Cass. Sez. III n. 42026 del 9 ottobre 2014 (Ud 18 set 2014)
Pres. Squassoni Est. Andreazza Ric. Claudino
Rumore.Illecito amministrativo e reato

Deve ritenersi sussistere l'illecito amministrativo ove si verifichi solo il mero superamento dei limiti differenziali; è configurabile l'ipotesi di cui al co. 1 dell'art. 659 c.p. quando il fatto costitutivo dell'illecito sia rappresentato da qualcosa di diverso ed ulteriore rispetto al mero superamento di limiti di rumore ; deve poi ritenersi integrata la contravvenzione ex art. 659, co. 2 c.p. qualora la violazione riguardi altre prescrizioni legali o della Autorità, attinenti all'esercizio del mestiere rumoroso, diverse, però, da quelle impositive di limiti di immissione acustica.

RITENUTO IN FATTO

1. C.F. propone ricorso avverso la sentenza del Tribunale di Palermo di condanna dello stesso per il reato di cui all'art. 659 c.p., per avere, quale esercente attività di movimento terra, trasporto e smaltimento di materiali inerti e frantumazione di rocce e materiale di risulta, disturbato il riposo delle persone superando il limite differenziale diurno di rumorosità sia a finestre aperte che chiuse in riferimento al D.P.C.M. del 14/11/1997, art. 4, e dell'art. 3.2 dell'all. b) del d.P.C.M. del 01/03/1991.

2. Con un primo motivo lamenta la inosservanza di legge in relazione al rigetto della richiesta di ammissione all'oblazione ex art. 162 c.p., previa configurabilità della ipotesi di cui all'art. 659 c.p., comma 2, o comunque in relazione alla mancata restituzione in termini per la predetta oblazione una volta appurata, all'esito del dibattimento, la configurabilità di detta ipotesi. Infatti, la contestazione della condotta di specie, a causa dello svolgimento di attività lavorativa di per sè rumorosa, ha fatto seguito ad un accertamento fonometrico eseguito dall'Arpa di Palermo rientrando dunque inequivocabilmente, sempre che non si ritenga applicabile il solo illecito amministrativo della L. n. 447 del 1995, ex art. 10, comma 2, nell'ipotesi di cui al comma 2 del suddetto articolo.

2.1. Con un secondo motivo denuncia la violazione di legge processuale in relazione alla genericità ed indeterminatezza del capo d'imputazione, riferita al solo art. 659 c.p., e non invece, come avrebbe dovuto essere, all'art. 659 c.p., comma 2.

2.2. Con un terzo motivo si duole della mancata assunzione di prova decisiva e della errata valutazione delle prove assunte avendo l'imputato richiesto, ex art. 507 c.p.p., il confronto tra il verbalizzante Arpa e il tecnico di parte, l'acquisizione di un accertamento Arpa effettuato sul sito nel periodo tra il 23/3/2009 e il 27/4/2009, più attendibile di quello svolto per sole tre ore il 23/9/2009, e l'acquisizione di ordinanza di archiviazione per gli stessi fatti disposta all'esito dell'accertamento predetto; nonchè, ancora, l'assunzione della testimonianza del rappresentante legale della "Star System Srl" al fine di riscontrare l'attendibilità dei testi - querelanti S. e I.. Solo la prima richiesta è stata infatti rigettata dal Tribunale mentre sulle altre non vi è stata alcuna pronuncia. In particolare lamenta che l'accertamento dei tecnici Arpa, effettuato non correttamente, non abbia tenuto conto della interferenza dei rumori esterni all'attività lavorativa dell'imputato finendo per addebitarli a questa.

2.3. Con un quarto motivo lamenta infine la mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione della sentenza in relazione all'affermata sussistenza di tutti gli elementi costitutivi del reato. Chiede infine disporsi la sospensione delle disposizioni civili della sentenza impugnata.


CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il primo, pregiudiziale, motivo di ricorso, laddove in particolare, richiamandosi pronunce di questa Corte, si rileva, tra l'altro, che il superamento, da parte della lavorazione rumorosa in oggetto, dei limiti differenziali di rumore, deve ricadere all'interno di un mero illecito amministrativo, è fondato.

