TAR Lombardia (BS), Sez. II, n. 245, del 12 marzo 2014
Urbanistica.L'attività di spargimento di ghiaia è soggetta a concessione edilizia

Deve essere assentita dal Comune ogni attività comportante trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, ivi comprese quelle non consistenti in attività di edificazione, ma nella modificazione dello stato materiale e della conformazione del suolo per adattarlo ad un impiego diverso da quello che gli è proprio, in relazione alla sua condizione naturale e alla sua qualificazione. Secondo un condivisibile indirizzo giurisprudenziale, anche l'attività di spargimento di ghiaia, su di un'area che ne era precedentemente priva, è soggetta a concessione edilizia, allorché appaia preordinata alla modifica della precedente destinazione d'uso, nel caso in esame pacificamente agricola. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00245/2014 REG.PROV.COLL.

N. 01524/1996 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1524 del 1996, proposto da: 
Danesi Giovanni, in proprio e quale legale rappresentante della Danesi Giovanni & C. snc, rappresentato e difeso dall'avv. Giacomo Bonomi, con domicilio eletto presso il suo studio in Brescia, via Vittorio Emanuele II n. 60;

contro

Comune di Corte Franca, rappresentato e difeso dall’avv.to Francesco Capretti, con domicilio eletto presso il suo studio in Brescia, Via Vittorio Emanuele II n. 60;

per l'annullamento

- DEL PROVVEDIMENTO IN DATA 17/7/1996, RECANTE IL PARERE CONTRARIO SULLA D.I.A. PER IL DEPOSITO DI MATERIALE SUL TERRENO DI PROPRIETA’;

- DELL’ORDINANZA 1/10/1996, CHE HA DISPOSTO IL RIPRISTINO DELLO STATO DEI LUOGHI SECONDO L’ACCERTAMENTO EFFETTUATO CON ORDINANZA N. 16/1996;

- DI OGNI ALTRO ATTO PRESUPPOSTO O RICHIAMATO, CONNESSO E/O CONSEGUENTE.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Corte Franca;

Viste le memorie difensive e tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 febbraio 2014 il dott. Stefano Tenca e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

La Società ricorrente – che svolge attività di commercio di materiali edili e di costruzione (all’ingrosso e al minuto) – è proprietaria di un compendio immobiliare presso il quale insistono alcuni fabbricati di nuova e vecchia costruzione.

Riferisce in punto di fatto che:

• con concessione edilizia n. 98/1987 era stato accordato l’assenso per l’esercizio dell’attività di deposito di sabbia e ghiaia sugli ex mappali 11 e 12 (poi divenuti mappale n. 64);

• in data 3/2/1993, su conforme domanda, ha ottenuto l’autorizzazione provvisoria per lo stoccaggio di inerti sull’area di proprietà individuata al Fg. 9 mappali 117, 119, 135 e 122, per l’insufficienza del deposito esistente;

• il 31/1/1994, dopo l’acquisto della proprietà limitrofa a quella utilizzata per l’attività, ha chiesto il rinnovo dell’autorizzazione provvisoria, senza ricevere alcun riscontro;

• con ordinanza 30/5/1996 il Sindaco di Corte Franca ha disposto la sospensione dei lavori per la realizzazione di una strada di accesso e ha inibito l’uso dell’area di cui ai mappali 117, 119, 122 e 135 per deposito materiali;

• con nota 12/6/1996 il Sig. Danesi ha contestato il contenuto dell’anzidetto provvedimento, richiamando l’iter procedimentale pregresso; al contempo ha inoltrato al Comune D.I.A. (ai sensi dell’art. 4 della L. 493/93 come modificato dall’art. 9 del D.L. 285/96) per l’utilizzo dell’area di proprietà per deposito di materiale inerte, con adeguata piantumazione di siepi e piante sul confine; inoltre venivano dichiarati interventi di demolizione e manutenzione dello scivolo per l’accesso e di manutenzione della stradina vicinale;

• il 10/7/1996 il ricorrente comunicava al Sindaco l’avvenuto compimento delle opere, e al contempo, di aver effettuato il pagamento della somma di 516 € a titolo di oblazione;

• con nota 17/7/1996, il Responsabile del procedimento trasmetteva il parere espresso dalla Commissione edilizia nella seduta dell’11/7/1996: era stato manifestato l’assenso per la sistemazione dello scivolo e opposto un diniego per il deposito, perché l’intervento risultava “realizzato in zona E1 agricola produttiva”, “in contrasto con lo strumento urbanistico adottato e approvato …”;

• con ordinanza sindacale 1/10/1996, veniva ordinato il ripristino dello stato dei luoghi.

