Corte di Giustizia Sez,. IV sent. 11 settembre 2008
«Ambiente – Direttiva 2000/76/CE – Incenerimento dei rifiuti – Qualificazione di una centrale termoelettrica – Nozioni di “impianti di incenerimento” e di “impianti di coincenerimento”»
«Ambiente – Direttiva 2000/76/CE – Incenerimento dei rifiuti – Qualificazione di una centrale termoelettrica – Nozioni di “impianti di incenerimento” e di “impianti di coincenerimento”»
Nel procedimento C‑251/07,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dallo Högsta domstolen (Suprema Corte svedese) con decisione 7 maggio 2007, pervenuta in cancelleria il 29 maggio seguente, nella causa
Gävle Kraftvärme AB
contro
Länsstyrelsen i Gävleborgs län,
LA CORTE (Quarta Sezione),
composta dal sig. K. Lenaerts, presidente di sezione, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. E. Juhász (relatore), J. Malenovský e T. von Danwitz, giudici,
avvocato generale: sig.ra J. Kokott
cancelliere: sig.ra C. Strömholm, amministratore
vista la fase scritta del procedimento ed in esito all’udienza del 17 aprile 2008,
considerate le osservazioni presentate:
– per il governo svedese, dalla sig.ra A. Falk, in qualità di agente;
– per il governo austriaco, dal sig. E. Riedl, in qualità di agente;
– per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. J.‑B. Laignelot e dalla sig.ra P. Dejmek, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 22 maggio 2008,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 4 dicembre 2000, 2000/76/CE, sull’incenerimento dei rifiuti (GU L 332, pag. 91).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Gävle Kraftvärme AB (in prosieguo la: «Gävle Kraftvärme»)e il Länsstyrelsen i Gävleborgs län (Prefettura di Gävleborg; in prosieguo: la «prefettura») in merito ad una domanda di autorizzazione relativa alla gestione di una centrale termoelettrica.
Contesto normativo
3 L’art. 3, n. 1, della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti (GU L 194, pag. 39), come modificata dalla decisione della Commissione 24 maggio 1996, 96/350/CE (GU L 135, pag. 32; in prosieguo: la «direttiva 75/442»), così dispone:
«Gli Stati membri adottano le misure appropriate per promuovere:
a) in primo luogo, la prevenzione o la riduzione della produzione e della nocività dei rifiuti (...)
(...)
b) in secondo luogo:
– il recupero dei rifiuti mediante riciclo, reimpiego, riutilizzo od ogni altra azione intesa a ottenere materie prime secondarie; o
l’uso di rifiuti come fonte di energia».
4 La direttiva 75/442 è stata abrogata e codificata, con effetto dal 17 maggio 2006, dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 5 aprile 2006, 2006/12/CE, relativa ai rifiuti (GU L 114, pag. 9). L’art. 3, n. 1, della direttiva 2006/12 ricalca, in termini sostanzialmente identici, l’art. 3, n. 1, della direttiva 75/442.
5 Il settimo, il tredicesimo ed il ventiquattresimo ‘considerando’ della direttiva 2000/76 così recitano:
«(7) (...), ai fini di un elevato livello di protezione ambientale e della salute umana, è necessario predisporre e mantenere condizioni di funzionamento, requisiti tecnici e valori limite di emissione rigorosi per gli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti nella Comunità. I valori limite stabiliti dovrebbero prevenire o [a] limitare per quanto praticabile gli effetti dannosi per l’ambiente e i relativi rischi per la salute umana.
(...)
(13) Il rispetto dei valori limite di emissione previsti dalla presente direttiva dovrebbe essere considerato come una condizione necessaria ma non sufficiente a garantire il rispetto dei requisiti della direttiva [del Consiglio 24 settembre 1996] 96/61/CE [sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento (GU L 257, pag. 26)]. Per assicurare tale rispetto può essere necessario prevedere valori limite di emissione più severi per le sostanze inquinanti contemplate dalla presente direttiva, valori di emissione relativi ad altre sostanze e altre componenti ambientali, e altre condizioni opportune.
(...)
(24) I requisiti dettati per il recupero del calore generato nel processo di incenerimento e di coincenerimento e per ridurre al minimo e riciclare i residui che risultano dal funzionamento degli impianti di incenerimento o di coincenerimento sono d’ausilio per il raggiungimento degli obiettivi di cui all’articolo 3 della direttiva 75/442/CEE, relativo alla gerarchia dei rifiuti».
6 La direttiva 2000/76, come emerge dall’art. 1, primo comma, della medesima, è volta ad evitare o a limitare, nella misura del possibile, gli effetti negativi dell’incenerimento e del coincenerimento dei rifiuti sull’ambiente, in particolare l’inquinamento dovuto alle emissioni nell’atmosfera, nel suolo, nelle acque superficiali e sotterranee nonché i rischi per la salute umana che ne risultino.
7 Il successivo secondo comma precisa che tale obiettivo deve essere raggiunto, segnatamente, mediante rigorose condizioni di esercizio e prescrizioni tecniche, nonché istituendo valori limite di emissione per gli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti.
8 I termini «impianto di incenerimento» e di «impianto di coincenerimento» sono definiti all’art. 3, punti 4 e 5, della direttiva 2000/76 nei seguenti termini:
«4) “impianto di incenerimento”: qualsiasi unità e attrezzatura tecnica fissa o mobile destinata al trattamento termico dei rifiuti con o senza recupero del calore prodotto dalla combustione. In questa definizione sono inclusi l’incenerimento mediante ossidazione dei rifiuti nonché altri procedimenti di trattamento termico, quali ad esempio i procedimenti del plasma, sempreché le sostanze risultanti dal trattamento siano successivamente incenerite.
