Cass. Sez. III sent. 36940 del 12 ottobre 2005 (ud.
15 maggio 2005)
Pres. Savignano Est. Fiale Ric. Stiffi ed altri
Urbanistica – Lottizzazione abusiva – Elemento soggettivo del reato
- La consapevolezza dell’abusività della lottizzazione va verificata tenendo conto del disposto dell’articolo 30 comma secondo d.p.r. 3802001 che prescrive, a pena di nullità non sanabile, la destinazione del certificato di destinazione urbanistica a tutti gli atti di trasferimento o di costituzione o scioglimento di diritti reali relativi a terreni. Tale certificato, che si rilascia a domanda dell’interessato, contiene tutte le prescrizioni urbanistiche che riguardano l’area a cui si riferisce; ne consegue che è difficilmente ipotizzabile la negoziazione inconsapevole da parte del venditore dei lotti, mentre l’acquirente potrebbe eventualmente essere tratto in inganno dal venditore solo nel caso in cui questi abbia utilizzato la dichiarazione sostitutiva del certificato di destinazione urbanistica ai sensi dell’articolo 30, comma quarto D.p.r. 3802001.
- Oggetto del dolo possono essere solo gli elementi costituivi del reato e non anche l’offesa, lesione o messa in pericolo dell’interesse protetto. Nella nozione di dolo di cui all’articolo 43 c.p., infatti, l’evento dannoso o pericoloso, che deve essere previsto e voluto dall’agente, va inteso in senso di risultato naturale della condotta. Tenuto conto delle fattispecie incriminatici delineate dall’articolo 30 T.U. edilizia e del fatto che il reato di lottizzazione abusiva è a consumazione alternativa (potendo realizzarsi sia per difetto di autorizzazione sia per contrasto con le prescrizioni di legge o degli strumenti urbanistici) non può quindi escludersi, come peraltro pacificamente ritenuto per l’esecuzione di lavori in assenza o totale difformità dal permesso di costruire, che la lottizzazione, sia materiale che negoziale, possa essere commessa per colpa. Conseguentemente, va ammessa anche la cooperazione colposa nella realizzazione del reato e diviene irrilevante l’eventuale eterogeneità dell’elemento soggettivo accertato in capo ai diversi concorrenti.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati: Udienza pubblica
Dott. SAVIGNANO Giuseppe - Presidente - del 11/05/2005
Dott. DE MAIO Guido - Consigliere - SENTENZA
Dott. GRILLO Carlo - Consigliere - N. 998
Dott. GENTILE Mario - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. FIALE Aldo - rel. Consigliere - N. 358/2005
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) STIFFI Sandro, n. a Nardò l'1.11.1953;
2) BIANCO Francesco, n. a S. Maria al Bagno il 25.10.1939;
3) BISCONTI Francesco, n. a Monteroni il 28.2.1956;
4) BRUNO Elena Donatella, n. a Nardò l'1.4.1963;
5) BUFFO Giuseppe, n. a Nardò il 14 2.1929;
6) CAMPA Marco, n. a Nardò il 10.5.1976;
7) CARAFA Maria Rosaria, n. a Nardò il 14.11.1961;
8) CARRINO Bianca Antonia, n. a Nardò il 26.8.1938;
9) CASCIARO OLGA, n. a Nardò il 31.10.1946;
10) CASTELLUZZO Agata, n. a Nardo il 20.5.1943;
11) COLAZZO Angelo, n. a Nardò il 12.2.1957;
12) CORDELLA Cesario, n. a Nardò il 5.12.1938;
13) DELL'ANNA Angelo, n. a Nardò il 2.7.1945;
14) DELL'ANNA Daniela, n. a Nardò il 10.10.1964;
15) DE GIORGI Anna, n. a Galatone il 19.10.1922;
16) DE MOLA Tommasina, n. a Latiano l'11.11.1934;
17) DIMASTRODONATO Giuseppe, n. a Latiano il 24.4.1962;
18) DIMASTRODONATO Immacolata, n. a Latiano il 26.3.1961;
19) ELLIA Anna Maria, n. a Nardò il 20.9.1960;
20) ELLIA Giuseppe, n. a Lecce il 18.9.1932;
21) FELLINE Altura, n. a Nardò il 3.8.1942;
22) FRASCA Cosimo, n. a Nardò il 3.11.1940;
23) GIURI Rosario, n. a Nardò a 10.12.1938;
24) GRANDE Emma Anna, n. a Nardò il 2.4.1954;
25) GRANDIOSO Salvatore, n. a Copertino il 16.12.1954;
26) IMBRIANI Maria Dolores, n. a Copertino il 23.4.1943;
27) MISCIALI Maria Ines, n. a Noha di Galatina il 13.1.1946;
28) PERGOLA Salvatore, n. a Nardò il 4.6.1956;
29) PERRONE Cosima Damiana, n. a Nardò il 24.11.1944;
30) PRETE Luigi, n. a Copertino il 19.10.1942;
31) RUSSANO Roberto, n. a Nardò l'8.10.1963;
32) SIMMINI (già RIPETTA) Maria Cristina, n. a Carmiano il
19.10.1949;
33) ZOLLINO Maria, n. a Nardò il 25.3.1942;
34) ZOLLINO Vincenzo, n. a Nardò il 16.8.1938;
35) INGUSCI Salvatore, n. a Nardò il 23.11.1944;
avverso la sentenza 15.12.2003 della Corte di Appello di Lecce. Visti
gli atti, la sentenza impugnata ed i ricorsi;
Udita, in pubblica udienza, la relazione fatta dal Consigliere Dr. Aldo
Fiale;
Udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Dr. D'ANGELO
Giovanni, che ha concluso per la declaratoria di
inammissibilità del
ricorso dell'Ingusci e per il rigetto di tutti gli altri ricorsi.
