Cass. Sez. III n. 24720 del 7 luglio 2025 (CC 12 giu 2025)
Pres. Ramacci Rel. Scarcella Ric. Malvino
Urbanistica.Individuazione dell'immobile da demolire

La sola indicazione delle dimensioni del manufatto risulta sufficiente in sede penale per garantire la precisione e determinatezza dell’ordine di demolizione, non essendovi alcuna necessità per la sua esecuzione di dover identificare l’immobile tramite i dati catastali. Una dettagliata descrizione delle opere abusivamente realizzate è dunque necessaria solo in sede amministrativa.  

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 27 gennaio 2025, il GIP presso il Tribunale di Salerno, quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta avanzata nell’interesse di Elia Malvino, volta ad ottenere la sospensione dell’ordine di demolizione emesso dal Procuratore della Repubblica di Salerno. 

2. Avverso la predetta ordinanza Elia Malvino ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo del difensore di fiducia, deducendo due motivi, di seguito enunciati ex art. 173, disp. att., cod. proc. pen. nei limiti strettamente necessari per la motivazione. 
2.1. Deduce, con il primo motivo, il vizio di violazione di legge in ordine alla eccepita indeterminatezza del titolo della disposta demolizione.
In sintesi, premette la difesa che, in sede di incidente di esecuzione, era stata eccepita la indeterminatezza del titolo in quanto il provvedimento del pubblico ministero non indicava le opere da demolire, semplicemente richiamando per relationem l’abuso da demolire come “compiutamente indicato nella citata sentenza”, sentenza che, a sua volta, non aveva fissato in maniera determinata le opere da demolire non desumibili nemmeno dal fascicolo processuale, essendo indicate soltanto le dimensioni del manufatto ed il Comune. Mancava dunque qualsiasi indicazione del sito, del foglio, della particella e di quant'altro idoneo ad individuare il manufatto con certezza e determinatezza. La predetta indeterminatezza, secondo la difesa, integrerebbe una sostanziale mancanza del titolo esecutivo e comunque la non efficacia dello stesso ai fini dell'esecuzione. Si censura a tal proposito l'impugnata ordinanza laddove la stessa ritiene sufficientemente determinato il manufatto mediante la sola indicazione delle misure del corpo di fabbrica non essendo state formulate specifiche contestazioni sul punto, aggiungendo che solo quando sorge un'effettiva e concreta controversia potrebbe instaurarsi un nuovo procedimento davanti al giudice dell'esecuzione, richiamando a tal proposito giurisprudenza di questa stessa sezione (il riferimento è alla sentenza n. 40763/2013). Sostiene, però, la difesa che il corretto richiamo a tale precedente giurisprudenziale avrebbe dovuto portare ad opposte conclusioni, in quanto la predetta sentenza riguarda e richiama il titolo e le modalità esecutive, situazioni entrambe impugnabili con l'incidente di esecuzione, ma che non avrebbero nulla a che fare con la questione della determinatezza. In altri termini, il titolo potrebbe essere impugnabile se già contiene in sé il germe dell'indeterminatezza senza attendere le modalità esecutive che, a loro volta, potrebbero essere impugnate per vizi propri. L'indeterminatezza del titolo, dunque, sarebbe di impedimento anche alla fissazione delle modalità esecutive e la motivazione addotta dal giudice dell'esecuzione non sarebbe sufficiente a superare l'eccezione di indeterminatezza, non essendo sufficiente indicare le sole dimensioni del manufatto. La motivazione sarebbe inoltre manifestamente illogica laddove sostiene che, per la determinazione, si debba rinviare al momento delle modalità esecutive dando per sufficientemente determinata la sola mera indicazione della misura laddove, invece, sarebbe corretto il contrario, ossia che, accertata la determinatezza del titolo, si passi poi alle modalità esecutive.
2.2. Deduce, con il secondo motivo, il vizio di violazione di legge in relazione al principio di proporzionalità. 
In sintesi, si sostiene che l'impugnata ordinanza, sotto tale profilo, presenti sensibili deficit motivazionali, in quanto avrebbe confuso il criterio della proporzionalità soggettiva con quello della tutela della proprietà, non invocata nel ricorso introduttivo. Proprio il richiamo alla giurisprudenza sovranazionale operato nell'ordinanza avrebbe dovuto condurre a soluzioni opposte, essendo stato richiamato il principio giurisprudenziale della valutazione della situazione personale dell'interessato, non avendo nulla a che vedere con il principio che la misura si estenda a chiunque vanti diritti sul bene, né si sarebbe mai invocata una legittimazione postuma dell'opera. Ma è proprio sulla valutazione della situazione personale che tale deficit motivazionale sarebbe evidente ed inficerebbe la decisione impugnata nei confronti del ricorrente, in particolare al fine di evitare un'afflizione sproporzionata della stessa per le condizioni personali. L’ordinanza, infatti, pur riconoscendo che la difesa ha documentato in maniera idonea la situazione soggettiva, l'avrebbe ritenuta inidonea rispetto al criterio della proporzionalità invocato, non avendo l’interessato fatto ricorso al sistema dell'edilizia residenziale pubblica. L’ordinanza avrebbe omesso di considerare che le situazioni soggettive vanno considerate nell'attualità e non riferite a comportamenti negligenti pregressi, magari frutto anche di ignoranza delle opportunità.