In ordine anzitutto ai rapporti dell'art. 659 c.p., tra comma 1 e comma 2, questa Corte ha più volte affermato che il reato di cui all'art. 659 c.p., comma 1, resta assorbito in quello previsto dal comma successivo, avente medesima obiettività giuridica, se il disturbo sia arrecato nel normale esercizio di un mestiere rumoroso, mentre risulta integrato in via autonoma se l'esercizio del predetto mestiere eccede le sue normali modalità o ne costituisce uso smodato (tra le altre, Sez. 1^, n. 30773 del 25/05/2006, Galli, Rv. 234881; Sez. 1^, n. 46083 del 06/11/2007, P.G. in proc. Cerrito ed altro, Rv. 238168; Sez. 3^, n. 37313 del 03/07/2014, Scibelli, non massimata).

Quanto poi ai rapporti tra l'ipotesi ex art. 659, comma 2, e l'ipotesi di cui alla L. n. 447 del 1995, art. 10, comma 2, (legge quadro sull'inquinamento acustico), si è ormai costantemente affermato, con plurime pronunce, che nell'ipotesi di esercizio di professione o mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell'Autorità, la carica di lesività del bene giuridico protetto sia dall'art. 659 c.p., comma 2, sia dall'art. 10 cit. consistente nella quiete e tranquillità pubblica, è presunta "ope legis" ed è racchiusa, per intero, nel precetto della disposizione codicistica, che tuttavia cede, di fronte alla configurazione dello speciale illecito amministrativo previsto dall'art. 10 suddetto, qualora l'inquinamento acustico si concretizzi nel mero superamento dei limiti massimi o differenziali di rumore fissati dalle leggi e dai decreti presidenziali in materia. Del resto, ove l'illecito penale non si diversifichi oggettivamente da quello amministrativo almeno per qualche aspetto fattuale, ulteriore e diverso, e si verifichi invece la sovrapponibilità tra i due tipi di condotta, la coesistenza e l'eventuale concorso dei due apparati sanzionatori, penale e amministrativo, potrebbero generare aspetti di manifesta irrazionalità del sistema, consentendosi surrettiziamente la riespansione dell'illecito penale previsto dal primo comma della norma codicistica, nonostante la sostanziale identità del fatto e la stretta affinità dei valori e dei beni meritevoli di tutela. E ciò, inoltre, nell'ambito di un'attività legittimamente autorizzata ed esercitata sul territorio, nel pieno rispetto di ogni altra specifica prescrizione (concernente gli orari consentiti, l'adozione di particolari accorgimenti tecnici e simili) imposta dalla competente autorità comunale per l'esercizio dell'attività industriale rumorosa de qua, di guisa che non residua comunque spazio applicativo alcuno per la fattispecie criminosa di cui all'art. 659 c.p., comma 2, (Sez. 1^, n. 23866 del 09/06/2009, P.M. in proc. Valvassore ed altro, Rv. 243807 in fattispecie relativa a mestiere rumoroso; cfr., altresì, tra le altre, Sez. 3^, n. 29651 del 29/04/2004, Tridici, Rv. 229352).

Sicchè, anche da ultimo, si è ribadito che la condotta costituita dal superamento dei limiti di accettabilità di emissioni sonore derivanti dall'esercizio di professioni o mestieri rumorosi non configura l'ipotesi di reato di cui all'art. 659 c.p., comma 2, ma l'illecito amministrativo di cui alla L. 26 ottobre 1995, n. 447, art. 10, comma 2, (legge quadro sull'inquinamento acustico), in applicazione del principio di specialità contenuto nella L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 9 (Sez. 3^, n. 13015 del 31/01/2014, Vazzana, Rv. 258702; Sez. 1^, n. 48309 del 13/11/2012, Carrozzo ed altro, Rv. 254088).

Conserva invece rilevanza penale, sempre per costante affermazione di questa Corte, l'attività lavorativa che provochi disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone che si qualifichi per la violazione di prescrizioni attinenti al contenimento della rumorosità e diverse da quelle concernenti i limiti delle emissioni o immissioni sonore (Sez. 1^, n. 44167 del 27/10/2009, Fiumara, Rv. 245563; Sez. 3^, n. 2875/07 del 21/12/2006, Roma, Rv. 236091; Sez. 1^, n. 530/05 del 03/12/2004, Termini, Rv. 230890).

