Consiglio di Stato Sez. II n. 762 del 31 gennaio 2025
Urbanistica.SCIA e potere di autotutela 

Il termine massimo entro cui esercitare il potere di autotutela, dapprima pari a 18 mesi, poi, con il d.-l. n. 77/2021, ridotto a 12 mesi è posto a presidio del principio del legittimo affidamento, il quale rinviene il suo fondamento normativo, sia nel diritto nazionale che in quello unionale. La giurisprudenza, sul punto, ha specificato che la previsione del termine massimo entro cui azionare il potere di annullamento d'ufficio rinviene la sua ratio nel fatto che il destinatario del provvedimento ampliativo “sia parte passiva e incolpevole” nella provocazione della patologia che affligge l'atto da ritirarsi, sicché la responsabilità nell'adozione dell'atto illegittimo debba totalmente ascriversi all'Amministrazione. Pertanto ai fini del legittimo esercizio del potere di intervento in autotutela sulla segnalazione certificata di inizio attività è indispensabile che, ai sensi dell'art. 21-nonies l. 241 del 1990, l'Autorità amministrativa invii all'interessato la comunicazione di avvio del procedimento, che l'atto di autotutela intervenga tempestivamente e che in esso si dia conto delle prevalenti ragioni di interesse pubblico concrete e attuali, diverse da quelle al mero ripristino della legalità violata, che depongono per la sua adozione, tenendo in considerazione gli interessi dei destinatari e degli eventuali controinteressati. Mentre nel caso dell’abuso edilizio non vi è mai una stabilizzazione degli effetti come ormai affermato dalla sentenza 9/2017 dell’Adunanza Plenaria in presenza di atti provenienti dal privato cui la legge assegna la produzione di effetti giuridici l’esercizio del potere inibitorio prima e repressivo in autotutela poi deve essere tempestivo altrimenti se la fattispecie fosse produttiva di effetti soltanto ove corrispondente alla disciplina sostanziale, i titoli così formatisi sarebbero sottratti alla disciplina della annullabilità. In sostanza, decorso lo stringente termine per l’inibitoria, l’Amministrazione potrebbe esercitare l’autotutela nel più lungo termine dell'art. 21-nonies l. 241 del 1990; ma tale atto dovrebbe essere (oltre che tempestivo a propria volta, ovviamente assistito dagli stringenti requisiti di comparazione tra interesse pubblico e affidamento. 

Pubblicato il 31/01/2025

N. 00762/2025REG.PROV.COLL.

N. 06917/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6917 del 2023, proposto dal Comune di Pomezia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Ciro Alessio Mauro, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

contro

Ge.Co.S. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Emanuela Silvestrini e Maria Giuseppina Iannella, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Seconda, n. 5712/2023, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ge.Co.S. S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 gennaio 2025 il Cons. Ugo De Carlo e uditi per le parti gli avvocati Fabio Pisani per Ciro Alessio Mauro e Emanuela Silvestrini;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il Comune di Pomezia ha impugnato la sentenza indicata in epigrafe che ha accolto il ricorso presentato da Ge.Co.S. S.r.l. per l’annullamento dell’ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi n. 157 del 9 agosto 2022 del Comune di Pomezia.

2. In data 20 ottobre 2020 la GE.CO.S. S.r.l. ha ottenuto dalla Citta Metropolitana di Roma l’Autorizzazione Unica Ambientale per l’emissione in atmosfera ed il trattamento rifiuti presso l'insediamento sito nel Comune di Pomezia, Via Monte d'Oro, 30, destinato a svolgere attività di manutenzione di verde e giardinaggio con produzione di compost. La società ha presentato due SCIA il 20 aprile 2021 e l’8 giugno 2021 per la realizzazione, rispettivamente, dell’impianto in questione e di un cancello all’interno della proprietà e ha depositato alla Città metropolitana un’istanza di modifica non sostanziale dell’autorizzazione unica ambientale in data 23 marzo 2022 per poter utilizzare la macchina tritovagliatore anche per la produzione di biomassa tramite procedimento di cippatura del legno.

Vi è stato successivamente un controllo dell’A.R.P.A. che ha imposto delle prescrizioni applicando un’ammenda.