Uditi i difensori avv.ti: Giuseppe Bonsegna, Vincenzo Napolitano e
Marcello Marcuccio.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 15.12.2003 la Corte di Appello di Lecce in parziale
riforma della sentenza emessa dal Tribunale monocratico di quella
città
in data 26.3.2001;
a) dichiarava (tra l'altro) non doversi
procedere nei confronti di Stiffi Sandro, Bianco Francesco, Bisconti
Francesco, Bruno Elena Donatella, Buffo Giuseppe, Campa Marco, Carafa
Maria Rosaria, Carrino Bianca Antonia, Casciaro Olga, Castelluzzo
Agata, Colazzo Angelo, Cordella Cesario, Dell'Anna Angelo, Dell'Anna
Daniela, De Giorgi Anna, De Mola Tommasina, Dimastrodonato Giuseppe,
Dimastrodonato Immacolata, Ellia Anna Maria, Ellia Giuseppe, Felline
Artura, Frasca Cosimo, Giuri Rosario, Grande Emma Anna, Grandioso
Salvatore, Imbriani Maria Dolores, Misciali Maria Ines, Pergola
Salvatore, Perrone Cosima Damiana, Prete Luigi, Russano Roberto,
Simmini (già Ripetta) Maria Costina, Zollino Maria, Zollino
Vincenzo ed
Ingusci Salvatore in ordine al reato di cui:
- all'art. 20, lett.
c), legge n. 47/1985, per avere concorso alla lottizzazione abusiva a
scopo edilizio di un appezzamento di terreno esteso complessivamente
ha. 11.14.89, destinato a zona agricola dal vigente piano regolatore
generale e sottoposto a vincolo paesaggistico, acquistando dai
comproprietari di esso (Dimastrodonato Francesco, deceduto il
28.10.1990, De Mola Tommasina, Dimastrodonato Giuseppe e Dimastrodonato
Immacolata) distinti lotti frazionati, che, per le loro caratteristiche
- quali il numero, le ridotte dimensioni, Fa previsione e la
realizzazione di opere di urbanizzazione e di strade - in rapporto al
prezzo di acquisto dichiarato e all'attività lavorativa
degli
acquirenti, denunziavano in modo non equivoco la destinazione a scopo
edificatorio - acc. in agro di Nardò, località
"Sant'Isidoro", fino al
13.12.1996), perché estinto per prescrizione e confermava la
disposta
confisca "dei terreni e delle opere in essi realizzate";
b) dichiarava altresì non doversi procedere nei confronti di
Colazzo Angelo in ordine al reato di cui:
- all'art. 20, lett. c), legge n. 47/1985 (edificazione abusiva, nel
lotto acquistato, sottoposto a vincolo paesaggistico, di un manufatto
per civile abitazione di mq. 52,50) perché estinto per
prescrizione.
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso i difensori degli imputati
dianzi indicati, i quali - con motivi comuni - hanno eccepito:
-
l'insussistenza della contravvenzione di lottizzazione abusiva, anche
sotto il profilo dell'assenza del dolo richiesto per la
punibilità di
essa.
- l'impossibilità di disporre la confisca dei lotti in
relazione agli atti di acquisto perfezionatisi in epoca antecedente
all'entrata in vigore della legge n. 47/1985, che tale sanzione ha
introdotto (art. 19) per la prima volta nel nostro ordinamento.
De Mola Tommasina, Dimastrodonato Giuseppe e Dimastrodonato Immacolata
(venditori dei lotti) hanno inoltre eccepito:
- che l'attività lottizzatoria era stata posta in essere dal
loro
congiunto, dante causa, Dimastrodonato Francesco e si era
definitivamente esaurita con il decesso di questi, avvenuto il
28.10.1990. Dopo tale data essi aventi causa, quali eredi, si erano
limitati a sottoscrivere dei rogiti che costituivano "solo
formalizzazione delle vendite già avvenute tra le parti",
convinti di
adempiere, in tal modo, ad un obbligo giuridico;
- che evidente era
la loro buona fede - a fronte della disponibilità alle
stipule da parte
del notaio rogante - in quanto il Comune di Nardò, che pure
aveva
rilasciato i certificati di destinazione urbanistica delle particelle
compravendute, "per circa un decennio non si è mosso e tale
sua
condotta stava a significare alle parti che si poteva legittimamente
negoziare".
Ingusci Salvatore ed il suo difensore, con atto del 6.5.2004, hanno
formalmente dichiarato di rinunziare al ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso di Ingusci Salvatore deve essere dichiarato
inammissibile, per intervenuta rinunzia, con conseguente condanna dello
stesso al pagamento delle spese processuali e di euro 300,00 in favore
della Cassa delle ammende.
