Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 996, del 4 marzo 2014
Urbanistica.Ampliamento di immobile adibito ad attività industriale in area con querceto

Per le aree boscate, se è vero che il P.T.C.P. richiamava le tutele predisposte dal P.I.F. (Piano di indirizzo forestale), ciò non escludeva che l’Amministrazione provinciale fosse chiamata a esprimere un giudizio di compatibilità degli interventi non solo sotto il profilo ambientale, ma anche sotto quello dell’impatto sulla rilevanza paesaggistica che lo stesso rinvio al Piano forestale presupponeva; in altri termini, il rinvio al P.I.F. non esauriva gli strumenti di tutela delle aree in questione, essendo chiamata la Provincia a una considerazione “integrata” dei valori paesaggistici e ambientali delle zone in questione. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00996/2014REG.PROV.COLL.

N. 06015/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello nr. 6015 del 2010, proposto da METALLURGICA LEGNANESE S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,rappresentata e difesa dagli avv.ti Umberto Gentile e Alberto Barletta, con domicilio eletto presso l’avv. Paolo Carbone in Roma, via del Pozzetto, 122,

contro

la PROVINCIA DI MILANO, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Angela Bartolomeo e Marialuisa Ferrari, con domicilio eletto presso l’avv. prof. Piero D’Amelio in Roma, via della Vite, 7,

nei confronti di

- CORPO NAZIONALE DEI VIGILI DEL FUOCO, in persona del Comandante pro tempore, e MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati per legge presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
- A.S.L. DELLA PROVINCIA DI MILANO N. 1, in persona del Direttore pro tempore, non costituita; 
- A.R.P.A. DELLA REGIONE LOMBARDIA, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita;
- COMUNI DI RESCALDINA, CERRO MAGGIORE e UBOLDO, in persona dei rispettivi Sindaci pro tempore, non costituiti;
- AMIACQUE S.r.l. ed ENEL DISTRIBUZIONE S.p.a., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituite;
- ENEL SOLE, DIPARTIMENTO TERRITORIALE NORD EST LOMBARDIA, TRIVENETO, EMILIA ROMAGNA, MARCHE, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito;

per l’annullamento e/o la riforma,

previa sospensione dell’efficacia,

della sentenza nr. 192/2010 del 18 novembre 2009, depositata in data 27 gennaio 2010, mai notificata, con cui la Sezione Seconda del T.A.R. della Lombardia ha respinto il ricorso nr. 1905/2009 proposto dalla Metallurgica Legnanese S.p.a. contro la Provincia di Milano ed altri.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Milano, del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e del Ministero dell’Interno;

Vista la memoria prodotta dalla Provincia di Milano in data 16 gennaio 2014 a sostegno delle proprie difese;

Vista l’ordinanza di questa Sezione nr. 3731 del 29 luglio 2010, con la quale è stata respinta la domanda incidentale di sospensione dell’esecuzione della sentenza appellata;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, all’udienza pubblica del giorno 18 febbraio 2014, il Consigliere Raffaele Greco;

Uditi l’avv. Giovanni Sciacca (su delega dell’avv. Bartolomeo), per la Provincia di Milano, l’avv. Antonio Romano (su delega dell’avv. Gentile) per la appellante e l’avv. dello Stato Anna Collabolletta per le Amministrazioni statali;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

La società Metallurgica Legnanese S.p.a. ha impugnato, chiedendone la riforma previa sospensione dell’esecuzione, la sentenza con la quale il T.A.R. della Lombardia ha respinto il ricorso che essa aveva proposto avverso gli atti con cui la Provincia di Milano, pronunciandosi su un progetto di ampliamento di immobile adibito ad attività industriale sito in territorio del Comune di Rescaldina, aveva espresso un giudizio di incompatibilità dell’intervento con il Piano territoriale di coordinamento provinciale (P.T.C.P.).

L’appello è stato affidato ai seguenti motivi:

1) error in iudicando; infondatezza dei provvedimenti amministrativi impugnati in primo grado; carenza di istruttoria; manifesta illogicità (in relazione all’arbitrarietà del giudizio di incompatibilità per l’area classificata a “robinieto misto”, basato sull’indimostrato presupposto di una tendenza di tale area a evolvere in “querceto”);

2) error in iudicando; infondatezza dei provvedimenti amministrativi impugnati in primo grado; inadeguata valutazione delle circostanze; manifesta illogicità (con riferimento al giudizio negativo espresso dall’Amministrazione per la parte residua dell’area interessata dall’intervento, classificata a “querceto”);

3) error in iudicando; violazione e falsa applicazione dell’art. 43 della legge regionale della Lombardia 5 dicembre 2008, nr. 31; violazione e falsa applicazione della legge regionale della Lombardia 28 ottobre 2004, nr. 27; violazione e falsa applicazione della Circolare 24 aprile 2009, nr. 7; violazione e falsa applicazione del vigente Piano di indirizzo forestale (P.I.F.) della Provincia di Milano (con riguardo alla relativa censura, non esaminata dal primo giudice).

