CGAR Sicilia sent. 367 del 28 aprile 2008
Sviluppo sostenibile. Energia elettrica, ruolo del gestore

A fronte di provvedimenti che incidono sulla produzione di energia elettrica, il Gestore gode di una posizione giuridica soggettiva differenziata poiché le variazioni nella produzione di energia elettrica e soprattutto di localizzazione della stessa, influiscono sensibilmente sulle prestazioni della rete e dunque sugli equilibri di questa che sono affidati alla cura dello stesso Gestore.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale ha pronunciato la seguente
D E C I S I O N E
sul ricorso in appello n. 423/03 proposto da
ASSESSORATO TERRITORIO E AMBIENTE DELLA REGIONE SICILIANA, in persona dell’Assessore pro-tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui uffici in Palermo, via A. de Gasperi n. 81, è domiciliato ope legis;
c o n t r o
la EDIPOWER s.p.a., corrente in Milano, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Riccardo Villata, Andreina degli Esposti e Andrea Scuderi, elettivamente domiciliata in Palermo, via D. Trentacoste n. 89, presso lo studio Allotta;
e nei confronti di
PROVINCIA REGIONALE DI MESSINA, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Francesco Marullo di Condojanni, è elettivamente domiciliata in Palermo, via Giusti n. 1, presso lo studio dell’avvocato Alberto Stagno d’Alcontres;
GESTORE DELLA RETE DI TRASMISSIONE NAZIONALE s.p.a., corrente in Roma, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Federico Tedeschini e Pierpaolo Salvatore Pugliano, elettivamente domiciliata in Palermo, via F. Scaduto n. 2/d, presso lo studio dell’avvocato Salvatore Greco;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la Sicilia - sezione staccata di Catania (sez. I) - n. 28/03 del 3 dicembre 2002 – 7 gennaio 2003.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio degli avvocati R. Villata, A. degli Esposti e A. Scuderi per la Edipower s.p.a., dell’avvocato F. Marullo di Condojanni per la Provincia regionale di Messina e degli avvocati F. Tedeschini e P. S. Pugliano per la s.p.a. Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore il Consigliere Claudio Zucchelli;
Uditi alla pubblica udienza del 26 settembre 2007 l’avvocato dello Stato Tutino per l’Assessorato appellante, l’avvocato R. Villata e l’avvocato R. Calanni, su delega dell’avvocato A. Scuderi, per la Edipower s.p.a., l’avvocato R. Tommasini, su delega dell’avvocato F. Marullo di Condojanni, per la Provincia regionale di Messina e l’avvocato U. Marrone, su delega dell’avvocato F. Tedeschini, per la s.p.a. G.R.T.N.;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
F A T T O
La EUROGEN s.p.a., dante causa della attuale EDIPOWER s.p.a., gestisce da anni la centrale termoelettrica di San Filippo del Mela, anche a seguito del provvedimento dirigenziale n. 430/17 dell’11 giugno 2001 recante l’autorizzazione provvisoria al proseguimento delle emissioni in atmosfera dei grandi impianti di combustione a servizio delle sezioni da 160 MW.
Con atto dirigenziale n. 732 del 23 settembre 2003 il dirigente del servizio competente dell’Assessorato regionale ha riformato il detto decreto dirigenziale. L’autorizzazione al rilascio dei fumi è stata condizionata, dal detto decreto, al fatto che a decorrere dal 1 gennaio 2003 gravino su ciascuno dei due camini emissioni da uno solo degli impianti di combustione. Conseguentemente dei quattro gruppi termici presenti nella centrale, a coppie confluenti in uno dei due camini, dal 1 gennaio 2003 avrebbero potuto funzionare solo due. Ed, infatti, il convogliamento su un camino di due forni da 160 MW elettrici potrebbe far superare a ciascun camino i 500 MW previsti dalla legge per il contenimento delle emissioni.
Avverso tale atto la EUROGEN s.p.a. ha proposto ricorso al TAR di Catania lamentando:
1. Incompetenza del dirigente alla emanazione dell'atto.
2. Violazione dell’articolo 15 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 10 e violazione del giusto provvedimento. Pur trattandosi di un atto di secondo grado (revoca e riforma di altro precedente) non è stata seguita la medesima procedura dell’atto revocato: conferenza di servizi, parere della Commissione Provinciale Tutela Ambiente di Messina.
3. Eccesso di potere sotto il profilo del travisamento, di fatto di motivazione, illogicità e contraddittorietà.
4. Violazione del D.M. 12 luglio 1990 allegato 3 capo A lettera a) comma 2.
Si costituiva l'Assessorato regionale resistendo ed eccependo:
1. Inammissibilità del ricorso di primo grado. Il provvedimento impugnato non sarebbe stato altro che la determinazione delle modalità di esecuzione del decreto 430/17 del 2002.