2. Tutti gli altri ricorsi devono essere rigettati, perché
le doglianze in essi svolte sono infondate.
3. Gli elementi fattuali della vicenda.
Nella specie risulta accertato, in punto di fatto, che:
- L'area interessata dalla lottizzazione, estesa complessivamente ha.
11.14.89, è sita nella località balneare
denominata "Sant'Isidoro"
dell'agro del Comune di Nardò. Essa è censita in
catasto con
destinazione a "pascolo e seminativo roccioso" e, nel piano regolatore
generate, risulta tipizzata come "zona E. 4" (verde agricolo di
salvaguardia) e "zona E. 3" (zona agricola di salvaguardia ambientale e
paesaggistica).
È stata assoggettata, inoltre, a vincolo
paesaggistico con D.M. 4.9.1975 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.
119 del 6.5.1976), - Detta area, nel 1975, fu divisa in due particelle
e, in data 18.1.1981, venne acquistata da Dimastrodonato Francesco, il
quale - nell'aprile del 1982 - fece eseguire sei tipi di frazionamento,
ricavando "94 nuove particelle" dalle due originarie. - Con atto per
notaio Maglietta del 28.4.1982 iniziò la vendita dei lotti
frazionati
che, sebbene svolta per lo più negli anni 1982 e 1983, si
protrasse
sino al 1990 (benché il Dimastrodonato avesse, medio
tempore, subito
alcune condanne dal Pretore di Nardò per il reato di
lottizzazione
abusiva).
- Dimastrodonato Francesco morì il 28.10.1990, lasciando
eredi la moglie De Mola Tommasina ed i figli Giuseppe e Immacolata, i
quali, nel 1992, ripresero l'attività lottizzatoria e la
proseguirono
fino al 13.12.1996, allorquando tutta l'area venne assoggettata a
sequestro (in particolare, dopo un atto di divisione ereditaria del
2.5.1994, l'attività medesima venne proseguita dalla sola
Dimastrodonato Immacolata).
- Sull'area in oggetto, nel corso del
tempo, sono stati effettuati interventi edilizi, strade interne ed
opere di urbanizzazione e la stessa è attualmente servita da
linee
elettriche e telefoniche. - La stragrande maggioranza degli atti di
vendita risulta rogata dal notaio Vincenzo Miglietta e riguarda lotti
dell'estensione media di 400 - 600 mq. (anche se non mancano lotti
più
piccoli di 200 - 300 mq. e lotti più grandi, di circa 1.000
mq.),
mentre nell'area il lotto minimo prescritto dal piano regolatore
è di
10.000 mq. L'estensione dei lotti compravenduti è
oggettivamente
incompatibile con un'effettiva attività agricola,
finalizzata alla
produzione ed al commercio dei prodotti della terra. I prezzi di
acquisto indicati nei rogiti sono risultati largamente inferiori a
quelli effettivamente versati dagli acquirenti e ben superiori al costo
del terreno agricolo.
Gli acquirenti, per la quasi totalità, non
sono agricoltori, trattandosi di carabinieri, agenti di polizia,
impiegati, operai del settore edilizio, casalinghe, pensionati, giovani
in cerca di prima occupazione.
4. La lottizzazione edilizia.
La nozione di "lottizzazione edilizia" assumeva, nell'impianto
originario della legge n. 1150/1942, il significato di "operazione di
frazionamento di un terreno preordinata ad agevolarne l'utilizzazione a
scopo edilizio" ed in proposito la stessa legge urbanistica generale
prevedeva:
- all'art. 13, che i piani particolareggiati di
esecuzione dei piano regolatore generale dovessero determinare "la
suddivisione degli isolati in lotti fabbricabili" secondo la tipologia
indicata nei piani medesimi;
- all'art. 28, che fosse vietato
procedere, prima dell'approvazione del piano particolareggiato, a
lottizzazioni di terreno a scopo edilizio senza la preventiva
autorizzazione comunale correlata ad un apposito "progetto".
Una
più idonea disciplina della materia è stata
introdotta dall'art. 8
della legge-ponte 6.8.1967, n. 765 (che ha modificato l'art. 28 della
legge n. 1150/1942), al fine di garantire. a) che le singole iniziative
private si armonizzino con le scelte più generali della
pianificazione
territoriale, previa autorizzazione da parte dell'amministrazione
comunale;
b) che qualsiasi nuovo insediamento di una certa
dimensione venga autorizzato solo previa partecipazione dei privati
costruttori alla realizzazione delle infrastrutture necessarie ed al
pagamento dei relativi oneri.
Per la realizzazione di tali finalità
- qualora i Comuni non abbiano proceduto alla formazione dei piani
particolareggiati - la legge consente ai privati (che intendano attuare
iniziative rivolte a conferire un diverso assetto ad una porzione del
territorio comunale) di inserirsi nella disciplina urbanistica
presentando appositi piani di lottizzazione, contenenti prescrizioni di
dettaglio sostitutive di quelle omesse dalle Amministrazioni.
