Consiglio di Stato Sez. V n.3990 del 28 giugno 2018
Urbanistica.Campo da golf e contributo di costruzione
Costituisce attività edificatoria quella che indipendentemente dall'esecuzione fisica di opere, si rivela produttiva di vantaggi economici connessi all'utilizzazione, ricadendo pertanto nell’ambito di applicazione dell’art. 19 d.P.R. n. 380/2001 quanto alla doverosità del contributo di costruzione.
Pubblicato il 28/06/2018
N. 03990/2018REG.PROV.COLL.
N. 06516/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 6516 del 2008, proposto da:
Del Monte Grande di Francesco Papafava e F.lli S.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Luigi Manzi, Ivone Cacciavillani e Chiara Cacciavillani, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Luigi Manzi in Roma, via Federico Confalonieri, n. 5;
contro
Comune di Rovolon, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Michele Costa e Fulvio Lorigiola, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Michele Costa in Roma, via Bassano del Grappa, n. 24;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. VENETO -VENEZIA, Sezione II, n. 00973/2008, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Rovolon;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 marzo 2018 il Cons. Angela Rotondano e uditi per le parti gli avvocati Agostino Cacciavillani su dichiarata delega dell'avv. Ivone Cacciavillani, Michele Costa e Fulvio Lorigiola;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.Con delibera consiliare n. 141 del 1998 il Comune di Rovolon assentiva il progetto presentato dalla società Del Monte Grande di Francesco Papafava e F.lli s.n.c. (d’ora in avanti per brevità soltanto “Del Monte”), proprietaria di un vasto appezzamento di terreno incluso in zona agricola nel su indicato Comune, per la trasformazione dell’area in oggetto in campo da golf e recupero di un vecchio fabbricato esistente da destinare a “club house”: la realizzazione dell’intervento veniva subordinata alla sottoscrizione di una convenzione (effettivamente sottoscritta in data 10 dicembre 1988) per l’assunzione degli impegni da parte della società ad un esecuzione unitaria e inscindibile del progetto e al versamento al Comune della somma di lire 252.053.700 a titolo di oneri di urbanizzazione e costo di costruzione, salvo la maggior somma da determinarsi in sede di rilascio delle singole concessioni edilizie relative per la trasformazione del campo dal golf e per il recupero del fabbricato esistente da destinare a club house (concessioni n. 1793 del 10 maggio 1989 e n. 1794 del 28 settembre 1989).
Con la prima il contributo di concessione previsto dall’art. 3 della legge n. 10 del 1977 veniva determinato “per il solo contributo di costruzione dell’opera” (nella specie la realizzazione del campo da golf) in lire 202.785.900, da versare “secondo lo stato d’avanzamento dei lavori e percentualmente in tre rate” (precisamente la prima pari al 30% dei lavori, al momento dell’inizio delle opere; la seconda pari ad un ulteriore 30% alla realizzazione del grezzo e la terza pari al residuo 60% , da versare entro sessanta giorni dall’ultimazione dei lavori), e il pagamento veniva garantito mediante presentazione da parte della Del Monte di polizze assicurative.
I lavori relativi al campo da golf, iniziati il 3 giugno 1989, venivano ultimati nel corso del 1992, con versamento della prima rata del contributo concessorio, pari a lire 60.836.00, il 13 aprile 1990.
Con provvedimento sindacale n. 3365 del 9 luglio 1993, inviato anche alla società di assicurazione garante, il Comune chiedeva alla società Del Monte il pagamento a saldo delle rate non corrisposte per un importo complessivo residuo pari a lire 141.949.900, nonché il pagamento della somma di lire 189.266.532 a titolo di sanzione prevista dall’art. 81, comma 6, lett. e) della legge regionale n. 61 del 1985 per il ritardo nel pagamento.
2. Di tale provvedimento chiedeva l’annullamento al T.a.r. per il Veneto la società Del Monte, la quale, incontestata l’avvenuta determinazione degli oneri concessori relativi ai lavori sull’edificio da destinarsi a club house, sosteneva tuttavia la non debenza del contributo concessorio relativamente alla trasformazione dell’area agricola in un campo da golf per non avere quell’intervento edilizio comportato un aggravamento del carico urbanistico, né un’irreversibile trasformazione del territorio.
La domanda cautelare veniva accolta limitatamente alla sanzione pecuniaria in ragione della sua notevole consistenza e, di conseguenza, tra il 1994 e il 1997 la società provvedeva al saldo del contributo inerente il costo di costruzione.