Si è costituita la Provincia di Milano, opponendosi con atto di stile all’accoglimento del gravame; altrettanto hanno fatto il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e il Ministero dell’Interno.

All’esito della camera di consiglio del 28 luglio 2010, questa Sezione ha respinto la domanda incidentale di sospensione dell’esecuzione della sentenza appellata.

All’udienza del 18 febbraio 2014, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Il presente contenzioso concerne il giudizio negativo espresso dalla Provincia di Milano in ordine alla compatibilità con il Piano territoriale di coordinamento provinciale (P.C.T.P.) dell’intervento proposto dall’odierna appellante, Metallurgica Legnanese S.p.a., al fine di ampliare un immobile in sua proprietà, sito in territorio del Comune di Rescaldina e adibito a stabilimento industriale.

Detto parere negativo, concretatosi in apposita delibera di Giunta provinciale e basato su una relazione tecnica predisposta dagli uffici competenti, è motivato col contrasto dell’intervento con il particolare pregio ambientale e paesaggistico dell’area di riferimento: in particolare, trattandosi di area boscata, il P.T.C.P. richiama le tutele all’uopo predisposte dal Piano di indirizzo forestale (P.I.F.), sulla base delle quali l’Amministrazione ha ritenuto l’intervento de quo in parte precluso dal divieto assoluto di mutamenti di destinazione d’uso posto dall’art. 26 del P.I.F. per le aree classificate a “querceto”, e per la parte residua – laddove l’area risulta classificata a “robinieto misto” – in concreto incompatibile con le caratteristiche della zona.

Con la sentenza oggetto dell’odierna impugnazione, il T.A.R. della Lombardia ha respinto le doglianze formulate dalla società proponente avverso il citato parere negativo, assumendo che, quanto all’area classificata a “robinieto”, il giudizio di incompatibilità si fondasse su una valutazione tecnica non manifestamente erronea e quindi non sindacabile in sede giurisdizionale, e che, quanto all’area classificata a “querceto”, il divieto assoluto di modifiche posto dal P.I.F. impedisse a monte ogni valutazione degli specifici connotati dell’intervento.

Con l’appello oggi all’esame della Sezione, l’originaria ricorrente reitera le censure articolate nel ricorso introduttivo del giudizio, assumendo l’erroneità delle conclusioni del primo giudice.

2. Tuttavia, l’appello è infondato e va conseguentemente respinto.

3. Col primo motivo, parte appellante riproduce la censura di carente istruttoria in relazione alla parte dell’intervento ricadente in area classificata dal P.I.F. come “robinieto misto”: al riguardo, va precisato che tale classificazione non rientra – diversamente da quella a “querceto” – fra quelle per le quali il P.I.F. vieta qualsiasi mutamento di destinazione d’uso, stabilendosi piuttosto che gli interventi debbano essere assoggettati a verifica di compatibilità da parte delle competenti Autorità.

Come già accennato, per questa parte l’intervento è stato ritenuto incompatibile con la salvaguardia del valore paesaggistico e ambientale della zona, a causa delle caratteristiche specifiche dell’area in questione, la quale avrebbe palesato la tendenza a trasformarsi col tempo in querceto, e quindi a ricadere in un’eventuale futura variante del P.I.F. fra quelle soggette a più incisiva e rigorosa tutela.

L’appellante assume che tale giudizio non sarebbe supportato da adeguata istruttoria, e che – al contrario – poiché la classificazione a robinieto misto risale a tempi relativamente recenti (2004) sarebbe del tutto inverosimile che in un arco temporale così breve possano essersi prodotte in locotrasformazioni così profonde; di conseguenza, il giudizio di incompatibilità dell’Amministrazione dovrebbe considerarsi sostanzialmente privo di motivazione.

Tali argomentazioni non persuadono il Collegio.

E, difatti, dall’esame della documentazione in atti emerge con evidenza che le conclusioni dell’Amministrazione risultano fondate su un’istruttoria tecnica nel corso della quale sono state prese in esame le caratteristiche specifiche dell’area, con indicazione anche del valore quantitativo degli elementi arborei riconducibili alla tipologia “querceto” la cui presenza è stata riscontrata nell’ambito della più vasta area classificata a “robinieto”; di modo che non può affermarsi, come vorrebbe l’istante, che quella della tendenza della zona a trasformarsi col tempo da robinieto a querceto sia una mera “convinzione soggettiva”, trattandosi invece di un giudizio tecnico, certamente contestabile e opinabile, ma non qualificabile in termini di arbitrarietà o manifesta erroneità.