Dopo un sopralluogo della Polizia locale di Pomezia, con ordinanza n. 106 del 15 giugno 2022 il Comune di Pomezia ha disposto la sospensione dei lavori di cui alla SCIA del 20 aprile 2021 e poi con l’ordinanza impugnata ha ordinato la demolizione relativamente alle opere di trasformazione urbanistica realizzate in assenza di idoneo titolo edilizio, nonché il ripristino, alla condizione ante opera, di tutta l’area oggetto delle attività di trasformazione urbanistica che hanno interessato la porzione di mappale sito in zona agricola.

3. La sentenza impugnata ha accolto il ricorso perché l’intervento in autotutela sulla S.C.I.A. era tardivo e non è stata giustificata la preminenza dell’interesse pubblico rispetto a quello del privato al mantenimento delle opere.

4. L’appello consta di sette motivi.

4.1. Il primo motivo contesta che non siano stati osservati i presupposti necessari per emanare un atto in autotutela dal momento che il contraddittorio si era verificato in occasione di precedenti provvedimenti come la relazione istruttoria e l’ordinanza di sospensione dei lavori.

Il Comune non avrebbe ricondotto la propria azione in autotutela al solo ripristino della legalità violata, ma assicurato nel principio partecipativo, la previa verifica della natura e portata degli abusi, nonché l’incidenza degli interventi non autorizzati tenuto conto del quadro normativo vigente e dell’impossibilità di procedere alla ratifica, conferma di essi, in quanto insanabilmente realizzati in difetto del PUA invece richiesto.

La stessa Autorizzazione Unica Ambientale lascia impregiudicate le verifiche, da parte dei competenti Uffici Tecnici comunali, della compatibilità urbanistica dello stabilimento in oggetto.

4.2. Il secondo motivo vuole escludere che gli interventi edilizi della società possano essere eseguiti senza alcun titolo abilitativo, secondo la nuova disciplina delle opere di pavimentazione e di finitura di spazi esterni, anche per aree di sosta, purché siano contenute entro l'indice di permeabilità.

In realtà anche ove contenuti entro i limiti di permeabilità del fondo, sono realizzabili in regime di edilizia libera soltanto laddove presentino una entità minima, sia in termini assoluti, che in rapporto al contesto in cui si collocano e all'edificio cui accedono; occorre cioè operare una valutazione complessiva e d'insieme dell'alterazione urbanistica ed edilizia del territorio con esso prodottasi,

non essendo consentito operare una valutazione atomistica dei singoli interventi al fine di stabilire se gli stessi siano o meno assoggettati a permesso di costruire.

4.3. Il terzo motivo contesta la mancata valutazione da parte della sentenza della circostanza che il decorso del termine per esercitare l’autotutela non può attribuire al segnalante una posizione

illegittima, ed in particolare un permesso di costruire o un titolo edilizio rispetto al quale costui e privo di legittima aspettativa.

4.4. Il quarto motivo eccepisce che diversamente da quanto sostenuto dalla società il Comune non ha partecipato a nessuna conferenza di servizi e quindi non ha leso alcun legittimo affidamento.

4.5. Il quinto motivo sottolinea come il Comune esercitando il suo potere in materia edilizia non ha cagionato alcuna revoca dell’autorizzazione ambientale.

4.6. Il sesto motivo critica la sentenza impugnata perché non ha valutato che le opere siano state realizzate in zona agricola con violazione dell'art. 54 della L.R. Lazio n. 38/1999 laddove prescrive che nelle zone agricole e vietata ogni attività comportante trasformazione del suolo per finalità diverse da quelle legate allo svolgimento delle attività di cui al comma 2.

4.7. Il settimo motivo contesta la sentenza laddove ha prospettato un difetto di motivazione nell’ordinanza di demolizione perché in essa vi è un richiamo ad atti che hanno ampiamente dedotto circa le ragioni dell’illegittimità edilizia.

5. Ge.Co.S. S.r.l. si è costituita in giudizio concludendo per il rigetto dell’appello.

6. L’appello è infondato.

Non è necessario affrontare analiticamente tutti i motivi di ricorso perché il punto dirimente è la tardività dell’intervento in autotutela sulla S.C.I.A. presentata che ha reso illegittimo il provvedimento.