3. Con la sentenza segnata in epigrafe, nella resistenza del Comune di Rovolon, il ricorso è stato respinto.
4. La società Del Monte ha chiesto la riforma di tale sentenza, deducendone la sua erroneità e ingiustizia e chiedendone la riforma per aver omesso di considerare che l’intervento in questione non comportava attività edificatoria e/ o di trasformazione urbanistica e che pertanto nessun contributo concessorio era dovuto, tanto meno poteva essere preteso sulla base di un obbligazione soltanto convenzionalmente assunta, in assenza di un’espressa previsione di legge; ingiusto ed illegittimo era anche il capo della sentenza recante la condanna al pagamento di somme a titolo di sanzioni per il preteso inadempimento del pagamento del contributo concessorio, potendo eventualmente solo farsi luogo al pagamento di interessi legali, quali naturali accessori del credito.
Ha resistito al gravame il Comune di Rovolon che ne ha chiesto il rigetto,
5. All’udienza pubblica del 15 marzo 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
6. L’appello è infondato e va respinto.
6.1.In primo luogo giova evidenziare che l’addotta impossibilità di sovrapporre il regime pattizio a quello legale, argomento valorizzato dall’appellante per contestare la spettanza del contributo concessorio, anche sulla base di quanto affermato dalla giurisprudenza richiamata, non è considerazione meritevole di positivo apprezzamento, quella giurisprudenza risultando superata da pronunzie più recenti rese in casi analoghi (si veda in particolare la sentenza IV Sezione, 28 giugno 2016, 2915, avente ad oggetto proprio la determinazione del contributo di costruzione per opere di sistemazione di un campo da golf in una vasta area agricola sulla base di una convenzione urbanistica) ove, in relazione alla pretesa applicabilità alla luce della vigente normativa primaria e di attuazione, sostenuta dalla società appellata, del costo di costruzione esclusivamente all’attività edificatoria strettamente intesa, non integrata dalla mera realizzazione di opere accessorie (club house, foresteria, SPA, spogliatoio e ristorante) sulle aree verdi del campo da golf, è stata accolta la tesi dell’amministrazione appellante secondo la quale la trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio comprende non le sole attività di edificazione in senso stretto, ma anche quelle consistenti nella modificazione rilevante e duratura dello stato del territorio e nell'alterazione della conformazione del suolo, con conseguente necessità del titolo abilitativo edilizio (permesso di costruire) e dell’autorizzazione paesaggistica (ove ricadente in zona vincolata) per la realizzazione delle opere e spettanza del contributo concessorio per gli interventi eseguiti.
Già da tempo invero la giurisprudenza prevalente è pervenuta ad una complessiva interpretazione evolutiva volta a ricomprendere nel concetto di trasformazione del territorio (rilevante anche ex art. 16, commi 9 e 10, del d.P.R. 380 del 2001, Testo Unico in materia Edilizia) opere non strettamente riconducibili alla edificazione di un “manufatto edilizio”, dovendosi ritenere che un intervento che abbia attuato una rilevante trasformazione urbanistica del territorio, perciò solo rappresenti un “intervento di nuova costruzione”, assoggettato al previo rilascio del permesso di costruire, ai sensi del combinato disposto degli artt. 3, comma 1, lett. e), e 10 del D.P.R. n. 380/01. Come già statuito da questo Consiglio (Cons. Stato Sez. IV, 14-10-2011, n. 5539, in ipotesi relativa alla previgente disciplina, ma con affermazione di principi validi anche alla luce della normativa vigente), “vero è che il contributo relativo al costo di costruzione (art.6 della legge n.10 del 28 gennaio 1977, c.d. legge "Bucalossi") è riconducibile all'attività costruttiva ex se considerata; nondimeno, trattandosi di un prelievo paratributario, il corrispettivo in questione è comunque dovuto in presenza di una "trasformazione edilizia" che indipendentemente dall'esecuzione fisica di opere, si rivela produttiva di vantaggi economici connessi all'utilizzazione”.
Applicando tali principi alla fattispecie in esame, giova evidenziare in punto di fatto come non sia revocabile in dubbio che le opere realizzate dalla società appellante su un’area avente estensione pari a circa settanta ettari hanno effettivamente modificato, alterato e cambiato paesaggio e territorio, non essendo contestato che dette opere siano consistite nella realizzazione di un impianto di carattere ricreativo - sportivo destinato al golf, con annesso parcheggio a servizio della struttura, “con la creazione di fossi, impianti di irrigazione e addirittura di un laghetto”, come osservato nella sentenza impugnata, nonché mediante sbancamento di terreno e opere di modellamento dell’area verde destinata all’allocazione delle buche ed ai percorsi (c.d. “greens”, “avantgreen” e “bunkers”) realizzati mediante creazione di collinette e di alcuni laghetti: tant’è vero che la società odierna appellante ha richiesto e ottenuto il rilascio dell’atto concessorio di tipo urbanistico per la sola realizzazione del campo da golf (distinto e autonomo rispetto alla concessione per la ristrutturazione dell’edificio esistente da adibirsi a club house), evidentemente ravvisando la necessità del titolo abilitativo edilizio in ragione dell’alterazione della morfologia del territorio all’esito di rilevanti opere di scavo, sbancamenti, livellamenti finalizzati ad usi diversi da quelli agricoli, nella specie quelli turistici o sportivi.
