TAR Campania (NA) Sez.II n. 5064 del 30 ottobre 2017  
Urbanistica. Interventi eseguiti in totale difformità

L’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001 considera interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire (o concessione edilizia) “quelli che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, planovolumetriche, o di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso, ovvero l'esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile”. L’espressione “organismo edilizio” indica sia una sola unità immobiliare sia una pluralità di porzioni volumetriche facenti parte del medesimo edificio, mentre la difformità totale può riconnettersi sia alla costruzione di un corpo autonomo sia all’effettuazione di modificazioni con un intervento incidente sull’assetto del territorio attraverso l’aumento del cd. carico urbanistico. Inoltre, il riferimento alla “autonoma utilizzabilità” non impone che il corpo difforme sia fisicamente separato dall’organismo edilizio complessivamente autorizzato, ma ben può riguardare anche opere realizzate con una difformità quantitativa tale da acquistare una sostanziale autonomia rispetto al progetto approvato

Pubblicato il 30/10/2017

N. 05064/2017 REG.PROV.COLL.

N. 05603/2016 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5603 del 2016, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Luigi Tretola e Valeria Grimaldi, con i quali è elettivamente domiciliato in Napoli alla Via Firenze n. 32 presso l’Avv. Francesco Gentile;

contro

COMUNE DI CRISPANO, rappresentato e difeso dall’Avv. Raffaele Marciano, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Napoli alla Via Santa Lucia n. 62;

per l'annullamento

a) dell’ordinanza dirigenziale del Comune di Crispano n. 15/URB. del 4 ottobre 2016, recante l’ingiunzione di demolizione di opere abusive realizzate nel territorio comunale alla Via Matteotti n. 2;

b) di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente, se ed in quanto lesivo degli interessi del ricorrente, con particolare riferimento alla relazione di sopralluogo edilizio prot. n. 7644 del 26 settembre 2016, nonché al verbale di accertamento di violazione urbanistico-edilizia della Stazione Carabinieri di Crispano ed alla relativa nota di trasmissione del 27 settembre 2016, atti tutti richiamati nell’ordinanza di cui sopra.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione resistente;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 ottobre 2017 il dott. Carlo Dell'Olio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il gravame in trattazione, il ricorrente espone di essere proprietario, in Crispano alla Via Matteotti n. 2, di un appartamento e di un annesso locale pertinenziale posti rispettivamente al primo piano e al piano seminterrato di un più ampio fabbricato condominiale, nel quale insistono appartamenti e pertinenze appartenenti ad altri tre soggetti (-OMISSIS-).