La più recente giurisprudenza ha affermato che è ammesso il superamento del termine massimo per l'esercizio del potere di autotutela previsto dal comma 1 dell’art. 21 nonies l. 241/1990 solo laddove il titolo abilitativo è stato rilasciato sulla base di una falsa rappresentazione dell'effettivo stato dei luoghi o della destinazione dell'area.

Nel caso di specie ciò non è avvenuto e fin dalla domanda per l’Autorizzazione Unica Ambientale la società ha indicato chiaramente quale sarebbe stata la consistenza anche edilizia dell’impianto ed anche se il Comune non avesse partecipato alla conferenza di servizi vi è in atti una richiesta che il Comune fa attraverso il dirigente del settore ambiente al collega della pianificazione urbanistica di una valutazione del progetto che costituisce variante allo strumento urbanistico ai sensi dell’art. 208 del d.lgs. 152/2006.

Il termine massimo entro cui esercitare il potere di autotutela, dapprima pari a 18 mesi, poi, con il d.-l. n. 77/2021, ridotto a 12 mesi è posto a presidio del principio del legittimo affidamento, il quale rinviene il suo fondamento normativo, sia nel diritto nazionale che in quello unionale. La giurisprudenza, sul punto, ha specificato che la previsione del termine massimo entro cui azionare il potere di annullamento d'ufficio rinviene la sua ratio “nel fatto che il destinatario del provvedimento ampliativo “sia parte passiva e incolpevole” nella provocazione della patologia che affligge l'atto da ritirarsi, sicché la responsabilità nell'adozione dell'atto illegittimo debba totalmente ascriversi all'Amministrazione” (Cons. Stato, Sez. VI, 15 marzo 2021 n. 2207).

Pertanto ai fini del legittimo esercizio del potere di intervento in autotutela sulla segnalazione certificata di inizio attività è indispensabile che, ai sensi dell'art. 21-nonies l. 241 del 1990, l'Autorità amministrativa invii all'interessato la comunicazione di avvio del procedimento, che l'atto di autotutela intervenga tempestivamente e che in esso si dia conto delle prevalenti ragioni di interesse pubblico concrete e attuali, diverse da quelle al mero ripristino della legalità violata, che depongono per la sua adozione, tenendo in considerazione gli interessi dei destinatari e degli eventuali controinteressati (Consiglio di Stato sez. VI, 29/01/2024, n.863).

Mentre nel caso dell’abuso edilizio non vi è mai una stabilizzazione degli effetti come ormai affermato dalla sentenza 9/2017 dell’Adunanza Plenaria in presenza di atti provenienti dal privato cui la legge assegna la produzione di effetti giuridici l’esercizio del potere inibitorio prima e repressivo in autotutela poi deve essere tempestivo altrimenti se la fattispecie fosse produttiva di effetti soltanto ove corrispondente alla disciplina sostanziale, i titoli così formatisi sarebbero sottratti alla disciplina della annullabilità.

In sostanza, decorso lo stringente termine per l’inibitoria, l’Amministrazione potrebbe esercitare l’autotutela nel più lungo termine dell'art. 21-nonies l. 241 del 1990; ma tale atto dovrebbe essere (oltre che tempestivo a propria volta, ovviamente, il che non è, posto che la scia risale al 20.4.2021 , il sopralluogo del comune al 9.6.2022 e l’ordinanza al 9.8.2022 ) assistito dagli stringenti requisiti di comparazione tra interesse pubblico e affidamento che nel caso di specie è del tutto mancata, non potendosi ritenere tale a tali fini il richiamo “per relationem” a torto valorizzato dall’appellante, e correttamente disatteso dal Tar.

In conclusione, essendo stato il potere di autotutela esercitato tardivamente l’atto impugnato è illegittimo, e per tali assorbenti ragioni la sentenza di prime cure va confermata e l’appello respinto, con assorbimento degli ulteriori motivi.

7. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidati come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge

Condanna il Comune a rifondere alla controparte le spese della presente fase di giudizio che liquida in € 3.000 (tremila) oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 gennaio 2025 con l'intervento dei magistrati:

Fabio Taormina, Presidente

Giovanni Sabbato, Consigliere

Francesco Guarracino, Consigliere

Carmelina Addesso, Consigliere

Ugo De Carlo, Consigliere, Estensore