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Sez. 3, Sentenza n. 16283 del 16/03/2005 Ud. (dep. 29/04/2005 ) Rv. 231521
 Presidente: Zumbo A. Estensore: Squassoni C. Relatore: Squassoni C. Imputato:  Greco. P.M. Izzo G. (Parz. Diff.)
 (Rigetta, App. Palermo, 9 Giugno 2003)
 EDILIZIA - COSTRUZIONE EDILIZIA - Costruzione abusiva - Ordinanza di demolizione  - Inottemperanza - Acquisizione al patrimonio comunale - Condizioni -  Individuazione.
 
 In materia edilizia, a seguito dell'accertamento della inottemperanza alla  ingiunzione sindacale a demolire l'immobile realizzato in violazione delle norme  edilizie, alla scadenza del termine di giorni novanta, si realizza la automatica  acquisizione al patrimonio comunale del manufatto e dell'area di sedime.    (Massima Fonte CED Cassazione)
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REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 
 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
 Dott. ZUMBO Antonio - Presidente - del 16/03/2005
 Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere - SENTENZA
 Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - N. 546
 Dott. FIALE Aldo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
 Dott. MANCINI Franco - Consigliere - N. 36420/2003
 ha pronunciato la seguente:
 
 SENTENZA
 sul ricorso proposto da:
 1) GRECO GIUSEPPA N. IL 11/01/1948;
 avverso SENTENZA del 09/06/2003 CORTE APPELLO di PALERMO;
 visti gli atti, la sentenza ed il procedimento;
 udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dr. SQUASSONI  CLAUDIA;
 udito il P.M. in persona del Dott. IZZO Gioacchino che ha chiesto  l'inammissibilità del ricorso.
 MOTIVI DELLA DECISIONE
 Con sentenza 23.5.2002, il Tribunale di Agrigento ha ritenuto Greco Giuseppa  responsabile dei reati previsti dagli artt. 20 c. 1 lett. b L. 47/1985 - 1, 2,  3, 13, 14 L. 1086/1971 e l'ha condannata alla sanzione di giustizia con  sospensione condizionale della pena subordinata alla demolizione del manufatto  abusivo. La decisione è stata confermata dalla Corte di Appello di Palermo, con  la sentenza in epigrafe precisata, con la quale, tra l'altro, i Giudici hanno  disatteso la prospettazione difensiva circa la illegittimità della condizione  cui era subordinato il beneficio previsto dall'art. 163 cp.
 Questa ultima conclusione è censurata dalla imputata nei motivi a fondamento del  ricorso con i quali fa presente che, nelle deduzioni dell'atto di appello, non  aveva messo in discussione la legittimità del provvedimento; in realtà, aveva  segnalato che la condizione era impossibile a realizzarsi perché non aveva il  possesso del bene acquisto al patrimonio indisponibile del Comune decorsi  novanta giorni dalla ordinanza sindacale di demolizione.
 Il Collegio ritiene che la deduzione non sia meritevole di accoglimento.
 In base ad una lettura sistematica della legge, alla più recente interpretazione  giurisprudenziale ed alla esegesi della normativa formulata dalla Corte  Costituzionale (decisione n. 345/1991), il Collegio ritiene delineare il quadro  della acquisizione automatica del bene al patrimonio comunale come segue.
 L'art. 7 L. 47/1985 (ora art. 31 DPR 380/2001) determina l'effetto ablatorio  ipso jure, in esito al decorso del termine di novanta giorni dalla ingiunzione a  demolire; l'atto amministrativo di accertamento della inottemperanza, necessario  per l'immissione in possesso e la trascrizione nei registri immobiliari, assume  natura dichiarativa nel senso che rileva un effetto che si è già prodotto di  diritto.
 Tuttavia, le caratteristiche delle sequele procedimentali giustificano  l'affermazione che per aversi l'acquisizione al patrimonio comunale occorre sia,  in modo definitivo, accertata l'inottemperanza alla ingiunzione a demolire.
 Infatti, l'automaticità della ablazione comporta l'immediato trasferimento al  patrimonio del Comune sempre che non vi sia un proprietario incolpevole estraneo  all'abuso, che i beni siano individuati in maniera particolareggiata, che non  sia intervenuta una proroga da parte della Pubblica Amministrazione, che non  siano in itinere procedimenti amministrativi, che l'inottemperanza sia  volontaria. Inoltre, va tenuto presente che, a sensi dell'art. 7 c. 5 L. 47/1985  (ora art. 31 c. 5 DPR 380/2001) anche l'opera acquisita al patrimonio comunale,  deve essere demolita salvo che con deliberazione consigliare non si dichiari  l'esistenza di prevalenti interessi pubblici. Ora le scarse notizie che la  imputata fornisce nei motivi di ricorso e la documentazione agli atti (che il  Collegio può compulsare non essendo dedotto un vizio motivazionale) non  permettono di stabilisce se l'acquisizione comunale si sia verificata e, nel  caso positivo, quale sia il destino del bene.
 In tale contesto, il Collegio ritiene che alla imputata si prospettano due  soluzioni.
 Se l'acquisizione al patrimonio pubblico non si è perfezionata oppure il  Consiglio Comunale non ha optato per la conservazione del bene, la condizione  apposta alla sospensione della pena è ancora adempibile; a tale fine, la  imputata dovrà formalmente comunicare al Sindaco la sua intenzione di  ottemperare all'ordine di demolizione al posto degli organi comunali.
 Se, invece, in esito alle determinazioni della Pubblica Amministrazione, la  condizione è diventata impossibile da adempiere, l'imputata dovrà adire il  Giudice dell'esecuzione che, una volta constatata la inadempienza non volontaria  della condannata, potrà ritenere ottemperato l'ordine di demolizione.
 P.Q.M.
 La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese  processuali.
 Così deciso in Roma, il 16 marzo 2005.
 Depositato in Cancelleria il 29 aprile 2005
                    