La definizione include il sito e l’insieme dell’impianto di incenerimento, comprese le linee di incenerimento, i luoghi di ricezione e di stoccaggio, le installazioni di pretrattamento in loco, i sistemi di alimentazione in rifiuti, in combustibile e in aria, la caldaia, le installazioni di trattamento dei gas di scarico, le installazioni di trattamento o stoccaggio in loco dei residui e delle acque reflue, il camino, i dispositivi e i sistemi di controllo delle operazioni di incenerimento, di registrazione e di sorveglianza delle condizioni di incenerimento;
5) “impianto di coincenerimento”: qualsiasi impianto fisso o mobile la cui funzione principale consiste nella produzione di energia o di prodotti materiali e:
– che utilizza rifiuti come combustibile normale o accessorio o
– in cui i rifiuti sono sottoposti a un trattamento termico a fini di smaltimento.
Se il coincenerimento avviene in modo che la funzione principale dell’impianto non consiste nella produzione di energia o di prodotti materiali bensì nel trattamento termico dei rifiuti, l’impianto è considerato un impianto di incenerimento ai sensi del punto 4.
La definizione include il sito e l’insieme dell’impianto di incenerimento, comprese tutte le linee di coincenerimento, i luoghi di ricezione e di stoccaggio, le installazioni di pretrattamento in loco, i sistemi di alimentazione in rifiuti, in combustibile e in aria, la caldaia, le installazioni di trattamento del gas di scarico; le installazioni in loco di trattamento o stoccaggio dei residui e delle acque reflue, il camino, i dispositivi e i sistemi di controllo delle operazioni di incenerimento, di registrazione e di sorveglianza delle condizioni di incenerimento».
9 L’art. 3, punto 12, della direttiva 2000/76 definisce la nozione di «autorizzazione» nei seguenti termini:
«la decisione o più decisioni scritte da parte dell’autorità competente che autorizzano l’esercizio dell’impianto a determinate condizioni che devono garantire che l’impianto sia conforme ai requisiti della presente direttiva. Un’autorizzazione può valere per uno o più impianti o parti di essi, che siano localizzati sullo stesso sito e gestiti dal medesimo gestore».
10 A termini dell’art. 4, n. 2, di della direttiva:
«Fatta salva la direttiva 96/61/CE, le domande di autorizzazione relative ad impianti di incenerimento o di coincenerimento presentate all’autorità competente contengono una descrizione delle misure previste per garantire che:
(...)
b) il calore generato durante il processo di incenerimento e di coincenerimento è recuperato per quanto praticabile, ad esempio attraverso la produzione di calore ed energia combinati, la produzione di vapore industriale o il teleriscaldamento (...)
(...)».
11 L’art. 6, nn. 1-3 e 6, della medesima direttiva così recita:
«1. Gli impianti di incenerimento sono gestiti in modo da raggiungere un livello di incenerimento tale che il tenore di carbonio organico totale (TOC) delle scorie e delle ceneri pesanti sia inferiore al 3% o la loro perdita per ignizione sia inferiore al 5% del peso a secco del materiale. Ciò può implicare l’utilizzazione di adeguate tecniche di pretrattamento dei rifiuti.
Gli impianti di incenerimento sono progettati, costruiti, attrezzati e fatti funzionare in maniera che i gas prodotti dal processo di incenerimento siano portati, dopo l’ultima immissione di aria di combustione, in modo controllato e omogeneo persino nelle condizioni più sfavorevoli, a una temperatura di 850°C misurata vicino alla parete interna o in un altro punto rappresentativo della camera di combustione, secondo quanto autorizzato dall’autorità competente, per due secondi. Se sono inceneriti rifiuti pericolosi contenenti oltre l’1% di sostanze organiche alogenate, espresse in cloro, la temperatura è portata ad almeno 1 100 °C, per almeno due secondi.
Ciascuna linea di un impianto di incenerimento è dotata di almeno un bruciatore di riserva che entra in funzione automaticamente non appena la temperatura dei gas di combustione, dopo l’ultima immissione di aria di combustione, scende al di sotto di 850 °C o di 1 100 °C, a seconda dei casi. Tale bruciatore è utilizzato anche nelle operazioni di avvio e di arresto dell’impianto per garantire una temperatura costante di 850 °C o di 1 100 °C, a seconda dei casi, durante tali operazioni e fintantoché vi siano rifiuti nella camera di combustione.
Durante le fasi di avvio e di arresto o quando la temperatura dei gas di combustione scende al di sotto di 850 °C o di 1 100 °C, a seconda dei casi, il bruciatore di riserva non è alimentato con combustibili che provochino emissioni superiori a quelle derivanti dalla combustione di gasolio, quale definito all’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 75/716/CEE, di gas liquefatto o di gas naturale.
2. Gli impianti di coincenerimento sono progettati, costruiti, attrezzati e fatti funzionare in maniera che i gas prodotti dal coincenerimento dei rifiuti siano portati in modo controllato e omogeneo, persino nelle condizioni più sfavorevoli, a una temperatura di 850 °C per due secondi. Se sono inceneriti rifiuti pericolosi contenenti oltre l’1% di sostanze organiche alogenate, espresse in cloro, la temperatura è portata a 1 100 °C.
