Cass. Sez. III n. 40019 del 27 ottobre 2008 (ud. 18 set. 2008)
Pres. De Maio Est. Teresi Ric. Musso ed altri
Urbanistica. Responsabilità del proprietario
Il principio della responsabilità penale comporta che un soggetto può essere ritenuto concorrente nel reato solo se ha dato un contributo causale, a livello ideativo preparatorio o esecutivo, alla commissione del fatto criminoso o anche se ha dato un apporto causale qualificato di ordine psicologico alla commissione del fatto; un contributo che deve tradursi nell\'avere istigato altri a commettere il reato o nell\'avere assicurato un proprio aiuto o sostegno e, quindi, nell\'avere determinato o rafforzato l\'altrui proposito criminoso. Non basta, quindi, per configurare una partecipazione nel reato la mera adesione al progetto criminoso, il semplice consenso o la sola approvazione che non si risolvano in un contributo materiale alla realizzazione del fatto. Pertanto il proprietario, risponde dei reati edilizi non in quanto tale, ma solo se abbia la disponibilità dell\'immobile e abbia dato incarico dei lavori o li abbia eseguiti personalmente, mentre, se l\'incarico sia stato dato da altro proprietario o da altro detentore, non può essere ritenuto responsabile dell\'abuso anche se abbia espresso adesione alla realizzazione dell\'opera. Inoltre, un soggetto, per il mero fatto di essere proprietario dell\'area, non ha dovere di controllo dalla cui violazione derivi responsabilità penale per la costruzione abusiva
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Signori
Dott. Guido DE MAIO Presidente
Dott. Alfredo TERESI Consigliere rel.
Dott. Silvio AMORESANO Consigliere
Dott. Maria Silvia SENSINI Consigliere
Dott. Luigi MARINI Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da
1. Musso Giovanni, nato a Siculiana il 13.11.1945,
2. Musso Gioacchino, nato a Siculiana il 21.07.1956,
3. Musso Leonardo, nato a Siculiana il 17.05.1948,
4. Restivo Rosalia, nata a Siculiana il 6.10.1953,
5. Fiore Carmelina, nata a Siculiana il 4.11.1962,
6. Barrafato Maria, nata a Montreal [Canada] il 22.08.1962,
avverso la sentenza della Corte d\'Appello di Palermo in data 5.04.2007 che ha confermato la condanna alla pena dell\'arresto e dell\'ammenda loro inflitta nel giudizio di primo grado per i reati di cui agli art. 44 lett. b), 71, 64, 65, 93, 94, 95 d.P.R. n. 380/2001;
Visti gli atti, la sentenza denunziata e il ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere dott. Alfredo Teresi;
Sentito il PM nella persona del PG dott. Guglielmo Passacantando, il quale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
Sentito il difensore dei ricorrenti, avv. Alfredo Cordone, che ha chiesto l\'accoglimento del ricorso;
osserva
Con sentenza 5.04.2007 la Corte d\'Appello di Palermo confermava la condanna alla pena dell\'arresto e dell\'ammenda inflitta nel giudizio di primo grado a Musso Giovanni, Musso Gioacchino, Musso Leonardo, Restivo Rosalia, Fiore Carmelina, Barrafato Maria quali responsabili di avere eseguito in zona sismica e senza permesso di costruire l\'ampliamento di un preesistente manufatto consistente in un piano terra di mq. 91,41 e in un primo piano di mq. 110,48 con violazione della normativa sismica e di quella sul conglomerato cementizio armato.
Proponevano ricorso per cassazione gli imputati denunciando violazione degli art. 38 e 39 legge n.47/1985 per avere i giudici di merito illegittimamente valutato la richiesta di condono spettando tale valutazione alla PA.
Inoltre, la normativa di cui alla legge 326/2003 non poteva essere applicata nella Regione siciliana, avente competenza esclusiva in materia edilizia all\'epoca della contestata commissione del fatto.
La Regione aveva recepito la suddetta normativa con legge 5.11.2004 n. 15/2004, sicché questa era applicabile soltanto alle opere edilizie eseguite dopo l\'entrata in vigore della legge regionale.
I ricorrenti denunciavano anche violazione di legge sull\'affermazione di responsabilità per essere stato escluso che il manufatto fosse stato eseguito dopo il 10.12.2002 alla stregua delle inattendibili dichiarazioni del denunciante Pietro Siracusa e di quelle del vigile urbano Fiorica che pure aveva "trovato tutte le opere ultimate pur avendo reperito della sabbia e altri materiali edili".
Le imputate Restivo, Fiore e Barrafato denunciavano, infine, violazione di legge sull\'affermazione della loro responsabilità basata esclusivamente sul rapporto di coniugio con gli altri imputati.
Chiedevano l\'annullamento della sentenza.
In tema di condono edilizio, i controlli demandati all\'autorità giudiziaria, ai fini della declaratoria di estinzione dei reati per intervenuto versamento dell\'integrale oblazione dovuta, riguardano:
- l\'ultimazione dell\'opera entro il 31 marzo 2003;
- le modalità di determinazione dell\'oblazione dovuta (per verificare se si sia operato in modo non veritiero e palesemente doloso) e l\'integrale versamento da parte di un soggetto legittimato;
- l\'accertamento della dolosa infedeltà della domanda in relazione ad altri elementi (la sussistenza di vincoli d\'inedificabilità assoluta o relativa taciuti dall\'istante);
- la verifica della sottoposizione a vincoli della zona o dell\'opera.