3. In data 22 maggio 2025, il Procuratore Generale presso questa Corte ha fatto pervenire la propria requisitoria scritta con cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso. Il ricorso è per il P.G. manifestamente infondato. Pretestuosa la censura relativa all’indeterminatezza del titolo, essendo il manufatto, come correttamente osservato dal Gip, pacificamente determinato e identificabile mediante l’indicazione delle dimensioni del corpo di fabbrica. Infondata anche la seconda doglianza, essendo l’impugnata ordinanza pienamente conforme, in punto di motivazione e di statuizione, ai principi di diritto stabiliti dalla Suprema Corte e dalla giurisprudenza della CEDU in materia di inviolabilità del domicilio, tutela del diritto all’abitazione e correlata valutazione di proporzionalità della sanzione. Infatti, correttamente l’ordinanza dà atto della dirimente circostanza del mancato ricorso, a fronte di un ordine di demolizione suscettibile di esecuzione sin dal 1992, al sistema di edilizia residenziale pubblica.

4. In data 30 maggio 2025, l’Avv. Angelo Di Perna, nell’interesse del ricorrente, ha fatto pervenire memoria di replica alla requisitoria scritta del Procuratore generale, rilevando che la stessa fraintende il concetto di indeterminatezza espresso dalla difesa, ribadendo lo stesso vizio del provvedimento impugnato. Un manufatto da demolire non si può ritenere individuato e determinato solo con le indicazioni delle misure e del Comune in cui si trova, ma vanno indicati tutti estremi invocati nel ricorso ed il provvedimento impugnato aveva frainteso anche la sentenza di questa sezione in tema di determinazione (Sez. 3, n. 40763 del 23/05/2013, T., Rv. 257524). 
La giurisprudenza citata, infatti, nel ribadire la competenza del P.M. aveva affermato che, ai fini della determinazione, vanno indicate anche le modalità di esecuzione in quanto è necessario predisporre idonee cautele a garanzia di corpi di fabbrica non destinati all’abbattimento. Solo all’esito di tanto si può affermare la compiuta determinatezza del titolo a demolire, mentre il provvedimento impugnato sembra rinviare ad un secondo momento tale determinazione. Se così fosse, l’attuale ordine di demolizione del P.M. sarebbe un non senso visto che occorrerebbe un nuovo procedimento innanzi al Giudice dell’esecuzione ed a maggior ragione l’assunto del provvedimento impugnato conferma l’indeterminatezza eccepita dalla difesa. 

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso, trattato cartolarmente a norma dell’art. 611, cod. proc. pen., è inammissibile. 