La
lottizzazione, però, è stata subordinata al
rilascio, in esito ad una
procedura complessa, di un apposito provvedimento autorizzativo del
Comune, che la legge condiziona:
- sotto il profilo della validità:
all'esistenza di uno strumento urbanistico di carattere generale (piano
regolatore generale o programma di fabbricazione);
- sotto il
profilo della operatività: alla stipulazione di una
convenzione con cui
il privato assume a proprio carico specifici oneri patrimoniali
connessi alla urbanizzazione primaria e secondaria, fornendo congrue
garanzie per l'adempimento. Il Ministero dei lavori pubblici - con la
circolare di applicazione della legge-ponte (n. 3210 del 28-10-1967) -
ha precisato che costituisce lottizzazione edilizia qualsiasi
utilizzazione del suolo che indipendentemente dall'entità
del
frazionamento fondiario e dal numero dei proprietari, preveda la
realizzazione contemporanea o successiva di una pluralità di
edifici; a
scopo residenziale, turistico o industriale, che postulino l'attuazione
di opere di urbanizzazione primaria o secondaria occorrenti per le
necessità dell'insediamento.
Dall'elaborazione giurisprudenziale si evincono le seguenti principali
specificazioni:
a) si ha lottizzazione allorché si tratti di asservire per
la prima
volta un'area non ancora urbanizzata ad un insediamento di carattere
residenziale o produttivo, mediante la costruzione di uno o
più
fabbricati, che obiettivamente esigano, per il loro armonico raccordo
col preesistente aggregato abitativo, la realizzazione o il
potenziamento delle opere e dei servizi necessari a soddisfare taluni
bisogni della collettività (strada, spazi di sosta,
fognature, reti di
distribuzione del gas, dell'acqua, dell'energia elettrica, scuole,
età), vale a dire la realizzazione o il potenziamento dette
opere di
urbanizzazione primaria e secondaria (vedi già C. Stato,
Sez. 5^,
1.2.1985, n. 162).
b) La fattispecie lottizzatoria esula dalle
situazioni di zone completamente urbanizzate, però sussiste
non
soltanto nelle ipotesi estreme di zone assolutamente inedificate, ma
anche in quelle, intermedie, di zone parzialmente urbanizzate, nelle
quali si configuri un'esigenza di raccordo col preesistente aggregato
abitativo e di potenziamento delle opere di urbanizzazione. Anzi, per
escludere la lottizzazione, deve sussistere una situazione di
pressoché
completa e razionale edificazione della zona tale da rendere del tutto
superfluo un piano attuativo (vedi C. Stato, Sez. 5^; 15.2.2001, n.
790; 7.1.1999, n. 2; 25.10.1997, n. 1189). 5. Il reato di lottizzazione
abusiva.
5.1 L'art. 17, lett. b) della legge n. 10/1977 conteneva
una norma meramente sanzionatoria "dell'inosservanza del disposto
dell'art. 28 della legge 17-8-1942, n. 1150 e successive modificazioni"
(considerato da parte della dottrina norma penale in bianco nella sua
funzione descrittiva del fatto punibile), che però non
forniva una
accezione definita del lottizzare, ma configurava varie ipotesi aventi
in comune l'elemento materiale di una durevole trasformazione
urbanistica di una consistente porzione di territorio senza la
contemporanea attuazione dei servizi e delle infrastrutture necessarie
per la razionalità e l'organico inserimento ambientale del
nuovo
insediamento. Ipotesi che si distinguevano fra loro in relazione alla
non-lottizzabilità del terreno, alla mancanza di
autorizzazione alla
lottizzazione, alla non autorizzabilità di essa, ed infine
alla
illegittimità o inefficacia della medesima. 5.2 Le Sezioni
Unite di
questa Corte Suprema (con la sentenza 28-11- 1981, ric. Giulini),
fissarono, in proposito, i seguenti principi fondamentali:
- il
reato di lottizzazione abusiva si estrinseca sia nel compimento di atti
giuridici, come la suddivisione del terreno e l'alienazione dei lotti
fabbricabili, sia nella esplicazione di attività materiali,
come la
costruzione di edifici o la delimitazione dei singoli lotti,
richiedendosi solo che gli anzidetto atti ed attività
risultino
fiunzionalizzati ad un nuovo insediamento urbano e quindi limitino o
condizionino, con ostacoli di fatto o di diritto, la riserva pubblica
di programmazione territoriale;
- per la configurabilità del reato,
di cui all'art. 17, lettera b), ultima ipotesi, della legge n. 10/1977,
la nozione di lottizzazione abusiva a scopo edilizio comprende i casi
di frazionamento di area nonché qualsiasi forma di
frazionamento
urbano, non autorizzato, realizzato attraverso l'utilizzazione edilizia
del territorio, ciò perché si determina in ogni
caso il pregiudizio
delle autonome scelte programmatiche sull'uso del territorio, scelte
riservate dalla legge alla competenza dello Stato e del Comune,
nonché
il condizionamento della pubblica Amministrazione ad eseguire le opere
di urbanizzazione primaria e secondaria.
5.3 L'art. 18, 1^ comma,
della legge 28.2.1985, n. 47 forniva una duplice definizione della
"lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio", ricollegandola:
a) ad un'attività materiale: "quando vengono iniziate opere
che
comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in
violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o
adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza
la prescritta autorizzazione";
b) ad un'attività giuridica; "quando
tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la
vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro
caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del
terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il
numero, l'ubicazione o la eventuale previsione di opere di
urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti,
denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio".
