TAR Puglia (BA) Sez.I n.1195 del 18 giugno 2012
Urbanistica.Titoli abilitativi e promissario acquirente

Ai fini della legittimazione attiva al rilascio di titoli abilitativi nella materia edilizia è necessaria, sulla base degli artt. 11 e 23 del D.P.R. 380/2011, la titolarità del diritto di proprietà, ovvero di altro diritto reale od anche obbligatorio a condizione, in tale ultima ipotesi, del riconoscimento della disponibilità giuridica e materiale del bene nonché della relativa potestà edificatoria. Quanto al promissario acquirente si richiede, anche in ipotesi di preliminare ad effetti anticipati, la specifica autorizzazione del proprietario promissario venditore all’esercizio dello ius aedificandi

N. 01195/2012 REG.PROV.COLL.

N. 00967/2011 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 967 del 2011, proposto da:
Enne. Pi. s.r.l., rappresentata e difesa dall'avv.to Francesco Paolo Bello, con domicilio eletto presso Francesco Paolo Bello, in Bari, via P. Amedeo, 82/A;

contro

Comune di Conversano, rappresentato e difeso dall'avv.to Giacomo Sgobba, con domicilio eletto presso Fabrizio Lofoco, in Bari, via Pasquale Fiore, 14;

per l'annullamento

- della nota prot. n. 4907 del 16.02.2011, notificata a mezzo posta in data 22.02.2011, con cui il Direttore Area Urbanistica e LL.PP del Comune di Conversano ha espresso formale diniego alla realizzazione di un impianto fotovoltaico di potenza inferiore ad 1 MW, su terreno ubicato in zona agricola, alla C.da Marchione;

- nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale, ancorché non conosciuto, compresa - ove occorra - la nota prot. n.7693 del 18.03.2011 a firma del medesimo Direttore Area Urbanistica e LL.PP.,di riscontro alla richiesta di annullamento in via di autotutela della predetta nota prot. n.4907.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Conversano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore il dott. Paolo Amovilli;

Uditi nell'udienza pubblica del giorno 18 aprile 2012 per le parti i difensori avv.ti Giacomo Sgobba ed Antonio Arzano, quest’ultimo per delega dell'avv. Francesco Paolo Bello;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. Espone la ricorrente di aver presentato in data 21 gennaio 2009 denuncia di inizio attività ai sensi dell’art. 3 L.R. Puglia n. 31/2008 per la realizzazione di un impianto fotovoltaico di potenza inferiore ad 1 MW, ubicato in area ricadente in zona omogenea E1 del Comune di Conversano.

Con nota prot. n. 1391 del 17 febbraio 2009, l’Amministrazione ha comunicato alla ricorrente la necessità di integrare la suddetta d.i.a. per riscontrate carenze nella documentazione allegata.

In data 22 ottobre 2009 la Enne. Pi. Studio s.r.l ha dunque prodotto ulteriore documentazione, ed in data 22 dicembre 2009 ha conseguito la prescritta autorizzazione paesaggistica.

Il 22 febbraio 2011 è pervenuto alla ricorrente provvedimento di formale diniego alla realizzazione dell’intervento in oggetto, sul presupposto della accertata mancata messa in esercizio degli impianti entro il termine perentorio stabilito dall’art 1-quater del D.L. 105/2010 (c.d. salva - d.i.a.), a seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 3 della legge regionale 31/2008 (sentenza Corte Cost. 22 febbraio 2010, n. 119).