Con gravame ritualmente notificato e tempestivamente depositato presso la Segreteria della Sezione, il ricorrente impugna i provvedimenti in epigrafe, deducendo in diritto la violazione di legge per carenza di motivazione, contraddittorietà, errore nei presupposti, irragionevolezza manifesta, sviamento della causa per scorretto uso del potere, violazione dell’art. 97 della Costituzione in quanto:

- nel contesto dell’ordinanza di ripristino non è indicata alcuna norma legislativa o regolamentare a supporto della dedotta violazione urbanistica (anche se sembra richiamato il contenuto della nota 17/7/1996);

- l’autorità non ha contestato oggettivamente la natura dell’intervento, che può essere assentito con D.I.A. in sostituzione del vecchio titolo autorizzativo, mentre l’art. 9 punto 7 del D.L. 285/96 sanziona con semplice pena pecuniaria l’esecuzione di opere in assenza di DIA o difformi dagli strumenti urbanistici;

- lo strumento della D.I.A. – che ha permesso di sanare lo scivolo realizzato sul mappale n. 11 – non è stato messo in discussione dal Comune;

- non è applicabile l’art. 7 della L. 47/85, che attiene agli abusi in assenza di concessione, ma l’unica misura repressiva pertinente è quella pecuniaria (la somma è già stata corrisposta) ex art. 4 comma 12 del D.L. 285/96;

- malgrado il Comune abbia comunicato di non accogliere la domanda di DIA (o meglio di sanatoria), era maturato il silenzio assenso, per omesso tempestivo riscontro nel termine di 20 giorni;

- l’attività è comunque in atto da oltre 20 anni ed è perfettamente compatibile con la destinazione agricola (è inibita nel solo caso di destinazione abitativo-residenziale);

- la mera attività di deposito di inerti non è soggetta neppure a autorizzazione provinciale (non trattandosi di attività estrattiva o di escavazione), e oltretutto è espletata senza alcun intervento edilizio.

Si è costituito in giudizio il Comune di Corte Franca, chiedendo la reiezione del gravame e osservando che i terreni interessati dall’intervento sono collocati in zona E1 “agricola produttiva”, ove è ammessa esclusivamente la destinazione ad attrezzature di servizio dell’agricoltura e di allevamenti zootecnici nonché a residenza a servizio dell’azienda agricola.

Con ordinanza in data 21/3/1997 n. 265 questo Tribunale ha respinto l’istanza cautelare di sospensione del provvedimento impugnato, mentre il Consiglio di Stato, con ordinanza resa dalla sez. V in data 8/7/1997, ha accolto l’appello, unicamente valorizzando il periculum in mora.

Nella memoria finale parte ricorrente dà atto dell’avvenuta approvazione del nuovo P.G.T. che ha collocato l’area in zona residenziale, e tuttavia insiste per la decisione della causa.

Dopo numerosi rinvii, la maggior parte dei quali chiesti congiuntamente dalle parti in ragione della pendenza di trattative tra le stesse, alla pubblica udienza del 12/2/2014 il ricorso è stato, infine, chiamato per la discussione e trattenuto in decisione.

DIRITTO

Il thema decidendum del presente gravame verte sulla legittimità dei provvedimenti che hanno dapprima manifestato la contrarietà alla D.I.A. presentata per regolarizzare il deposito di materiale inerte sul terreno di proprietà, e di seguito ordinato il ripristino dello stato dei luoghi.

Il ricorso è infondato e deve essere respinto, per le ragioni di seguito precisate.

1. Anzitutto, osserva il Collegio che il deposito in questione non può ritenersi irrilevante dal punto di vista urbanistico, essendo stato da tempo chiarito che deve essere assentita dal Comune ogni attività comportante trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, ivi comprese quelle non consistenti in attività di edificazione, ma nella modificazione dello stato materiale e della conformazione del suolo per adattarlo ad un impiego diverso da quello che gli è proprio, in relazione alla sua condizione naturale e alla sua qualificazione (Consiglio di Stato, sez. V – 31/12/2008 n. 6756, che ha rammentato la rilevanza urbanistica anche del solo spianamento di un terreno agricolo con riporto di sabbia e ghiaia, al fine di ottenere un piazzale per deposito e smistamento di autocarri).