3. Gli impianti di incenerimento e di coincenerimento sono dotati di un sistema automatico per impedire l’introduzione di rifiuti:
a) all’avvio, fino al raggiungimento della temperatura di 850 °C o di 1 100 °C, a seconda dei casi, oppure la temperatura specificata ai sensi del paragrafo 4;
b) ogniqualvolta la temperatura scenda al di sotto di 850 °C o di 1 100 °C, a seconda dei casi, oppure della temperatura specificata ai sensi del paragrafo 4;
c) ogniqualvolta le misurazioni continue previste dalla presente direttiva indichino che uno qualsiasi dei valori limite di emissione è superato a causa del cattivo funzionamento o di un guasto dei dispositivi di depurazione.
(...)
6. Il calore generato dai processi di incenerimento o di coincenerimento è recuperato per quanto praticabile».
12 L’art. 7 della direttiva 2000/76, nel combinato disposto con gli allegati II e V della medesima, fissa i valori limite di emissione per gli impianti di incenerimento nonché per gli impianti di coincenerimento. A termini del n. 2, secondo comma, di tale articolo, i valori limite di emissione che si applicano agli impianti di incenerimento si applicano parimenti agli impianti di coincenerimento qualora più del 40% del calore liberato sia prodotto da rifiuti pericolosi.
Causa principale e questioni pregiudiziali
13 La Gävle Kraftvärme è una società del gruppo Gävle Energi, appartenente, a sua volta, ad una società per azioni detenuta dal Comune di Gävle. Essa gestisce la centrale termoelettrica di Johannes, che costituisce l’impianto di produzione di base della rete di teleriscaldamento di Gävle, che produce calore ed energia elettrica.
14 In previsione dell’estensione di tale centrale, la Gävle Kraftvärme presentava dinanzi all’Östersunds tingsrätt, miljödomstolen (sezione del Tribunale di Östersund competente in materia ambientale), domanda diretta all’autorizzazione all’esercizio di attività, nella centrale medesima, con capacità termica complessiva massima di 170 MW. Tale domanda verteva, in particolare, sui seguenti aspetti:
– autorizzazione alla prosecuzione della gestione della caldaia a combustibile solido attuale (caldaia n. 1), dotata di capacità termica complessiva di 85 MW;
– installazione e messa in servizio di una nuova caldaia per combustione di rifiuti dotata di capacità termica complessiva massima di 50 MW (caldaia n. 2), e
– installazione e messa in servizio di una nuova caldaia per biocombustibili dotata di capacità termica complessiva massima di 85 MW(caldaia n. 3).
15 La domanda riguardava, inoltre, altre modifiche rese necessarie dalla prevista estensione dell’attività.
16 Al momento della presentazione di detta domanda, le modalità dettagliate della detta estensione non erano ancora fissate definitivamente. La Gävle Kraftvärme poteva procedere alla costruzione della caldaia n. 2 e far costruire la caldaia n. 3 unicamente in caso di necessità ovvero poteva rinunciare alla costruzione della caldaia n. 2 procedendo, piuttosto, alla costruzione della caldaia n. 3. In ogni caso, la potenza complessiva non doveva superare gli 85 MW.
17 Nella domanda di autorizzazione la Gävle Kraftvärme affermava che tanto la caldaia n. 1 quanto la caldaia n. 2 potevano essere qualificate «impianti di coincenerimento». La prefettura, che si dichiarava favorevole all’accoglimento della domanda, riteneva tuttavia che l’attività di cui trattasi corrispondesse piuttosto a quella di un impianto di incenerimento di rifiuti. Il Tribunale di Östersund accoglieva la qualifica proposta dalla Gävle Kraftvärme, ritenendo che l’obiettivo principale dell’impianto consistesse nella produzione di energia.
18 La prefettura impugnava la detta decisione dinanzi allo Svea Hovrätt, Miljööverdomstolen (sezione della Corte d’appello di Svea competente in materia ambientale), deducendo che la caldaia n. 1 doveva essere qualificata «impianto di coincenerimento», laddove la caldaia n. 2 doveva essere qualificata «impianto di incenerimento», qualifiche che la detta Corte d’appello accoglieva.
19 Avverso quest’ultima decisione la Gävle Kraftvärme proponeva ricorso dinanzi allo Högsta domstolen (Corte suprema), sostenendo che la Corte d’appello avesse erroneamente qualificato separatamente le caldaie.
20 Il giudice del rinvio rileva che la qualifica di un impianto è rilevante, in quanto le esigenze in materia di gestione differiscono a seconda del singolo tipo di impianto. Ritenendo che la soluzione della causa principale dipendesse dall’interpretazione del diritto comunitario, detto giudice decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se, in base all’interpretazione delle direttiva 2000/76 (...), qualora una centrale per la produzione di energia termoelettrica sia costituita da più unità (caldaie), ogni unità debba essere considerata quale impianto, ovvero se la valutazione debba riferirsi alla centrale termoelettrica nella sua totalità.
2) Se un impianto costruito per l’incenerimento dei rifiuti, ma avente come obiettivo principale la produzione di energia, debba, in base all’interpretazione della direttiva [2000/76], essere classificato come impianto di incenerimento ovvero come impianto di coincenerimento».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione
21 Le nozioni di «impianto di incenerimento» e di «impianto di coincenerimento» sono definite all’art. 3, punti 4 e 5, della direttiva 2000/76.
22 Il detto art. 3, n. 4, definisce un impianto quale «qualsiasi unità e attrezzatura tecnica».
23 Il termine «impianto» non viene precisato nell’ambito della definizione di «impianto di coincenerimento» di cui all’art. 3, punto 5, della direttiva 2000/76, ma è manifesto che tale disposizione rinvia implicitamente al punto precedente del medesimo articolo. Infatti, dal tenore del detto punto 5 emerge che la definizione di «impianto di coincenerimento» si fonda sulla nozione di «impianto di incenerimento» di cui al detto art. 3, punto 4, e che tali disposizioni non divergono per quanto attiene al complesso degli elementi tecnici che devono essere presi in considerazione ai fini della qualificazione di un impianto di incenerimento.