La ricorrente impugna il suesposto provvedimento, deducendo le seguenti censure, così riassumibili:

I. violazione ed erronea applicazione dell’art. 1 - quater del D.L. 105/2010; eccesso di potere per carenza di istruttoria, violazione ed omessa applicazione della circolare 15 dicembre 2010 del Ministero dello Sviluppo economico, eccesso di potere per carenza di istruttoria: l’art. 1-quater citato, non essendo destinato a produrre effetti in ordine ai rapporti esauriti, vale a dire nei confronti di d.i.a. divenute definitive per decorrenza dei termini di impugnativa, non avrebbe nella fattispecie alcun impatto applicativo, essendosi la d.i.a. in questione già perfezionata il 21 gennaio 2010 (prima della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della sentenza della Consulta 119/2010) ovvero trenta giorni dopo il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, intervenuta il 22 dicembre 2009; richiamandosi all’opzione interpretativa avallata dalla circolare 15 dicembre 2010 del Ministero dello Sviluppo economico, anche qualora dovesse ritenersi applicabile l’art. 1-quater, la d.i.a. non dovrebbe ritenersi automaticamente caducata in caso di mancato rispetto del termine per l’entrata in esercizio degli impianti, non operando la norma sul piano della decadenza, che sarebbe peraltro del tutto irragionevole; scaduto il termine perentorio di trenta giorni prescritto dall’art. 23 D.P.R. 380/2011, l’Amministrazione avrebbe dovuto esercitare il potere sanzionatorio - repressivo mediante provvedimento di secondo grado, previa osservanza delle garanzie procedimentali all’uopo apprestate dall’ordinamento, comparando l’interesse pubblico al ripristino della legalità violata con il sacrificio dell’affidamento ingenerato alla realizzazione dell’intervento;

II. violazione ed omessa applicazione dell’art. 2 comma 159 legge 244/2007 e dell’art. 15 D.Lgs. 79/2009, eccesso di potere per carenza di istruttoria ed erronea presupposizione dei fatti: per determinare il concetto di mancato avvio dei lavori, come constatato con sopralluogo del 10 febbraio 2011, non sarebbe possibile fare riferimento alla disciplina normativa in materia edilizia, stante il carattere di specialità delle d.i.a. inerenti la realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili; infatti la normativa di settore richiederebbe in particolare la sola acquisizione della “disponibilità delle aree” nonché l’accettazione del preventivo di allacciamento alla rete elettrica formulato dal gestore competente, requisiti nella fattispecie sussistenti.

Si costituisce il Comune di Conversano, eccependo preliminarmente l’inammissibilità del gravame per omessa impugnazione della nota prot. 1391 del 17 febbraio 2009, con cui veniva sospesa la d.i.a. presentata dalla ricorrente per carenze documentali, di contenuto direttamente ed immediatamente lesivo.

Nel merito, evidenzia in sintesi:

- il mancato perfezionamento del titolo abilitativo semplificato per carenze nella prescritta documentazione, requisito indispensabile per procedere alla realizzazione dell’impianto, solo parzialmente integrata dalla ricorrente;

- in particolare, la mancata produzione del contratto di locazione definitivo nonché dell’assenso del proprietario dell’area all’esecuzione delle opere, non essendo all’uopo assolutamente sufficiente un mero contratto preliminare di locazione, ove il proprietario per altro si riservi l’uso ed il godimento dei beni sino alla stipula del contratto definitivo;

- la consequenziale piena applicabilità alla fattispecie dell’art. 1-quater del D.L. 105/2010, stante il mancato perfezionamento del titolo abilitativo;

Con successive memorie, la ricorrente replica, in sintesi:

- l’eccessiva onerosità della pretesa di un rapporto sinallagmatico definitivo, in assenza di garanzie in ordine all’ottenimento del titolo abilitativo, richiamandosi alla tesi invalsa presso la giurisprudenza in materia edilizia circa la legittimazione attiva del promissario acquirente al rilascio di tiolo abilitativi;

- l’irrituale integrazione postuma della motivazione del provvedimento impugnato da parte della difesa comunale, rispetto all’unico motivo espresso consistente nell’omesso avvio degli impianti entro il termine previsto dal D.L. 105/2010;

- la piena legittimazione in capo al promissario conduttore dell’area a presentare la d.i.a., peraltro sottoscritta anche dal proprietario del terreno promissario locatore.

Le parti hanno svolto difese in vista della pubblica udienza del 18 aprile 2012, nella quale la causa è passata in decisione.