2. Secondo un condivisibile indirizzo giurisprudenziale, anche l'attività di spargimento di ghiaia, su di un'area che ne era precedentemente priva, è soggetta a concessione edilizia, allorché appaia preordinata alla modifica della precedente destinazione d'uso, nel caso in esame pacificamente agricola (Consiglio di Stato, sez. V – 27/4/2012 n. 2450, che ha richiamato i propri precedenti sez. V – 22/12/2005 n. 7343 e 11/11/2004 n. 7324). La pronuncia da ultimo citata ha altresì evidenziato come detta impostazione <<...sembra, oggi, avere un testuale riscontro nel nuovo Testo unico in materia edilizia … (che non ha certo potenzialità applicativa e di risoluzione del caso in esame, ma che può rappresentare un valido ausilio interpretativo, specie ove "codifica" un orientamento giurisprudenziale pregresso): l'art. 3, in materia di definizione degli interventi edilizi, assoggetta a permesso di costruire - ascrivendole al genus delle nuove costruzioni - "la realizzazione di infrastrutture e di impianti, anche per pubblici servizi, che comporti la trasformazione in via permanente di suolo inedificato" (lett. e. 3) e "la realizzazione di depositi di merci o di materiali, la realizzazione di impianti per attività produttive all'aperto ove comportino l'esecuzione di lavori cui consegua la trasformazione permanente del suolo inedificato" (e. 7); si tratta, come è facile rilevare, di interventi privi di connotazione strettamente edilizia e, nondimeno, assoggettati a titolo abilitativo (oggi permesso di costruire)>>.

3. In ogni caso, a prescindere dal titolo edilizio valido per richiedere l’assenso all’intervento posto in essere (D.I.A. o domanda di concessione edilizia), decisiva è la circostanza messa in evidenza dalla difesa comunale, ossia la collocazione in zona E1 “agricola produttiva”, ove lo strumento urbanistico per tempo vigente ammetteva esclusivamente la destinazione ad attrezzature di servizio dell’agricoltura e di allevamenti zootecnici, nonché a residenza a servizio dell’azienda agricola. Pertanto è irrilevante la previsione di uno specifico e puntuale divieto per i depositi, quando l’incompatibilità degli stessi si evince “a contrario” dalla norme pianificatorie evocate dal Comune nell’impugnata nota del 17/7/1996, poi chiaramente illustrata dalla difesa comunale nella propria memoria di costituzione.

4. La tolleranza ventennale non integra un’aspettativa tutelabile alla luce del consolidato orientamento ai sensi del quale gli illeciti in materia urbanistica, edilizia e paesistica hanno carattere di illeciti permanenti, che si protraggono nel tempo e vengono meno solo con il cessare della situazione di illiceità, vale a dire con il conseguimento delle prescritte autorizzazioni: pertanto il potere amministrativo repressivo può essere esercitato senza limiti di tempo e senza necessità di motivazione in ordine al ritardo nell'esercizio del potere. In altri termini, l'autorità non emana un atto "a distanza di tempo" dall'abuso, ma reprime una situazione antigiuridica ancora sussistente (cfr. sentenze sez. I – 21/5/2012 n. 848; 16/1/2012 n. 59 e la giurisprudenza ivi richiamata). Peraltro, nel caso di specie il Comune ha sottolineato che l’autorizzazione era stata sempre accordata in via provvisoria, e detta “qualità” dei provvedimenti rende non configurabile un affidamento meritevole di protezione giuridica.

5. Non è degna di apprezzamento neppure l’ulteriore argomentazione del ricorrente, circa l’avvenuta maturazione del silenzio-assenso, in quanto l’intervento repressivo è comunque intervenuto a distanza di breve tempo (poco più di 1 mese), circostanza che depotenzia l’obbligo di motivazione dell’esercizio del potere di autotutela.

In conclusione il ricorso è privo di fondamento.

L’articolazione processuale della vicenda - che ha subìto il riflesso di un lungo tentativo di conciliazione tra le parti, poi non concretizzatosi - costituisce giusto motivo per un’equa compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando, respinge il ricorso introduttivo in epigrafe.

Spese compensate.

La presente sentenza è depositata presso la Segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 12 febbraio 2014 con l'intervento dei magistrati:

Giorgio Calderoni, Presidente

Stefano Tenca, Consigliere, Estensore

Mara Bertagnolli, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 12/03/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)