2. Il primo motivo è inammissibile per manifesta infondatezza. 

3. La sentenza del giudice di primo grado ritiene che l’oggetto del manufatto sia sufficientemente determinato mediante l’indicazione delle dimensioni del corpo di fabbrica, non essendo state formulate specifiche contestazioni sul punto, affermando anche che, solo qualora insorga una effettiva e concreta controversia potrà essere instaurato dal P.M. (che dell’esecuzione costituisce l’organo promotore) o dall’interessato un nuovo procedimento innanzi al giudice dell’esecuzione (Sez. 3, n. 40763 del 23/05/2013, T., Rv. 257524).
3.1. Tale motivazione è del tutto corretta. 
Ed invero, deve essere in questa sede evidenziato che l’identificazione del manufatto abusivo oggetto dell’ordine demolitorio, in fase di esecuzione, giunge all’esito di un iter giudiziario sviluppatosi nel corso del giudizio di merito, assicurando la pienezza del contraddittorio tra le parti che – per quanto consta – non vide sollevate eccezioni circa la enunciazione in forma chiara e precisa del fatto oggetto dell’imputazione, fatto che, in materia edilizia, deve contenere la descrizione del manufatto abusivo a pena di nullità ex art. 552 cod. proc. pen. 
Nella specie, dunque, alcuna necessità di ulteriore specificazione, oltre l’indicazione delle dimensioni del corpo di fabbrica, era necessaria ai fini dell’esecuzione dell’ordine demolitorio, posto che, come anticipato, la compiuta identificazione delle opere da demolire era già stata oggetto dell’accertamento giudiziale di merito, conclusosi con la pronuncia di condanna, in esito alla quale era stata disposta la demolizione delle opere abusive oggetto di contestazione, opere sulla cui compiuta descrizione non residua alcun dubbio. 

4. Né rileva la giurisprudenza di questa Corte che ha condivisibilmente affermato che ciò che rileva ai fini della individuazione della corrispondenza tra l’immobile da demolire e quello descritto nella sentenza, è l’identità tra le opere oggetto di imputazione e quelle da abbattere, desumibile non soltanto dalla volumetria, soggetta a diversi criteri di computo, ma dalla sostanziale coincidenza ricavabile in base a tutti gli elementi disponibili, ossia descrizione, indicazione delle singole superfici, modalità costruttive, indicazione dei materiali, dati catastali etc. (Sez. 3, n. 51058 del 09/10/2018, P., Rv. 274093-01). 
Tale decisione, infatti, è stata pronunciata da questa Corte in riferimento ad una vicenda del tutto diversa da quella oggetto del presente procedimento, e nella quale era stato il giudice dell’esecuzione a revocare erroneamente l’ingiunzione a demolire ritenendo non corretta l’indicazione della volumetria del manufatto abusivo. Nella predetta vicenda, invero, questa Corte aveva accolto il ricorso del pubblico ministero, il quale aveva osservato che giudice dell'esecuzione avrebbe dovuto argomentare il giudizio sulla difformità volumetrica e non avrebbe potuto sorreggere la decisione sul mero richiamo alla necessità di ulteriori accertamenti. Come si legge nella richiamata sentenza, trattandosi di calcolo della volumetria di un fabbricato, andava considerato anche che lo stesso può essere soggetto a criteri diversi (si pensi, ad esempio, al computo o meno, dei volumi tecnici, all'individuazione delle quote di riferimento per il calcolo, ai corpi sporgenti, alle indicazioni degli strumenti urbanistici), sicché una eventuale verifica non potrebbe prescindere dal considerare l'identità o meno della metodologia di computo dei volumi nell'effettuazione delle misurazioni. 
Si comprende, dunque, in tale ipotesi il principio di diritto affermato al § 3 della motivazione, in cui “ai fini della individuazione della corrispondenza tra l'immobile da demolire e quello descritto nella sentenza, è l'identità tra le opere oggetto di imputazione e quelle da abbattere, desumibile non soltanto dalla volumetria, soggetta a diversi criteri di computo, ma dalla sostanziale coincidenza ricavabile in base a tutti gli elementi disponibili”. 
4.1. Diversa, peraltro, è la situazione che si verifica nel parallelo procedimento amministrativo che, infatti, muove dall’emissione dell’ordinanza di demolizione da parte della pubblica amministrazione che non presuppone, a monte, alcun espletamento di un contraddittorio tra le parti, come invece previsto nel caso dell’emissione dell’ordine demolitorio pronunciato all’esito di un processo penale. 
Ben si spiega, dunque, la giurisprudenza amministrativa venutasi a formare sul tema ad opera del Consiglio di Stato, il cui consolidato orientamento, ponendosi sul solco dell’Adunanza Plenaria n. 9/2017 (i cui principi sono stati, di recente, ribaditi da Ad. Plen. 16/2023), ha affermato la natura di atto dovuto e rigorosamente vincolato dell’ordinanza di demolizione che deve ritenersi sufficientemente motivata con la compiuta descrizione delle opere abusive e la constatazione della loro esecuzione in mancanza del necessario titolo abilitativo (Cons. St., sez. VII, 13 novembre 2023, n. 9719). Lo stesso Consiglio di Stato afferma che gli immobili devono essere individuati con precisione, dovendo indicare, oltre alla loro ubicazione, anche i riferimenti catastali (Cons. St., sez. VI, 4 luglio 20216, n. 2963). 
In sostanza, nel procedimento amministrativo gli edifici o le parti di edificio da abbattere devono essere indicati in modo puntuale, posto che, secondo il Consiglio di Stato, è necessario, pertanto, indicare, oltre alla loro ubicazione anche i riferimenti catastali. Pertanto, l’ordinanza di demolizione emessa in sede amministrativa si considera adeguatamente motivata se contiene: la descrizione delle opere abusive (morfologica costruttiva, dimensionale, oltre che ubicativa, mediante puntuale indicazione degli estremi di localizzazione geografica); l’individuazione delle violazioni accertate (realizzazione di nuovi organismi edilizi in assenza di permesso di costruire); la normativa applicata (le norme del Testo Unico Edilizia e della legislazione regionale) (TAR Basilicata, Sez. I, 7 maggio 2024, n. 240). 
4.2. Alla luce di quanto sopra, la sola indicazione delle dimensioni del manufatto risulta sufficiente invece in sede penale, per le ragioni dianzi illustrate, per garantire la precisione e determinatezza dell’ordine di demolizione, non essendovi alcuna necessità per la sua esecuzione di dover identificare l’immobile tramite i dati catastali. Una dettagliata descrizione delle opere abusivamente realizzate è dunque necessaria solo in sede amministrativa.  