In definitiva, allora, deve ritenersi sussistere l'illecito amministrativo ove si verifichi solo il mero superamento dei limiti differenziali; è configurabile l'ipotesi di cui all'art. 659 c.p., comma 1, quando il fatto costitutivo dell'illecito sia rappresentato da qualcosa di diverso ed ulteriore rispetto al mero superamento di limiti di rumore; deve poi ritenersi integrata la contravvenzione ex art. 659 c.p., comma 2, qualora la violazione riguardi altre prescrizioni legali o della Autorità, attinenti all'esercizio del mestiere rumoroso, diverse, però, da quelle impositive di limiti di immissione acustica.

4. Ciò posto, la condotta illecita in esame, genericamente rubricata sub specie di art. 659 c.p., senza ulteriori specificazioni, è stata contestata come proveniente, per effetto esclusivamente del superamento dei limiti differenziali di rumorosità, dall'attività lavorativa intrinsecamente rumorosa svolta dalla società di cui l'imputato è legale rappresentante.

Ne deriva che, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, che ha ricondotto il fatto all'interno della previsione di cui all'art. 659 c.p., comma 1, il disvalore giuridico della condotta si esaurisce, per effetto dei principi sopra richiamati, interamente nel precetto del comma secondo dell'art. 659, a sua volta, tuttavia, come già detto, recessivo, in forza del principio di specialità, rispetto alla previsione di illecito amministrativo di cui alla L. n. 447 del 1995, art. 10, comma 2.

Non rileva infatti, al fine di ritenere, invece, che nella specie si versi, come opinato dalla sentenza impugnata, nell'ambito dell'art. 659 c.p., il fatto che il mero superamento dei limiti differenziali di rumorosità abbia cagionato in concreto il disturbo del riposo delle persone, posto che un tale elemento, seppure in via di presunzione iuris et de iure, è già contenuto anche nell'ambito della previsione del comma 2; e, d'altra parte, una disciplina che, pur autorizzando l'esercizio di attività di per sè rumorose, venisse poi a sanzionare in maniera diversa il superamento, come nella specie, dei soli limiti differenziali per il solo fatto che lo stesso abbia o meno comportato il disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone, prevedendo, nel primo caso, una sanzione penale anche eventualmente detentiva e, nel secondo caso, una sanzione amministrativa, si presterebbe a possibili rilievi in termini di compatibilità costituzionale; e ciò, se non altro, perchè il confine tra illecito penale ed illecito amministrativo verrebbe a dipendere, in definitiva, dalla produzione di un evento correlato ad una attività, in entrambi i casi, lecitamente svolta.

Di qui, del resto, evidentemente, la conclusione, pienamente condivisa da questo collegio, e già richiamata in principio, secondo cui il reato di cui all'art. 659 c.p., comma 1, resta appunto assorbito in quello previsto dal comma successivo, avente medesima obiettività giuridica, se il disturbo sia arrecato nel normale esercizio di un mestiere rumoroso, mentre risulta integrato in via autonoma se l'esercizio del predetto mestiere eccede le sue normali modalità o ne costituisce uso smodato (tra le altre, Sez. 1^, n. 30773 del 25/05/2006, Galli, Rv. 234881; Sez. 1^, n. 46083 del 06/11/2007, P.G. in proc. Cerrito ed altro, Rv. 238168; Sez. 3^, n. 37313 del 03/07/2014, Scibelli, non massimata).

5. In definitiva, il fatto ascritto all'imputato, unicamente caratterizzato, per come accertato dalla stessa sentenza, dal superamento dei limiti differenziali di rumorosità e non anche dalla violazione di prescrizioni legate a diversi ed ulteriori profili, appare esulare dall'ambito della illiceità penale ricadendo nell'ambito dell'illecito amministrativo di cui alla L. n. 447 del 1995, art. 10, comma 2.

La sentenza impugnata va pertanto annullata senza rinvio perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato.
Così deciso in Roma, il 18 settembre 2014.