Il ricorrente impugna l’ordinanza dirigenziale del Comune Crispano n. 15/URB. del 4 ottobre 2016, con cui ai quattro proprietari è stata cumulativamente ingiunta la demolizione di svariate opere realizzate in tale fabbricato in asserita totale difformità dalla concessione edilizia n. 5 del 13 marzo 2002, opere così di seguito descritte: “- Al piano cantinato la realizzazione di n. 11 box delimitati da divisori in muratura e con serrande metalliche di chiusura anteriore. L’altezza misurata è pari a ml 2.65 anziché dei ml. 2,50 previsti in concessione; - Al piano terra veniva riscontrato il cambio di destinazione d’uso dell’intero piano originariamente destinato a parcheggio auto ai sensi della L. 122/89, art. 9, mediante la realizzazione di n. 2 unità abitative di cui una della tipologia triplex, strutturata da un piano terra, avente una superficie di circa mq. 41,00 ed una altezza di mt. 3,35, un piano primo avente una superficie di circa mq. 41,00 ed una altezza di mt. 2,80, ed un secondo piano avente una superficie di circa mq. 41,00 ed altezza di mt. 2,80. La superficie utile complessiva dell’appartamento come sopra descritto, risulta di circa mq. 123,00, con una volumetria complessiva calcolata vuoto per pieno di circa mc. 465,00. L’altra unità abitativa, ubicata a sx di chi entra nell’androne, occupa una superficie utile complessiva di circa mq. 68,00 con una volumetria pari a circa mc. 270,00. Sempre al piano terra, in dx di chi entra nell’androne, la zona destinata originariamente a parcheggio auto ai sensi della L. n. 122/89, art. 9, sembra diversamente destinata in quanto completa della pavimentazione ad una quota maggiore di circa cm. 30 rispetto al livello stradale e senza rampe di accesso, inoltre gli ingressi sul lato di via Matteotti risultano delimitati da un muretto di recinzione con sovrastante barriera in ferro. Detta recinzione risulta non autorizzata. - Al primo piano e secondo, l’appartamento posto di fronte a che sale le scale, risulta conforme a quanto autorizzato con C.E. n. 5/2002; - La prima unità abitativa, sulla sx di chi sale le scale presenta delle piccole difformità rispetto a quanto assentito con la predetta C.E. in quanto risulta variato l’ingresso mediante la realizzazione di una maggiore superficie pari a circa mq. 9,00 ed una maggiore volumetria pari a circa mc. 27,00, detta maggiore superficie risulta ricavata dalla chiusura dei frangisole previsti al piano primo e secondo. - Il secondo appartamento sulla sx di chi sale le scale risulta conforme a quanto assentito con la predetta C.E. sia al piano primo che al secondo piano, precisando che l’ingresso all’appartamento del piano primo e secondo risulta ricavato dalla chiusura dei predetti frangisole. - Al piano terzo non risulta realizzato il previsto sottotetto termico.”.

La presente impugnativa è estesa ad altri atti, meglio in epigrafe individuati, connessi alla procedura demolitoria intrapresa dall’amministrazione comunale.

Parte ricorrente insiste nelle proprie ragioni con ulteriore memoria difensiva.

Il Comune di Crispano, nella sua memoria di costituzione, conclude per la reiezione del ricorso.

L’istanza cautelare è stata accolta con ordinanza n. 41 dell’11 gennaio 2017.

La causa è stata trattenuta per la decisione all’udienza pubblica del 10 ottobre 2017, nel corso della quale la difesa del ricorrente ha eccepito la tardività della memoria di costituzione del Comune di Crispano, opponendosi al suo utilizzo.

2. Il Collegio, in via preliminare ed in accoglimento della suddetta eccezione, deve dichiarare l’inutilizzabilità a fini processuali della memoria di costituzione presentata dal Comune di Crispano, giacché essa è stata depositata tardivamente in data 6 ottobre 2017, in violazione del termine di trenta giorni liberi prima dell’udienza di discussione contemplato dall’art. 73, comma 1, c.p.a.

2.1 Sempre in via preliminare, va chiarito che l’unico provvedimento passibile di cognizione è l’ordinanza di demolizione n. 15/URB. del 4 ottobre 2016, dal momento che sui rimanenti atti gravati, ossia sulla relazione di sopralluogo edilizio prot. n. 7644 del 26 settembre 2016, nonché sul verbale di accertamento di violazione urbanistico-edilizia della Stazione Carabinieri di Crispano e sulla relativa nota di trasmissione del 27 settembre 2016, non può intervenire alcuna pronuncia di merito. Infatti, le loro impugnative sono inammissibili per i seguenti motivi: i) nella prima ipotesi per carenza di interesse, trattandosi nella specie di mero atto endoprocedimentale destinato ad essere recepito nel provvedimento demolitorio finale e, quindi, di atto privo di autonoma lesività; ii) nelle ultime due ipotesi per carenza di giurisdizione in favore del giudice ordinario penale, vertendosi in tema di atti facenti parte di distinto procedimento penale.