5. Il secondo motivo di ricorso risulta parimenti manifestamente infondato e, pertanto, va dichiarato inammissibile. 
5.1. Con riferimento al criterio di proporzionalità, secondo l’insegnamento della Corte di Cassazione, in tema di reati edilizi, il giudice, nel dare attuazione all’ordine di demolizione di un immobile abusivo adibito ad abituale abitazione di una persona è tenuto a rispettare il principio di proporzionalità come elaborato dalla giurisprudenza convenzionale nelle sentenze Corte EDU, 21/04/2016, Ivanova e Cherkezov c. Bulgaria e Corte EDU, 04/08/2020, Kaminskas c. Lituania, considerando l’esigenza di garantire il rispetto della vita privata e familiare e del domicilio, di cui all’art. 8 della Convenzione EDU e valutando, nel contempo, l’eventuale consapevolezza della violazione della legge da parte dell’interessato, per non incoraggiare azioni illegali in contrasto con la protezione dell’ambiente, nonché i tempi a disposizione del medesimo, dopo l’irrevocabilità della sentenza di condanna, per conseguire, se possibile, la sanatoria dell’immobile ovvero per risolvere le proprie esigenze abitative (così Sez. 3, n. 423 del 14/12/2020, dep. 2021, Rv. 280270-01; nello stesso senso, Sez. 3, n. 48021 dell’11/09/2019, Rv. 277994-01, secondo cui il diritto all’abitazione, riconducibile agli artt. 2 e 3 Cost. e all’art. 8 CEDU, non è tutelato in termini assoluti, ma è contemperato con altri valori di pari rango costituzionale, come l’ordinato sviluppo del territorio e la salvaguardia dell’ambiente, che giustificano, secondo i criteri della necessità, sufficienza e proporzionalità, l’esecuzione dell’ordine di demolizione di un immobile abusivo, sempre che tale provvedimento si riveli proporzionato rispetto allo scopo che la normativa edilizia intende perseguire, rappresentato dal ripristino dello status preesistente del territorio) (Sez. 3, n. 21198 del 15/02/2023, E., Rv. 284627-01).
5.2. Analizzando le decisioni sopracitate, Corte EDU, 21/04/2016, Ivanova e Cherkezov c. Bulgaria, concernente un provvedimento emesso da un’autorità amministrativa sottoposta a controllo giurisdizionale amministrativo, in assenza di un procedimento penale, premette che il problema del rispetto del principio di proporzionalità nell’esecuzione dell’ordine di demolizione è rilevante solo quando viene in gioco il diritto al rispetto della vita privata e familiare e del domicilio di una persona, di cui all’art. 8 della CEDU, il quale è configurabile in relazione all’immobile destinato ad abituale abitazione della stessa, e non anche quando viene opposto esclusivamente il diritto alla tutela della proprietà, garantito dall’art. 1 del Prot. 1 CEDU.
La precisata pronuncia, poi, rappresenta che il principio di proporzionalità impone che la persona interessata ad opporsi ad un ordine di demolizione per una costruzione illegale abbia il diritto a ricevere un attento esame delle proprie ragioni da parte di un tribunale indipendente e che, ai fini di questo esame, sia prestata attenzione anche alle personali condizioni del destinatario del provvedimento ablatorio e ai tempi intercorrenti tra la definitività delle decisioni giudiziarie di cognizione e l’attivazione del procedimento di esecuzione. 
5.3. Corte EDU, 04/08/2020, Kaminskas c. Lituania, anch’essa relativa ad un provvedimento ablatorio emesso da un’autorità amministrativa, ribadisce l’esigenza del rispetto del principio di proporzionalità in caso di ordine di demolizione di costruzioni illegali, ma ritiene più limitati gli ambiti di tutela del privato. La sentenza appena citata afferma che è altamente significativa la circostanza della illegale edificazione dell’abitazione, precisando di essere riluttante ad assicurare tutela a chi ha sfidato la legge, per evitare di incoraggiare azioni illegali in contrasto con le esigenze di protezione dell’ambiente quale interesse pubblico e reputa di fondamentale importanza la possibilità per l’interessato di far valere eventuali violazioni del principio di proporzione davanti ad un tribunale indipendente. In applicazione di questi principi, la pronuncia esclude che, nella specie, l’esecuzione dell’ordine di demolizione dell’appartamento adibito a proprio domicilio abbia determinato la violazione del diritto di cui all’art. 8 della CEDU. In particolare, la Corte EDU valorizza la consapevolezza dell’illegalità della edificazione al momento del compimento di tale attività e, quindi, l’atteggiamento di cosciente sfida ai divieti normativi, nonché la concessione di adeguati periodi di tempo per consentire all’interessato di “legalizzare”, se possibile, la situazione, e di trovare una soluzione alle proprie esigenze abitative e indica espressamente tali circostanze come prevalenti sulle condizioni di età avanzata, povertà e basso reddito del ricorrente (Sez. 3, n. 5822 del 18/01/2022, D., Rv. 282950-01).