2. Preliminarmente, può prescindersi dall’esame dell’eccezione di inammissibilità per mancata impugnazione della nota infraprocedimentale prot. 1391 del 17 febbraio 2009, peraltro comunque determinante un arresto procedimentale (Consiglio Stato  sez. IV, 27 dicembre 2001, n. 6420) in considerazione della infondatezza del ricorso nel merito.

3. Il ricorso è infondato e va respinto.

3.1. Questione dirimente per la decisione della presente controversia è se la situazione alla quale ha dato luogo la dichiarazione di inizio attività presentata al Comune il 21 gennaio 2009 con autorizzazione paesaggistica ottenuta il 22 dicembre 2009 possa ritenersi ormai consolidata ed intangibile da parte dell’Amministrazione, una volta trascorso il termine di 30 giorni per l’esercizio del potere inibitorio prescritto dall’art. 23 c. 6 D.P.R. 380/2001.

Ritiene la difesa della ricorrente che il suddetto termine dovrebbe in ogni caso decorrere dal giorno di deposito della d.i.a. (o al più dal conseguimento dell’autorizzazione paesaggistica) indipendentemente dalla completezza o meno della documentazione necessaria e richiesta, avendo il legislatore assegnato all’Amministrazione il compito di verificarne la conformità a legge entro e non oltre il predetto lasso temporale, trascorso il quale si consoliderebbe comunque l’affidamento dell’interessato alla realizzazione dell’attività liberalizzata ex lege.

Non ritiene il Collegio di poter condividere tale assunto.

Giova evidenziare come la denuncia di inizio attività in esame, secondo la documentazione depositata in atti, risulta carente sotto diversi profili, tra cui, tra l’altro, l’allegazione di un titolo giuridico idoneo comprovante la disponibilità dell’area, non essendo all’uopo sufficiente un mero contratto preliminare di locazione, senza (quantomeno) la contestuale dimostrazione della concreta disponibilità del bene, come si approfondirà in prosieguo.

Va premesso che, come noto, quantomeno a seguito della decisione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (29 luglio 2011, n. 15) la dichiarazione di inizio attività - oggi generalmente sostituita dalla segnalazione certificata di inizio attività (s.c.i.a.) per effetto dell’entrata in vigore del D.L. 31 maggio 2010 n. 78 - non dà vita ad una fattispecie provvedimentale a formazione tacita, bensì “riflette un atto del privato volto a comunicare l'intenzione di intraprendere un'attività direttamente ammessa dalla legge”. Tale controversa qualificazione della d.i.a./s.c.i.a. è stata poi avallata dallo stesso legislatore con l’art. 6 comma 1 lett. c) D.L. 13 agosto 2011, n. 138, quantomeno per le d.i.a./s.c.i.a. presentate dopo la relativa entrata in vigore, pur potendosi invero ipotizzarne l’efficacia retroattiva propria delle norme di interpretazione autentica.

3.2. Ai fini della legittimazione attiva al rilascio di titoli abilitativi nella materia edilizia, la giurisprudenza ritiene necessaria, sulla base degli artt. 11 e 23 del D.P.R. 380/2011, la titolarità del diritto di proprietà, ovvero di altro diritto reale od anche obbligatorio a condizione, in tale ultima ipotesi, del riconoscimento della disponibilità giuridica e materiale del bene nonché della relativa potestà edificatoria (Consiglio di Stato sez. V 28 maggio 2001 n. 2881; id. sez. IV 25 novembre 2008, n. 5811; T.A.R. Emilia Romagna Bologna 21 febbraio 2007, n. 53; T.A.R. Lombardia Milano sez II 31 marzo 2010, n. 842).

Quanto al promissario acquirente, la tesi che ne riconosce la legittimazione non è affatto pacifica in giurisprudenza, richiedendosi, anche in ipotesi di preliminare ad effetti anticipati, la specifica autorizzazione del proprietario promissario venditore all’esercizio dello ius aedificandi (Consiglio Stato, sez. IV, 18 gennaio 2010, n. 144; Cassazione civile sez III 15 marzo 2007, n.6005; T.A.R. Lazio-Latina 26 luglio 2005, n. 636). Tale opzione esegetica risulta ancor più corretta qualificando la relazione del promissario acquirente con l’immobile, anche in caso di preliminare ad effetti anticipati, quale “detenzione qualificata” e non già come possesso, secondo la più recente ricostruzione pretoria (ex multis Cassazione Sez. Unite 27 marzo 2008, n. 7930. id. sez. I 1 marzo 2010, n. 4863).