Questo secondo tipo di lottizzazione viene denominato "negoziale" o
"cartolare" e si fonda sulla presenza di elementi indiziaria da cui
risulti, in modo non equivoco, la destinazione a scopo edificatorio del
terreno.
Tali elementi indiziari (descritti con elencazione
normativa non tassativa) non devono essere presenti tutti in concorso
fra di loro, in quanto è sufficiente anche la presenza di
uno solo di
essi, rilevante ed idoneo a fare configurare, con margini di plausibile
veridicità, la volontà di procedere a
lottizzazione (in questo senso è
orientata anche la giurisprudenza amministrativa: vedi, da ultimo, C.
Stato, Sez. 5^, 14.5.2004, n. 3136).
I due tipi di attività
illecite dianzi descritti (lottizzazione materiale e negoziale) possono
essere espletati, ad evidenza, anche congiuntamente (c.d. lottizzazione
abusiva mista), in un intreccio di atti materiali e giuridici comunque
finalizzati a realizzare una trasformazione urbanistica e/o edilizia
dei terreni non autorizzata oppure in violazione della pianificazione
vigente. 5.4 Le disposizioni dell'art. 18 della legge n. 47/1985 sono
state testualmente riprodotte nell'art. 30, 1^ comma, del T.U. n.
380/2001. 5.5 Secondo la giurisprudenza più recente di
questa Corte
Suprema, inoltre, il reato di lottizzazione abusiva può
configurarsi
(vedi Cass., Sez. Unite, 28.11.2001, Salvini ed altri,
nonché Sez. 3^:
1.7.2004, Lamedica ed altri; 29.1.2001, Matarrese ed altri;
30.12.1996, n. 11249, ric. P.M. in proc. Urtis);
- in presenza di un intervento sul territorio tale da comportare una
nuova definizione dell'assetto preesistente in zona non urbanizzata o
non sufficientemente urbanizzata, per cui esiste la
necessità di
attuare le previsioni dello strumento urbanistico generale attraverso
la redazione di un piano esecutivo e la stipula di una convenzione
lottizzatoria adeguata alle caratteristiche dell'intervento di nuova
realizzazione;
- ma anche allorquando detto intervento non potrebbe
in nessun caso essere realizzato poiché, per le sue
connotazioni
oggettive, si pone in contrasto con previsioni di zonizzazione e/o di
localizzazione dello strumento generale di pianificazione che non
possono essere modificate da piani urbanistici attuativi.
5.6 La
fattispecie che ci occupa integra un'ipotesi di lottizzazione abusiva
negoziale. Risulta effettuata la vendita di lotti separati di un
terreno, previo frazionamento dello stesso, e sussistono più
elementi,
non soltanto indiziali, manifestanti un inequivoco scopo edificatorio:
il numero rilevante dei lotti; la ridotta dimensione di essi, incongrua
per lo sfruttamento agricolo; l'ubicazione in zona interessata da una
vasta edificazione residenziale abusiva; le qualità
personali degli
acquirenti, che non risultano dediti all'agricoltura; la realizzazione
di numerose costruzioni sui terreni compravenduti.
Gli imputati
hanno concorso ad attuare, pertanto, "una trasformazione edilizia ed
urbanistica del territorio", predisposta a conferire e che
effettivamente ha conferito ad una porzione di esso un assetto diverso
da quello pianificato, con modalità non consentibili neppure
attraverso
la predisposizione di un piano attuativo (stante la violazione delle
previsioni di zona della pianificazione vigente), sicché
deve ritenersi
inconferente ogni riferimento allo stato di urbanizzazione della zona.
6. In ordine alla responsabilità degli acquirenti, questa
Corte Suprema
ha costantemente affermato la necessità della consapevolezza
dell'abusività della lottizzazione:
- "Gli acquirenti dei lotti di
una lottizzazione, se consapevoli dell'abustvità di essa,
forniscono un
determinante contributo causale alla concreta attuazione del disegno
criminoso del venditore e rispondono del reato di lottizzazione
abusiva" (Cass., Sez. Unite, 24.4.1992, n. 4708, Fogliari, con
argomentazioni ribadite da Cass., Sez. 3^: 30.9.1995, n. 10061,
Barletta e 6.4.1996, n. 3506, Mele). - "In tema di lottizzazione
abusiva con successiva vendita di fondi lottizzati, non può
tenersi
distinta la posizione di chi vende da quella di chi acquista,
perché il
presupposto logico dell'imputazione è che tutti siano
consapevoli
dell'illiceità del loro operato, se diretta alla successiva
costruzione
abusiva; le due posizioni sono separabili solo se risulti provata la
malafede dei venditori, che, traendo in inganno gli acquirenti, li
convincono della legittimità delle operazioni" (Cass., Sez.
3^,
10.7.1990, n. 10162, Oranges).
Quanto alla "consapevolezza", però,
non può mancarsi di rilevare che l'art. 30, 2^ comma, del
T.U. n.