24 Gli elementi tecnici costitutivi di un impianto di incenerimento e di un impianto di coincenerimento sono indicati all’art. 3, punti 4, secondo comma, e 5, terzo comma, della direttiva 2000/76. Fra tali elementi figura «la caldaia». Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 20 delle conclusioni, a differenza di altri elementi indicati al plurale, il termine la «caldaia» (nonché il termine il «camino») è menzionato al singolare.
25 Il tenore dell’art. 3, punti 4 e 5, della direttiva 2000/76 depone quindi a favore dell’interpretazione secondo cui ogni singola caldaia costituisce, con le attrezzature ad essa connesse, un impianto distinto ai sensi della direttiva.
26 Tale interpretazione risulta avvalorata dalla ratio e dalla finalità della direttiva 2000/76
27 Per quanto attiene, da un lato, alla sua ratio, è pacifico che gli impianti di incenerimento e gli impianti di coincenerimento sono soggetti a regole differenti per quanto riguarda le condizioni di esercizio nonché i valori limite di emissione loro applicabili. In linea generale, gli impianti di coincenerimento sono soggetti a regole meno severe.
28 Per quanto riguarda, in particolare, le condizioni di esercizio, quelle applicabili agli impianti di incenerimento implicano requisiti relativi al tenore di carbonio organico totale delle scorie e delle ceneri nonché alla loro perdita per ignizione che non sono invece previsti per gli impianti di coincenerimento. Inoltre, se è pur vero che, per entrambi i tipi di impianto, le condizioni di esercizio comprendono taluni requisiti relativi alla temperatura dei gas di combustione prodotti dall’alimentazione mediante rifiuti, solamente gli impianti di incenerimento devono essere provvisti quanto meno di un bruciatore di riserva.
29 Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 21 delle conclusioni, talune disposizioni relative agli impianti di incenerimento possono essere applicate solo ad ogni singola caldaia. Ne consegue che l’interpretazione secondo cui, in una centrale termoelettrica, ogni caldaia dev’essere considerata quale impianto distinto è conforme alla ratio della direttiva 2000/76.
30 Tale conclusione risulta inoltre avvalorata dalle norme relative all’ottenimento dell’autorizzazione all’esercizio di un impianto di incenerimento o di un impianto di coincenerimento. Infatti, l’art. 3, punto 12, della direttiva 2000/76 prevede espressamente l’ipotesi della concessione di un’autorizzazione per più impianti distinti localizzati sullo stesso sito e gestiti dal medesimo gestore.
31 Per quanto attiene, d’altro canto, alla finalità della direttiva 2000/76, quest’ultima è volta, come emerge dal suo art. 1, a prevenire o a limitare, nella misura del possibile, gli effetti negativi dell’incenerimento e del coincenerimento dei rifiuti sull’ambiente, imponendo condizioni di esercizio e requisiti tecnici severi nonché fissando valori limite di emissione.
32 Come rilevato dal governo austriaco e dalla Commissione delle Comunità europee nelle proprie osservazioni, un’interpretazione della direttiva 2000/76 che escludesse la qualifica separata di ogni singola caldaia rischierebbe di compromettere tale finalità. In tal senso, nell’ipotesi in cui una centrale termoelettrica costituita da impianti di incenerimento e di coincenerimento venisse qualificata, nel suo complesso, quale «impianto di coincenerimento», tale centrale potrebbe sottrarsi agli obblighi più severi previsti per gli impianti di incenerimento.
33 Alla luce delle suesposte considerazioni, la prima questione dev’essere risolta nel senso che, ai fini dell’applicazione della direttiva 2000/76, qualora una centrale termoelettrica comprenda più caldaie, ogni singola caldaia nonché le attrezzature ad essa connesse devono essere considerate quale impianto distinto.
Sulla seconda questione
34 A termini dell’art. 3, punto 4, primo comma, della direttiva 2000/76, un impianto destinato specificamente al trattamento termico dei rifiuti costituisce un impianto di incenerimento.
35 Conformemente al successivo punto 5, primo comma, un impianto la cui funzione principale consista nella produzione di energia o di prodotti materiali e che utilizzi rifiuti come combustibile normale o accessorio ovvero in cui i rifiuti siano sottoposti ad un trattamento termico ai fini di smaltimento dev’essere considerato quale impianto di coincenerimento.
36 Il secondo comma del detto art. 3, punto 5, precisa che, qualora il coincenerimento avvenga in modo che la funzione principale dell’impianto non consiste nella produzione di energia o di prodotti materiali bensì nel trattamento termico dei rifiuti, l’impianto di cui trattasi dev’essere considerato quale impianto di incenerimento ai sensi del precedente punto 4.
37 Dal tenore di tali disposizioni emerge chiaramente che un impianto di coincenerimento costituisce una forma particolare di impianto di incenerimento e che la questione se un impianto debba essere considerato quale impianto di incenerimento ovvero quale impianto di coincenerimento dipende dalla funzione principale dell’impianto medesimo.
38 Si deve precisare che le valutazioni in ordine alla funzione principale di un impianto vertono su elementi di fatto sussistenti al momento delle valutazioni stesse, vale a dire sulla capacità e sul funzionamento dell’impianto ovvero, qualora l’impianto non sia ancora costruito, tali valutazioni dovranno essere compiute alla luce del progetto in base al quale sia stata chiesta l’autorizzazione al relativo esercizio.
