al precetto penale.
Trattasi, infatti, all'evidenza di sostituzioni di elementi su un corpo esistente che in alcun modo possono autonomamente incidere sulla sicurezza degli argini del fiume.
A diverse conclusioni deve giungersi per la contestazione sub a). Al riguarda osserva il Collegio che la contestazione medesima ha riguardo sia al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c) (per il quale non è stata accolta la richiesta di sequestro non comportando le opere aumento del carico urbanistico) e sia al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181.
Per la prima violazione le considerazioni sull'aumento del carico urbanistico attengono al merito della valutazione del periculum in mora insindacabili in questa sede e peraltro non sono contestate nei motivi di ricorso.
Il che rende inutile affrontare le tematiche attinenti al fumus del reato non potendo conseguire alcun risultato concreto in termini di restituzione dei beni da un'eventuale decisione favorevole alle doglianze oggetto dei motivi di ricorso siccome incentrate esclusivamente sulla sussistenza del fumus del reato. 6. Manca, invece, qualsiasi risposta del riesame sul D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, su cui pare si fondava l'ordinanza di sequestro e rispetto al quale non possono valere i rilievi concernenti l'aumento limitatamente a tale profilo l'ordinanza deve essere pertanto annullata con rinvio al Tribunale di Firenze per nuovo esame.

P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Annulla la ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Firenze. Così deciso in Roma, il 24 settembre 2013.
Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2013