5.4. In sostanza, le linee guida individuate dalla giurisprudenza di legittimità e da quella convenzionale che debbono orientare il test di proporzionalità devoluto al giudice al fine di valutare se il provvedimento di demolizione, alla luce delle peculiarità del singolo caso, che è onere di chi intende avvalersene allegare in modo puntuale, sia giustificato, possono essere sintetizzate nei termini di seguito indicati (Sez. 3, n. 13578 del 08/04/2025, non massimata): 
a) è necessario che l’esecuzione dell’ordine di demolizione incida sul diritto al rispetto della vita privata e familiare e del domicilio di una persona tutelato dall’art. 8 della CEDU, per cui l’esigenza di procedere al bilanciamento dei contrapposti interessi sussiste solo nel caso di demolizione di un manufatto adibito ad abituale residenza mentre non si pone nel caso venga opposto il diritto alla tutela della proprietà (Sez. 3, n. 2532 del 12/01/2022, E.; Sez. 3, n. 423 del 14/12/2020, L., Rv. 280270; Sez. 3, n. 47693 del 04/10/2023, R.); 
b) assumono rilievo la consapevolezza da parte dell’interessato dell’illiceità dell’intervento edilizio che ha originato l’ordine di demolizione, la gravità dell’illecito, da valutarsi anche in considerazione delle disposizioni normative violate, e la tipologia dell’abuso, se di dimensioni tali da farlo ritenere di necessità (Sez. 3, n. 2532 del 12/01/2022, E.; Sez. 3, n. 423 del 14/12/2020, L., Rv. 280270; Sez. 3, n. 5822 del 18/01/2022, D.; Sez. 3, n. 7412 del 10/11/2020, V.; Sez. 3, n. 47693 del 04/10/2023, R.); 
c) è necessario che sia trascorso un arco temporale ragionevole fra l’accertamento del reato e l’attivazione della procedura esecutiva, così da consentire al destinatario dell’ordine di demolizione di “legalizzare” l’immobile, se possibile, o di esperire i mezzi di tutela dei propri interessi offerti dall’ordinamento e di reperire nuove soluzioni abitative (Sez. 3, n. 2532 del 12/01/2022, E.; Sez. 3, n. 423 del 14/12/2020, L., Rv. 280270; Sez. 3, n. 869 del 14/12/2023, C., Rv. 285733; Sez. 4, n. 2770 del 05/10/2023 C.; Sez. 3, n. 5822 del 18/01/2022, D., Rv. 282950); 
d) assumono rilievo le condizioni personali dell’interessato, quali l’età avanzata, le condizioni di salute e il basso reddito con la precisazione però che tali condizioni, di per sé sole, non possono assumere importanza decisiva dovendo essere valutate congiuntamente con la consapevolezza dell’illiceità dell’intervento edilizio e con l’arco temporale decorso dall’accertamento dell’abuso al fine di verificare se l’interessato abbia avuto la posizione di legalizzare il manufatto e di reperire un alloggio alternativo (Sez. 3, n. 7127 del 19/01/2022, P.; Sez. 3, n. 46199 del 17/1072023, D.; Sez. 3, n. 48934 del 15/12/2022, M.; Sez. 3, n. 5822 del 18/01/2022, D., Rv. 282950); 
e) assume rilievo che vi sia stata per l’interessato la possibilità di poter far valere le sue ragioni davanti a un organo indipendente (Sez. 3, n. 46199 del 17/10/2023, D.; Sez. 3, n. 5822 del 18/01/2022, D., Rv. 282950); 
f) è necessario che non sussistano ragioni particolari che impongano di differire temporaneamente la demolizione per limitarne l’impatto nella sfera del privato (Sez. 3, n. 46199 del 17/10/2023, D.; Sez. 3, n. 5822 del 18/01/2022, D., Rv. 282950); 
g) è necessario che i fatti allegati dall’autore dell’abuso per contrastare l’esecuzione dell’ordine di demolizione non siano dipendenti dalla sua inerzia o, comunque, dalla sua volontà, non potendo il condannato lucrare sulle conseguenze derivate dal suo inadempimento a un dovere imposto da una sentenza divenuta irrevocabile (Sez. 3, n. 21198 del 15/02/2023, E.; Sez. 3, n. 48820 del 02/11/2023, F.; Sez. 3, n. 46199 del 17/10/2023, D.). 

