Consiglio di Stato, Sez. V, n. 5249, del 23 ottobre 2014
Sviluppo sostenibile.Disciplina regionale per costruzione ed esercizio degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili

Ai sensi dell'art. 12, comma 3, del D.L.vo 387 del 2003 la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili sono assoggettati al rilascio di un’autorizzazione unica che cumula in sé tutti i vari titoli abilitativi in precedenza richiesti dalla legge per la realizzazione di impianti del genere e costituisce, ove occorra, variante agli strumenti urbanistici. Tale regime di specialità rende ex se inapplicabile i termini previsti dalla disciplina ordinaria contenuta nell’art. 15 del T.U. 380 del 2001 nonché dalla disciplina sull’attività edilizia parimenti ordinaria contenuta nella legislazione regionale. Le Regioni, tuttavia, ben possono integrare la disciplina speciale di settore in tema di energia da fonti rinnovabili coordinandola con quella propria dell’attività edilizia con norme speciali emanate nell’esercizio congiunto della propria potestà legislativa e amministrativa concorrente sia in tema di energia, sia in tema di urbanistica e di edilizia, ai sensi dell’attuale testo dell’art. 117 Cost. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 05249/2014REG.PROV.COLL.

N. 05126/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5126 del 2013, proposto da: 
Nova Wind Sud S.r.l., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Carlo Comandè, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Antonio Stoppani, 1;

contro

Regione Puglia, in persona del suo Presidente pro tempore, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall’avv. Maria Liberti e dall’avv. Leonilde Francesconi, entrambi dell’Avvocatura Regionale, con domicilio eletto in Roma presso lo studio dell’Avv. Maria Liberti, via Boezio, 92; Ministero dello sviluppo economico, Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e Ministero per i beni e le attività culturali, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, nonché Conferenza unificata di cui all’art. 8 del D.L.vo 28 agosto 1997 n. 281 in persona del suo legale rappresentantepro tempore, costituitisi in giudizio, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12; Presidente della Regione Puglia Presidente; Giunta Regionale della Puglia; Regione Puglia - Area politiche per lo sviluppo economico, lavoro e innovazione;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
Sezione Energia di Confindustria Foggia-Associazione degli Industriali della Provincia di Foggia, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Antonio Mescia e dall’avv. Giuseppe Mescia, con domicilio eletto in Roma presso lo studio dell’avv. Franco Gaetano Scoca, via Giovanni Paisiello, 55;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Roma, Sez. I-ter, n. 2748 dd. 18 marzo 2013, resa tra le parti e concernente approvazione disciplina del procedimento unico di autorizzazione alla realizzazione e all’esercizio di impianti di produzione di energia elettrica



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Puglia, nonché del Ministero dello sviluppo economico, del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministero per i beni e le attività culturali, nonché della Conferenza unificata di cui all’art. 8 del D.L.vo 28 agosto 1997 n. 281;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 gennaio 2014 il Cons. Fulvio Rocco e uditi per l’appellante Nova Wind Sud S.r.l. l’avv. Carlo Comandè, per la Regione Puglia l’avv. Leonilde Francesconi e l’avv. Maria Liberti, nonché per la Sezione Energia di Confindustria Foggia-Associazione degli Industriali della Provincia di Foggia l’avv.Giuseppe Mescia;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1.1. Con ricorso inizialmente proposto sub R.G. 647 del 2011 innanzi al T.A.R. per la Puglia, Sede di Bari, la Nova Wind S.r.l ha chiesto l’annullamento:

1) del punto 7 della deliberazione della Giunta Regionale della Puglia n. 3029 dd. 30 dicembre 2010, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Puglian. 14 dd. 26 gennaio 2011, recante “Approvazione della Disciplina del procedimento unico di autorizzazione alla realizzazione ed all’esercizio di impianti di produzione di energia elettrica” nella parte in cui prevede che la nuova disciplina introdotta dalla deliberazione medesima sia applicabile ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della stessa qualora riferiti a progetti non completi della soluzione di connessione di cui al punto 2.2., lett. m), dello stesso provvedimento e per i quali non siano intervenuti i pareri ambientali prescritti e, per l’effetto, dispone l’integrazione delle relative istanze con la documentazione prevista al punto 2 della medesima delibera entro l’1 aprile 2011;

2) ove occorra, e per quanto di ragione, dei punti 18.5 e 18.6 del D.M. 10 settembre 2010, recante “Linee guida nazionali in materia di autorizzazione alla realizzazione e all’esercizio di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili”, nella parte in cui prevedono l’applicazione delle nuove disposizioni introdotte con il medesimo decreto ai procedimenti in corso qualora riferiti a progetti che non abbiano ottenuto la soluzione di connessione e che non abbiano conseguito i prescritti pareri ambientali;

3) in ogni caso, dell’anzidetta deliberazione della Giunta Regionale della Puglia n. 3029 dd. 30 dicembre 2010, relativamente ai seguenti punti: 2.2 lett. c) sub IV; g); j); k); m); n); r); u); v); 2.4); 3.3) e 3.4); 3.11 lett. b), c), d); 3.9), 3.13), 3.14) e 3.15) nella parte in cui non prevedono che tutti i termini relativi al sub procedimento di verifica dell’assoggettabilità e/o rilascio della Valutazione d’impatto ambientale (VIA) devono essere resi compatibili e ricondotti entro l’unitario ed inderogabile termine di conclusione del procedimento di cui all’art. 12, comma 4, del D.L.vo 29 dicembre 2003 n. 387, nella parte in cui prevede che il termine di 180 giorni per la conclusione del procedimento di autorizzazione unica è computato tenendo conto delle eventuali sospensioni di cui ai punti 3.13), 3.14); 3.15); 3.19) nella parte in cui prevede che il termine per la conclusione del procedimento tiene conto dei tempi previsti dalle pertinenti norme di settore per l’adozione dell’atto in via sostitutiva; 4.2) sub 1 e 2; 4.3); 4.4); 4.9); 4.10); 4.12);

4) ove occorra e per quanto di ragione, dei seguenti punti del D.M. 10 settembre 2010, ove ritenuti applicabili nel territorio della Regione Puglia a seguito dell’annullamento delle surrichiamate disposizioni della deliberazione giuntale n. 3029 del 2010: 13.1 lett. c); 13.1 lett. d); 13.1 lett. f); 13.1 lett. l); 13.3); 14.2); 14.3); 14.4); 14.9 lett. b), c) e d); 14.11) e 14.13) nella parte in cui non prevedono che tutti i termini relativi al sub procedimento di verifica dell’assoggettabilità e/o rilascio della VIA devono essere resi compatibili e ricondotti entro l’unitario ed inderogabile termine di conclusione del procedimento di cui all’art. 12, comma 4, del D.L.vo 387 del 2003; 14.16) nella parte in cui prevede che il termine di 180 giorni per la conclusione del procedimento di autorizzazione unica è computato tenendo conto delle eventuali sospensioni di cui ai punti 14.11), 14.13) e 14.17); 14.17) nella parte in cui prevede che il termine per la conclusione del procedimento tiene conto dei tempi previsti dalle pertinenti norme di settore per l’adozione dell’atto in via sostitutiva;

5) ove occorra e per quanto di ragione, del verbale della seduta della Conferenza unificata di cui all’art. 8 del D.L.vo 28 agosto 1997 n. 281, con il quale si sono approvate le linee guida nazionali successivamente emanate con D.M. 10 settembre 2010, limitatamente ai punti sopra richiamati e che formano oggetto di impugnazione con riferimento al suddetto decreto;

6) nonché di ogni altro atto connesso, presupposto o consequenziale.

Si sono costituiti innanzi all’adito T.A.R. la Regione Puglia, il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero per i beni e le attività culturali, nonché la Conferenza unificata di cui all’art. 8 del D.L.vo 28 agosto 1997 n. 281, eccependo sotto più profili l’inammissibilità del ricorso ma concludendo comunque per la sua reiezione.

Con ordinanza n. 406 dd. 5 maggio 2011 la Sez. I dell’adito T.A.R., “ritenuta la propria giurisdizione e competenza” ha respinto la domanda di sospensione cautelare degli atti impugnati avanzata da Nova Wind Sud, “considerato che l’esame del ricorso per quanto diretto innanzi tutto a contestare le linee-guida regionali rientra nella competenza di questo Tribunale; considerato che, anche a prescindere allo stato dalla disamina delle eccezioni sollevate dalle Amministrazioni resistenti, non si rinvengono comunque nella fattispecie i presupposti per la sospensione dell’efficacia dell’atto impugnato, ai sensi dell’articolo 55, primo e nono comma, del D.L.vo 2 luglio 2010 n. 104, visto che l’atto impugnato in sé non determina alcun arresto procedimentale, ma impone solo un’integrazione documentale; visto l’articolo 57 del D.L.vo 2 luglio 2010 n. 104 e considerato che la complessità delle questioni giustifica la compensazione delle spese della presente fase cautelare”.

Tale pronuncia cautelare è stata riformata dalla Sez. V del Consiglio di Stato con ordinanza n. 3732 del 31 agosto 2011, “ritenuto che la vertenza proponga questioni che necessitano l’approfondimento tipico della fase di merito” e “che tuttavia appare rilevante il danno lamentato dall’appellante”, con integrale compensazione delle spese tra le parti per tale ulteriore fase cautelare del giudizio.