2. Resisteva nel merito.
La provincia di Messina non si costituiva.
Si costituiva ad adjuvandum il Gestore della Rete di trasmissione Nazionale s.p.a., (GRTN) aderendo alle tesi della ricorrente.
Con la sentenza di cui in epigrafe il TAR accoglieva il ricorso osservando:
1. Violazione del principio del giusto procedimento. Ed, infatti, non è stata seguita la medesima procedura del decreto che è stato modificato, secondo i principi consolidati che prevedono l’utilizzazione del medesimo iter procedimentale.
2. Carenza di istruttoria e motivazione in particolare sulla comparazione degli interessi alla presenza di un provvedimento di revoca. Soprattutto in funzione degli interessi alla produzione di energia e degli equilibri sulla rete elettrica.
3. Insufficienza della motivazione fondata sul mero ripristino della legalità consistente nel rispetto dei limiti di cui al DM 12 luglio 1990.
Avverso la detta sentenza propone appello l’Assessorato regionale lamentando:
1. Le competenze per l’emanazione degli atti come quello impugnato sono trasferite ai dirigenti.
2. Inammissibilità del ricorso di primo grado. Il provvedimento impugnato sarebbe semplice esecuzione della precedente autorizzazione provvisoria nella quale già si determinavano le limitazioni applicando i limiti degli impianti superiori a 160 MW.
3. Quanto alla procedura del provvedimento di revoca, lamenta che il parere della Commissione Provinciale Tutela Ambientale non era necessario perché la stessa commissione aveva già espresso un parere condizionato al momento della emissione del decreto revocato, indicando le medesime condizioni.
4. Il provvedimento revocato non è stato emanato sulla scorta di una conferenza di servizi e quindi non era necessario ripercorrere lo stesso iter.
5. Inammissibilità dell’intervento ad adjuvandum del GRTN che non è portatore di una posizione giuridica differenziata tutelabile di fronte al provvedimento impugnato.
Si costituisce in giudizio la Provincia di Messina aderendo alle tesi dell’Assessorato.
Si costituisce in giudizio l’appellata eccependo:
1. L’autorizzazione annullata si inserisce nel più ampio piano di recupero ed è stata espressamente rilasciata nelle more del rilascio dell’autorizzazione ambientale integrata. Il provvedimento revocato non era a termine e quindi il provvedimento impugnato è una vera revoca che deve seguire il medesimo iter procedurale dell’atto revocato.
2. La condizione posta nel decreto revocato non era quella stessa contenuta nel decreto impugnato, ma quella diversa di non superare il flusso teorico di due impianti da 160. Nel provvedimento impugnato essa è stata modificata nel senso di far confluire in un camino i fumi di una sola centrale.
3. Contrariamente a quanto sostenuto dall’assessorato si è a suo tempo tenuta la conferenza di servizi ed i pareri della CPTA di Messina erano stati già recepiti nel decreto poi revocato.
4. Gli interessi coinvolti non sono solo privati, ma anche pubblici alla fornitura della energia ed all’equilibrio del sistema essendo la centrale strategica e dunque la motivazione del provvedimento avrebbe dovuto dare conto della comparazione degli interessi.
5. La norma dell'allegato 3 invocata dall’appellante si riferisce alle vecchie centrali dove le caldaie alimentavano un’unica turbina e non alle moderne dove ogni impianto è autonomo.
6. Nella approvazione del nuovo piano l'Amministrazione ha richiesto esattamente che i due impianti confluiscano contemporaneamente nell’unico camino per non diminuire il flusso calorico.
7. Infine eccepisce che la Provincia di Messina deve essere esclusa perché non ha presentato appello nei termini essendo soccombente in primo grado.
Si costituisce in giudizio il GRTN resistendo all’appello.
D I R I T T O
L’appellata propone un’eccezione preliminare di rito che deve essere accolta.
La Provincia di Messina è stata destinataria della notificazione del ricorso di primo grado. Non si è costituita in tale giudizio, ma ha dispiegato controricorso in appello con atto depositato nella segreteria di questo Consiglio.
Orbene, la provincia di Messina rivestiva in primo grado la posizione di controinteressato all’annullamento del provvedimento impugnato. Pertanto, con la sentenza di accoglimento del ricorso, la sua posizione processuale è divenuta di soccombente. Come tale avrebbe dovuto dispiegare appello nei termini decadenziali mediante ricorso notificato all’appellata ed all’interveniente. Il suo appello odierno, pertanto, è inammissibile ed essa deve essere estromessa dal giudizio, non potendo neppure dispiegare attività meramente difensiva non avendo avuto rituale ingresso nel giudizio, secondo la consolidata e tralaticia giurisprudenza.