39 Nelle proprie osservazioni scritte il governo svedese sostiene che impostare la qualificazione di un impianto fondandosi unicamente sulla sua funzione principale rischierebbe di eludere la finalità della direttiva 2000/76. Infatti, varie unità di incenerimento concepite e costruite inizialmente ai fini dell’incenerimento dei rifiuti potrebbero essere riqualificate quali impianti di coincenerimento qualora il calore recuperato venisse utilizzato ai fini della produzione di energia. Tali unità sfuggirebbero, in tal modo, ai più severi requisiti previsti per gli impianti di incenerimento. A parere del detto governo, ai fini della distinzione tra i due tipi di impianto occorrerebbe fondarsi piuttosto sull’obiettivo in vista del quale l’unità in questione sia stata costruita.
40 Tale interpretazione non può tuttavia essere accolta. In primo luogo, essa risulta in conflitto con il chiaro tenore della direttiva 2000/76. Come rilevato dalla Commissione nelle proprie osservazioni dinanzi alla Corte, dall’esplicito tenore dell’art. 3, punto 5, della direttiva medesima emerge che gli impianti di coincenerimento si distinguono da quelli di incenerimento in considerazione della loro funzione principale. Per contro, tale disposizione non fissa alcun criterio per quanto attiene al fine per il quale l’impianto stesso sia stato costruito.
41 In secondo luogo, come emerge dal ventiquattresimo ‘considerando’ della detta direttiva nonché dagli artt. 3, n. 1, lett. b), delle direttive 75/442 e 2006/12, la normativa comunitaria in materia di rifiuti è volta a promuovere, nella misura del possibile, il recupero dei rifiuti e, in particolare, l’utilizzazione dei medesimi quale fonte di energia. Orbene, un’interpretazione troppo restrittiva della nozione di «impianto di coincenerimento» potrebbe compromettere il conseguimento di tale obiettivo. Infatti, l’applicazione di norme più severe a quegli impianti la cui funzione principale consista effettivamente nella produzione di energia o di prodotti materiali potrebbe dissuadere gli operatori di tali unità all’avvio o alla prosecuzione dell’attività.
42 In terzo luogo, si deve sottolineare che il fatto che un impianto provveda alla produzione di energia mediante incenerimento di rifiuti in volumi limitati non è di per sé sufficiente per considerarlo quale unità la cui funzione principale consista nella produzione di energia o di prodotti materiali. Infatti, il menzionato ventiquattresimo ‘considerando’ nonché gli artt. 4, n. 2, lett. b), e 6, n. 6, della direttiva 2000/76 contemplano espressamente, nella misura del possibile, il recupero del calore prodotto non solamente nel processo di coincenerimento, bensì parimenti nel processo di incenerimento.
43 Si deve infine rammentare che la direttiva 2000/76 impone severi requisiti per i due tipi di impianti e prevede garanzie specifiche per gli impianti di coincenerimento Ad esempio, a termini dell’art. 7, n. 2, secondo comma, della direttiva medesima, i valori limite di emissioni fissati per gli impianti di incenerimento si applicano parimenti agli impianti di coincenerimento qualora più del 40% del calore liberato provenga da rifiuti pericolosi. Inoltre, come emerge dal tredicesimo ‘considerando’ della direttiva stessa, gli impianti da questa previsti, qualora, in considerazione della loro capacità, ricadano anche nella sfera di applicazione della direttiva 96/61, debbono parimenti rispettare le disposizioni fissate da quest’ultima direttiva, particolarmente per quanto attiene ai valori limite di emissione.
44 Come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 42-47 delle conclusioni, la funzione principale di un’unità di incenerimento deve risultare in modo obiettivo da più elementi di fatto.
45 Nell’ambito di tale valutazione, spetta alle autorità competenti esaminare le caratteristiche specifiche di ogni singolo impianto. In particolare, occorrerà tener conto del volume di produzione di energia o di prodotti materiali generati rispetto al quantitativo di rifiuti inceneriti nell’impianto di cui trattasi nonché la stabilità ovvero la continuità di tale produzione.
46 Alla luce delle suesposte considerazioni, la seconda questione pregiudiziale dev’essere risolta nel senso che un impianto dev’essere qualificato «impianto di incenerimento» ovvero «impianto di coincenerimento», ai sensi dell’art. 3, punti 4 e 5, della direttiva 2000/76, in considerazione della sua funzione principale. Spetta alle autorità competenti individuare tale funzione sulla base di una valutazione degli elementi di fatto esistenti al momento dell’effettuazione della valutazione stessa. Nell’ambito di tale valutazione occorrerà tener conto, in particolare, del volume della produzione di energia o di prodotti materiali generati dall’impianto di cui trattasi rispetto al quantitativo di rifiuti inceneriti nell’impianto medesimo nonché della stabilità o continuità di tale produzione.
Sulle spese
47 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:
1) Ai fini dell’applicazione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 4 dicembre 2000, 2000/76/CE, sull’incenerimento dei rifiuti, qualora una centrale termoelettrica comprenda più caldaie, ogni caldaia nonché le attrezzature ad essa connesse devono essere considerate quale impianto distinto.
2) Un impianto dev’essere qualificato «impianto di incenerimento» ovvero «impianto di coincenerimento», ai sensi dell’art. 3, punti 4 e 5, della direttiva 2000/76, in considerazione della sua funzione principale. Spetta alle autorità competenti individuare tale funzione sulla base di una valutazione degli elementi di fatto esistenti al momento dell’effettuazione della valutazione stessa. Nell’ambito di tale valutazione occorrerà tener conto, in particolare, del volume della produzione di energia o di prodotti materiali generati dall’impianto di cui trattasi rispetto al quantitativo di rifiuti inceneriti nell’impianto medesimo nonché della stabilità o continuità di tale produzione.
