La replica di Legambiente e Libera alle critiche riguardanti l'inserimento dei reati ambientali nel codice penale

 

Oggi in commissione giustizia della Camera inizia finalmente l'esame del ddl sugli ecoreati, già approvato dal Senato dopo un lungo e approfondito dibattito, in Commissione e in Aula, durato oltre un anno. 
Nell’ultima settimana sono stati diversi i tentativi di introdurre ulteriori modifiche che farebbero tornare il provvedimento al Senato in quarta lettura, con il rischio concreto di vederlo affossare definitivamente. È arrivata la richiesta da parte del sottosegretario allo sviluppo economico Simona Vicari di cancellare il divieto dell’uso dell’airgun, l’impattante sistema ad aria compressa utilizzato per la ricerca dei giacimenti di petrolio nei fondali marini, e quella dei principali enti di ricerca preoccupati di non poter utilizzare più questa tecnica per le loro attività sperimentali (preoccupazione infondata perché il divieto riguarderebbe solo le ricerche di idrocarburi nei fondali marini). Nei giorni scorsi sono arrivate anche le pesanti critiche contro il disegno di legge sugli ecoreati da parte di Confindustria, come emerso nell’intervista del presidente Giorgio Squinzi al Corriere della sera di domenica 15 marzo 2015, che ha parlato di norme "punitive" nei confronti delle imprese. 

Spiace dover constatare che in questo "coro" finisca anche una voce autorevole come quella di Gianfranco Amendola che, dopo mesi di dibattito pubblico e di confronto tecnico-giuridico, richiama l'attenzione su questioni di merito che appaiono francamente infondate, come i rischi paventati.

La prima critica fatta al ddl sui delitti ambientali nel codice penale riguarda l’inserimento della parola “abusivamente” nelle definizioni dei nuovi delitti di inquinamento e di disastro ambientale. Questa novità è figlia anche delle proposte di emendamento elaborate da un pool di autorevoli magistrati e giuristi del settore, che hanno coadiuvato le nostre associazioni, presentate in Senato nel maggio 2014 proprio per superare alcuni problemi emersi con la prima formulazione prevista dal ddl approvato alla Camera il 26 febbraio 2014. Con la parola “abusivamente” infatti l’applicazione dei nuovi delitti eviterebbe vuoti di tutela e sarebbe molto più estensiva con maggiori garanzie per l’ambiente e la salute: con questa formulazione, ad esempio, verrebbero sanzionate l’emissione sul suolo o in atmosfera di sostanze pericolose regolate dalla normativa sulla sicurezza, come nel caso delle fibre di amianto, ma anche le cave illegali o i disboscamenti abusivi.

Questa polemica sulla parola “abusivamente” ha scatenato in noi una sorta di dejà vu. Ricordiamo infatti molto bene le contestazioni fatte anche nel 2001 in occasione dell’approvazione del delitto di attività organizzate per il traffico illecito dei rifiuti (ex art. 53bis del decreto Ronchi, oggi art. 260 del Codice ambientale), il primo della normativa ambientale italiana, per sanzionare pesantemente chi «gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti». Anche allora l’introduzione di questo avverbio venne contestata paventando una paralisi delle indagini e l'inapplicabilità della norma.  La realtà ha dimostrato esattamente il contrario. Vale la pena ricordare, infatti, che grazie a quel delitto introdotto ormai 14 anni fa sono state concluse fino al maggio 2014 ben 235 indagini che hanno portato all’emissione di 1.434 ordinanze di custodia cautelare, alla denuncia di 4.232 persone e al coinvolgimento di 800 aziende, con numerose sentenze della Cassazione e una ormai consolidata giurisprudenza.

Il ddl sugli ecoreati, come hanno già sottolineato in audizioni, incontri, seminari di approfondimento, autorevoli magistrati e avvocati esperti di diritto ambientale, permetterà di voltare pagina rispetto ai disastri impuniti consumati fino ad oggi sul territorio nazionale, grazie alla possibilità di contestare nuovi delitti in materia di ambiente, che si aggiungono e non cancellano norme già esistenti. Il disegno di legge infatti, grazie anche in questo caso ad una nostra proposta di emendamento, prevede nella definizione di disastro ambientale le parole «fuori dai casi previsti dall’articolo 434». Viene garantita, insomma, come sollecitato da magistrati attivamente impegnati in importanti inchieste, la possibilità di continuare a contestare il cosiddetto “disastro innominato”, attualmente utilizzato per colpire le più gravi lesioni arrecate all’ambiente (anche se con limitati esiti in termini di condanne definitive). Il disastro innominato, quindi, non viene cancellato, senza causare alcuna ripercussione anche sui processi in corso, e parallelamente si introduce il nuovo delitto di disastro ambientale, che prevede fino a 15 anni di reclusione, al netto delle aggravanti previste dal ddl. Una volta approvata la legge quindi i magistrati, oltre a tutti i reati contravvenzionali e al delitto di disastro innominato, che vale la pena ribardirlo restano in vigore, potranno contestare anche i quattro nuovi delitti previsti dal ddl in discussione da oggi alla Camera. Dove sarebbe il problema?

Anche per queste considerazioni l’ultimo rischio paventato da Amendola, secondo cui il ddl sugli ecoreati garantirebbe «mano libera all’industria inquinante» e creerebbe «scappatoie per gli inquinatori», pare oggettivamente infondato. Può valere a controprova la fortissima pressione ancora oggi esercitata da Confindustria per impedire l’approvazione definitiva della legge sugli ecoreati nella versione licenziata da Palazzo Madama, arrivando a contestare paradossalmente che una norma di questo genere disincentiverebbe gli investimenti produttivi nel nostro Paese.

Alle contestazioni di Confindustria ha risposto in modo efficace l’on. Donatella Ferranti, presidente della Commissione giustizia della Camera, sottolineando la funzione di tutela dalla concorrenza sleale di questa norma a favore delle imprese serie che rispettano la legge. E ha ragione l’on. Alessandro Bratti, presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, quando sostiene che «voci critiche tardive e (…) infondate possono andare solo a vantaggio di coloro che mediante una discussione infinita vorrebbero ottenere il risultato di un nulla di fatto». È arrivato il momento di chiudere questa partita, approvando a Montecitorio senza cambiare neanche una virgola il ddl di iniziativa parlamentare, frutto dell’unificazione di tre testi presentati all'inizio di questa legislatura da Pd, M5S e Sel, già approvato al Senato con una ampia maggioranza trasversale.  La tutela dell’ambiente e della salute e la parte sana dell’economia non possono più aspettare.  

Stefano Ciafani, vicepresidente nazionale di Legambiente
Enrico Fontana, coordinatore nazionale di Libera