Tali opere rientrano, infatti, secondo un condivisibile indirizzo giurisprudenziale da cui non vi è ragione di discostarsi, nel concetto di trasformazione edilizia, dovendosi ritenere che costituisca attività edificatoria quella che “indipendentemente dall'esecuzione fisica di opere, si rivela produttiva di vantaggi economici connessi all'utilizzazione” (come statuito da Cons. Stato, IV Sezione, 28 giugno 2016, 2915), ricadendo pertanto nell’ambito di applicazione dell’art. 19 d.P.R. n. 380/2001.
Nella fattispecie in esame si è in definitiva ben al di fuori di una mera trasformazione di un terreno agricolo in un prato: sono state infatti create opere strutturali integranti ipotesi di trasformazione urbanistica del territorio con conseguente aggravamento del carico urbanistico e pertanto assoggettabili al predetto contributo “commisurato all'incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione” ai sensi dell’art. 16, comma 1, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e successive modificazioni, a prescindere dalla realizzazione di manufatti e/o fabbricati sull’area in questione.
6.2. Né è meritevole di favorevole considerazione, ad avviso della Sezione, l’ulteriore argomento speso dall’appellante circa l’impossibilità di sovrapposizione del regime pattizio a quello legale in materia di obblighi concessori, dovendo il pagamento del contributo di costruzione trovare la propria fonte non già nella convenzione stipulata con l’amministrazione, ma esclusivamente in una previsione di legge, anche con riguardo alla determinazione della misura concreta del contributo dovuto, da computarsi soltanto in base agli oneri tabellari.
Ed invero, premesso che le controversie aventi ad oggetto la determinazione dei contributi concessori afferiscono a diritti patrimoniali dell’amministrazione, non è illegittima la sovrapposizione del regime pattizio a quello legale, ben potendo il privato in virtù di una convenzione obbligarsi con il Comune al pagamento del contributo concessorio per “una somma pari a quella che la società avrebbe dovuto erogare qualora le opere fossero, in ogni caso, assoggettabili a concessione edilizia” (punto 6 della Convenzione stipulata tra l’appellante e il Comune il 10 dicembre 1988), come avvenuto nella fattispecie in esame.
Pertanto non è meritevole delle critiche che le sono state rivolte la sentenza impugnata nella parte in cui ha, condivisibilmente, affermato che “quale che sia la ragione della pattuizione, è evidente che la ricorrente si è convenzionalmente impegnata al versamento di tale somma”.
Ad ogni modo, come rilevato dalla difesa del Comune appellata, la contestata convenzione si è limitata a recepire un obbligo discendente dalla legge, in particolare dall’ art. 81 della legge regionale n. 61 del 1985 allora vigente, la quale, in ossequio al generale principio dell’onerosità della concessione edilizia, stabiliva espressamente che “il contributo per il rilascio della concessione è commisurato all’incidenza delle spese per gli oneri di urbanizzazione e al costo di costruzione”.
Nel caso di specie poi il suddetto contributo è stato determinato sulla base della delibera del Comune n. 38 del 1986 la quale, in applicazione della normativa regionale su indicata, ha stabilito i criteri e i parametri per la determinazione del contributo concessorio, prevedendo che, per gli interventi di carattere turistico e ricreativo da realizzarsi su superfici superiori a mq. 300 in zone omogenee diverse dalla zona A, B o C, il costo di costruzione era pari al 10% delle opere da eseguire, calcolato sulla scorta del relativo preventivo di spese.
Pertanto, le previsioni delle convenzione non contrastano con la disciplina normativa, stabilendo, proprio in esecuzione della stessa, il pagamento del contributo concessorio in relazione ad opere comportanti, per quanto detto, un aggravamento del carico urbanistico.
6.3. Alla stregua delle considerazioni svolte, anche la doglianza sulla non spettanza delle somme richieste a titolo di sanzione per il mancato tempestivo pagamento non può trovare accoglimento: come correttamente rilevato dal primo giudice, una volta accertata l’esistenza dell’obbligo concessorio derivante dalla realizzazione d opere edilizie comportanti trasformazione urbanistica e la debenza del predetto contributo di costruzione, derivante sia dalla legge sia dagli accordi intervenuti con il Comune,la sanzione irrogata deriva direttamente dal ritardo nell’adempimento di quell’obbligo.
7. Alla luce delle considerazioni esposte, l’appello deve essere respinto.
Sussistono giusti motivi, in ragione delle peculiarità e delle oscillazioni giurisprudenziali esistenti sulle questioni giuridiche trattate, per disporre la compensazione tra le parti delle spese del presente grado.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del giorno 15 marzo 2018 con l'intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli, Presidente
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere
Raffaele Prosperi, Consigliere
Alessandro Maggio, Consigliere
Angela Rotondano, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Angela Rotondano Carlo Saltelli