Ulteriore eccezione preliminare è dispiegata dall’Assessorato nei confronti del GRTN. Questi non sarebbe titolare di una posizione giuridica soggettiva differenziata, dinanzi al provvedimento impugnato e dunque inammissibile il suo intervento per carenza di interesse.
Trattasi di questione preliminare di merito che giova affrontare immediatamente perché lumeggia anche le motivazioni successive.
Il GRTN era la società costituita dopo la così detta privatizzazione del servizio di produzione, dispacciamento e distribuzione della energia elettrica. Essendo la rete di grande distribuzione, come è noto, un monopolio naturale, ai sensi dell'articolo 43 della Costituzione la proprietà e la gestione di essa è stata trasferita ad una società pubblica, mentre produzione e distribuzione sono state, gradualmente, riconsegnate al libero mercato regolato dalla Autorità. Giova ricordare che il GRTN è stato trasformato in GSE s.p.a. e che con il d.p.c.m. 11 maggio 2004 la proprietà e la gestione della Rete di Trasmissione Nazionale - RTN sono state unificate ed affidate in concessione a TERNA s.p.a. dal 1 novembre 2005 a seguito del trasferimento del ramo d’azienda relativo a dispacciamento, trasmissione e sviluppo della rete.
Orbene, i livelli di produzione di energia elettrica non sono indifferenti per il Gestore della RTN. Questi, infatti, tra i suoi compiti annovera, oltre quello di gestire e mantenere la rete, anche di tenerla in equilibrio in relazione al dispacciamento di energia e di garantire che questa sia trasportata nelle diverse zone del Paese in funzione della richiesta costante e di picco, opportunamente equilibrando i diversi rami della rete stessa.
Il provvedimento impugnato in primo grado, come è apparso evidente da quanto in narrativa, determinava una riduzione della produzione di energia elettrica della centrale di S. Filippo del Mela, con la conseguenza che il fabbisogno energetico soddisfatto da tale centrale avrebbe dovuto essere supplito da altra centrale localizzata in altra parte del territorio nazionale, con la conseguenza di una variazione della distribuzione del trasporto di energia sulla rete.
In questa sede non rileva se, in effetti, il provvedimento impugnato abbia effettivamente determinato un danno, un aggravio di costi o comunque abbia negativamente inciso sul servizio di trasporto della energia elettrica, ciò che rileva, invece, è la definizione astratta della posizione giuridica soggettiva del Gestore, che pure è portatore di un interesse pubblico rilevante e strategico per l’intera nazione. Sulla natura del Gestore e sulla forte attrazione in ambito pubblicistico di tale soggetto e la natura amministrativa degli atti dallo stesso adottati nell'ambito dell'attività, fortemente procedimentalizzata e funzionalizzata, di cessione dell'energia, confronta C.d.S., VI, 16 settembre 2003, n. 5241.
Pertanto, a fronte di provvedimenti che incidono sulla produzione di energia elettrica, il Gestore gode di una posizione giuridica soggettiva differenziata poiché le variazioni nella produzione di energia elettrica e soprattutto di localizzazione della stessa, influiscono sensibilmente sulle prestazioni della rete e dunque sugli equilibri di questa che sono affidati alla cura dello stesso Gestore.
L’intervento ad adjuvandum di esso, pertanto, è ammissibile essendo egli portatore proprio dell’interesse pubblico la cui comparazione avrebbe dovuto essere effettuata nella emanazione del decreto impugnato, e la cui omissione, come si vedrà, costituisce il vizio più grave di esso. L’esclusione del Gestore, a contrario, significherebbe l’irrilevanza dell’interesse del dispacciamento e trasporto, e della previa produzione, di energia elettrica per l'interesse nazionale.
Entrando nel merito l’appello è infondato.
In primo luogo viene in questione l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado perché diretto contro un atto meramente esecutivo del precedente.
La tesi è priva di fondamento alcuno. La condizione posta nel “ritenuto” al terzultimo capoverso della pagina 2 e all’ultimo capoverso della pagina 3 del decreto del 2001 è quella che “i flussi di massa complessivi dai quattro gruppi in questione non siano superiori a quelli risultanti dall’esercizio teorico equivalente di due gruppi da 160 MWe”. Viceversa la nuova condizione posta dal decreto impugnato del 2003 è la seguente: “gravino su ciascun camino emissioni da uno solo degli impianti di combustione”. Appare evidente che i due concetti, così come espressi in lingua comune, siano diversi, o, almeno, non è stata data alcuna prova da parte della Amministrazione della assoluta identicità delle due condizioni, aventi, in ipotesi, l’identico contenuto tecnico espresso con parole differenti. In disparte la considerazione che, se così fosse stato, non si sarebbe compreso perché l’Amministrazione avrebbe dovuto provvedere ad una modifica del tutto inutile.
E’ quindi provato per tabulas che il provvedimento impugnato non è affatto l’esecuzione o l’esplicazione del provvedimento precedente, ma una sua modifica.