3. Perimetrato l’ambito del giudizio alla sola ordinanza indicata al paragrafo precedente, il Collegio può passare allo scrutinio del merito della causa, soffermandosi sulla pregnante censura, articolata nei primi due motivi di gravame, con cui il ricorrente denuncia la sussistenza del vizio, istruttorio e motivazionale, di genericità nonché del connesso vizio di violazione dei principi generali in materia di procedimenti sanzionatori. In sostanza, a suo avviso, l’amministrazione comunale non solo non avrebbe considerato che esso ricorrente è proprietario non dell’intero fabbricato ma di un solo appartamento (con pertinenza) ubicato al suo interno, ma altresì avrebbe contestato indifferentemente a tutti i proprietari la totalità delle opere realizzate, senza distinguere le singole posizioni in base alla riconducibilità del singolo abuso accertato al rispettivo titolare di unità immobiliare.

La censura è fondata e merita accoglimento.

Nel caso di specie la gravata ordinanza, interessando varie opere abusive insistenti su diverse unità immobiliari (appartamenti, box, zone parcheggio, etc.) ricomprese in un medesimo fabbricato, pecca effettivamente della denunciata genericità. Invero, essa non individua per singolo intervento i relativi proprietari ed accolla indebitamente a tutti i proprietari, in via cumulativa, la rimozione delle situazioni abusive a prescindere dalle singole titolarità, intimando a ciascuno di provvedere alla demolizione anche con riguardo ad immobili altrui, al di fuori di ogni ragionevole criterio di imputazione della responsabilità, che richiede, proprio in omaggio al principio di personalità dei trattamenti sanzionatori, immanente ad ogni branca del diritto, che il soggetto destinatario della misura sanzionatoria abbia comunque una relazione giuridica con la situazione sostanziale protetta dall’ordinamento (cfr. in tal senso TAR Umbria, Sez. I, 18 agosto 2016 n. 569).

Ne discende che si pone in assoluto contrasto con il menzionato principio, nonché con le esigenze di accurata e completa istruttoria, che al ricorrente, pacificamente proprietario di un solo appartamento (con pertinenza) sito al primo piano del fabbricato in questione, sia stato ingiunto di provvedere alla demolizione di opere abusive individuate con riferimento ad unità immobiliari non di sua proprietà ma appartenenti agli altri tre condomini, variamente ubicate agli altri piani dell’edificio.

4. Fondata si palesa anche la censura con cui parte ricorrente stigmatizza la contraddittorietà del provvedimento demolitorio, laddove, nel definire in genere tutte le opere abusive accertate il frutto di interventi in totale difformità dalla concessione edilizia n. 5/2002, includerebbe tra le medesime anche situazioni di asserita conformità o di piccola difformità rispetto al cennato titolo edilizio, sottoponendole alla stessa misura sanzionatoria dell’immediata demolizione.

Infatti, emerge dalla piana lettura del contenuto dell’ordinanza di demolizione, come riportato in narrativa, che sono state assoggettate al trattamento sanzionatorio delle opere in totale difformità, previsto dall’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, anche interventi che la stessa autorità comunale configura come poco difformi o, addirittura, conformi alla concessione edilizia n. 5/2002. Tali interventi, tutti realizzati al primo (dove è collocato anche l’appartamento di proprietà del ricorrente) ed al secondo piano del fabbricato, in parte non sono soggetti ad alcuna sanzione per la loro dichiarata conformità al titolo, ed in parte potrebbero essere interessati, laddove si verifichi lo sforamento del 2% rispetto alle misure progettuali originarie, dal più mite meccanismo sanzionatorio previsto per le ipotesi di parziale difformità dalla concessione edilizia (art. 34 del d.P.R. n. 380/2001).

In definitiva, è innegabile la contraddittorietà del provvedimento demolitorio, che sottopone allo stesso trattamento giuridico situazioni edilizie da esso stesso qualificate in termini di eterogeneità.

5. Inoltre, come ulteriormente denunciato dal ricorrente, anche la misurata maggiore altezza dei box, pari a soli 15 cm., è propriamente ascrivibile al concetto di parziale o irrilevante difformità dal titolo edilizio, ai sensi del già citato art. 34 del d.P.R. n. 380/2001, piuttosto che a quello di totale difformità sanzionato dal precedente art. 31.