Firme
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dallo Högsta domstolen (Suprema Corte svedese) con decisione 7 maggio 2007, pervenuta in cancelleria il 29 maggio seguente, nella causa
Gävle Kraftvärme AB
contro
Länsstyrelsen i Gävleborgs län,
LA CORTE (Quarta Sezione),
composta dal sig. K. Lenaerts, presidente di sezione, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. E. Juhász (relatore), J. Malenovský e T. von Danwitz, giudici,
avvocato generale: sig.ra J. Kokott
cancelliere: sig.ra C. Strömholm, amministratore
vista la fase scritta del procedimento ed in esito all’udienza del 17 aprile 2008,
considerate le osservazioni presentate:
– per il governo svedese, dalla sig.ra A. Falk, in qualità di agente;
– per il governo austriaco, dal sig. E. Riedl, in qualità di agente;
– per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. J.‑B. Laignelot e dalla sig.ra P. Dejmek, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 22 maggio 2008,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 4 dicembre 2000, 2000/76/CE, sull’incenerimento dei rifiuti (GU L 332, pag. 91).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Gävle Kraftvärme AB (in prosieguo la: «Gävle Kraftvärme»)e il Länsstyrelsen i Gävleborgs län (Prefettura di Gävleborg; in prosieguo: la «prefettura») in merito ad una domanda di autorizzazione relativa alla gestione di una centrale termoelettrica.
Contesto normativo
3 L’art. 3, n. 1, della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti (GU L 194, pag. 39), come modificata dalla decisione della Commissione 24 maggio 1996, 96/350/CE (GU L 135, pag. 32; in prosieguo: la «direttiva 75/442»), così dispone:
«Gli Stati membri adottano le misure appropriate per promuovere:
a) in primo luogo, la prevenzione o la riduzione della produzione e della nocività dei rifiuti (...)
(...)
b) in secondo luogo:
– il recupero dei rifiuti mediante riciclo, reimpiego, riutilizzo od ogni altra azione intesa a ottenere materie prime secondarie; o
l’uso di rifiuti come fonte di energia».
4 La direttiva 75/442 è stata abrogata e codificata, con effetto dal 17 maggio 2006, dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 5 aprile 2006, 2006/12/CE, relativa ai rifiuti (GU L 114, pag. 9). L’art. 3, n. 1, della direttiva 2006/12 ricalca, in termini sostanzialmente identici, l’art. 3, n. 1, della direttiva 75/442.
5 Il settimo, il tredicesimo ed il ventiquattresimo ‘considerando’ della direttiva 2000/76 così recitano:
«(7) (...), ai fini di un elevato livello di protezione ambientale e della salute umana, è necessario predisporre e mantenere condizioni di funzionamento, requisiti tecnici e valori limite di emissione rigorosi per gli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti nella Comunità. I valori limite stabiliti dovrebbero prevenire o [a] limitare per quanto praticabile gli effetti dannosi per l’ambiente e i relativi rischi per la salute umana.
(...)
(13) Il rispetto dei valori limite di emissione previsti dalla presente direttiva dovrebbe essere considerato come una condizione necessaria ma non sufficiente a garantire il rispetto dei requisiti della direttiva [del Consiglio 24 settembre 1996] 96/61/CE [sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento (GU L 257, pag. 26)]. Per assicurare tale rispetto può essere necessario prevedere valori limite di emissione più severi per le sostanze inquinanti contemplate dalla presente direttiva, valori di emissione relativi ad altre sostanze e altre componenti ambientali, e altre condizioni opportune.
(...)
(24) I requisiti dettati per il recupero del calore generato nel processo di incenerimento e di coincenerimento e per ridurre al minimo e riciclare i residui che risultano dal funzionamento degli impianti di incenerimento o di coincenerimento sono d’ausilio per il raggiungimento degli obiettivi di cui all’articolo 3 della direttiva 75/442/CEE, relativo alla gerarchia dei rifiuti».
6 La direttiva 2000/76, come emerge dall’art. 1, primo comma, della medesima, è volta ad evitare o a limitare, nella misura del possibile, gli effetti negativi dell’incenerimento e del coincenerimento dei rifiuti sull’ambiente, in particolare l’inquinamento dovuto alle emissioni nell’atmosfera, nel suolo, nelle acque superficiali e sotterranee nonché i rischi per la salute umana che ne risultino.
7 Il successivo secondo comma precisa che tale obiettivo deve essere raggiunto, segnatamente, mediante rigorose condizioni di esercizio e prescrizioni tecniche, nonché istituendo valori limite di emissione per gli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti.
8 I termini «impianto di incenerimento» e di «impianto di coincenerimento» sono definiti all’art. 3, punti 4 e 5, della direttiva 2000/76 nei seguenti termini:
«4) “impianto di incenerimento”: qualsiasi unità e attrezzatura tecnica fissa o mobile destinata al trattamento termico dei rifiuti con o senza recupero del calore prodotto dalla combustione. In questa definizione sono inclusi l’incenerimento mediante ossidazione dei rifiuti nonché altri procedimenti di trattamento termico, quali ad esempio i procedimenti del plasma, sempreché le sostanze risultanti dal trattamento siano successivamente incenerite.