Peraltro, con susseguente ordinanza collegiale n. 892 dd. 4 maggio 2012 la stessa Sez. I dell’adito T.A.R. ha ritenuto che a’ sensi dell’art. 13, primo comma, cod. proc. amm., era competente a conoscere della controversia il T.A.R. per il Lazio, sede di Roma, “considerato che la società ricorrente impugna, tra l’altro, molteplici disposizioni contenute nel decreto del Ministero dello Sviluppo Economico 10 settembre 2010, che spiega effetti su tutto il territorio nazionale; considerato che, secondo un principio ripetutamente affermato dalla giurisprudenza, agli effetti dello spostamento della competenza territoriale dal Tribunale periferico a quello del Lazio con sede in Roma è sufficiente che il ricorrente abbia manifestato la volontà di impugnare un atto dell’Autorità centrale con efficacia non territorialmente limitata, restando del tutto ininfluente la minore importanza che detta impugnazione assume nell’economia generale del ricorso, e cioè che si tratti di impugnazione a titolo tuzioristico ovvero in via subordinata, atteso che si tratta di questione che, rientrando nella competenza del giudice di merito, non può essere neppure sommariamente delibata in sede di regolamento di competenza (cfr., per tutte, Cons. Stato, A.P., 14 novembre 2011 n. 19)”.

La causa, pertanto, è stata riassunta da Nova Wind Sud innanzi al T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, sub R.G. 4162 del 2012, venendo ivi assegnata alla Sezione I-ter.

1.2. Nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado Nova Wind Sud ha esposto di essere titolare di alcuni progetti di impianti eolici da realizzarsi in Puglia, e ciò a seguito di subentro alla API Nuova Energia s.r.l., avvenuto a seguito di conferimento di ramo d’azienda del 10 gennaio 2011 e di avere comunque in programma di presentare per l’approvazione ulteriori progetti di altri impianti dello stesso tipo.

Per quanto qui segnatamente interessa, gli impianti per i quali il progetto è stato presentato sono i seguenti: impianto “Casalnuovo Monterotaro”, da realizzare nel Comune di Casalnuovo Monterotaro (Fg), in località San Lorenzo e Ferritto, di potenza pari a 45 Mw, ivi comprese le opere di connessione alla rete di trasmissione elettrica nazionale (RTN) da ubicare nello stesso Comune di Casalnovo Monterotaro, nonché nei Comuni di Casalvecchio di Puglia e di Torremaggiore (Fg); impianto “San Severo”,da realizzare nel Comune di San Severo (Fg) in località Maremma, Masseria i Palombi, Poderi n. 208 e Poderi n. 212, di potenza pari a 66Mw, ivi comprese le opere di connessione alla RTN da ubicare nello stesso Comune di San Severo, nonché nel Comune di Lucera (Fg); impianto “Lucera”, da realizzare nel Comune di Lucera (Fg) in località Montaratro, di potenza pari a 144 Mw, ivi comprese le opere di connessione alla RTN da ubicare nello stesso Comune di Lucera, nonché nel Comune di Troia (Fg).

Nova Wind Sud ha conseguito la soluzione tecnica minima generale (STMG) per la connessione alla RTN per tutti tali impianti, ma non la valutazione di impatto ambientale (VIA).

Nova Wind Sud ha quindi rilevato che nelle more della definizione dei procedimenti di autorizzazione degli impianti per i quali i progetti erano già stati presentati, con il punto 7 della deliberazione della Giunta Regionale della Puglia n. 3029 dd. 30 dicembre 2010, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Puglia n. 14 dd. 26 gennaio 2011 e recante “Approvazione della Disciplina del procedimento unico di autorizzazione alla realizzazione ed all’esercizio di impianti di produzione di energia elettrica” è stato stabilito che la deliberazione medesima doveva trovare applicazione anche per i procedimenti in corso alla data della sua entrata in vigore (1 gennaio 2011), “qualora riferiti ai progetti non completi della soluzione di connessione e per i quali non siano intervenuti i pareri ambientali prescritti”.

Nova Wind Sud ha riferito – altresì - che la medesima delibera impone, per tali procedimenti, l’integrazione dell’istanza con la documentazione di cui al suo punto 2 entro il 1° aprile 2011, “a pena di improcedibilità” e introduce disposizioni comportanti un aggravio del procedimento.

La stessa ricorrente ha anche precisato che nell’ipotesi di riconoscimento dell’illegittimità degli anzidetti punti della deliberazione giuntale n. 3029 del 2010 doveva comunque essere valutata l’illegittimità del D.M. 10 settembre 2010, ove ritenuto applicabile in via alternativa e a sua volta asseritamente recante previsioni da essa reputate parimenti illegittime e pregiudizievoli per il proprio interesse.

Nova Wind ha pertanto dedotto nel primo grado di giudizio i seguenti ordini di censure.

I) Illegittimità del punto 7 della deliberazione giuntale n. 3029 del 2010 nella parte in cui prevede che disposizioni da essa introdotte si applichino ai procedimenti in corso per i quali non siano intervenuti i prescritti pareri ambientali e richiede l’integrazione delle relative domande con la documentazione di cui al punto 2 della deliberazione medesima. In particolare, inapplicabilità delle disposizioni contenute nella deliberazione giuntale n. 3029 del 2010 ai progetti di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili già presentati dalla Società. Illegittimità dei punti 18.5 e 18.6 del D.M. 10 settembre 2010 approvato dalla Conferenza unificata di cui all’art. 8 del D.L.vo 28 agosto 1997 n. 281 nella seduta dell’8 luglio 2010 nella parte in cui prevedono che la nuova disciplina trovi applicazione ai procedimenti in corso per i quali non siano intervenuti i prescritti pareri ambientali e richiedono l’integrazione delle relative domande con la documentazione prevista dalla nuova disciplina introdotta dall’anzidetto D.M. In particolare, inapplicabilità delle disposizioni contenute nel D.M. anzidetto ai progetti di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili già presentati dalla Società.

II) Illegittimità del punto 2.2. della deliberazione giuntale n. 3029 del 2010, lett. c), sub IV, g), j), k), m), n), r), u) e v) e dei punti 3.3. e 3.4. nella parte in cui prevedono che la presentazione della documentazione richiesta dalle predette disposizioni è considerata contenuto minimo della domanda ai fini della sua procedibilità e dell’ordine di esame delle istanze presentate. Illegittimità del punto 13.1, lett. c), d) e l) del D.M. 10 settembre 2010 approvato dalla Conferenza unificata di cui all’art. 8 del D.L.vo 28 agosto 1997 n. 281 nella seduta dell’8 luglio 2010 e dei punti 14.2 e 14.3 nella parte in cui prevedono che la presentazione della documentazione richiesta dalle predette disposizioni è considerata contenuto minimo della domanda ai fini della sua procedibilità e dell’ordine di esame delle istanze presentate.

A) Illegittimità della lett. c) sub IV del punto 2.2. della deliberazione giuntale n. 3029 del 2010 per violazione e falsa applicazione dell’art. 12 del D.L.vo 29 dicembre 2003 n. 387. Violazione e falsa applicazione degli artt. 47 e 38 del D.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445. Eccesso di potere sotto il profilo dell’illogicità manifesta e irragionevolezza.

B) Illegittimità della disposizione di cui al punto 2.2., lett. g) e dei punti 3.3. e 3.4 della deliberazione giuntale n. 3029 del 2010 per violazione e falsa applicazione dell’art. 12 del D.L.vo 387 del 2003. Eccesso di potere sotto il profilo dell’illogicità manifesta ed irragionevolezza.

C) Illegittimità delle lettere j) e k) del punto 2.2. della deliberazione giuntale n. 3029 del 2010 in combinato disposto con i punti 3.3. e 3.4. della deliberazione medesima nella parte in cui richiedono il deposito della documentazione attestante la disponibilità dell’area di impianto o propedeutica alla dichiarazione di pubblica utilità dell’opera e apposizione del vincolo preordinato all’esproprio quale condizione di procedibilità dell’istanza di autorizzazione per : violazione e falsa applicazione dell’art. 12 del D.L.vo 387 del 2003; eccesso di potere per contraddittorietà e illogicità manifesta delle lett. c) e d) del punto 13.1 del D.M. 10 settembre 2010 in combinato disposto con i punti 14.2 e 14.3 del medesimo D.M., nella parte in cui prescrivono il deposito della documentazione attestante la disponibilità dell’area di impianto o propedeutica alla dichiarazione di pubblica utilità dell’opera e apposizione del vincolo preordinato all’esproprio quale condizione di procedibilità dell’istanza di autorizzazione e falsa applicazione dell’art. 12 del D.L.vo 387 del 2003, nonché per eccesso di potere per contraddittorietà e illogicità manifesta.

D) Illegittimità della lett. m) del punto 2.2. della deliberazione giuntale n. 3029 del 2010 in combinato disposto con i punti 3.3. e 3.4. della deliberazione medesima nella parte in cui richiedono tra i documenti da presentare a corredo della domanda di autorizzazione unica e quale condizione di procedibilità di quest’ultima il preventivo per la connessione redatto dal Gestore della Rete di trasmissione nazionale (GRTN) con allegati gli elaborati tecnici predisposti o validati dal Gestore di rete competente per violazione e falsa applicazione dell’art. 12 del D.L.vo 387 del 2003.

E) Illegittimità della lett. n) del punto 2.2. della deliberazione giuntale n. 3029 del 2010 in combinato disposto con i punti 3.3. e 3.4. della medesima deliberazione per violazione dell’art. 12 del D.L.vo 387 del 2003.

F) Illegittimità della lettera r) del punto 2.2. della deliberazione giuntale n. 3029 del 2010 per eccesso di potere, per irragionevolezza e illogicità manifesta. Violazione e falsa applicazione dell’art. 12 del D.L.vo 387 del 2003. Illegittimità in via autonoma e derivata del punto 4.9., lett. c) della deliberazione giuntale n. 3029 del 2010 nella parte in cui dispone la presentazione della fideiussione di cui al punto 2.2., lett. r).