5.1 In punto di diritto, giova rimarcare che la difformità totale si verifica allorché si realizzi un “aliud pro alio” rispetto alla costruzione progettata e cioè qualora siano ravvisabili opere non rientranti tra quelle consentite, che abbiano una loro autonomia e novità oltre che sul piano costruttivo anche su quello della valutazione economico-sociale. Difatti, l’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001 considera interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire (o concessione edilizia) “quelli che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, planovolumetriche, o di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso, ovvero l'esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile”. L’espressione “organismo edilizio” indica sia una sola unità immobiliare sia una pluralità di porzioni volumetriche facenti parte del medesimo edificio, mentre la difformità totale può riconnettersi sia alla costruzione di un corpo autonomo sia all’effettuazione di modificazioni con un intervento incidente sull’assetto del territorio attraverso l’aumento del cd. carico urbanistico. Inoltre, il riferimento alla “autonoma utilizzabilità” non impone che il corpo difforme sia fisicamente separato dall’organismo edilizio complessivamente autorizzato, ma ben può riguardare anche opere realizzate con una difformità quantitativa tale da acquistare una sostanziale autonomia rispetto al progetto approvato. Analogamente, è riconducibile al concetto di “variazione essenziale” (cfr. art. 32 del d.P.R. n. 380/2001) solo un aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio da valutare in relazione al progetto approvato con il permesso di costruire, mentre è da escludere che una diversa distribuzione interna delle singole unità abitative possa configurare una variazione di tale specie. Al contrario, il concetto di difformità parziale (cfr. art. 34 del d.P.R. n. 380/2001) si riferisce ad ipotesi tra le quali possono farsi rientrare, come nella specie (beninteso, una volta accertato il superamento del limite di tollerabilità del 2% delle misure progettuali), gli aumenti di cubatura o di superficie di scarsa consistenza, nonché le variazioni relative a parti accessorie che non abbiano specifica rilevanza (cfr. TAR Campania Napoli, Sez. VIII, 4 luglio 2013 n. 3472; TAR Calabria Catanzaro, Sez. II, 9 giugno 2010 n. 1067).

5.2 Quanto ora osservato dimostra l’ulteriore vizio istruttorio in cui è incorsa l’amministrazione comunale nel qualificare l’incidenza urbanistico-edilizia della rilevata maggiore altezza dei box.

6. In conclusione, ribadite le suesposte considerazioni, appare conclamata l’illegittimità, per eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione e per contraddittorietà, nonché per violazione dei principi generali in materia di procedimenti sanzionatori, della gravata ordinanza di demolizione, la quale merita di essere annullata con assorbimento delle rimanenti censure meno invasive quivi non esaminate.

Restano salvi gli ulteriori provvedimenti del Comune di Crispano, emendati dai vizi riscontrati in questa sede.

6.1 Nei limiti di cui sopra va accolto l’odierno ricorso, mentre le spese processuali devono essere addebitate alla soccombente amministrazione comunale nella misura liquidata in dispositivo, disponendosi l’attribuzione in favore dei difensori di parte ricorrente dichiaratisi antistatari.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti precisati in motivazione e, per l’effetto, annulla l’ordinanza dirigenziale del Comune di Crispano n. 15/URB. del 4 ottobre 2016.

Condanna il Comune di Crispano a rifondere in favore del ricorrente, con attribuzione ai suoi difensori, le spese processuali, che si liquidano in complessivi € 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre IVA, CPA ed importo del contributo unificato come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1, D.Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente e i -OMISSIS-.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 10 ottobre 2017 con l'intervento dei magistrati:

Giancarlo Pennetti, Presidente

Carlo Dell'Olio, Consigliere, Estensore

Brunella Bruno, Consigliere

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Carlo Dell'Olio        Giancarlo Pennetti