TAR Campania (NA), Sez. VII, n. 4639, del 1 settembre 2014
Urbanistica.Trasformazione di un’area boscata in zona pavimentata con calcestruzzo cementizio

In considerazione delle dimensioni e della natura del variato assetto orografico del territorio, trattandosi di una indubbia alterazione dello stato dei luoghi, con trasformazione di un’area boscata di mq. 277 in zona pavimentata con calcestruzzo cementizio, tali opere hanno indubbiamente mutato la conformazione urbanistica del territorio e, come tali, richiedevano il preventivo rilascio del permesso di costruire ex D.P.R. n. 380/2001 oltre che della autorizzazione paesaggistica ai sensi del D.Lgs. 42/2004. Tale conclusione è coerente con gli approdi della giurisprudenza amministrativa secondo cui occorre il titolo concessorio per tutte le opere che modifichino stabilmente il terreno per un uso per cui sia necessaria una preventiva valutazione di opportunità e di convenienza per l'armonioso sviluppo dell'aggregato urbano. Rientra, pertanto, tra tali opere lo sbancamento di un terreno, pur in assenza di opere in muratura, dando luogo a modificazione della precedente conformazione di una determinata area e dell’ambiente circostante. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 04639/2014 REG.PROV.COLL.

N. 02027/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2027 del 2007, proposto da:
Vinaccia Raffaele, rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Maria Di Leva, con domicilio eletto presso lo studio Soprano, in Napoli, via Toledo 156;

contro

Comune di Massa Lubrense, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Ferdinando Pinto, Giulio Renditiso e Rosa Persico, con domicilio eletto presso lo studio legale Furno, in Napoli, via Cesario Console, 3;
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli presso cui elettivamente domicilia in Napoli, via Diaz 11;

per l'annullamento

I) con il ricorso introduttivo:

dell’ordinanza di demolizione n. 46 prot. 1652 del 18 gennaio 2007;

II) con i motivi aggiunti:

del parere di non compatibilità paesaggistica prot. n. 27260 del 20 dicembre 2007 della Soprintendenza per i Beni Architettonici ed il Paesaggio di Napoli e Provincia, del preavviso di diniego della istanza di sanatoria prot. n. 10699 del 7 gennaio 2008 del Comune di Massa Lubrense.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Massa Lubrense e del Ministero per i Beni e le Attività Culturali;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 luglio 2014 il dott. Gianluca Di Vita e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

Con ricorso notificato il 19 marzo 2007 e depositato il 12 aprile 2007 il Sig. Vinaccia Raffaele, proprietario di un immobile sito nel Comune di Massa Lubrense alla via Pontone n. 4 località Sant’Agata, impugna il provvedimento specificato in epigrafe recante ordine di demolizione e ripristino di opere abusivamente realizzate in zona vincolata ex D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, consistenti in uno sbancamento in area incassata tra un preesistente capannone da un lato ed il bosco circostante per gli altri tre lati, con la seguente consistenza: lunghezza metri lineari 31,50 circa, larghezza media metri 8,80 circa, per una superficie di 277 mq circa, con altezza sul lato a confine del capannone variabile da metri 7,00 circa a metri 2,60 circa e sul lato opposto da metri 2,20 circa a metri 0,30 circa e nella successiva pavimentazione dell’area con massetto in calcestruzzo al quale si accede tramite un varco realizzato nel muro del preesistente capannone posto a confine, il tutto utilizzato dalla ditta del ricorrente come deposito annesso all’attività commerciale per la vendita di materiale per l’edilizia.

Il ricorrente affida il ricorso ai seguenti profili di illegittimità: violazione del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, eccesso di potere per difetto di interesse pubblico all’adozione del provvedimento, difetto di motivazione, ingiustizia, eccesso di potere, tardivo esercizio della tutela di pubblico interesse. In sintesi, l’esponente assume che i lavori di sbancamento presenterebbero mero carattere manutentivo e non costituirebbero nuova costruzione, come tali non richiederebbero il previo rilascio del permesso di costruire ex art. 10.