III) Illegittimità del punto 2.2., lett. u), della deliberazione giuntale n. 3029 del 2010 in combinato disposto con i punti 3.3. e 3.4. della deliberazione medesima, nonché dei punti 2.4. e 3.11., lett. b), c) e d) della stessa deliberazione per: violazione e falsa applicazione dell’art. 12 del D.L.vo 387 del 2003 e degli artt. 146 e 152 del D.L.vo 22 gennaio 2004 n. 42. Illegittimità del punto 13.1, lett. l) della deliberazione giuntale n. 3029 del 2010 in combinato disposto con i punti 14.2. e 14.3. della deliberazione medesima, nonché dei punti 13.3. e 14.9., lett. b), c) e d) del D.M. 10 settembre 2010 per violazione e falsa applicazione dell’art. 12 del D.L.vo 387 del 2003, nonché per violazione e falsa applicazione dell’art. 12 del D.L.vo 387 del 2003 e degli artt. 146 e 152 del D.L.vo 42 del 2004.

IV) Illegittimità dei punti 3.9., 3.13., 3.14., 3.15., 3.18 e 3.19 della deliberazione giuntale n. 3029 del 2010 nella parte in cui dispongono che il termine di conclusione del procedimento di rilascio dell’autorizzazione unica debba essere computato tenendo conto dei termini previsti dal D.L.vo 3 aprile 2006 n. 152 e dalle norme di fonte regionale per lo svolgimento della procedura di verifica di assoggettabilità e/o di valutazione di impatto ambientale (VIA), nonché dalle norme di settore per l’esercizio dei poteri sostitutivi per violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 4, del D.L.vo 387 del 2003. Illegittimità dei punti 14.11, 14.13, 14.16 e 14.17 del D.M. 10 settembre 2010 nella parte in cui dispongono che il termine di conclusione del procedimento di rilascio dell’autorizzazione unica debba essere computato tenendo conto dei termini previsti dal D.L.vo 3 aprile 2006 n. 152 e dalle norme di fonte regionale per lo svolgimento della procedura di verifica di assoggettabilità e/o di valutazione di impatto ambientale (VIA), nonché dalle norme di settore per l’esercizio dei poteri sostitutivi per violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 4, del D.L.vo 387 del 2003.

V) Illegittimità del punto 4.2. della deliberazione giuntale n. 3029 del 2010 in combinato disposto con i punti 4.4., 2.2. lett. v) e 3.3. della deliberazione medesima per violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 6, del D.L.vo 387 del 2003 e dell’art. 1, comma 4, lett. f), della L. 23 agosto 2004 n. 239. Eccesso di potere per irragionevolezza e illogicità manifesta.

VI) Illegittimità del punto 4.2., nn. 1) e 2) della deliberazione giuntale n. 3029 del 2010 per violazione e falsa applicazione degli artt. 43 e 48 del Trattato istitutivo dell’Unione Europea. Violazione e falsa applicazione dell’art. 41 Cost.. Violazione e falsa applicazione dell’art. 12 del D.L.vo 387 del 2003. Eccesso di potere sotto il profilo della contraddittorietà e irragionevolezza.

VII) Illegittimità del punto 4.3. della deliberazione giuntale n. 3029 del 2010 per eccesso di potere per irragionevolezza e illogicità manifesta. Violazione dell’art. 23 Cost., violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 6, del D.L.vo 387 del 2003. Violazione e falsa applicazione della L. 239 del 2004.

VIII) Illegittimità dei punti 4.9, 4.10 e 4.12 della deliberazione giuntale n. 3029 del 2010 per eccesso di potere per irragionevolezza e illogicità manifesta. Violazione dell’art. 12 del D.L.vo 387 del 2003. Violazione del T.U. approvato con D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380.

1.3. Innanzi al nuovo giudice adito si è costituita la sola Regione Puglia, rinnovando le proprie eccezioni di inammissibilità del ricorso e concludendo comunque per la sua reiezione.

1.4. Con ordinanza n. 2290 del 2 luglio 2012 la Sezione I-ter dell’adito T.A.R. ha parzialmente accolto la domanda cautelare degli atti impugnati avanzata da Nova Wind Sud S.r.l., “considerato che, soprassedendo al momento sulle eccezioni di inammissibilità formulate dalla Regione Puglia, il periculum in mora prescritto dalla legge appare – ad un sommario esame - riscontrabile inrelazione alla disciplina transitoria riportata nelle previsioni dei provvedimenti impugnati indicate ai primi due alinea dell’epigrafe; visto, ancora, quanto riportato nell’ordinanza del Consiglio di Stato n. 3732 del 2011; ritenuto che sussistano le ragioni richieste dalla legge per l’accoglimento della sospensiva, nei limiti sopra indicati; ritenuto, peraltro, che – tenuto conto della complessità della questione – sussistano giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese della presente fase cautelare”.

1.5. Con sentenza n. 2748 dd. 18 marzo 2013 la medesima Sez. I-ter del T.A.R. per il Lazio, dopo aver respinto le eccezioni di inammissibilità dedotte dalla Regione Puglia, ha accolto il ricorso limitatamente ai punti 4.2. e 4.3.della deliberazione giuntale n. 3029 del 2010, rispettivamente nella parte contemplante l’obbligo del proponente di impegnarsi, tra l’altro, a “1. favorire l’imprenditoria del sistema produttivo locale” e nella parte in cui sono fissati in un “importo pari a 10,00 € per ogni kw di potenza elettrica nominale installata” gli oneri per monitoraggio e per l’accertamento della regolare esecuzione delle opere.

Il T.A.R. ha integralmente compensato tra le parti le spese di tale primo grado di giudizio, “tenuto conto della complessità e della sostanziale novità della materia, oltre che della reciproca soccombenza”.

2.1. Con l’appello in epigrafe Nova Wind Sud chiede ora la riforma di tale sentenza limitatamente ai capi nei quali essa è rimasta soccombente.

L’appellante, dopo aver premesso di essere attualmente controllata al 100% del proprio capitale dalla API Nuova energia S.r.l., deduce al riguardo i seguenti ordini di censure.

1) Erroneità del capo 2.1. della sentenza impugnata nella parte in cui si ritiene infondato il primo motivo di ricorso proposto in primo grado.

2) Erroneità del capo 2.4. della sentenza impugnata nella parte in cui si ritengono infondate le censure proposte in primo grado avverso la lett. n) del punto 2.2. della deliberazione giuntale n. 3029 del 2010 in combinato disposto con i punti 3.3. e 3.4. della deliberazione medesima per violazione dell’art. 12 del D.L.vo 387 del 2003 e dell’art. 5 del D.L.vo 3 marzo 2011 n. 28 ed erroneità del capo 2.7 della sentenza impugnata nella parte in cui si ritiene infondato il quarto motivo di ricorso proposto in primo grado.

3) Erroneità del capo 2.2. della sentenza impugnata nella parte in cui non è stato accolto il secondo motivo, lett. C) del ricorso proposto in primo grado.

4) Erroneità del capo 2.3. della sentenza impugnata nella parte in cui non è stato accolto il secondo motivo, lett. D), del ricorso proposto in primo grado.

5) Erroneità del capo 2.5. della sentenza impugnata nella parte in cui non è stato accolto il secondo motivo, lett. F), del ricorso proposto in primo grado.

6) Erroneità del capo 2.6. della sentenza impugnata nella parte in cui non è stato accolto il terzo motivo del ricorso proposto in primo grado.

7) Erroneità del capo 2.8. della sentenza impugnata nella parte in cui non è stato accolto il quinto motivo del ricorso proposto in primo grado.

8) Erroneità del capo 2.10. della sentenza impugnata nella parte in cui non è stato accolto l’ottavo motivo del ricorso proposto in primo grado.

9) Erroneità del capo 2.2. della sentenza impugnata nella parte in cui sono state respinte sia le censure proposte in primo grado avverso il punto 2.2. della deliberazione giuntale n. 3029 del 2010, lett. c) sub IV, g), m), n), r) e V, nonché dei punti 3.3. e 3.4. della deliberazione medesima, sia le censure proposte in primo grado avverso il punto 13.1, lett. c), d), l) e i punti 14.2. e 14.3 del D.M. 10 settembre 2010 laddove si dispone che la presentazione della documentazione richiesta dalle anzidette disposizioni è considerata contenuto minimo dell’istanza ai fini della sua procedibilità e dell’ordine di esame delle domande presentate.

2.2. Nel presente grado di giudizio ha dispiegato intervento ad adiuvandum la Sezione Energia di Confindustria Foggia – Associazione degli Industriali della Provincia di Foggia, concludendo per l’accoglimento dell’appello.

2.3. Nel presente grado di giudizio si sono pure costituiti il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministero per i beni e le attività culturali, nonché la Conferenza unificata di cui all’art. 8 del D.L.vo 28 agosto 1997 n. 281, concludendo per la reiezione dell’appello.

2.4. Si è – altresì – costituita la Regione Puglia, replicando puntualmente alle censure avversarie e concludendo per la reiezione dell’appello.

3. Alla pubblica udienza del 16 gennaio 2014 la causa è stata trattenuta per la decisione.

4.1. Tutto ciò premesso, l’appello in epigrafe va respinto.

4.2. Il Collegio innanzitutto condivide la ricostruzione sistematica della disciplina della materia operata dal giudice di primo grado.