La definizione include il sito e l’insieme dell’impianto di incenerimento, comprese le linee di incenerimento, i luoghi di ricezione e di stoccaggio, le installazioni di pretrattamento in loco, i sistemi di alimentazione in rifiuti, in combustibile e in aria, la caldaia, le installazioni di trattamento dei gas di scarico, le installazioni di trattamento o stoccaggio in loco dei residui e delle acque reflue, il camino, i dispositivi e i sistemi di controllo delle operazioni di incenerimento, di registrazione e di sorveglianza delle condizioni di incenerimento;
5) “impianto di coincenerimento”: qualsiasi impianto fisso o mobile la cui funzione principale consiste nella produzione di energia o di prodotti materiali e:
– che utilizza rifiuti come combustibile normale o accessorio o
– in cui i rifiuti sono sottoposti a un trattamento termico a fini di smaltimento.
Se il coincenerimento avviene in modo che la funzione principale dell’impianto non consiste nella produzione di energia o di prodotti materiali bensì nel trattamento termico dei rifiuti, l’impianto è considerato un impianto di incenerimento ai sensi del punto 4.
La definizione include il sito e l’insieme dell’impianto di incenerimento, comprese tutte le linee di coincenerimento, i luoghi di ricezione e di stoccaggio, le installazioni di pretrattamento in loco, i sistemi di alimentazione in rifiuti, in combustibile e in aria, la caldaia, le installazioni di trattamento del gas di scarico; le installazioni in loco di trattamento o stoccaggio dei residui e delle acque reflue, il camino, i dispositivi e i sistemi di controllo delle operazioni di incenerimento, di registrazione e di sorveglianza delle condizioni di incenerimento».
9 L’art. 3, punto 12, della direttiva 2000/76 definisce la nozione di «autorizzazione» nei seguenti termini:
«la decisione o più decisioni scritte da parte dell’autorità competente che autorizzano l’esercizio dell’impianto a determinate condizioni che devono garantire che l’impianto sia conforme ai requisiti della presente direttiva. Un’autorizzazione può valere per uno o più impianti o parti di essi, che siano localizzati sullo stesso sito e gestiti dal medesimo gestore».
10 A termini dell’art. 4, n. 2, di della direttiva:
«Fatta salva la direttiva 96/61/CE, le domande di autorizzazione relative ad impianti di incenerimento o di coincenerimento presentate all’autorità competente contengono una descrizione delle misure previste per garantire che:
(...)
b) il calore generato durante il processo di incenerimento e di coincenerimento è recuperato per quanto praticabile, ad esempio attraverso la produzione di calore ed energia combinati, la produzione di vapore industriale o il teleriscaldamento (...)
(...)».
11 L’art. 6, nn. 1-3 e 6, della medesima direttiva così recita:
«1. Gli impianti di incenerimento sono gestiti in modo da raggiungere un livello di incenerimento tale che il tenore di carbonio organico totale (TOC) delle scorie e delle ceneri pesanti sia inferiore al 3% o la loro perdita per ignizione sia inferiore al 5% del peso a secco del materiale. Ciò può implicare l’utilizzazione di adeguate tecniche di pretrattamento dei rifiuti.
Gli impianti di incenerimento sono progettati, costruiti, attrezzati e fatti funzionare in maniera che i gas prodotti dal processo di incenerimento siano portati, dopo l’ultima immissione di aria di combustione, in modo controllato e omogeneo persino nelle condizioni più sfavorevoli, a una temperatura di 850°C misurata vicino alla parete interna o in un altro punto rappresentativo della camera di combustione, secondo quanto autorizzato dall’autorità competente, per due secondi. Se sono inceneriti rifiuti pericolosi contenenti oltre l’1% di sostanze organiche alogenate, espresse in cloro, la temperatura è portata ad almeno 1 100 °C, per almeno due secondi.
Ciascuna linea di un impianto di incenerimento è dotata di almeno un bruciatore di riserva che entra in funzione automaticamente non appena la temperatura dei gas di combustione, dopo l’ultima immissione di aria di combustione, scende al di sotto di 850 °C o di 1 100 °C, a seconda dei casi. Tale bruciatore è utilizzato anche nelle operazioni di avvio e di arresto dell’impianto per garantire una temperatura costante di 850 °C o di 1 100 °C, a seconda dei casi, durante tali operazioni e fintantoché vi siano rifiuti nella camera di combustione.
Durante le fasi di avvio e di arresto o quando la temperatura dei gas di combustione scende al di sotto di 850 °C o di 1 100 °C, a seconda dei casi, il bruciatore di riserva non è alimentato con combustibili che provochino emissioni superiori a quelle derivanti dalla combustione di gasolio, quale definito all’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 75/716/CEE, di gas liquefatto o di gas naturale.
2. Gli impianti di coincenerimento sono progettati, costruiti, attrezzati e fatti funzionare in maniera che i gas prodotti dal coincenerimento dei rifiuti siano portati in modo controllato e omogeneo, persino nelle condizioni più sfavorevoli, a una temperatura di 850 °C per due secondi. Se sono inceneriti rifiuti pericolosi contenenti oltre l’1% di sostanze organiche alogenate, espresse in cloro, la temperatura è portata a 1 100 °C.
3. Gli impianti di incenerimento e di coincenerimento sono dotati di un sistema automatico per impedire l’introduzione di rifiuti:
a) all’avvio, fino al raggiungimento della temperatura di 850 °C o di 1 100 °C, a seconda dei casi, oppure la temperatura specificata ai sensi del paragrafo 4;
b) ogniqualvolta la temperatura scenda al di sotto di 850 °C o di 1 100 °C, a seconda dei casi, oppure della temperatura specificata ai sensi del paragrafo 4;
c) ogniqualvolta le misurazioni continue previste dalla presente direttiva indichino che uno qualsiasi dei valori limite di emissione è superato a causa del cattivo funzionamento o di un guasto dei dispositivi di depurazione.
(...)