Compete, quindi, al giudice penale il potere di accertamento di tutti gli elementi della fattispecie estintiva, fra i quali vi è l\'osservanza del limite temporale e di quello volumetrico costituenti parametri stabiliti dal legislatore per la definizione dell\'ambito di operatività del condono edilizio.
Il controllo sulla loro ricorrenza non costituisce esercizio di una potestà riservata alla P.A., cui competono tutti gli accertamenti relativi alla sanatoria "amministrativa", spettando al giudice penale il potere-dovere di espletare ogni accertamento per stabilire l\'applicabilità della causa di estinzione del reato, sicché, quando risulti che le opere edilizie abusive non siano state ultimate entro il termine stabilito e che vi sia stato un aumento della volumetria superiore del 30% della costruzione originaria, l\'imputato non può beneficiare del condono edilizio.
Inoltre, la verifica della realizzazione dell\'intera fattispecie estintiva non investe gli accertamenti di merito dell\'autorità amministrativa relativi alla sanatoria delle opere abusive.
Nel suddetto ambito, il superamento dei limiti di tempo e di volume, che non sono propri della normativa urbanistica, stabiliti per la definizione agevolata delle violazioni edilizie esclude che il condono possa trovare applicazione anche nell\'ipotesi in cui la P. A. dichiari congrua l\'oblazione e rilasci la concessione in sanatoria.
Pertanto, puntualizzato che la normativa di cui alla legge n. 326/2003, che introduceva una fattispecie estintiva di reati in materia edilizia, era d\'immediata applicazione anche nella Regione siciliana, va rilevato che il giudice ordinario era tenuto ad accertare la sussistenza dei suddetti requisiti e, se ne verificava l\'inesistenza, doveva dichiarare non integrata la fattispecie estintiva, come correttamente è avvenuto nel caso di specie in cui è stato ritenuto, con motivazione congrua ed esente da vizi logici, che la costruzione abusiva [eseguita in zona sismica e in violazione di norme sul conglomerato cementizio armato] alla data del 31.03.2003 non era stata neppure iniziata e che l\'aumento della volumetria del manufatto preesistente era superiore al 30%.
Ne consegue che il motivo sul tempus commissi delicti è inammissibile perché propone una questione di fatto, sulla quale si sono pronunciati con esauriente motivazione i giudici territoriali accertando, alla stregua delle circostanziate dichiarazioni del teste oculare Siracusa, proprietario di un terreno confinante con quello degli imputati, che l\'ampliamento de quo è stato realizzato a partire dal novembre/dicembre 2003 fino alla data del sequestro (marzo 2004).
Pertanto, correttamente sono stati ritenuti non rispettati i requisiti temporale e volumetrico necessari per il conseguimento del condono edilizio.
Anche l\' ultimo motivo non è puntuale.
Il principio della responsabilità penale comporta che un soggetto può essere ritenuto concorrente nel reato solo se ha dato un contributo causale, a livello ideativo preparatorio o esecutivo, alla commissione del fatto criminoso o anche se ha dato un apporto causale qualificato di ordine psicologico alla commissione del fatto; un contributo che deve tradursi nell\'avere istigato altri a commettere il reato o nell\'avere assicurato un proprio aiuto o sostegno e, quindi, nell\'avere determinato o rafforzato l\'altrui proposito criminoso.
Non basta, quindi, per configurare una partecipazione nel reato la mera adesione al progetto criminoso, il semplice consenso o la sola approvazione che non si risolvano in un contributo materiale alla realizzazione del fatto.
Pertanto il proprietario, risponde dei reati edilizi non in quanto tale, ma solo se abbia la disponibilità dell\'immobile e abbia dato incarico dei lavori o li abbia eseguiti personalmente, mentre, se l\'incarico sia stato data da altro proprietario o da altro detentore, non può essere ritenuto responsabile dell\'abuso anche se abbia espresso adesione alla realizzazione dell\'opera.
Inoltre, un soggetto, per il mero fatto di essere proprietario dell\'area, non ha dovere di controllo dalla cui violazione derivi responsabilità penale per la costruzione abusiva [Cassazione Sezione III 24.11.1988 n. 11373].
Alla luce di tali principi correttamente è stato ritenuto che le ricorrenti abbiano concorso nel reato poiché esse, non solo erano comproprietari dell\'immobile, ma hanno anche mantenuto una condotta rivelatrice della loro compromissione della perpetrazione del reato stante che è stato rilevato che esse erano mogli conviventi degli imputati, operanti nel settore edilizio, ed erano interessate a fruire della nuova costruzione, donde la prova della loro effettiva e concreta partecipazione alla realizzazione dell\' opera abusiva.
Ne consegue che il motivo in punto di affermazione di responsabilità, che si fonda sulle stesse argomentazioni proposte in appello e puntualmente confutate dal giudice del gravame, è manifestamente infondato, avendo i giudici di merito affermato con argomentazioni immuni da censure che le imputate erano consapevoli di concorrere nella violazione edilizie, avendo dato chiara adesione al programma di esecuzione dell\'opera abusiva.
La manifesta infondatezza del ricorso, che preclude l\'applicazione di eventuali sopravvenute cause di estinzione del reato [Cassazione SU n. 32/2000, De Luca], comporta l\'onere delle spese del procedimento e del versamento alla cassa delle ammende di una somma che va equitativamente fissata in €. 1.000.
P Q M
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna in solido i ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento e, ciascuno, al versamento della somma di €. 1.000 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma nella pubblica udienza del 18.09.2008.