L’art. 12, comma 10, del D.L.vo 29 dicembre 2003 n. 387 dispone - coerentemente alla natura c.d. “concorrente” che l’attuale testo dell’art. 117 Cost. riconosce alla materia della “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia” - che per lo svolgimento del procedimento di cui al comma 3 - ossia, per il procedimento diretto al rilascio della c.d. “autorizzazione unica” prescritta per “la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento,rifacimento totale o parziale e riattivazione …. nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti stessi” – in sede di Conferenza unificata di cui all’art. 8 del D.L.vo 28 agosto 1997 n. 281 e su proposta del Ministro delle attività produttive di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, nonché del Ministro per i beni e le attività culturali, si approvano “linee guida … volte, in particolare ad assicurare un corretto inserimento degli impianti, con specifico riguardo agli impianti eolici, nel paesaggio. In attuazione di tali linee guida, le regioni possono procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti. Le Regioni adeguano le rispettive discipline entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore delle linee guida. In caso di mancato adeguamento entro il predetto termine, si applicano le linee guida nazionali”.

Con D.M. 10 settembre 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 18 settembre 2010, n. 219 sono state pertanto approvate le “Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili”.

Nelle premesse di tale decreto si legge - tra l’altro - che “la presenza di un livello accurato di programmazione da parte delle regioni rappresenta la premessa necessaria ma non sufficiente, atteso il valore di riferimento delle presenti linee guida anche in base alla sentenza della Corte Costituzionale 29 maggio 2009 n. 166” e che, pertanto, “la definizione di linee guida nazionali per lo svolgimento del procedimento unico fornisce elementi importanti per l’azione amministrativa propria delle regioni ovvero per l’azione di coordinamento e vigilanza nei confronti di enti eventualmente delegati” .

Con deliberazione n. 3029 dd. 30 dicembre 2010 la Giunta Regionale della Puglia ha approvato la disciplina del procedimento unico di autorizzazione alla realizzazione ed all’esercizio di impianti di produzione di energia elettrica.

L’adozione di tale deliberazione è avvenuta pertanto in applicazione dell’anzidetto art. 12, comma 10, del D.L.vo 387 del 2003 ed è esplicitamente finalizzata all’adeguamento della “disciplina del procedimento unico di autorizzazione, già adottata con la Deliberazione della Giunta Regionale n. 35 del 23 gennaio 2007, al fine di conformare il procedimento regionale a quanto previsto dalle Linee Guida Nazionali”.

Da tutto quanto sopra si trae pertanto la conclusione che le cd.dd. “linee guida nazionali” di cui al D.M. 10 settembre 2010 assumono carattere sussidiario rispetto alla disciplina di fonte regionale, posto che l’applicazione di quella di fonte statuale risulta subordinata, per espresso dictumlegislativo, al mancato adeguamento da parte delle Regioni allo ius novum entro il termine di novanta giorni dalla sua emanazione; e che l’unica disciplina passibile di trovare applicazione nell’ambito della Regione, nell’evenienza di pronta attivazione di quest’ultima, è - per l’appunto - quella regionale, con la conseguenza che esclusivamente a quest’ultima va riconosciuta efficacia ed operatività nel relativo ambito territoriale.

Nella specie, la Regione Puglia si è prontamente attivata per provvedere all’adeguamento della propria disciplina, adottando la deliberazione giuntale n. 3029 in data 30 dicembre 2010 entro il termine di novanta giorni dalla data di entrata in vigore del D.M. 10 settembre 2010: data, quest’ultima, identificata con il 3 ottobre 2010, tenuto conto della previsione di cui all’art. 1 dello stesso decreto ministeriale.

Va anche evidenziato che la previsione, nel contesto dell’anzidetto art. 12, comma 10, del D.L.vo 387 del 2003, di discipline di fonte regionale determina non già una semplice e del tutto vincolata riproposizione in essa delle prescrizioni contenute nella fonte statuale, ma un “adeguamento” ad esse imposto nei confronti dell’ordinamento vigente nella Regione.

Se così non fosse, non sarebbe rispettato il principio di razionalità dell’ordinamento nel suo complesso, posto che risulterebbe del tutto ultronea la stessa previsione contemplante l’emanazione nella materia di cui trattasi di specifiche discipline regionali.

La circostanza che la disciplina regionale pedissequamente riproduca, anche per un considerevole numero di casi, la disciplina di fonte statuale risultaex se ininfluente per addivenire ad una diversa conclusione, posto che è la disciplina regionale contenuta nella deliberazione giuntale n. 3029 del 2010 che trova applicazione in relazione al territorio della Regione Puglia, ancorché in parte formulata mediante rinvii di tipo recettizio alla disciplina di fonte statuale.

Resta, pertanto, assodato che rispetto alla disciplina regionale, le linee guida nazionali si pongono come un mero parametro di riferimento, idoneo a trovare diretta applicazione esclusivamente in caso di inerzia delle Regioni.

In sintesi, come puntualmente affermato dal giudice di primo grado, mediante la previsione dell’art. 12, comma 10, del D.L.vo 387 del 2003 il legislatore ha inteso prefigurare una disciplina organica nella quale l’intervenuta approvazione di linee guida nazionali determina l’obbligo per le Regioni di provvedere all’adeguamento delle proprie discipline, ove già in essere e che, in ogni caso, l’avvenuto adeguamento - e, dunque, nel caso di specie l’adozione della deliberazione n. 3029 del 2010 - trova il proprio diretto presupposto nella fonte legislativa identificata nello stesso art. 12, comma 10, del D.L.vo 387 del 2003 e non già nel D.M. 10 settembre 2010;

4.3. Orbene, per quanto attiene al primo motivo d’appello, Nova Wind Sud ha dedotto l’erroneità del capo 2.1. della sentenza impugnata, recante la reiezione della censura dedotta in primo grado avverso il punto 7 della deliberazione giuntale n. 3029 del 2010 e delle corrispondenti disposizioni contenute nei punti 18.5 e 18.6 del D.M. 10 settembre 2010.

Si tratta della disciplina transitoria che nella stessa deliberazione giuntale n. 3029 del 2010 (e in termini del tutto omologhi nello stesso D.M. 10 settembre 2010) dispone nel senso che le disposizioni della nuova disciplina “si applicano ai procedimenti in corso al momento della sua entrata in vigore, ai sensi dell’articolo 12, comma 10, del D. L.vo 29 dicembre 2003 n. 387” , nonché nel senso che “i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del presente provvedimento sono conclusi ai sensi della previgente normativa (DGR n. 35 del 23 gennaio 2007) qualora riferiti a progetti completi della soluzione di connessione di cui al punto 2.2, lettera m), e per i quali siano intervenuti i pareri ambientali prescritti”.

Come dianzi rilevato al § 1.2. della presente sentenza, i progetti di Nova Wind Sud sono – per l’appunto – assistiti dalla soluzione di connessione ma non dai pareri ambientali.

Sul punto è sufficiente il richiamo all’univoca giurisprudenza secondo la quale la P.A. è tenuta ad applicare la normativa in vigore al momento dell’adozione del provvedimento definitivo, ancorché sopravvenuta, e non già quella in vigore al momento dell’avvio del procedimento, salvo che espresse disposizioni normative stabiliscano diversamente (cfr. al riguardo, ex plurimis, Cons. Stato, Sez. IV, 4 settembre 2012 n. 4669).

Detto altrimenti, la corretta applicazione del principio tempus regit actum comporta che la P.A. deve considerare anche le modifiche normative intervenute durante il procedimento, non potendo considerare l’assetto normativo cristallizzato in via definitiva alla data dell’atto che vi ha dato avvio, con la conseguenza che la legittimità del provvedimento adottato al termine di un procedimento avviato ad istanza di parte deve essere valutata con riferimento alla disciplina vigente al tempo in cui è stato adottato il provvedimento finale, e non al tempo della presentazione della domanda da parte del privato (così, ad es., Cons. Stato, Sez. V, 10 gennaio 2012 n. 34), dovendo – per l’appunto - ogni atto del procedimento amministrativo essere regolato dalla legge del tempo in cui è emanato in dipendenza della circostanza che lo ius superveniens reca sempre una diversa valutazione degli interessi pubblici (cfr., ad es., Cons. Stato, Sez. V, 31 gennaio 2007 n. 382).

Da tutto ciò discende l’insussistenza, per le fattispecie omologhe a quella qui considerata, della violazione del principio di irretroattività della legge (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. IV, 22 gennaio 2013 n. 359).

Del resto, con la propria sentenza n. 3577 dd. 4 luglio 2013 questa stessa Sezione ha già avuto modo di esprimersi nello stesso senso con riguardo alla disciplina contenuta nell’art. 5 del Regolamento della Regione Puglia n. 24 dd. 30 dicembre 2010, recante la disciplina attuativa del D.M. 10 settembre 2010.

Va anche soggiunto che, in effetti, il punto 7.3 della deliberazione della Giunta Regionale n. 3029 del 2010 dispone nel senso che “per i procedimenti in corso al 1’ gennaio 2011 e per i quali ai sensi del punto 7.1 si applicano le disposizioni di cui al presente provvedimento, il proponente, a pena di improcedibilità, integra l’istanza con la documentazione prevista al punto 2, entro il 1° aprile 2011, salvo richiesta di proroga per un massimo di ulteriori trenta giorni per comprovate necessità tecniche. Nel caso in cui le integrazioni riguardino opere soggette a valutazioni di impatto ambientale sono fatte salve le procedure e le tempistiche individuate nella parte seconda del D.L.vo 3 aprile 2006, n. 152 o dalle pertinenti norme regionali di attuazione”.

Nondimeno, pur a fronte della formale legittimità di tale previsione, dalla lettura della pag. 35 della sentenza impugnata consta che l’Amministrazione regionale, sulla scorta di apposita relazione del Dirigente dell’Ufficio Energia dd. 25 settembre 2011 apprestata per l’Avvocatura Regionale, mai ha applicato nei riguardi dei presentatori dei progetti il termine perentorio dell’1 aprile 2011 testè riferito, né ha interpretato come perentorio il termine di 30 giorni accordato come proroga.

