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Sez. 3, Sentenza n. 3358 del 29/01/2004 (Ud. 18/11/2003 n.01895 ) Rv. 227178
Presidente: Zumbo A. Estensore: Piccialli L. Imputato: Gentile. P.M. Gialanella A. (Diff.)
(Annulla senza rinvio, App.Roma, 20 febbraio 2003).
538003 EDILIZIA - COSTRUZIONE EDILIZIA - Reati edilizi - Domanda di condono - Opere abusive non residenziali - Sospensione del procedimento - Esclusione.
CON MOTIVAZIONE
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Massima (Fon te CED Cassazione)
La domanda di condono edilizio per opere abusive di natura non residenziale non può determinare la sospensione del procedimento penale per l'accertamento del reato ex art. 38 della Legge 28 febbraio 1985 n. 47, atteso che ai sensi del comma 25 dell'art. 32 del D.L. 30 settembre 2003 n. 269, convertito con modificazioni in Legge 24 novembre 2003 n. 326, le disposizioni sulla sanatoria prevista dal citato D.L. si applicano alle sole nuove costruzioni residenziali.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. ZUMBO Antonio - Presidente - del 18/11/2003
1. Dott. RAIMONDI Raffaele - Consigliere - SENTENZA
2. Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - N. 1895
3. Dott. PICCIALLI Luigi - Consigliere - REGISTRO GENERALE
4. Dott. GRILLO Carlo - Consigliere - N. 026461/2003
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
GENTILE NICOLA, n. il 29.10.1954 a Cittaducale, rappr. e difeso dall'avv. Filippo Falivena, del foro di Rieti;
avverso la sentenza della Corte d'Appello di Roma del 20.2.2003. Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso. Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Dott. Piccialli.
Udito il Pubblico Ministero in persona del Sost. P.G. Dott. Geraci V. che ha concluso per la sospensione del giudizio ed in subordine per il rigetto.
Udito il difensore avv.to F. Falivena, il quale chiede, in via principale, la sospensione del giudizio, in subordine per l'ampliamento ed in via ulteriormente gradata, dichiararsi la prescrizione dei residui reati, tenuto conto della insolvenza delle spese.
FATTO E DIRITTO
Nicola Gentile ricorre, a mezzo del difensore di fiducia, avverso la sentenza in epigrafe, nella parte in cui lo ha confermato colpevole delle contravvenzioni di cui agli artt. 20 lett. c) L. 47/85 e 163 D.Lgs. 490/99 (già 1 sexies L 431/85), nella qualità di esecutore di una strada di mt. 250 di lunghezza e 5 di larghezza, in difetto di concessione sindacale ed autorizzazione ambientale, in zona vincolata del territorio comunale di Rieti, come ivi accertato il 25/5/1999. Dal concorrente reato di cui all'art. 734 c.p., del quale la sentenza di primo grado (in data 15/2/02 del Tribunale di Rieti, in composizione monocratica) lo aveva anche dichiarato colpevole, l'imputato è stato prosciolto in appello, per sopravvenuta prescrizione.
L'impugnazione è affidata a due motivi.
Nel primo si lamenta inosservanza ed erronea applicazione, con connessi vizi della motivazione, degli artt. 521 c.p.p. e 110 c.p., in relazione all'affermazione di responsabilità che, oltre a riferirsi ad un fatto diverso da quello contestato nel decreto di citazione, quello di essere esecutore materiale delle opere abusive, laddove nelle sentenze di merito lo si è poi qualificato appaltatore delle stesse, materialmente eseguite da tale Leoncini, avrebbe erroneamente ravvisato il concorso del ricorrente nell'operato del subappaltatore suddetto, che aveva operato in piena autonomia, ed attenendosi alle planimetrie di scavo fornite dai committenti, che l'imputato si era limitato a consegnargli.
La duplice affermazione di responsabilità sarebbe così stata pronunziata a titolo di responsabilità oggettiva, correlata alla mera qualità di appaltatore delle opere lecite, regolarmente assentite dal Comune di Rieti, relative alla posa di una conduttura per conto della soc. "Italgas".
Con il secondo motivo si lamenta mancanza e manifesta illogicità della motivazione e travisamento di fatto, essendo stata ritenuta la difformità totale delle opere rispetto a quelle autorizzate per la posa del metanodotto, laddove i lavori avrebbero rispettato il tracciato approvato, "senza modificazioni dell'assetto e delle caratteristiche del paesaggio"; il giudizio di colpevolezza avrebbe fatto indebito affidamento, nell'escludere la preesistenza di un tracciato stradale, sulle testimonianze dei verbalizzanti "caratterizzate da valutazioni estremamente empiriche, mere percezioni visive ed evidenti inesattezze", in contrasto con quanto a discarico dichiarato da "molti dei testimoni escussi"; anche il giudizio sulla difformità tra la "pista" in concreto eseguita ed il "tracciato autorizzato dal Comune", sarebbe immotivato e carente di una effettiva comparazione tra i due progetti.
