Cass. Sez. III n. 4148 del 31 gennaio 2025 (UP 18 dic 2024)
Pres. Ramacci Rel. Corbetta Ric. Masella
Rifiuti.Combustione di residui vegetali
Integra il reato di smaltimento non autorizzato di rifiuti speciali non pericolosi, di cui all'art. 256, comma 1, lett. a), d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, la combustione di residui vegetali effettuata senza titolo abilitativo nel luogo di produzione oppure di materiale agricolo o forestale naturale, anche derivato da verde pubblico o privato, se commessa al di fuori delle condizioni previste dall'articolo 182, comma 6-bis, primo e secondo periodo.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’impugnata sentenza, il Tribunale di Taranto ha condannato Leonardo Masella alla pena di 2.000 euro di ammenda in relazione al reato di cui all’art. 256, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 152 del 2006 – così diversamente qualificata l’originaria imputazione ex art. 256-bis d.lgs. n. 152 del 2006 - per avere appiccato il fuoco, dopo averli depositati in maniera incontrollata su taluni terreni di cui era conduttore, a dei rifiuti, costituiti da pali di legno per vigneto, fili metallici, tubi in plastica per l’irrigazione, cappucci in plastica copri palo.
2. Avverso la sentenza l’imputato, per il tramite del difensore di fiducia, ha presentato ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:
2.1. in primo luogo, il difensore chiede di sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 168-bis cod. pen., nella parte in cui non prevede la sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato in ogni stato o grado del processo per presupposti sopravvenuti, in relazione agli artt. 3, 27 e 111 Cost., posto che, nel caso in esame, per effetto della riqualificazione del fatto di reato, il limite edittale consente l’accesso all’istituto, ma tale istanza non può essere avanzata stante lo sbarramento posto dall’art. 593, comma 3, cod. proc. pen.;
2.2. violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. per non avere il Tribunale ritenuto l’insussistenza dal solo ai sensi dell’art. 5 cod. pen., come modificato dalla Corte costituzionale n. 364 del 1988, stante l’assoluta oscurità del testo legislativo e del caotico atteggiamento degli organi giudiziaria, considerando che la bruciatura è stata effettuata in presenza, in totale controllo, lontano da edifici e in assenza di vento;
2.3. violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., per avere il Tribunale ravvisato il reato di cui all’art. 256 d.lgs. n. 152 del 2006, anziché l’illecito amministrativo di cui 185, comma 1, lett. f) del medesimo d.lgs., stante l’esiguità del materiale bruciato, pari, all’incirca a 27 quintali di materiale vegetale;
2.4. violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione all’esclusione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., sia alla mancata applicazione del beneficio della non menzione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato in relazione al quarto motivo con riferimento all’omessa motivazione del beneficio della non menzione, essendo gli altri infondati.
2. La questione di legittimità costituzionale, articolata con il primo motivo, è inammissibile.
A prescindere dalla totale carenza motivazionale in relazione alla asserita violazione delle norme costituzionali, che si di per sé è motivo di inammissibilità, si osserva che il ricorrente non si confronta con il dato normativo, come interpretato dal diritto vivente.
2.1. Come costantemente affermato da questa Corte di legittimità, il riconoscimento della diversa qualificazione giuridica del fatto da parte del giudice del dibattimento non legittima l'imputato a proporre tardivamente la richiesta di messa alla prova, in quanto l'inesatta contestazione del reato non preclude l'accesso al rito speciale che può essere avanzata nel termine di cui all'art. 464, comma 2, cod. proc. pen. deducendo l'erronea qualificazione giuridica del fatto (ex multis, Sez. 5, n. 31665 del 06/05/2021, M., Rv. 281767-02; Sez. 6, n. 19673 del 08/04/2021, Amico, Rv. 281162).
Allo stesso modo, si è chiarito che, qualora, all'esito del dibattimento, i fatti siano accertati in modo conforme alla contestazione ma il giudice ritenga di non condividerne la qualificazione giuridica, egli deve ammettere l'imputato alla messa alla prova ove questi avesse presentato la relativa richiesta nei termini previsti dalla legge; qualora, invece, i fatti siano accertati in modo difforme dalla stessa imputazione, la ammissione alla messa alla prova può riguardare anche la domanda presentata ex novo (Sez. 6, n. 16669 del 26/10/2022, dep. 2023, P.G. in c. Gonzales, Rv. 284610).
2.2. Si tratta di una conclusione del tutto coerente con quanto affermato dalle Sezioni Unite a proposito di una fattispecie del tutto similare, relativa all’accesso all’ablazione nel caso di riqualificazione in melius del fatto di reato.