Inoltre, lamenta che l’amministrazione avrebbe adottato il gravato ordine di demolizione senza alcuna motivazione in ordine all’attualità dell’interesse pubblico al ripristino e sulla compatibilità urbanistica delle opere in relazione alle quali espone di aver presentato istanza di accertamento di conformità urbanistica e di compatibilità paesaggistica.

Con successivi motivi aggiunti ritualmente notificati e depositati, rispettivamente il 7 marzo ed il 3 aprile 2008 il ricorrente impugna il parere contrario all’uopo espresso dalla Soprintendenza, secondo cui l’intervento collide con le prescrizioni previste per la zona 8 del P.U.T. (Parchi Territoriali) ex L. Reg. 27 giugno 1987 n. 35 e per la zona F3 (Parchi Territoriali) dal P.R.G., nelle quali vige il divieto di nuove edificazioni in qualsiasi forma, pubblica e privata, e di modificazione del suolo.

Si duole dell’omessa trasmissione del c.d. preavviso di rigetto del parere della Soprintendenza ex art. 10 bis della L. 7 agosto 1990 n. 241, deduce il difetto di motivazione e sostiene la piena conformità urbanistica dell’intervento con il P.R.G. che, a suo dire, consentirebbe le modificazioni del suolo dirette al consolidamento e alla sistemazione idro - morfologica evidenziando che, nella specie, la realizzazione dell’area pavimentata sarebbe destinata a consentirne la fruizione del sito come deposito di materiale e sosta di veicoli in funzione dell’attività commerciale della propria ditta.

Resistono in giudizio il Comune di Massa Lubrense ed il Ministero per i Beni e le Attività Culturali che controdeducono nel merito e concludono per il rigetto del gravame.

Il Tribunale ha respinto la domanda cautelare con ordinanza n. 1371 del 9 maggio 2007.

Alla pubblica udienza del 24 luglio 2014 la causa è stata trattenuta in decisione.

E’ destituito di giuridico fondamento il ricorso introduttivo proposto avverso l’ordinanza di demolizione n. 46/2007.

Preliminarmente occorre dare atto che l’istante non contesta la consistenza dei lavori realizzati, né l'assenza dei titoli abilitativi ma lamenta la non applicabilità alla fattispecie della sanzione della demolizione sul presupposto che, secondo il ragionamento sviluppato nel ricorso, lo sbancamento in area boscata e la successiva pavimentazione in calcestruzzo cementizio non richiederebbero il previo rilascio del permesso di costruire.

L’argomentazione non persuade.

A conclusioni opposte deve pervenirsi in considerazione delle dimensioni e della natura del variato assetto orografico del territorio, trattandosi di una indubbia alterazione dello stato dei luoghi, con trasformazione di un’area boscata di mq. 277 in zona pavimentata con calcestruzzo cementizio. Tali opere hanno indubbiamente mutato la conformazione urbanistica del territorio e, come tali, richiedevano il preventivo rilascio del permesso di costruire ai sensi del combinato disposto degli artt. 3 e 10 del D.P.R. n. 380/2001 oltre che della autorizzazione paesaggistica trattandosi di zona vincolata ai sensi del D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 in virtù del D.M. 22 dicembre 1965 recante dichiarazione di notevole interesse pubblico ai sensi della L. 29 giugno 1939 n. 1497.

Si aggiunga che tale conclusione è coerente con gli approdi della giurisprudenza amministrativa (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 4 maggio 2012 n. 2044; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 23 aprile 2009 n. 2141; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 20 ottobre 2003 n. 12922; T.A.R. Piemonte, 14 dicembre 2005 n. 4057; T.A.R. Lazio, Roma, 8 maggio 2002, n. 4039; T.A.R. Sicilia, Palermo, 25 maggio 2005 n. 883) secondo cui occorre il titolo concessorio per tutte le opere che modifichino stabilmente il terreno per un uso per cui sia necessaria una preventiva valutazione di opportunità e di convenienza per l'armonioso sviluppo dell'aggregato urbano. Rientra, pertanto, tra tali opere lo sbancamento di un terreno, pur in assenza di opere in muratura, dando luogo a modificazione della precedente conformazione di una determinata area e dell’ambiente circostante.