380/2001 (con disposizione già posta dall'art. 18, 2^ comma,
della
legge n. 47/1985) prescrive, a pena di nullità non sanabile,
l'allegazione del certificato di destinazione urbanistica a tutti gli
atti di trasferimento o di costituzione o scioglimento di diritti reati
relativi a terreni. Tale certificato, da rilasciarsi su domanda
dell'interessato, contiene tutte (e prescrizioni urbanistiche che
riguardano l'area cui si riferisce. Solo in caso di mancato rilascio
del certificato nel termine di 30 giorni dalla presentazione della
relativa domanda, esso può essere sostituito da una
dichiarazione
dell'alienante "attestante l'avvenuta presentazione della domanda,
nonché la destinazione urbanistica dei terreni secondo gli
strumenti
urbanistici vigenti o adottati, ovvero l'inesistenza di questi ovvero
la prescrizione, da parte dello strumento urbanistico generale
approvato, di strumenti attuativi" (art. 30, 4^ comma, del T.U. n.
380/2001).
A fronte di tali previsioni normative è estremamente
difficile ravvisare, per il venditore, una negoziazione inconsapevole.
L'acquirente, invece, nel caso in cui si faccia ricorso alla
dichiarazione sostitutiva del certificato di destinazione urbanistica
(che non risulta ricorrere nella fattispecie in esame), può
essere
eventualmente tratto in inganno dal venditore, qualora quegli, con
attestazioni non veritiere, lo convinca della legittimità
dell'acquisto.
I giudici del merito, nella vicenda che ci occupa, hanno correttamente
motivato circa la consapevolezza dell'abusività della
lottizzazione,
specificando come:
- il Dimastrodonato Francesco, nel corso della
reiterata attività di vendita da lui posta in essere, avesse
addirittura subito più condanne per lottizzazione abusiva;
- i suoi eredi fossero a conoscenza di tutto questo;
- gli acquirenti avessero ben percepito - in una situazione di palese
predisposizione di una zona agricola all'edificazione, ove questa non
era consentita e non esistevano opere di urbanizzazione - che, in
conseguenza dei frazionamenti, le minime quote di terreno acquistate
avevano ormai perduto ogni caratteristica agricola. Sintomatica
è
l'espressa previsione, negli atti di trasferimento dei lotti, di una
clausola in base al quale ciascun acquirente si impegnava a "lasciare
una fascia di tre metri di terreno per la futura viabilità",
al fine
della realizzazione delle strade interne all'area.
In una
condizione siffatta diviene irrilevante accertare se il singolo
acquirente abbia poi proceduto ad effettiva edificazione. 7. L'elemento
soggettivo della contravvenzione di lottizzazione abusiva.
Le
Sezioni Unite di questa Corte Suprema - con sentenza del 3.2.1990, ric.
Cancilleri - hanno affermato che il reato di lottizzazione abusiva si
configura come una contravvenzione di natura esclusivamente dolosa,
"per la cui sussistenza è necessario che l'evento sia
previsto e voluto
dal reo, quale conseguenza della propria condotta cosciente e
volontaria diretta a limitare e condizionare, con ostacoli di fatto o
di diritto, la riserva pubblica di programmazione territoriale".
Tale interpretazione, però, anche qualora là si
volesse ritenere
limitata alle sole ipotesi di lottizzazione negoziale, deve essere
riconsiderata alla stregua di quanto enunciato dalle stesse Sezioni
Unite con la sentenza 28.11.2001, Sarvini ed altri.
Ritiene, in
proposito, questo Collegio - non condividendo le contrarie
argomentazione svolte da autorevole dottrina - che oggetto del dolo
possono essere solo gli elementi costitutivi del reato e non anche
l'offesa (lesione o messa in pericolo) dell'interesse protetto (vedi,
per le relative argomentazioni, Cass.: Sez. 3^, 29.10.1983, n. 9048;
Modenese e Sez. 1^: 12.4.1980, n. 4779, Reischert; 8.11.1978, n. 13537,
Capriati).
Nella nozione di dolo, delineata nell'art. 43 cod. pen.,
infatti, "l'evento dannoso o pericoloso", che deve essere previsto
(momento conoscitivo) e voluto (momento volitivo) dall'agente, va
inteso nel senso di risultato naturale della condotta.
Quanto alle fattispecie incriminatrici attualmente delineate dall'art.
30 del TU. n. 380/2001;
- lo scopo della tutela è duplice ed è rivolto ad
impedire: a) sia che
venga compromessa la potestà, attribuita ai Comuni, di
effettuare
razionali ed armoniche scelte urbanistiche mediante gli specifici
strumenti di pianificazione previsti dalla legge, b) sia che un
processo di urbanizzazione incontrollata comporti la nascita di
agglomerati edilizi privi delle infrastrutture primarie e secondarie
necessarie per la loro integrazione urbanistica, con conseguente
imposizione agli stessi Comuni di ingenti spese per dotazioni
infrastrutturali; - nei reati di lottizzazione (che sono caratterizzati
da una articolazione particolarmente ampia di possibili
modalità
esecutive ma si configurano già come reati di pericolo) il
legislatore
ha anticipato il momento di rilevanza penale del fenomeno, per evitare
che lo stesso possa incidere in modo irrimediabile sull'assetto del
territorio; non occorre, però, che la volontà
dell'agente sia protesa a
vanificare le anzidette finalità di tutela, essendo
sufficiente che
egli compia attività rivolte alla trasformazione di terreni,
con inizio
di opere edilizie o di urbanizzazione, ma anche soltanto con atti
giuridici indirizzati a realizzare l'edificazione, in violazione delle
prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o
comunque stabilite da leggi statali o regionali.