Ne discende che devono trovare applicazione, nella specie, i noti principi circa l’impossibilità per l’organo giurisdizionale, laddove venga in gioco la discrezionalità tecnica riservata dalla legge alla p.a., di sovrapporre un proprio giudizio tecnico a quelli espressi dall’Amministrazione, eccezion fatta per le sole ipotesi – che comunque qui non sussistono – di macroscopica erroneità o illogicità della valutazione compiuta dagli organi preposti.

Con riguardo al caso che qui occupa, non è fuori luogo sottolineare – come opportunamente fatto anche dal primo giudice – che per le aree boscate, se è vero che il P.T.C.P. richiamava le tutele predisposte dal P.I.F., ciò non escludeva che l’Amministrazione provinciale fosse chiamata a esprimere un giudizio di compatibilità degli interventi non solo sotto il profilo ambientale, ma anche sotto quello dell’impatto sulla rilevanza paesaggistica che lo stesso rinvio al Piano forestale presupponeva; in altri termini, il rinvio al P.I.F. non esauriva gli strumenti di tutela delle aree de quibus, essendo chiamata la Provincia a una considerazione “integrata” dei valori paesaggistici e ambientali delle zone in questione.

4. I rilievi da ultimo svolti aiutano a comprendere anche l’infondatezza del terzo motivo d’appello, con il quale la società istante ripropone una doglianza a suo dire non esaminata dal T.A.R., e cioè quella relativa all’asserito contrasto col P.I.F. del giudizio espresso dalla Provincia, in parte qua.

In sostanza, si assume che, una volta demandata al P.I.F. la tutela delle aree boscate, e atteso che questa viene predisposta attraverso la classificazione delle varie aree per tipologia della vegetazione esistente su di esse, un giudizio del tipo di quello nella specie emesso dalla Provincia (basato, come si è detto, su una supposta tendenza dell’area a evolvere da robinieto a querceto) finirebbe per anticipare in modo non consentito una vera e propria variante al P.I.F., in tal modo espropriando della propria potestà l’Autorità preposta alla pianificazione forestale.

La censura non può essere condivisa, essendo evidente, alla luce di quanto più sopra esposto, che il giudizio espresso dall’Amministrazione provinciale sulle caratteristiche dell’area in questione rientra a pieno titolo fra quelli consentiti dalla considerazione delle sue specifiche caratteristiche, che la detta Amministrazione è chiamata a effettuare ai fini della verifica sulla compatibilità degli interventi con i valori paesaggistici e ambientali da salvaguardare; il che non esclude affatto, come è ovvio, che tale giudizio, ove condiviso anche dal pianificatore forestale, possa in futuro portare anche a una coerente revisione del P.I.F. per la parte che qui interessa.

5. Infine, va disatteso anche il secondo mezzo, con il quale parte appellante reitera le critiche formulate avverso gli atti impugnati con riferimento alla parte relativa alla porzione residua dell’area interessata dal progettato intervento di ampliamento, come detto classificata dal P.I.F. a querceto.

In estrema sintesi, si assume l’erroneità del giudizio negativo espresso dalla Provincia in quanto non fondato su una disamina delle caratteristiche concrete dell’intervento proposto, le cui modalità esecutive sarebbero state tali da assicurare la conservazione del querceto e il mantenimento della sua funzione specifica di bosco.

Sul punto, la Sezione non può non convenire con l’avviso del primo giudice, nel senso che il divieto assoluto di mutamenti d’uso imposto dall’art. 26 del P.I.F. per le aree soggette a talune classificazioni, fra le quali appunto il “querceto”, va assimilato a un vero e proprio vincolo di inedificabilità assoluta: di conseguenza, ogni provvedimento autorizzativo di interventi in tali aree sarebbe radicalmente illegittimo, senza alcuno spazio per una considerazione delle sue specifiche caratteristiche e modalità esecutive.

6. Alla luce dei rilievi fin qui svolti, s’impone la reiezione dell’appello con la conferma della sentenza impugnata.

7. In considerazione dell’omesso svolgimento di alcuna difesa nel merito da parte delle Amministrazioni appellate, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Compensa tra le parti le spese del presente grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 febbraio 2014 con l’intervento dei magistrati:

Paolo Numerico, Presidente

Sandro Aureli, Consigliere

Raffaele Greco, Consigliere, Estensore

Fabio Taormina, Consigliere

Umberto Realfonzo, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 04/03/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)