Non può dubitarsi quindi della legittimità dell’ordine di demolizione.

Com'è noto nelle zone soggette a vincoli di cui al D. Lgs. n. 42/2004 ogni intervento non rientrante tra quelli di cui all'art. 149 deve essere preceduto da specifica autorizzazione paesaggistica e, in assenza di quest'ultima, le opere senza titolo debbono essere ridotte in pristino ai sensi dell'art. 167 dello stesso decreto legislativo.

Allo stesso modo l'art. 27 del D.P.R. n. 380/2001 prevede che "il dirigente o il responsabile, quando accerti l'inizio o l'esecuzione di opere eseguite senza titolo su aree assoggettate, da leggi statali, regionali o da altre norme urbanistiche vigenti o adottate, a vincolo di inedificabilità, o destinate ad opere e spazi pubblici ovvero ad interventi di edilizia residenziale pubblica di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167 , e successive modificazioni ed integrazioni, nonché in tutti i casi di difformità dalle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi".

Nel caso di specie è incontestata la presenza di vincoli paesaggistici sull'area in questione così come l'insussistenza di un titolo per le opere realizzate e, pertanto, correttamente ne è stata ordinata la riduzione in pristino dello stato dei luoghi ai sensi dell’art. 27 del DPR n. 380/2001 e dell’art. 167 del D.lgs. n. 4272004.

Neppure merita condivisione la deduzione che si incentra sulla mancata esplicitazione circa l’attualità dell’interesse pubblico al ripristino dello stato dei luoghi.

Sotto un primo profilo, non è stato in alcun modo comprovata la presunta risalenza nel tempo delle opere e, inoltre, in ogni caso il potere di reprimere abusi edilizi non è soggetto né a prescrizione, né a decadenza stante il carattere permanentemente illegale dell'abuso edilizio medesimo, per cui non è configurabile alcun possibile affidamento del privato sulla legittimità di opere edilizie in realtà abusive. Conseguentemente il doveroso provvedimento demolitorio non necessita di alcuna specifica motivazione, sull'esistenza di un interesse pubblico alla rimozione dell'opera abusiva perché tale interesse pubblico sussiste in re ipsa.

Parimenti infondati si appalesano i motivi aggiunti avverso il parere contrario di compatibilità paesaggistica espresso dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici ed il Paesaggio di Napoli e Provincia ai sensi dell’art. 167 del D.Lgs. 42/2004.

Sul punto, giova rammentare che l’area in esame ricade nel “Piano urbanistico territoriale dell'Area Sorrentino-Amalfitana” di cui alla L.Reg. 35/1987 la quale detta i principi ai quali devono ispirarsi gli strumenti urbanistici per la zona territoriale 8 (“Parchi territoriali” ): in particolare, in base all’art. 17, la normativa urbanistica locale deve impedire le edificazioni in qualsiasi forma, sia pubblica che privata, proibire le modificazioni del suolo di qualsiasi genere e consentire il più ampio uso pubblico, che dovrà essere regolamentato al fine di salvaguardare l'integrità dell'ambiente naturale ed il permanere delle attività agricole o silvo - pastorali eventualmente esistenti.

Coerentemente con tale previsione, il P.R.G. del Comune di Massa Lubrense dispone all’art. 46 che la zona F3 (“Parchi Territoriali”) ricomprende“aree inedificate di grande interesse ambientale, già dotate di vegetazione spontanea e/o di impianti arborei ovvero da rimboschire, nelle quali occorre salvaguardare gli attuali caratteri paesistico – ambientali incrementando o introducendo possibilità di fruizione pubblica regolamentata, compatibile con l’uso agricolo o silvo - pastorale dei siti”.