Ciò premesso, la posizione di promissario conduttore, in assenza di specifico consenso del proprietario, non è titolo di legittimazione idoneo al rilascio di titoli abilitativi, anche se a regime semplificato, mancando la disponibilità giuridica dell’area su cui realizzare l’intervento. E ciò è tanto più vero nella fattispecie, laddove il proprietario promissario locatore si è espressamente riservata la disponibilità ed il godimento del bene fino alla stipula del contratto definitivo (punto 9.2 del contratto sottoscritto il 2 dicembre 2008).

Non ritiene il Collegio che l’indiscutibile specialità della d.i.a. nell’ambito dei procedimenti per la realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili, in rapporto sia alla generale disciplina di cui all’art. 19 legge 241/90 che agli artt. 22 - 23 t.u. edilizia, possa condurre ad una tale “dequotazione” della posizione legittimante.

Infatti lo stesso art. 15 D.Lgs. 16 marzo 1999 n. 79, richiamato dall’art. 2 legge 244/2007, nel richiedere tra l’altro “l’acquisizione della disponibilità delle aree destinate ad ospitare l’impianto” presuppone, analogamente alla materia edilizia, un titolo qualificato comprovante la disponibilità giuridica attuale ed effettiva dell’area, che non può ricomprendere anche la posizione del futuro detentore per effetto di una promessa di locazione.

Né sul punto può dirsi sufficiente la sottoscrizione congiunta della d.i.a. (o dell’istanza di autorizzazione unica) da parte del promissario locatore, che non sia anche il soggetto che deve svolgere l’attività oggetto della dichiarazione.

Parimenti priva di pregio è l’obiezione della ricorrente circa l’asserito aggravio procedimentale o l’eccessiva onerosità della richiesta comunale, posto che al fine di evitare il rischio di assumere un bene in locazione prima dell’ottenimento del titolo, ben avrebbero potuto le parti inserire nel contratto preliminare clausola risolutiva espressa ex art. 1456 c.c. o clausola condizionale ex art. 1353 c.c., accompagnata dall’espressa autorizzazione del proprietario alla realizzazione delle opere sul proprio fondo.

Va pertanto affermato che anche in materia di rilascio di titoli abilitativi per la realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili, sebbene il rilascio del titolo avvenga con salvezza dei diritti dei terzi, è necessario per l’Amministrazione verificare la sussistenza di un titolo idoneo atto a comprovare la disponibilità dell’area su cui deve essere realizzato l’impianto inerente la d.i.a. ovvero l’istanza di autorizzazione unica, quale presupposto di legittimità.

3.3. Tanto premesso, con riferimento sia alle d.i.a. di cui alla normativa di settore (con particolare riferimento all’ edilizia) sia al modello generale di cui all’art. 19 legge 241/90, la giurisprudenza ritiene che presupposti indefettibili perché una d.i.a. possa essere produttiva di effetti siano la completezza e la veridicità delle dichiarazioni contenute nell'autocertificazione (ex multis T.A.R. Lombardia Milano II 9 dicembre 2008 n. 5737; T.A.R. Emilia - Romagna Bologna sez. II 17 luglio 2006 n. 142; Consiglio di Stato sez. IV 24 maggio 2010, n. 3263; T.A.R. Lazio-Roma sez. I 2 dicembre 2010, n.35023). Infatti, il decorso del termine di trenta giorni non può avere alcun effetto di legittimazione dell'intervento, rispetto ad una dichiarazione inesatta o incompleta, con la conseguenza che l'Amministrazione ha la facoltà ed il potere di inibire l'attività o di sospendere i lavori. Così opinando, tale potere non è equiparabile ad un potere di autotutela, poiché non vi è alcun provvedimento su cui intervenire, ma ad un “potere di verifica della non formazione della d.i.a.”, con conseguente ordine di interruzione dei lavori, così come d’altronde normativamente previsto per l’ipotesi di mendacio (vedi comma 3 art. 19 L.241/90); per tale motivo, l'esercizio di tale potere non è sottoposto al termine perentorio di trenta giorni, che presuppone invece che la d.i.a. sia completa nei suoi elementi essenziali (ex multis T.A.R. Lombardia Milano II 9 dicembre 2008, n.5737).