4.4. Con il secondo motivo d’appello Nova Wind Sud ha dedotto l’erroneità del capo 2.4. della sentenza impugnata laddove sono state respinte le censure di illegittimità della lett. n) del punto 2.2. della deliberazione giuntale n. 3029 del 2010.

L’argomento è stato diffusamente trattato a pag. 47 e ss. della sentenza impugnata con puntuali notazioni che si sono fatte carico di affrontare anche gli effetti conseguenti all’entrata in vigore dello ius novum contenuto nell’art. 5, comma 2, del D.L.vo 3 marzo 2011 n. 28.

Il punto 2.2., lett. n), della deliberazione giuntale n. 3029 del 2010 fa obbligo di corredare la domanda di rilascio dell’autorizzazione unica con “la dimostrazione, tramite ricevuta, dell’avvenuto deposito o trasmissione della documentazione richiesta per l’espletamento della procedura di verifica di assoggettabilità a valutazione d’impatto ambientale (ove prescritta), ai sensi della vigente normativa in materia di tutela ambientale; ovvero, nel caso in cui il proponente opti di presentare direttamente istanza di Valutazione d’Impatto Ambientale, la suddetta ricevuta si intende riferita a alla procedura di VIA”.

Secondo la prospettazione di Nova Wind Sud, il sub-procedimento di rilascio della VIA dovrebbe avvenire mediante la convocazione, da parte dell’Amministrazione regionale, dell’Autorità preposta alla tutela dell’ambiente in sede di conferenza di servizi, con conseguente difformità della disciplina testè riferita rispetto a quanto disposto dall’art. 12 del D.L.vo 29 dicembre 2003 n. 387.

Tale tesi dell’appellante non può essere condivisa, in quanto l’art. 5, comma 2, del D.L.vo 3 marzo 2011 n. 28, recante attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 71 dd. 28 marzo 2011 ed entrato pertanto in vigore a’ sensi del suo art. 47 il giorno susseguente alla sua pubblicazione, ha sostituito il previgente ultimo periodo del comma 4 dell’art. 12 del D.L.vo 387 del 2003 con la seguente disciplina: “Fatto salvo il previo espletamento, qualora prevista, della verifica di assoggettabilità sul progetto preliminare, di cui all’articolo 20 del D.L.vo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, il termine massimo per la conclusione del procedimento unico non può essere superiore a novanta giorni, al netto dei tempi previsti dall’articolo 26 del D.L.vo 3 aprile 2006 n. 152, e successive modificazioni, per il provvedimento di valutazione di impatto ambientale”.

La Giunta Regionale della Puglia, pertanto, non poteva prescindere dal surriportato ius novum, e ha pertanto conformato al suo contenuto il provvedimento da essa emanato.

Il richiamo allo ius novum ora riferito vale anche per il capo 2.7. della sentenza impugnata, laddove sono state parimenti respinte le omologhe censure dedotte da Nuova Wind Sud avverso i punti 3.13., 3.14 e 3.15 della medesima deliberazione giuntale n. 3029 del 2010 nonché avverso le corrispondenti disposizioni contenute nei punti 14.11, 14.13 e 14.16 del D.M. 10 settembre 2010 nella parte in cui riconducono il computo del termine di conclusione del procedimento ai termini contemplati dal D.L.vo 3 aprile 2006 n. 152 e dalle norme regionali per lo svolgimento della procedura di verifica dell’assoggettabilità e/o di VIA.

A ragione, infatti, il giudice di primo grado ha evidenziato che le prospettazioni formulate al riguardo da Nuova Wind Sud sono di fatto superate proprio in dipendenza dell’entrata in vigore dell’art. 5, comma 2 del D.L.vo 28 del 2011, avendo con ciò il legislatore introdotto una distinzione tra il procedimento di verifica di assoggettabilità e il procedimento di rilascio dell’autorizzazione unica: circostanza, questa, comprovata dall’avvenuta riduzione per quest’ultimo del termine massimo per la sua conclusione da 180 giorni a 90 giorni depurati dai tempi necessari per la VIA.

4.5. Con il terzo motivo d’appello Nova Wind Sud ha contestato il capo 2.2. della sentenza impugnata nella parte in cui sono state respinte le censure proposte avverso le disposizioni di cui alle lettere j) e j) del punto 2 della deliberazione giuntale n. 3029 del 2010 e delle corrispondenti disposizioni contenute nei punti nn. 13.1, lett c) e d), del D.M. 10 settembre 2010.

Va ricordato che Nuova Wind Sud ha censurato la disciplina contenuta al punto 2.2., lett. j) e k) della deliberazione giuntale anzidetta, nonché nei punti nn. 13.1, lett c) e d), del D.M. 10 settembre 2010 in combinato disposto con i punti 14.2. e 14.3 del decreto medesimo nella parte in cui si richiede, a pena di improcedibilità, che le domande di rilascio dell’autorizzazione unica siano corredate dalla documentazione attestante la disponibilità dell’area d’impianto ovvero dalla richiesta di dichiarazione di pubblica utilità dell’opera.

Giova evidenziare che l’anzidetta lettera j) dispone che deve essere prodotta “nel caso di impianti alimentati a biomassa e di impianti fotovoltaici, la documentazione da cui risulti la disponibilità dell’area su cui realizzare l’impianto, corredata dalla documentazione riportante l’estensione, i confini ed i dati catastali delle aree interessate ed il piano particellare; tale documentazione è aggiornata a cura del proponente nel caso il progetto subisca modifiche durante la fase istruttoria”.

A sua volta l’anzidetta lettera k) dispone che “per gli impianti diversi da quelli di cui al punto precedente è allegata la documentazione da cui risulti la disponibilità, nel senso precisato al medesimo punto, dell’area interessata dalla realizzazione dell’impianto e delle opere connesse ovvero, nel caso in cui sia necessaria la procedura di esproprio, la richiesta di dichiarazione di pubblica utilità dei lavori e delle opere e di apposizione del vincolo preordinato all’esproprio corredata dalla documentazione riportante l’estensione, i confini ed i dati catastali delle aree interessate ed il piano particellare; tale documentazione è aggiornata a cura del proponente nel caso in cui il progetto subisca modifiche durante la fase istruttoria”.

Il punto 3.3. della stessa deliberazione giuntale dispone, quindi, che tale documentazione “è considerata contenuto minimo dell’istanza ai fini della sua procedibilità”.

Secondo la tesi dell’appellante la documentazione surriferita dovrebbe essere per contro prodotta “nel corso del procedimento” e non già all’atto della presentazione della domanda, posto che, diversamente argomentando, risulterebbe violato l’art. 12 del D.L.vo 387 del 2003 laddove si limita soltanto alla “realizzazione di impianti alimentati a biomassa e per impianti fotovoltaici” l’onere del proponente di dimostrare – per l’appunto – “nel corso del procedimento e comunque prima dell’autorizzazione la disponibilità del suolo su cui realizzare l’impianto”.

A tale riguardo va evidenziato innanzitutto che la fonte normativa regionale impugnata costituisce puntuale riproduzione della fonte normativa statuale parimenti impugnata sul punto.

La disciplina qui segnatamente contestata si configura all’evidenza di semplificazione e di accelerazione procedimentale, stante anche l’obbligo sancito dall’art. 27, comma 42, della L. 23 luglio 1999 n. 99 – introduttivo del comma 4-bis dell’art. 12 del D.L.vo 387 del 2003 – di disporre, prima del rilascio dell’autorizzazione, dell’area necessaria in caso di realizzazione di impianti alimentati a biomassa e per gli impianti fotovoltaici.

A ragione il giudice di primo grado ha evidenziato che la realizzazione di impianti del genere di quelli assoggettati alla disciplina contenuta nel D.L.vo 387del 2003 e successive modifiche è preordinata a coinvolgere una pluralità di interessi, riguardanti differenti settori di attività e in ordine ai quali è imprescindibile pervenire ad un contemperamento in dipendenza delle fondamentali necessità di tutela dei beni sottesi o, comunque, delle posizioni dei differenti soggetti che sono coinvolti; e che, proprio al fine di giungere a tale contemperamento, l’Amministrazione deve effettuare scelte ampiamente discrezionali, ma comunque contraddistinte dalla ragionevolezza, dall’ efficacia e dall’economicità contemplate dai principi fondamentali dell’ordinamento contenuti nella L. 7 agosto 1990 n. 241 e successive modifiche.

Ciò posto, altrettanto fondatamente il T.A.R. ha rilevato che le scelte nella specie effettuate dalla Giunta Regionale – e, in primis, dall’Amministrazione statale mediante il D.M. 10 settembre 2010 - risultano aderenti a tali principi, in quanto volte essenzialmente a garantire – oltre che la serietà delle istanze prodotte – la sicura, effettiva esecuzione degli impianti mediante la predisposizione o, comunque, l’attestazione di una serie di circostanze atte ad escludere la sussistenza di fattori che – in un futuro – potrebbero rivelarsi ostativi.

Per quanto segnatamente attiene alla disponibilità del suolo “su cui realizzare l’impianto” contemplata dalle surriportate lettere j) e k), non è contestata la richiesta di per sé di tale disponibilità, bensì il momento nel quale il proponente deve comprovare il possesso di tale requisito.

