Cass. Sez. III n. 27103 del 4 luglio 2008 (Ud.. 21 mag. 2008)
Pres. Grassi Est. Onorato Ric. PM in proc. De Angelis
Urbanistica. Sanatoria in zona vincolata
Il giudice, prima di dichiarare la estinzione per sanatoria del reato urbanistico, di cui all'art. 44 lett. c) D.P.R. 380/2001, proprio perché relativo a immobile vincolato, deve accertare che l'atto di sanatoria urbanistica sia accompagnato anche dal nulla osta ambientale dell'autorità tutoria.
IN FATTO E IN DIRITTO
1 - Con sentenza del 10.10.2007 il tribunale monocratico di Tivoli ha dichiarato non doversi procedere contro L.D. e D. A.M. in ordine ai seguenti reati:
a) D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c);
b) D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181;
c) D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 83, 93, 94 e 95;
d) D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 64 e 71, nonchè artt. 65 e 72:
(accertati in Licenza il 27.2.2006, con lavori in corso alla data dell'accertamento), per essere gli stessi reati estinti per intervenuta sanatoria.
Il giudice ha accertato che medio tempore era stato rilasciato permesso di costruire in sanatoria relativamente alle opere edilizie abusive contestate nei capi di imputazione, e che "era stato superato il vincolo paesaggistico gravante nella zona". Ha ritenuto che pertanto tutti i reati contestati erano estinti per la intervenuta sanatoria.
2 - Il Procuratore della Repubblica presso il predetto tribunale ha proposto ricorso immediato per cassazione, deducendo erronea interpretazione del D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 36 e 45, nonchè del D.Lgs. n. 42 del 2004, artt. 146 e 181.
Con articolata argomentazione, sostiene in sostanza che:
- trattandosi di costruzione di un manufatto in zona soggetta al vincolo paesaggistico, la sanatoria rilasciata ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 36 non era efficace, in assenza dell'autorizzazione dell'autorità tutoria (non potendosi interpretare come accertamento del rilascio dell'autorizzazione la frase ambigua della sentenza impugnata secondo cui "era stato superato il vincolo paesaggistico gravante nella zona"); per conseguenza non poteva ritenersi sanato l'abuso urbanistico e quindi non erano estinti i reati contestati;
- anche il reato ambientale non poteva ritenersi estinto, giacchè:
a) secondo il D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 146, comma 10, l'autorizzazione paesaggistica non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale degli interventi; b) il D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, nuovo comma 1 ter (introdotto dalla L. 15 dicembre 2004, n. 308), che consente una valutazione postuma della compatibilità paesaggistica di alcuni interventi minori, non è applicabile alla fattispecie in oggetto.
3 - Il ricorso è fondato e va accolto.
Questa Corte ha già avuto modo di stabilire che "l'autorizzazione dell'autorità preposta alla tue la del vincolo paesistico di cui alla L. 29 giugno 1929, n. 1497, art. 7 e alla L. 8 agosto 1985, n. 431, art. 1, si configura quale condizione di efficacia della concessione edilizia. In mancanza di siffatta autorizzazione la concessione edilizia rilasciata ai sensi della L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 13, proprio perchè inefficace, non produce gli effetti estintivi del reato urbanistico regolati dal successivo art. 22" (Cass. Sez. 3^, n. 11301 del 22,9.1998, P.M. in proc. D'Angelo, rv. 212047).
Questi condivisibili principi valgono ovviamente anche dopo che la L. n. 47 del 1975, artt. 13 e 22 sono stati sostituiti dal D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 36 e 45, e che le citate norme sulla tutela paesaggistica sono state da ultimo sostituite con il D.Lgs. n. 42 del 2004, artt. 146 e 181. Ne deriva per il caso di specie che il giudice di merito, prima di dichiarare la estinzione per sanatoria del reato urbanistico sub a), di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c), proprio perchè relativo a immobile vincolato, avrebbe dovuto accertare che l'atto di sanatoria urbanistica fosse accompagnato anche dal nulla osta ambientale dell'autorità tutoria. In caso positivo, comunque, il rilascio in sanatoria del permesso di costruire (già concessione edilizia), anche se reso pienamente efficace dall'autorizzazione ambientale, avrebbe estinto solo il reato urbanistico sub a), ma non i diversi reati per le violazioni delle norme antisismiche, di cui al capo c), e per le violazioni delle norme sul conglomerato cementizio armato, di cui al capo d) della rubrica. Tale è infatti, per costante giurisprudenza, il significato della disposizione di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 45, comma 3, che limita l'effetto estintivo ai "reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti".
Quanto poi al reato ambientale sub b) - come ha correttamente rilevato il pubblico ministero ricorrente - non basta la generica asserzione che "era stato superato il vincolo paesaggistico gravante sulla zona" per escludere la sussistenza del reato o per dichiararne la estinzione. A norma del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 146, comma 10, lett. c), non è ammessa un'autorizzazione in sanatoria che possa estinguere il reato.
Neppure può applicarsi il cd. minicondono ambientale introdotto dalla L. 15 dicembre 2004, n. 308, art. 1, comma 37, giacchè esso è riservato ai lavori compiuti entro il 30.9.2004, mentre i lavori de quibus erano ancora in corso alla data del 27.2.2006.
E' invece astrattamente applicabile la causa di esclusione della punibilità prevista dal predetto art. 1, comma 36, lett. c), che ha introdotto il D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1 ter, secondo cui l'accertamento postumo di compatibilità paesaggistica dell'intervento esclude - appunto - la punibilità del reato contravvenzionale ambientale previsto dallo stesso art. 181, comma 1.
Ma nel caso di specie il giudice di merito avrebbe dovuto concretamente verificare se l'accertamento di compatibilità paesaggistica era stato in effetti conseguito e se ricorrevano le altre precise condizioni previste dalla norma per la esclusione della punibilità. La sentenza impugnata va quindi annullata, con rinvio alla Corte d'appello di Roma ex art. 569 c.p.p., comma 4, che dovrà procedere a nuovo giudizio nel rispetto dei principi sopra esposti.
P.Q.M.
la Corte suprema di cassazione annulla la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Roma per nuovo giudizio.
Così deciso in Roma, il 21 maggio 2008.