3.4. Tali coordinate interpretative, invero, risultano già fatte proprie da questa Sezione con specifico riferimento ai procedimenti per l’autorizzazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili - caratterizzati come detto dal connotato della specialità - laddove si è precisato che le attestazioni che devono accompagnare la denuncia di inizio attività prevista dall'art. 5 del D.lgs 29 dicembre 2003 n. 387 non possono che ricalcare in linea di massima la documentazione da produrre con l'istanza per l'ottenimento dell'autorizzazione, di cui ai commi terzo e quarto dell'articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003 n. 387; pertanto in assenza della documentazione, se pertinente ed essenziale, la dichiarazione d'inizio attività “non può reputarsi formalmente presentata” e quindi, dalla data del suo deposito, non può iniziare a decorrere il termine dilatorio di 30 giorni (sentenza 2 ottobre 2009, n. 2226).

3.5. A diverse conclusioni non può giungersi in relazione all’intervenuta qualificazione normativa (per effetto dell’art. 6 comma 1 lett. c) D.L. 13 agosto 2011, n.138) della d.i.a. (e della s.c.i.a.) quale titolo abilitativo ex lege e non già di fattispecie provvedimentale a formazione tacita, come anticipato in via pretoria dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (sentenza 29 luglio 2011, n.15).

Infatti, allorché il legislatore introduca fattispecie di liberalizzazione di attività, vale il principio dell'autoresponsabilità del dichiarante, in base al quale, la dichiarazione può ritenersi valida ed efficace soltanto se essa rispetti - oltre alle formalità estrinseche prescritte dall'ordinamento (essenzialmente dirette a rendere incontrovertibile la paternità di una determinata dichiarazione) - anche il canone dell'autosufficienza contenutistica, nel senso che occorre porre in condizione l’Amministrazione di poter effettivamente esercitare in concreto il potere inibitorio e di controllo previsto dalla legge. E ciò, si badi bene, non solo nell’interesse pubblico alla repressione delle attività abusive, ma nello stesso interesse del dichiarante a non esporsi inutilmente all’eventuale potere inibitorio e/o sanzionatorio una volta già realizzate le opere ed effettuati i correlati investimenti.

Le esigenze di concentrazione dei procedimenti e di tempestività e contenimento dei termini, poste alla base del decreto legislativo 29 dicembre 2003 n. 387 in materia di autorizzazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, sia in riferimento alle fattispecie di autorizzazione unica che di d.i.a., non può allora esonerare il richiedente, secondo il suesposto principio della autoresponsabilità, dalla presentazione della documentazione prescritta dalla legge, al fine di consentire all’Amministrazione di effettuare preventivamente gli opportuni controlli su quanto l’interessato intenda realizzare (in questi termini, in riferimento all’art. 23 t.u. edilizia e all’art 19 legge 241/90, Consiglio di Stato sez. IV 24 maggio 2010 n. 3263; in riferimento alla d.i.a. per la realizzazione di impianti di telefonia mobile T.A.R. Emilia Romagna Bologna, sez. II, 17 luglio 2006, n. 1462.)

Conclusivamente, anche in riferimento alle d.i.a. prescritte dalla normativa in materia di realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili - per le quali, in considerazione della specialità, non pare ipotizzabile la sostituzione con la s.c.i.a. di cui all’art. 19 legge 241/90 - deve rimanere fermo il principio per cui le fattispecie di semplificazione astrattamente previste dal legislatore (statale o regionale) possono ritenersi “formate ed esistenti” soltanto quando esse risultino idonee, da sole, a soddisfare le esigenze informative indispensabili per l’esercizio del potere inibitorio –repressivo.