6. Alla luce di tali principi, si può osservare che, nel caso in esame, il ricorrente ha disposto di un tempo sufficiente per cercare una soluzione abitativa alternativa, essendo a conoscenza della presenza dell’ordine di demolizione suscettibile di esecuzione fin dal 1992 e non ha mai dato conto di aver fatto ricorso al sistema di edilizia residenziale pubblica. 

7. Ai fini del giudizio circa il rispetto del principio di proporzionalità, sono sicuramente rilevanti le condizioni di età avanzata, povertà e basso reddito dell’interessato. 
7.1. Queste condizioni, però, non risultano mai essere considerate, di per sé sole, risolutive, o perché valutate congiuntamente ai tempi intercorrenti tra la definitività delle decisioni giudiziarie di cognizione e l’attivazione del procedimento di esecuzione o perché esplicitamente ritenute recessive in caso di consapevolezza dell’illegalità della edificazione al momento del compimento di tale attività e di concessione di adeguati periodi di tempo per consentire la regolarizzazione, se possibile, della situazione e per trovare una soluzione alle esigenze abitative. 
7.2. Difatti, come correttamente affermato dal Gip, sebbene siano state idoneamente prodotte documentalmente l’indisponibilità di ulteriori immobili da parte dell’istante, le condizioni economiche del nucleo familiare e lo stato di salute del coniuge della condannata, ciò non rileva in termini di sproporzione dell’esecuzione del provvedimento ripristinatorio, nella misura in cui gli occupanti, in presenza di un ordine di demolizione suscettibile di esecuzione fin dal 1992, non abbiano fatto ricorso al sistema di edilizia residenziale pubblica. 
7.3. In aggiunta a ciò, l’effettivo rispetto della normativa in tema di costruzioni degli edifici costituisce esigenza destinata a prevalere sulle prerogative personali del singolo, nel momento in cui lo stesso Stato che intende stabilire l’ordine giuridico violato si fa carico di istituire un sistema di salvaguardia delle necessità abitative dei cittadini meno abbienti, la cui inefficacia deve essere quantomeno allegata dal soggetto che intende richiedere la revoca o la sospensione dell’ordine di demolizione.  

8. Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle Ammende, non potendosi escludere profili di colpa nella sua proposizione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 12/06/2025