Il reato si
connette sempre e soltanto all'inosservanza dette "prescrizioni"
urbanistiche anzidette, sicché il proprietario di un terreno
non può
predisporne l'alienazione in una situazione produttrice di alterazione
o immutazione circa la programmata destinazione della zona in cui esso
è situato ed il soggetto che acquista un fondo per edificare
deve
essere cauto e diligente nell'acquisire conoscenza delle previsioni
urbanistiche e pianificatone di zona riferite all'area in cui vuole
costruire. Nè fa previsione dello scopo edificatorio, che
qualifica il
"frazionamento" quale elemento oggettivo del reato di lottizzazione
negoziale - pur implicando senz'altro il concorso di un elemento
volontario ed intenzionale del soggetto agente - può
considerarsi
idonea a sostenere la natura esclusivamente dolosa dell'illecito
contravvenzionale. Anche chi costruisce senza titolo abilitativo
persegue un fine edificatorio, ma non per questo si è mai
ritenuto che,
per la relativa contravvenzione, il dolo si ponga quale requisito
necessario della fattispecie.
Il compratore che omette di acquisire
ogni prudente informazione circa la legittimità
dell'acquisto si pone
colposamente in una situazione di inconsapevolezza che fornisce,
comunque, un determinante contributo causate all'attività
illecita del
venditore. Dopo che le Sezioni Unite poi, con la sentenza Salvini del
2001, hanno riconosciuto (in perfetta aderenza, del resto, al testuale
dettato normativo) che il reato di lottizzazione abusiva è a
consumazione alternativa, potendo realizzarsi sia per il difetto di
autorizzazione sia per il contrasto con le prescrizioni della legge o
degli strumenti urbanistici, risulta ad evidenza contraddittorio
escludere (alla stessa stregua di quanto pacificamente ritenuto per la
contravvenzione di esecuzione di lavori in assenza o in totale
difformità dalla concessione edilizia) che la
contravvenzione medesima,
sia negoziale che materiale, possa essere commessa per colpa (vedi,
nello stesso senso, Cass., Sez. 3^; 1.7.2004, Lamedica ed altri).
Deve concludersi, pertanto, nel senso che non è ravvisabile
alcuna
eccezione al principio generale stabilito per le contravvenzioni
dall'art. 42, 4^ comma, cod. pen., restando ovviamente esclusi i casi
di errore scusabile sulle norme integratici del precetto penate e
quelli in cui possa trovare applicatone dell'art 5 cod. pen. secondo
l'interpretazione fornita dalla pronuncia n. 364/1988 della Corte
Costituzionale.
Conseguentemente va ammessa anche la cooperazione
colposa nella realizzazione del reato e diviene irrilevante l'eventuale
eterogeneità dell'elemento soggettivo accertato in capo ai
diversi
concorrenti.
Nella specie, comunque, i giudici del merito hanno
congruamente evidenziato; gli elementi volontari ed intenzionali dei
soggetti agenti e la finalità edificatoria dei loro acquisti
(essendo
irrilevante la circostanza che poi taluni degli acquirenti non abbiano
svolto attività costruttiva); il comportamento concausale
volontario
dell'unico notaio che stipulò la quasi totalità
degli atti di
compravendita; la consapevolezza, da parte degli acquirenti medesimi,
della contraria volontà programmatoria espressa dallo
strumento
urbanistico.
Per quanto riguarda, in particolare, le posizioni dei
venditori dei lotti, eredi di Dimastrodonato Francesco, è
stato
accertato che essi non si limitarono a sottoscrivere dei rogiti
relativi a porzioni di terreno già costituenti oggetto di
precedenti
atti preliminari, stipulati dall'avente causa, ma condussero ulteriori
trattative di vendita e sottoscrissero ulteriori atti traslativi. Va
ricordato, in proposito, che - se è vero che un contratto
preliminare
di compravendita, concluso anteriormente all'entrata in vigore della
legge n. 47/1985 ed avente ad oggetto un'operazione edilizia integrante
una lottizzazione abusiva, non può essere dichiarato nuDo
per illiceità
della causa e per contrarietà a norme imperative, posto che
l'art. 31
della legge n. 1150/1942 (come modificato dalla legge n. 765/1967),
vigente alla data della sua conclusione, ne sanciva unicamente
l'annullabilità azionatele dal solo acquirente - non
può porsi però in
dubbio che, in riferimento ad esso, non è tuttavia
esperibile, dopo
l'entrata in vigore della legge n. 47/1985, l'esecuzione coattiva
prevista dall'art. 2932 cod. civ., stante la sopravvenuta
ineseguibilità dello stesso per l'inidoneità a
produrre effetti alla
luce della normativa vigente (vedi Cass. civ., Sez. 2^, 5.1.1998, n.
44).