3.6. In considerazione di tutto ciò, è corretto l’assunto della difesa civica in merito all’inapplicabilità alla presente fattispecie del decreto legge 105/2010 (c.d. salva d.i.a.), dal momento che la d.i.a. presentata dalla ricorrente il 21 gennaio 2009, non poteva dirsi “perfezionata” alla data di entrata in vigore del citato D.L. bensì soltanto “avviata”, e pertanto soggetta alla decadenza per mancato esercizio dell’impianto entro il termine ivi prescritto.

Orbene, la d.i.a. presentata dalla ricorrente risulta allo stato completamente improduttiva di effetti, ai sensi del citato art. 1-quater del D.L. n. 105/2010: la giurisprudenza di questa Sezione (vedi sentenze 6 aprile 2012, n. 689; 7 dicembre 2011, n. 1868 ) - diversamente da quanto opinato dalla difesa della ricorrente - ha statuito che l’art. 1-quater ha inteso ritenere automaticamente inefficaci i rapporti giuridici sorti sulla base delle d.i.a. non ancora perfezionate alla data di pubblicazione della sentenza dichiarativa dell’incostituzionalità (Corte Cost. n. 119/2010) e senza la messa in esercizio dell’impianto entro il 16 gennaio 2011, in deroga al generale principio secondo cui la dichiarazione di incostituzionalità della legge attributiva di un potere amministrativo non rende di per sé nulli o inefficaci i provvedimenti che ne fanno applicazione.

La norma speciale di sanatoria in questione opera cioè sul piano degli effetti e non della legittimità (T.A.R. Puglia - Bari sez I, sentenza 6 aprile 2012, n. 689).

3.7. Nella fattispecie per cui è causa, ritiene il Collegio che la d.i.a. in esame non possa dirsi perfezionata, ostandovi appunto la carenza della documentazione richiesta e comunque i presupposti di operatività della d.i.a. stessa.

3.8. Priva di pregio è infine l’eccepita irrituale integrazione “postuma” della motivazione.

Detto che pur nella logica del giudizio sul rapporto che oramai permea anche il giudizio di annullamento (art. 29 cod. proc. amm.), la possibilità di integrazione “postuma” non può scaturire da mere argomentazioni difensive (ex multis Consiglio di Stato sez VI, 19 agosto 2009, n.4993) trattandosi, in sostanza, di un rinnovato esercizio del potere, le riscontrate carenze documentali ostative al perfezionamento della d.i.a. (tra cui la carenza del contratto definitivo di locazione) costituiscono il logico sviluppo di quanto già rilevato nella nota infraprocedimentale 1391/2009, per tanto agevolmente intuibili al momento della emanazione del provvedimento impugnato. Sul punto, le argomentazioni difensive comunali trovano specifico logico presupposto nel suddetto atto endoprocedimentale, e non concretano alcuna integrazione “postuma” della motivazione, non comportando alcuna lesione del diritto di difesa.

Alla luce delle suesposte considerazioni, tutte le censure dedotte risultano prive di pregio, avendo peraltro l’Amministrazione reso pienamente edotta la ricorrente della sospensione del procedimento per le carenze riscontrate nella documentazione allegata alla d.i.a. e non sussistendo la lesione di alcun affidamento meritevole di tutela, risultando la ricorrente pienamente consapevole delle ragioni ostative alla realizzazione dell’intervento.

4. Per le suesposte ragioni, il ricorso è infondato e va respinto.

Sussistono giusti motivi ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 26 cod. proc. amm. e 92 c.p.c. per disporre la compensazione integrale delle spese di lite, attesa la complessità delle questioni trattate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 18 aprile 2012 con l'intervento dei magistrati:

Corrado Allegretta, Presidente

Savio Picone, Primo Referendario

Paolo Amovilli, Referendario, Estensore





L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE










DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 18/06/2012