Il giudice di primo grado denota in proposito che l’art. 12, comma 4 bis, del D.L.vo 387 del 2003 letteralmente dispone nel senso che se ne debba dare dimostrazione “nel corso del procedimento, e comunque prima dell’autorizzazione” e che in ragione di ciò “la deliberazione n. 3029 del 2010 potrebbe apparire in contrasto con il dettato della legge”, soggiungendo peraltro “che in sede regolamentare si doveva comunque procedere ad una chiara definizione del momento in cui dare prova della disponibilità dell’area (rimasto – in un certo qual modo - incerto a livello legislativo)”, e che “la circostanza che tale momento sia stato individuato nella fase di presentazione della domanda non appare irragionevole - in quanto atta a fornire fin da subito all’Amministrazione una documentazione comunque prescritta – ed, anzi, appare coerente con i principi fissati in giurisprudenza secondo cui la conferenza dei servizi – la cui convocazione, nel caso di specie, risulta prevista nel termine di soli“trenta giorni dal ricevimento dell’istanza” (punto 3.7 della delibera G.R.) - deve avvenire sulla scorta di una documentazione quanto più esaustiva e completapossibile” (così, ad es., Cons. Stato, Sez. V, 2 febbraio 2012 nn. 533 e 535, nonché 7 febbraio 2012 n. 652; cfr. pag. 43 e ss. della sentenza impugnata).

Il T.A.R. ha – altresì – rilevato che a’ sensi del punto 3.3. della deliberazione giuntale n. 3029 del 2010 la mancata dimostrazione della disponibilità dell’area non opera come motivo di “inammissibilità” della domanda, ma di mera “procedibilità” della stessa, soggiungendo che tale constatazione non appare irrilevante ed, anzi, si rivela sufficiente per superare le contestazioni di Nuova Wind Sud proprio in quanto in tal modo implicitamente si ammette, in via oltremodo garantista, la possibilità di integrazione postuma della documentazione prodotta, “atta a rivitalizzare la procedibilità dell’istanza (così come chiaramente previsto dal punto 3.5 della delibera), nel rispetto dell’interesse perseguito dal proponente” (cfr. ibidem, pag. 44).

Il giudice di primo grado ha concluso, quindi, nel senso che le scelte effettuate dall’Amministrazione mediante le disposizioni di cui alle predette lettere j) e k) risultano ragionevoli anche perché non comportano un aggravio del procedimento ma sono del tutto coerenti con quella stessa celerità che per scelta del legislatore nazionale connota il procedimento di autorizzazione unica: celerità che induce i soggetti coinvolti, sia pubblici che privati, alla massima collaborazione da rendere in rispondenza alle informazioni di cui ciascuno è in condizione di disporre.

Questo Collegio, a sua volta, non può che condividere l’insieme di tali argomenti e respingere, pertanto, il motivo d’appello anzidetto.

4.6. Con il quarto motivo d’appello Nova Wind Sud ha contestato il capo 2.3. della sentenza impugnata nella parte in cui sono state respinte le censure proposte avverso il punto 2.2., lett. m), della deliberazione giuntale n. 3029 del 2010 in combinato disposto con i punti 3.3. e 3.4 della deliberazione medesima.

Va rilevato che la lettera m) anzidetta dispone che la domanda presentata dal proponente sia corredata “dal preventivo per la connessione redatto dal gestore della rete elettrica nazionale o della rete di distribuzione secondo le disposizioni di cui agli articoli 6 e 19 della Delibera AEEG ARG/elt 99/08 e successive disposizioni in materia, esplicitamente accettato dal proponente; al preventivo sono allegati gli elaborati necessari al rilascio dell’autorizzazione degli impianti di rete per la connessione, predisposti o validati dal gestore di rete competente, nonché gli elaborati relativi agli eventuali impianti di utenza per la connessione predisposti dal proponente e validati dal gestore di rete competente. Entrambi i predetti elaborati sono comprensivi di tutti gli schemi utili alla definizione della connessione”: il tutto a pena di improcedibilità della domanda.

Tale disciplina - a differenza di quanto affermato dall’appellante - è del tutto omologa a quella contenuta nel punto 13.1, lett. f), del D.M. 10 settembre 2010.

Secondo Nova Wind Sud la disciplina da essa censurata risulterebbe illegittima in quanto l’approvazione del progetto per la connessione da parte del gestore di rete non potrebbe che avvenire “in sede di conferenza di servizi”: conseguenza, questa, a suo dire ricavabile anche dalle linee guida nazionali.

A ragione il giudice di primo grado ha evidenziato, al riguardo, che non si rinviene una plausibile ragione per cui il gestore di rete – il quale si identifica, di regola, con una società di diritto privato e la cui attività ha per oggetto la fornitura dell’energia elettrica – dovrebbe essere considerato quale uno dei soggetti che attivamente partecipa al procedimento per il rilascio dell’autorizzazione unica e, quindi, anche alla conferenza di servizi: e ciò in quanto, a’ sensi dell’art. 12, comma 4, del D.L.vo 387 del 2003, nonché a’ sensi del punto 14.1 del D.M. 10 settembre 2010, il relativo procedimento riguarda in via esclusiva le pubbliche amministrazioni interessate.

Semmai, quindi, la predisposizione ovvero la validazione degli elaborati tecnici da parte del gestore di rete configura una componente del progetto che attiene alla sua funzionalità e che rimane pertanto esterna alla conferenza di servizi.

Se si conviene che il fine perseguito sia dalla predetta lett. m) di fonte regionale, sia dal punto 13.1, lett. f), del D.M. 10 settembre 2010 si identifica nella necessità di conferire certezza alla “connettibilità” dell’impianto alla rete – il che equivale alla stessa sua materiale “fattibilità”– deve concludersi nel senso che alla conferenza di servizi deve essere presentato un progetto completo e del tutto affidabile sotto il profilo tecnico, come del resto già affermato dalla giurisprudenza nelle sentenze di Cons. Stato, Sez. V, 2 febbraio 2012 nn. 533 e 535, nonché 7 febbraio 2012 n. 652, dianzi citate al § 4.5.

Anche tale motivo va, pertanto, respinto.

4.7. Va parimenti respinto il quinto motivo d’appello, con il quale Nova Wind Sud contesta la sentenza impugnata nella parte in cui non sono state accolte le censure dedotte sia avverso la disposizione contenuta nella lettera r) del punto 2.2 della deliberazione giuntale n. 3029 del 2010 che contempla - a pena di improcedibilità della domanda di autorizzazione unica - l’impegno al rilascio della fideiussione per garantire la realizzazione dell’impianto, sia avverso la lettera c) del punto 4.9 della medesima delibera, laddove si richiede, sempre a pena di improcedibilità, il deposito della fideiussione al fine del rilascio dell’autorizzazione.

A ragione la difesa della Regione ha rimarcato al riguardo che il punto 13.1, lett. j), del D.M. 10 settembre 2010, non impugnato da Nova Wind Sud, contempla a sua volta tra i documenti che devono essere allegati alla domanda di autorizzazione unica “l’impegno alla corresponsione all’atto di avvio dei lavori di una cauzione a garanzia della esecuzione degli interventi di dismissione e delle opere di messa in pristino, da versare a favore dell’amministrazione procedente mediante fideiussione bancaria o assicurativa secondo l’importo stabilito in via generale dalle Regioni o dalla Province delegate in proporzione al valore delle opere di rimessa in pristino o delle misure di reinserimento o recupero ambientale”.

Va anche evidenziato che con sentenza n. 1729 dd. 27 marzo 2013 questa stessa Sezione, rilevando che – per l’appunto – la presentazione di fideiussione bancaria o assicurativa è imposta dal punto 13.1. delle linee-guida nazionali, ha riconosciuto che tale garanzia non riveste una funzione esclusivamente finanziaria proprio in quanto deputata ad assicurare il necessario ripristino dell’ambiente dopo la dismissione dell’impianto, e che proprio in dipendenza di ciò la garanzia medesima “deve essere prestata da un soggetto con caratteristiche tali da far ragionevolmente prevedere la sua possibilità di offrire garanzie adeguate dopo un lungo periodo dalla loro prestazione”.

Nell’ambito delle linee-guida nazionali è stata pertanto in tal modo affrontata la problematica della dismissione degli impianti alla conclusione del loro esercizio, disponendo nel senso che le garanzie da prestare devono essere proporzionali al valore delle opere di reinserimento e del recupero ambientale.

L’insieme di tali considerazioni esclude, pertanto, la fondatezza della tesi sostenuta da Nova Wind Sud, secondo la quale la disciplina di fonte regionale intrinsecamente si discosterebbe da quella contenuta nel D.M. 10 settembre 2010.

Né la stessa disciplina di fonte regionale apprestata al riguardo può essere assimilata – al contrario di quanto sostenuto dall’attuale appellante - ad una misura compensativa: in tal senso è fondata l’obiezione della difesa della Regione secondo la quale non è dato comprendere - a fronte del rilascio di un’autorizzazione che legittima la realizzazione e la gestione di impianti strumentali all’esercizio di un’attività di pubblico interesse - quale portata compensativa possa riconoscersi alla stipula di una garanzia a tutela della serietà e capacità dell’operatore economico.

Né- ancora – va sottaciuto che la disciplina di fonte regionale sul punto – e, come del resto, quella di fatto omologa contenuta nel D.M. 10 settembre 2010 – trova un idoneo supporto anche nell’art. 1- quinquies del D.L. 8 luglio 2010 n.105, convertito con modificazioni in L. 13 agosto 2010 n. 129, in forza del quale “al fine di contrastare le attività speculative legate allo sviluppo e all’autorizzazione di progetti di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, che comportano l’avvio di procedimenti autorizzativi da parte di soggetti che non concludono la realizzazione degli impianti, Il Ministero dello sviluppo economico stabilisce, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, opportune misure affinchè l’istanza per l’autorizzazione di cui all’art. 12, comma 3 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n.387, sia accompagnata da congrue garanzie .finanziarie poste a carico del soggetto che richiede il rilascio dell’autorizzazione e di eventuali successivi subentranti” A tale ultimo riguardo la difesa della Regione ha rimarcato che mediante la disciplina contenuta nell’anzidetta lettera r) si è – per l’appunto - inteso salvaguardare l’interesse a garantire la “serietà” del progetto e il “buon esito del procedimento autorizzatorio”, in assoluta coerenza con i fini perseguiti dal legislatore statale.