Al riguardo, si è affermato che, nel caso in cui è contestato un reato per il quale non è consentita l'oblazione ordinaria di cui all'art. 162 cod. pen. né quella speciale prevista dall'art. 162-bis cod. pen., l'imputato, qualora ritenga che il fatto possa essere diversamente qualificato in un reato che ammetta l'oblazione, ha l'onere di sollecitare il giudice alla riqualificazione del fatto e, contestualmente, a formulare istanza di oblazione, con la conseguenza che, in mancanza di tale espressa richiesta, il diritto a fruire dell'oblazione stessa resta precluso ove il giudice provveda di ufficio ex art. 521 cod. proc. pen., con la sentenza che definisce il giudizio, ad assegnare al fatto la diversa qualificazione che consentirebbe l'applicazione del beneficio (Sez. U, n. 32351 del 26/06/2014, Tamborrino, Rv. 259925).
2.3. Nel caso di specie, pertanto, il difensore, in sede di conclusioni avrebbe dovuto chiedere la riqualificazione del fatto ai sensi dell’art. 256 d.lgs. n. 152 del 2006 e contestualmente anche l’ammissione alla messa alla prova, il che non è avvenuto; come risulta dalle conclusioni riportate nell’epigrafe della sentenza, infatti, il difensore, in subordine, si è limitato a chiedere di “riqualificare il reato contestato in quello di cui all’art. 256 d.lgs. n. 152 del 2006 e applicare la sanzione dell’ammenda”, senza alcun riferimento alla messa alla prova.
3. Il secondo motivo è inammissibile perché generico e, comunque, manifestamente infondato.
Invero, non solo non è dato comprendere su quali basi il ricorrente possa predicare “l’assoluta oscurità del testo legislativo” e il “caotico atteggiamento degli organi giudiziaria”, stante la chiarezza del disposto dell’art. 256 d.lgs. n. 152 del 2006, norma vigente da diciotto anni, ma, in ogni caso, gli elementi indicati dal ricorrente, peraltro tutti di natura fattuale (ossia che bruciatura è stata effettuata in presenza, in totale controllo, lontano da edifici e in assenza di vento), non spiegano in alcun modo come possa giustificare l’ignoranza incolpevole e inevitabile della legge penale.
4. Il terzo motivo è inammissibile perché contiene censure di tipo valutativo.
4.1. Invero, il Tribunale, sulla base dell’annotazione di p.g. e della deposizione dell’operante, ha ritenuto che l’imputato abbia effettuato un’attività di smaltimenti di rifiuti non pericolosi in assenza della prescritta autorizzazione, in ciò facendo corretta applicazione del principio secondo cui integra il reato di smaltimento non autorizzato di rifiuti speciali non pericolosi, di cui all'art. 256, comma 1, lett. a), d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, la combustione di residui vegetali effettuata senza titolo abilitativo nel luogo di produzione oppure di materiale agricolo o forestale naturale, anche derivato da verde pubblico o privato, se commessa al di fuori delle condizioni previste dall'articolo 182, comma 6-bis, primo e secondo periodo (Sez. 3, n. 38658 del 15/06/2017, Pizzo, Rv. 270897)
4.2. Orbene, ai fini della richiesta riqualificazione giuridica dell’illecito, il ricorrente deduce un non consentito apprezzamento in fatto sulla integrale natura e consistenza volumetrica del materiale smaltito, che, evidentemente, avrebbe dovuto essere di prova nel giudizio di merito, e non dedotto, per la prima volta, in questa sede di legittimità.
5. Il quarto motivo è parzialmente fondato.
5.1. Si rileva che, in sede di conclusioni, il difensore aveva richiesto, pur in via subordinata, il beneficio della non menziona della condanna; al riguardo, la motivazione è totalmente mancante.
Rammendato che la Corte di cassazione pronuncia sentenza di annullamento senza rinvio se ritiene superfluo il rinvio e se, anche all'esito di valutazioni discrezionali, può decidere la causa alla stregua degli elementi di fatto già accertati o sulla base delle statuizioni adottate dal giudice di merito, non risultando necessari ulteriori accertamenti (Sez. U, n. 3464 del 30/11/2017, dep. 2018, Matrone, Rv. 27183101), nel caso in esame dalla motivazione emergono elementi tali (quali la contenuta gravità del fatto e l’incensuratezza), per cui può essere riconosciuto il beneficio richiesto, senza necessità di rinvio al giudice del merito.
5.2. Quanto, invece, alla richiesta di applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., si osserva, per un verso, che dalla motivazione emerge l’insussistenza dei presupposti integranti la causa di non punibilità, non potendosi certamente definire di “particolare tenuità” lo smaltimento di rifiuti che ha interessato una superficie bruciata di ventuno metri quadrati (cfr. p. 3 della sentenza impugnata); per altro verso, che il motivo è generico, non indicando alcun elemento valutabile ex art. 131-bis cod. pen.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente all’applicazione al mancata applicazione del beneficio della non menzione della condanna, beneficio che riconosce. Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso il 18/12/2024.