Sotto questo profilo si devono allora condividere le censure che il TAR ha evidenziato nella sentenza impugnata.
E’ superfluo ribadire i principi che regolano l'iter procedimentale di un contrarius actus, ormai oggetto di giurisprudenza e dottrina costanti da oltre un secolo. Piuttosto giova esaminare brevemente il maggior contrasto esistente, in fatto, tra le posizioni dell’appellante e dell’appellata sulla avvenuta conferenza di servizi.
Nel provvedimento revocato non è fatta menzione della conferenza di servizi. Pertanto il fatto storico che essa si sia tenuta o no è del tutto inconferente. Non essendo stata posta a base, formale, delle premesse del provvedimento essa non faceva conseguentemente parte del procedimento e dunque la sua omissione non pregiudica il principio del medesimo iter per il contrarius actus.
Viceversa, sicuramente sarebbe stato necessario acquisire nuovamente il parere della Commissione Provinciale. Sostiene l’appellante che proprio il decreto modificato aveva disatteso il parere della Commissione a suo tempo rilasciato e che il decreto impugnato tentava di ricondurre le disposizioni nell’alveo dei limiti di emissione previsti dal decreto ministeriale e richiamati dalla Commissione. In disparte che questa tesi difensiva dimostra che il provvedimento impugnato ha un contenuto diverso rispetto a quello precedente, e dunque contraddice la prima eccezione di inammissibilità, occorre considerare che non è concesso ad un’Amministrazione elidere la richiesta di un parere obbligatorio solo perché ne ritiene scontato l’esito, come ad esempio perché sulla medesima questione si sia esso già pronunciato in tempi recenti. L’espressione del parere è comunque sempre necessaria sia sotto il profilo formale sia sotto quello sostanziale, atteso, anche nella specifica materia, che le condizioni della tecnica mutano con estrema rapidità.
Condivide il Consiglio anche la parte della sentenza nella quale è stato accolto il secondo motivo di ricorso circa una carenza di motivazione.
Brevemente si richiamano i principi ormai consolidati circa la necessità di una valutazione comparativa degli interessi coinvolti da un atto di revoca. Esso deve essere sostenuto da un interesse pubblico attuale e concreto e tale interesse deve essere comparato con gli interessi pubblici e privati che la revoca danneggia o smette di soddisfare.
Orbene, nel caso di specie questa comparazione è del tutto assente.
Il provvedimento è ampiamente motivato sulla base dell'interesse pubblico al controllo delle emissioni inquinanti, ma nulla dice sul diverso interesse pubblico alla produzione e dispacciamento di energia, che è strategico per l’economia e quindi per la vita civile del Paese e della Sicilia in particolare.
Sotto questo profilo emerge ancora con più chiarezza la legittimazione del Gestore della RTN nel presente giudizio e la ragione profonda per cui l’eccezione di carenza di legittimazione attiva fosse risolutiva del merito. Le complesse problematiche legate al dispacciamento della energia elettrica in funzione del fabbisogno e della produzione di energia, con attenzione allo squilibrio tra queste due grandezze ed ai sistemi per supplire ai fabbisogni in caso di diminuzione della produzione, sono conosciute solo dal Gestore della RTN e devono essere approfonditamente valutate nei provvedimenti che hanno come conseguenza una variazione della produzione di energia elettrica. Tali variazioni, infatti, influiscono sull’intera rete e determinano non solo situazioni di pericolo per il dispacciamento, ma anche aggravio di costi. Di tutto ciò il provvedimento non dà il minimo conto, costituendo anzi un precedente pericoloso per la sicurezza del dispacciamento in Italia.
Infine giova ricordare che la società appellata ha presentato il piano di ristrutturazione richiesto nel provvedimento modificato ed in quello impugnato. Anche di ciò il decreto avrebbe dovuto dare conto valutando i tempi di realizzazione e gli interessi pubblici ambientali ed economici complessivamente coinvolti.
L’appello quindi è da respingere.
Sussistono giustificati motivi per la compensazione integrale delle spese, competenze ed onorari dei due gradi del giudizio.
P. Q. M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe proposto dalla provincia regionale di Messina lo dichiara inammissibile.
Definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe proposto dall’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente, lo rigetta e per l’effetto accoglie il ricorso di primo grado.
Compensa integralmente tra le parti le spese, competenze ed onorari dei due gradi del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo, dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 26 settembre 2007, con l’intervento dei signori: Riccardo Virgilio, Presidente, Claudio Zucchelli, estensore, Pietro Falcone, Antonino Corsaro, Filippo Salvia, Componenti.
F.to: Riccardo Virgilio, Presidente
F.to: Claudio Zucchelli, Estensore
F.to: Maria Assunta Tistera, Segretario
Depositata in segreteria
il 28 aprile 2008