4.8. Anche il sesto motivo d’appello va respinto.

Con esso Nova Wind Sud ha contestato il capo 2.6 della sentenza impugnata nella parte in cui sono state rigettate le censure dedotte avverso la disciplina contenuta nella lettera u) del punto 2.2 della deliberazione giuntale n. 3029 del 2010, laddove segnatamente si richiede la presentazione a corredo della domanda e “nei casi in cui l’impianto non ricada in zona sottoposta a tutela”, di “copia della comunicazione effettuata alle competenti Soprintendenze ai sensi del punto 13.3 delle Linee Guida Nazionali”.

Secondo la tesi dell’appellante, la partecipazione della Soprintendenza dovrebbe ritenersi circoscritta – per contro - ai soli casi di realizzazione di impianti da realizzare in aree assoggettate a vincolo paesaggistico, ovvero che si trovino in una zona comunque vincolata, nel mentre nelle ipotesi di assenza di vincolo paesaggistico risulterebbe del tutto ultroneo l’obbligo di informare del progetto la Soprintendenza ai beni culturali e ambientali, e ciò anche al fine di sollecitarne un eventuale intervento.

Sul punto la difesa della Regione ha rilevato la circostanza che le Soprintendenze non sono sempre edotte di tutti i procedimenti di accertamento dei vincoli attivati sul territorio tramite gli strumenti di pianificazione del territorio attivati dai Comuni, e che in dipendenza di ciò sussiste la necessità che le Soprintendenze medesime abbiano contezza delle modifiche che si registrano nel territorio e che potrebbero incidere su procedimenti di tutela che esse intendessero attivare in relazione a beni appena rinvenuti, ovvero che potrebbero rinvenirsi in corso d’opera.

Tale esigenza di fondo, del tutto coerente con il principio fondamentale della tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico della Nazione (art. 9 Cost.), è puntualmente assolta dall’art. 13.3 del D.M. 10 settembre 2010 laddove dispone che “il proponente effettua la comunicazione alle competenti Soprintendenze per verificare la sussistenza di procedimenti di tutela ovvero di procedure di accertamento della sussistenza di beni archeologici, in itinere alla data di presentazione dell’istanza di autorizzazione unica”.

L’onere di informazione previsto dal punto 2.4 e al punto 13.3 del D.M. 10 settembre 2010, consente pertanto di acclarare, alla data di presentazione dell’istanza di autorizzazione unica, l’eventuale pendenza di procedimenti di tutela attivati contemporaneamente dinanzi a diverse autorità e consente anche di evitare che uno dei procedimenti possa definirsi in modo contrastante.

L’informazione preventiva alle Soprintendenze competenti risulta, del resto, utile per garantire la stessa materiale fattibilità del progetto, ovviando in via preventiva a possibili ostacoli alla sua realizzazione; ed è intuitivo che la previsione in esame risulta quanto mai apprezzabile soprattutto per quanto attiene all’eventuale presenza di beni archeologici per i quali non sia stato apposto un vincolo per il timore che, in assenza di un’adeguata tutela per motivi di carattere economico, i beni siano esposti a furti o danneggiamenti.

Nova Wind Sud contesta peraltro la previsione di poteri di intervento da parte del Ministero per i beni e le attività culturali e delle Soprintendenze ai beni culturali e artistici nel contesto del procedimento disciplinato dall’art. 12 del D.L.vo 387 del 2003 e – segnatamente – nella conferenza di servizi ivi prevista, in quanto assolutamente privi di fondamento legislativo, oltrechè irragionevoli ed esorbitanti dalle funzioni che, in materia di tutela del paesaggio, sono riconosciute alla Autorità preposta alla tutela dei beni culturali e paesaggistici dalla disciplina complessivamente contenuta nel D.L.vo 22 gennaio 2004 n. 42.

Per parte propria il Collegio concorda con la notazione di fondo espressa al riguardo dalla difesa della Regione, secondo la quale la previsione della partecipazione di ulteriori Amministrazioni all’anzidetta conferenza dei servizi risulta di per sé priva di un’effettiva incidenza lesiva per la posizione dei destinatari del provvedimento finale, posto che gli stessi, ove tale partecipazione si dovesse rivelare in concreto determinante in sede di adozione di provvedimento finale sfavorevole, potranno comunque agire giudizialmente a tutela dei propri interessi.

La stessa difesa della Regione ha invero richiamato al riguardo anche la sentenza di Cons. Stato, Sez. VI, 29 aprile 2013 n. 2343, secondo la quale – tra l’altro - “l’eccesso di consultazione (il fatto cioè che l’Amministrazione procedente chieda pareri non previsti o non imposti) non determina un vizio dell’istruttoria, ma, al contrario, ne arricchisce i contenuti. Tale modus procedenti, pertanto, non è di per sé sufficiente ad inficiare la legittimità del provvedimento che risulti nel suo contenuto dispositivo sostanzialmente corretto. Il motivo di appello, quindi, solleva una questione meramente formale, ma non evidenzia in che modo, l’acquisizione dei due pareri contestati, abbia potuto tradursi in una diminuzione di garanzie procedimentali. Il fatto, invero, che un determinato parere non sia previsto (o non sia reso obbligatorio) non impedisce all’Amministrazione procedente, ove ritenga utili le valutazioni di una diversa Amministrazione o di un determinato organo, di acquisire, prima di decidere, il suo apporto valutativo”.

Il Collegio, sul punto, concorda a sua volta in linea di principio con tali affermazioni, rilevando comunque che l’Amministrazione procedente non deve abusare dello stesso al fine di non incorrere nel divieto di aggravio del procedimento contemplato dall’art. 1, comma 2, della L. 241 del 1990 e che – peraltro – la partecipazione alla conferenza di servizi da parte della competente Soprintendenza si configura, stante la peculiarità del pubblico interesse curato da quest’ultima, quale “motivata esigenza imposta dallo svolgimento dell’istruttoria”, come per l’appunto prevista dalla disposizione di legge ora riferita.

4.9. Con il settimo motivo d’appello Nova Wind Sud contesta il capo 2.8 della sentenza impugnata, recante la reiezione delle censure dedotte avverso la disciplina contenuta nel n.2 del punto 4.2. della deliberazione giuntale n.3029 del 2010 in tema di contenuto minimo dell’atto unilaterale d’obbligo che il proponente è tenuto a sottoscrivere al fine di ottenere il rilascio dell’autorizzazione unica.

Anche tale motivo va respinto.

Il giudice di primo grado ha in proposito affermato la legittimità della disciplina anzidetta, deputata a favorire l’assunzione di lavoratori per la gestione degli impianti mediante la stipulazione di contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

In particolare, il T.A.R. ha affermato che il favor non attiene all’assunzione di lavoratori “locali” (il che sarebbe ictu oculi discriminatorio rispetto ad un mercato del lavoro che deve rimanere aperto a tutti coloro che aspirano all’impiego) ma all’assunzione con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato, in modo da incentivare la costituzione di rapporti di lavoro con maggiori garanzie per il dipendente, soddisfacendo in tal modo un’esigenza notoriamente sentita nell’attuale momento storico, caratterizzato dal sempre più diffuso utilizzo di forme di assunzione che nell’escludere, sovente in modo simulato, il tempo indeterminato comportano un risparmio per il datore di lavoro: risparmio che – aggiunge a sua volta questo Collegio – non appare nella specie giustificabile con riguardo ai doveri di solidarietà economico-sociale sanciti in via generale dall’art. 2 Cost. ove si consideri che l’impianto progettato è destinato ad un’attività durevole nel tempo e di sicuro profitto per l’impresa proponente.

Né può – comunque – ravvisarsi un’indebita ingerenza del pubblico potere nell’esercizio dell’attività di impresa proprio in quanto non è imposto - sempre e comunque - l’obbligo ad assumere il personale con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ma è previsto il ben diverso impegno a “favorire” l’utilizzazione di tali forme di contratto, con la conseguenza che,

ove non ne ricorrano i presupposti o, rectius, difettino determinate esigenze produttive, l’imprenditore è libero di avvalersi di lavoratori assunti a tempo determinato.

4.10.1. Con l’ottavo motivo d’appello Nova Wind Sud contesta il capo 2.10 della sentenza impugnata nella parte in cui sono state respinte le censure dedotte avverso le disposizioni contenute nei punti 4.9. 4.10 e 4.12 della deliberazione giuntale n.3029 del 2010.

Si tratta, segnatamente, di disposizioni che attengono ai termini di inizio e di fine dei lavori; e il predetto punto 4.10. della deliberazione giuntale impugnata contempla, in particolare, la decadenza dell’autorizzazione nell’ipotesi dell’omessa dichiarazione.

Anche tale motivo d’appello, ampiamente articolato da parte di Nuova Wind Sud, va respinto.

Secondo l’appellante i punti 4.9., 4.10 e 4.12 della deliberazione giuntale violerebbero l’art. 15 del T.U. approvato con D.P.R. 5 giugno 2001 n. 380 e successive modifiche, nonché il punto 15.5 del D.M. del 10 settembre 2010.

4.10.2. Per quel che concerne l’asserita violazione del T.U. 380 del 2001, l’appellante muove dal presupposto che l’autorizzazione unica di cui all’art.12 del D. L.vo 387 del 2003, in quanto titolo che abilita alla costruzione dell’impianto (autorizzato), è equiparata al permesso a costruire di cui all’art.15 del T.U. 380 del 2001, la cui rubrica reca “Efficacia temporale e decadenza del permesso a costruire”, con la conseguenza che i termini di efficacia previsti per l’autorizzazione unica predetta risulterebbero del tutto incongrui, dovendo per contro ad essa applicarsi in via analogica i termini di cui al testè riferito art. 15.