Nè tutta la vicenda può essere ricondotta
all'esclusiva
malafede del notaio rogante e, ad evidenza, anche a fronte di
più
pronunce di condanna dell'autorità giudiziaria, il mancato
intervento
repressivo dell'amministrazione comunale è inidoneo a
configurare
alcuna incolpevole presunzione di legittimità.
8. La confisca dei
terreni abusivamente lottizzati. Legittimamente è stata
disposta, a
norma dell'art. 19 della legge n. 47/1985 (riprodotto dall'art. 44, 2^
comma del T.U. n. 380/2001), la confisca "dei terreni abusivamente
lottizzati".
Trattasi - secondo la giurisprudenza prevalente e
largamente maggioritaria di questa Corte Suprema - di sanzione
amministrativa che deve essere obbligatoriamente applicata dal giudice
penale che accerti la sussistenza di una lottizzazione abusiva,
indipendentemente da una pronuncia di condanna, eccettuata
esclusivamente l'ipotesi di assoluzione perché il fatto non
sussiste
(vedi Cass., Sez. 3^; 30.9.1995, n. 10061, ric. Barletta ed altri;
20.12.1995, n. 12471, ric. P.G. in proc. Besana ed altri; 12.12.1997,
n. 11436, ric. Sapuppo ed altri; 23.12.1997, n. 3900, ric. Farano ed
altri; 11.1.1999, n. 216, ric. Iorio Gnisci Ascoltato ed altri;
6.5.1999, n. 777, ric. Iacoangeli; 8.11.2000, n. 3740, ric. Petrachi ed
altri; 4.12.2000, n. 12999, ric. Lanza).
Devono escludersi solo i terzi estranei inconsapevoli, cioè
coloro che
dimostrano di non avere alcuna responsabilità e neppure
colpa al
riguardo, secondo i dettami espressi dalla Corte Costituzionale con la
sentenza n, 345 dei 1991 (relativa all'eseguibilità della
sanzione
dell'acquisizione gratuita ed automatica del manufatto abusivo,
dell'area di sedime e del terreno urbanisticamente pertinenziale, ex
art. 7 della legge n. 47/1985, nei confronti del proprietario, per
edificazione da altri effettuata). Eccepiscono i ricorrenti che la
sanzione in oggetto, introdotta dall'art. 19 della legge n. 47/1985,
non potrebbe applicarsi in relazione a condotte tenute anteriormente
all'entrata in vigore della stessa legge.
Al riguardo deve però
osservarsi che, nella specie, la confisca ha riguardato
un'attività
lottizzatoria protrattasi fino al 13.12.1996. La contravvenzione di
lottizzazione abusiva, infatti, è "reato progressivo
nell'evento", ed
in proposito le Sezioni Unite hanno rilevato che: "sussiste il reato di
lottizzazione abusiva anche quando l'attività posta in
essere sia
successiva agli atti di frazionamento o ad opere già
eseguite, perché
tali attività iniziali, pur integrando la configurazione del
reato, non
definiscono l'"iter" criminoso che si perpetua negli interventi che
incidono sull'assetto urbanistico. Infatti, tenuto conto che il reato
in questione è, per un verso, un reato a carattere
permanente e
progressivo e per altro verso a condotta libera, si deve considerare in
primo luogo che non vi è alcuna coincidenza tra il momento
in cui la
condotta assume rilevanza penale e o momento di cessazione del reato,
in quanto anche la condotta successiva alla commissione del reato da
luogo ad una situazione antigiuridica di pari efficacia criminosa; in
secondo luogo che se il reato di lottizzazione abusiva si realizza
anche mediante atti negoziali diretti al frazionamento della
proprietà,
con previsioni pattizie rivelataci dell'attentato al potere
programmatorio dell'autorità comunale, ciò non
significa che l'azione
criminosa si esaurisca in questo tipo di condotta perché
l'esecuzione
di opere di urbanizzazione primaria e secondaria ulteriormente
compromettono le scelte di destinazione e di uso del territorio
riservate alla competenza pubblica" (Cass., Sez. Unite, 24 aprile 1992,
Fogliani).
Nella specie risulta che, dopo l'entrata in vigore della
legge n. 47/1985, sono stati stipulati atti di vendita e sono state
realizzate opere di urbanizzazione e, nell'ipotesi di concorso nel
reato di lottizzazione abusiva negoziale, il momento di cessazione
della permanenza deve farsi coincidere "per tutti gli acquirenti, che
hanno accettato il rischio derivante dalla violazione della
volontà
programmatoria espressa dallo strumento urbanistico, o con il sequestro
o con l'ultimazione dell'operazione lottizzatrice ovvero con la
desistenza volontaria da provare in maniera rigorosa" (vedi Cass., sez.
3^, 8 novembre 2000, Petrachi).
9. Al rigetto dei ricorsi segue la
condanna solidale dei relativi ricorrenti al pagamento delle spese del
procedimento. P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
visti gli artt. 607, 615 e 616 c.p.p. dichiara inammissibile il ricorso
di Ingusci Salvatore.
Rigetta gli altri ricorsi.
Condanna tutti i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese
processuali e l'Ingusci altresì al versamento della somma di
euro
300,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 11 maggio 2005.
Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2005