Si tratta quindi di zone di particolare pregio naturalistico nelle quali è tutelato il verde pubblico e, come si legge nella richiamata disposizione, l’attuazione del P.R.G. si attua mediante convenzione, previa redazione di piani urbanistici esecutivi (P.U.E.) con i proprietari e i costruttori o, in caso di totale indisponibilità di questi, mediante esproprio.

Detto articolo prevede poi che tali P.U.E. dovranno vietare edificazioni in qualsiasi forma e modificazioni del suolo diverse da quelle necessarie per il consolidamento delle pendici, dovranno altresì regolamentare l’uso pubblico in forme tali da salvaguardare l’integrità dell’ambiente, anche prevedendo opportune sistemazioni e realizzazione di percorsi pedonali ed aree di sosta nonché, mediante progetti unitari, di piccoli nuclei di attrezzature scoperte per il gioco libero e lo sport.

Dall’analisi della disciplina prevista dal P.R.G. emerge quindi incontestabilmente che ogni intervento nella zona F3 è, in ogni caso, subordinato alla previa redazione di P.U.E. e comunque deve essere preordinato alla tutela della integrità dell’ambiente e alla fruizione pubblica. Nelle more del P.U.E. e fino all’eventuale espropriazione, l’art. 46 ammette unicamente interventi di manutenzione straordinaria su edifici esistenti e senza alterazione di profili, di prospetti e senza incremento di volumi e superfici utili.

Ecco allora che l’opera di sbancamento si pone in rapporto di insanabile contrasto con il descritto regime urbanistico: difatti, non risulta comprovata la previa redazione di strumenti urbanistici esecutivi, in mancanza dei quali non era possibile procedere alla irreversibile trasformazione del suolo essendo consentito, come si è visto, solo limitati interventi su edifici esistenti (ipotesi non ravvisabile nella fattispecie in scrutinio).

Inoltre, i lavori di sbancamento in area boscata e la successiva pavimentazione in calcestruzzo sono per stessa ammissione del ricorrente funzionali allo svolgimento della propria attività imprenditoriale (deposito di materiale e sosta di veicoli commerciali) e non appaiono pertanto compatibili con la destinazione ad uso pubblico e di salvaguardia dell’integrità dell’ambiente scolpito dal P.R.G..

Tali considerazioni conducono infine a dequotare il vizio procedimentale che attiene alla omessa comunicazione del c.d. “preavviso di rigetto” del parere contrario espresso dalla Soprintendenza.

Difatti, per pacifico e consolidato orientamento giurisprudenziale, ove le opere risultino diverse da quelle sanabili e indicate nell’art. 167 del Codice dei beni culturali, le competenti autorità non possono che emanare un atto dal contenuto vincolato e cioè esprimersi nel senso della reiezione dell’istanza di accertamento di compatibilità paesaggistica (Consiglio di Stato, Sez. VI, 20 giugno 2012 n. 3578), con l’unica eccezione a tale rigida prescrizione per il caso - non ravvisabile nella fattispecie in esame - in cui i lavori, pur se realizzati in assenza o difformità dell’autorizzazione paesaggistica, non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati.

Alla fattispecie, pertanto, è applicabile l’art. 21 octies della L. 241/1990 che statuisce la non annullabilità del provvedimento adottato in violazione delle norme sul procedimento amministrativo qualora per la sua natura vincolata sia palese che il suo contenuto non avrebbe potuto essere diverso da quello concretamente adottato. Attesa la natura dovuta del diniego di accertamento di conformità e di compatibilità paesaggistica per le ragioni illustrate, il relativo procedimento non è quindi inficiato dall’omissione del preavviso di rigetto dell’istanza.

In conclusione, il ricorso è infondato e deve essere respinto, pur disponendosi la compensazione delle spese processuali in ragione della datazione risalente dei fatti di causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Settima) respinge il ricorso in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 24 luglio 2014 con l'intervento dei magistrati:

Alessandro Pagano, Presidente

Fabio Donadono, Consigliere

Gianluca Di Vita, Primo Referendario, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 01/09/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)