Secondo l’appellante, pertanto, i lavori per la realizzazione dell’impianto dovrebbero iniziare entro un anno dal rilascio dell’autorizzazione unica e concludersi entro tre anni dal loro inizio: il che equivarrebbe ad affermare che il parco eolico dovrebbe essere realizzato nell’arco di quattro anni.

Può innanzitutto rilevarsi che la stessa possibilità, per il proponente, di fruire un lasso di tempo così ampio per certo contrasta con la specifica finalità, perseguita dalla disciplina di settore, di accelerare e semplificare i procedimenti di autorizzazione alla costruzione ed all’esercizio di impianti a fonte di energia rinnovabile (FER).

Né va sottaciuto che, nella specie, trova applicazione la L.R. 21 ottobre 2008 n. 31, recante – tra l’altro - norme in materia di produzione di energia da fonti rinnovabili e che in tale contesto disciplina pure le tempistiche relative alla fase susseguente al rilascio dell’autorizzazione unica e che sono state necessariamente recepite nella deliberazione giuntale n. 3029 del 2010.

In dipendenza di ciò, pertanto, va denotato che:

1) il punto 4.9. della deliberazione giuntale impugnata prevede il termine perentorio di 180 dal rilascio dell’autorizzazione unica per il deposito della documentazione di cui alle lettere a), b), c), d): termine, questo, puntualmente previsto dall’art.4, comma 2, della L.R. 31 del 2008;

2) il punto 4.10. della deliberazione giuntale impugnata contempla la decadenza dell’autorizzazione nell’ipotesi di omessa presentazione delle dichiarazioni relative alla lettere a) e b) del punto 4.9: e ciò riproducendo la disciplina contenuta a sua volta nell’art.4, comma 4 della L.R. 31 del 2008;

3) il punto 4.12 della deliberazione giuntale impugnata prevede che i lavori devono iniziare entro 6 mesi dal rilascio dell’autorizzazione e devono terminare entro mesi trenta dall’inizio dei lavori, con possibilità della proroga dei termini: e ciò in assoluta coerenza con la disciplina contenuta nell’art. 4, comma 5, della L.R. 31 del 2008.

A conclusione di tali rilievi va dunque evidenziato che è proprio la differente funzione assolta nell’ordinamento dall’istituto del “permesso a costruire” - riferito all’intervento edilizio in generale - rispetto a quella speciale della costruzione di impianti di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile, ad aver indotto il legislatore a disciplinare con norme – per l’appunto - speciali la realizzazione di tali impianti.

Se è dunque vero che a’ sensi dell'art. 12, comma 3, del D.L.vo 387 del 2003 la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili sono assoggettati al rilascio di un’autorizzazione unica che cumula in sé tutti i vari titoli abilitativi in precedenza richiesti dalla legge per la realizzazione di impianti del genere e costituisce, ove occorra, variante agli strumenti urbanistici, tale regime di specialità rende ex seinapplicabile i termini previsti dalla disciplina ordinaria contenuta nell’art. 15 del T.U. 380 del 2001 nonché dalla disciplina sull’attività edilizia parimenti ordinaria contenuta nella legislazione regionale.

Le Regioni – viceversa - ben possono integrare la disciplina speciale di settore in tema di energia da fonti rinnovabili coordinandola con quella propria dell’attività edilizia con norme speciali emanate nell’esercizio congiunto della propria potestà legislativa e amministrativa concorrente sia in tema di energia, sia in tema di urbanistica e di edilizia, a’ sensi dell’attuale testo dell’art. 117 Cost.: come ha – per l’appunto – fatto la Puglia.

4.10.3. Per quanto attiene invece all’asserita violazione del punto 15.5 del D.M. 10 settembre 2010, va denotato che esso non prevede alcun termine al riguardo, con la conseguenza che è devoluta alle Regioni la potestà della loro individuazione e che per la Regione Puglia vanno applicati gli anzidetti termini già per l’innanzi fissati dalla L.R. 31 del 2008.

4.10.4. Va soggiunto che Nova Wind Sud contesta la sentenza impugnata anche laddove non sono state accolte le censure dedotte avverso le disposizioni contenute nelle lettere a) e b) del punto 4.10 della deliberazione giuntale n. 3029 del 2010 che prevedono l’identico termine di sei mesi sia per l’avvio dei lavori che per la presentazione della documentazione comprovante tale circostanza.

La difesa della Regione ha esattamente evidenziato che, a tale specifico riguardo, non è ravvisabile alcuna incongruenza o illogicità nella previsione di un termine uguale per entrambe le ipotesi, trattandosi del dies ad quem entro il quale va presentata la documentazione comunque necessaria per iniziare i lavori: avvio dei lavori e comprova della relativa circostanza configurano infatti due attività, l’una materiale di trasformazione del territorio e l’altra documentativa della prima che si svolgono nello stesso arco temporale, nel senso che l’avvio dei lavori può non precedere anche di un solo giorno la comunicazione di tale circostanza, ma essere perfettamente simultaneo alla comunicazione medesima.

4.11. Da ultimo, va anche respinto il nono motivo d’appello, con il quale Nova Wind Sud censura il capo 2.2. della sentenza impugnata.

Con il nono motivo di ricorso la società censura il medesimo capo 2.2 della sentenza nella parte in cui ha respinto le censure dedotte avverso talune disposizioni contenute nel punto 2.2 della deliberazione giuntale n. 3029 del 2010.

Ciò posto, secondo l’appellante il punto 2.2, lett.c) iv. della deliberazione impugnata violerebbe gli artt.47 e 38 del T.U. approvato con D.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445, in quanto l’Amministrazione regionale, ai fini della presentazione dell’istanza di autorizzazione unica per la realizzazione di impianti in zone agricole, anziché semplificare l’azione amministrativa mediante l’acquisizione dell’ autocertificazione da parte del proponente e recante dichiarazione che la realizzazione dell’impianto non comporta l’espianto di specie arboree oggetto di produzioni agricole, fa obbligo di produrre una dichiarazione sottoscritta dal conduttore dei terreni.

A tale riguardo, anche a prescindere dalle circostanza allegate dalla difesa della Regione secondo le quali la disposizione qui contestata non avrebbe trovato applicazione nei procedimenti aventi ad oggetto i progetti proposti da Nova Wind Sud e che la dichiarazione di cui trattasi non sarebbe chiesta dall’Amministrazione medesima nell’ipotesi di utilizzo del procedimento di esproprio, non risulta di per sé sindacabile la scelta della Regione di voler acquisire in via diretta, mediante una dichiarazione di scienza del conduttore del terreno agrario comunque equipollente a quella propria degli anzidetti artt.47 e 38 del T.U. 445 del 2000 e in alcun modo costituente ostacolo alla celerità dell’azione amministrativa, la conoscenza della situazione di fatto dell’area nella quale l’opera sarà realizzata.

In particolare, l’Amministrazione chiede di conoscere se la realizzazione dell’opera determina l’espianto di impianti arborei oggetto di produzione agricola di qualità, ovvero se l’area interessata ha fruito o fruisce di fondi europei.

Pare evidente che, pur potendo “la dichiarazione resa nell’interesse proprio del dichiarante … riguardare anche stati, qualità personali e fatti relativi ad altri soggetti di cui egli abbia diretta conoscenza” (cfr. art. 47, comma 2, del T.U. 445 del 2000), risulta ben più agevole acquisire tali notazione mediante omologa dichiarazione resa non già da chi può acquisire un’informazione indiretta delle predette circostanze, ma da colui che ne è a diretta conoscenza.

L’appellante contesta – altresì – la sentenza impugnata laddove, al suo capo 2.2., non ha accolto le censure dedotte avverso il punto 2.2,, lett.g) della deliberazione giuntale n.3029 laddove impone al proponente di dichiarare l’eventuale sussistenza di finanziamenti a vantaggio del terreno dove deve essere allocato l’impianto.

Ad avviso dell’appellante la presenza di finanziamenti potrebbe ostacolare la realizzazione dell’opera.

A tale proposito va rilevato che, anche a prescindere dalla circostanza che tale dichiarazione non va resa nell’ipotesi in cui l’area è acquisita mediante esproprio, il fine della disposizione contestata si identifica con la necessità di acquisire il relativo dato all’istruttoria nei termini di necessaria conoscenza dei costi e dei benefici dell’opera, e che il relativo dato non comporta l’automatico diniego dell’autorizzazione ma sarà oggetto di apposita valutazione, nel senso che l’Amministrazione regionale sarà tenuta a motivatamente considerare, caso per caso, se il finanziamento fruito per una diversa e non necessariamente concomitante attività possa ritenersi compatibile con l’interesse proprio alla realizzazione del nuovo impianto.

5. Per tutte le considerazione che precedono, l’appello in epigrafe va pertanto respinto.

6. Le spese e gli onorari del presente grado di giudizio possono essere integralmente compensati tra tutte le parti, stante la quantità e la complessità delle diverse questioni trattate.

Va, peraltro, dichiarato irripetibile l’importo corrisposto dall’appellante nel presente grado di giudizio a titolo di contributo unificato di cui all’art. 9 e ss. del T.U. approvato con D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 e successive modifiche.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge (ricorso: R.G. 5126 del 2013).

Compensa integralmente tra tutte le parti le spese e gli onorari del presente grado di giudizio.

Dichiara – altresì - irripetibile l’importo corrisposto dall’appellante nel presente grado di giudizio a titolo di contributo unificato di cui all’art. 9 e ss. del T.U. approvato con D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 e successive modifiche.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 gennaio 2014 con l’intervento dei magistrati:

Mario Luigi Torsello, Presidente

Vito Poli, Consigliere

Francesco Caringella, Consigliere

Fulvio Rocco, Consigliere, Estensore

Doris Durante, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 23/10/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)