Giova, preliminarmente, precisare che la natura non residenziale delle opere abusive contestate esclude ogni possibilità di sospensione del giudizio ai sensi delle recenti disposizioni sul nuovo "condono edilizio", tenuto conto della specifica limitazione contenuta nel comma 25^ u.p. dell'art. 32 D.L. 30/9/2003 n. 269. Ciò premesso, osserva la Corte che nessuna delle censure addotte in ricorso merita accoglimento.
Il primo motivo è infondato, sotto il dedotto profilo di violazione dell'art. 521 c.p.p. tenuto conto dell'inessenzialità della specificata qualità di esecutore autore "materiale" delle opere abusive, nel caso di specie in cui l'accertata, ed ammessa, qualità di appaltatore delle opere stesse conferiva all'imputato quella di soggetto incaricato della loro esecuzione, poco o punto rilevando se poi il medesimo si fosse avvalso, nell'esecuzione di lavori di scavo, di un terzo subappaltatore. Non sussiste al riguardo alcuna modifica degli estremi fattuali essenziali dell'addebito, sufficientemente chiaro, nella parte in cui l'imputato veniva indicato quale esecutore delle opere stesse (e tale rimane anche chi si avvalga di soggetti diversi "materialmente" incaricati dei lavori), e tale da consentirgli ogni adeguata difesa, rimanendo del tutto marginale la circostanza che quelle opere non assentite, di cui nelle sentenze di merito il Gentile viene ritenuto perfettamente consapevole, fossero eseguite fisicamente da altri soggetti da lui incaricati. Correttamente, inoltre, i giudici di merito hanno ritenuto l'imputato corresponsabile, con i committenti effettivi, diversi dagli organi della "ltalgas", delle opere eccedenti i lavori di posa del metanodotto, che servirono da mero pretesto per la realizzazione di una nuova strada, ben più larga della pista di scavo, in vista di una futura lottizzazione, non ancora approvata; tanto è stato possibile sulla scorta di risultanze dibattimentali, di cui è stato dato ampio conto, da cui era "emerso che erano stati tali Pizzuti e Trilli, responsabili di un locale consorzio industriale, a dare incarico al Gentile e, per suo tramite i Leoncini, di eseguire il non autorizzato lavoro; e coerentemente al ravvisato concorso tra tali soggetti, il giudice di primo grado ha rimesso copie degli atti al P.M., ai fini delle azioni penali di competenza.
Per il resto, il primo motivo, e totalmente il secondo, si risolvono in mere censure di fatto, avverso accertamenti e valutazioni di merito compiute dalla Corte territoriale e dal Tribunale reatino (la cui richiamata motivazione integra quella di secondo grado), sulla scorta di inconfutabili risultanze processuali, costituite non solo dalle univoche e precise deposizioni in fatto (non di opinioni) dei verbalizzanti agenti del Corpo Forestale, riferenti dell'accertato notevole divario dimensionale (larghezza di mt. 5 della pista realizzata, previo disboscamento per alcuni tratti, anche in prossimità di un corso d'acqua tutelato, laddove lo scavo autorizzato prevedeva uno sbancamento massimo di tre metri di larghezza), ma anche dalla testimonianza del responsabile locale dell'"Italgas" (oltre che dalle dichiarazioni sostanzialmente ammissive degli effettivi committenti), confermativa della rilevata eccedenza e della iniziativa assunta direttamente dal Pizzuti e dal Trilli, in vista della futura lottizzazione prevedente una nuova strada e non il ripristino di una preesistente.
La Corte deve tuttavia rilevare, in accoglimento della subordinata richiesta formulata in udienza dalla difesa, che anche i residui reati ascritti al ricorrente imputato sono estinti per prescrizione. Al riguardo deve considerarsi che l'opera abusiva, come si desume dalle sentenze di merito, all'atto dell'accertamento, avvenuto in data 25/5/99 era già compiuta; pur non risultando con certezza la data di ultimazione dei lavori, il principio del favor rei impone, tenuto conto del lieve margine temporale in considerazione (di pochi giorni) di propendere per la tesi più favorevole all'imputato, e comunque, più plausibile in concreto, della risalenza della consumazione a poco più di a. 4 e m. 6 orsono, tempo sufficiente a comportare, in assenza di sospensioni di sorta rilevanti ex art. 159, la maturazione dei termini di cui agli artt. 157 co. 5 - 160 u.c. C.P..
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché estinti i reati ascritti per prescrizione.
Così deciso in Roma, nella Udienza pubblica, il 18 novembre 2003. Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2004