6. Il calore generato dai processi di incenerimento o di coincenerimento è recuperato per quanto praticabile».
12 L’art. 7 della direttiva 2000/76, nel combinato disposto con gli allegati II e V della medesima, fissa i valori limite di emissione per gli impianti di incenerimento nonché per gli impianti di coincenerimento. A termini del n. 2, secondo comma, di tale articolo, i valori limite di emissione che si applicano agli impianti di incenerimento si applicano parimenti agli impianti di coincenerimento qualora più del 40% del calore liberato sia prodotto da rifiuti pericolosi.
Causa principale e questioni pregiudiziali
13 La Gävle Kraftvärme è una società del gruppo Gävle Energi, appartenente, a sua volta, ad una società per azioni detenuta dal Comune di Gävle. Essa gestisce la centrale termoelettrica di Johannes, che costituisce l’impianto di produzione di base della rete di teleriscaldamento di Gävle, che produce calore ed energia elettrica.
14 In previsione dell’estensione di tale centrale, la Gävle Kraftvärme presentava dinanzi all’Östersunds tingsrätt, miljödomstolen (sezione del Tribunale di Östersund competente in materia ambientale), domanda diretta all’autorizzazione all’esercizio di attività, nella centrale medesima, con capacità termica complessiva massima di 170 MW. Tale domanda verteva, in particolare, sui seguenti aspetti:
– autorizzazione alla prosecuzione della gestione della caldaia a combustibile solido attuale (caldaia n. 1), dotata di capacità termica complessiva di 85 MW;
– installazione e messa in servizio di una nuova caldaia per combustione di rifiuti dotata di capacità termica complessiva massima di 50 MW (caldaia n. 2), e
– installazione e messa in servizio di una nuova caldaia per biocombustibili dotata di capacità termica complessiva massima di 85 MW(caldaia n. 3).
15 La domanda riguardava, inoltre, altre modifiche rese necessarie dalla prevista estensione dell’attività.
16 Al momento della presentazione di detta domanda, le modalità dettagliate della detta estensione non erano ancora fissate definitivamente. La Gävle Kraftvärme poteva procedere alla costruzione della caldaia n. 2 e far costruire la caldaia n. 3 unicamente in caso di necessità ovvero poteva rinunciare alla costruzione della caldaia n. 2 procedendo, piuttosto, alla costruzione della caldaia n. 3. In ogni caso, la potenza complessiva non doveva superare gli 85 MW.
17 Nella domanda di autorizzazione la Gävle Kraftvärme affermava che tanto la caldaia n. 1 quanto la caldaia n. 2 potevano essere qualificate «impianti di coincenerimento». La prefettura, che si dichiarava favorevole all’accoglimento della domanda, riteneva tuttavia che l’attività di cui trattasi corrispondesse piuttosto a quella di un impianto di incenerimento di rifiuti. Il Tribunale di Östersund accoglieva la qualifica proposta dalla Gävle Kraftvärme, ritenendo che l’obiettivo principale dell’impianto consistesse nella produzione di energia.
18 La prefettura impugnava la detta decisione dinanzi allo Svea Hovrätt, Miljööverdomstolen (sezione della Corte d’appello di Svea competente in materia ambientale), deducendo che la caldaia n. 1 doveva essere qualificata «impianto di coincenerimento», laddove la caldaia n. 2 doveva essere qualificata «impianto di incenerimento», qualifiche che la detta Corte d’appello accoglieva.
19 Avverso quest’ultima decisione la Gävle Kraftvärme proponeva ricorso dinanzi allo Högsta domstolen (Corte suprema), sostenendo che la Corte d’appello avesse erroneamente qualificato separatamente le caldaie.
20 Il giudice del rinvio rileva che la qualifica di un impianto è rilevante, in quanto le esigenze in materia di gestione differiscono a seconda del singolo tipo di impianto. Ritenendo che la soluzione della causa principale dipendesse dall’interpretazione del diritto comunitario, detto giudice decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se, in base all’interpretazione delle direttiva 2000/76 (...), qualora una centrale per la produzione di energia termoelettrica sia costituita da più unità (caldaie), ogni unità debba essere considerata quale impianto, ovvero se la valutazione debba riferirsi alla centrale termoelettrica nella sua totalità.
2) Se un impianto costruito per l’incenerimento dei rifiuti, ma avente come obiettivo principale la produzione di energia, debba, in base all’interpretazione della direttiva [2000/76], essere classificato come impianto di incenerimento ovvero come impianto di coincenerimento».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione
21 Le nozioni di «impianto di incenerimento» e di «impianto di coincenerimento» sono definite all’art. 3, punti 4 e 5, della direttiva 2000/76.
22 Il detto art. 3, n. 4, definisce un impianto quale «qualsiasi unità e attrezzatura tecnica».
23 Il termine «impianto» non viene precisato nell’ambito della definizione di «impianto di coincenerimento» di cui all’art. 3, punto 5, della direttiva 2000/76, ma è manifesto che tale disposizione rinvia implicitamente al punto precedente del medesimo articolo. Infatti, dal tenore del detto punto 5 emerge che la definizione di «impianto di coincenerimento» si fonda sulla nozione di «impianto di incenerimento» di cui al detto art. 3, punto 4, e che tali disposizioni non divergono per quanto attiene al complesso degli elementi tecnici che devono essere presi in considerazione ai fini della qualificazione di un impianto di incenerimento.
24 Gli elementi tecnici costitutivi di un impianto di incenerimento e di un impianto di coincenerimento sono indicati all’art. 3, punti 4, secondo comma, e 5, terzo comma, della direttiva 2000/76. Fra tali elementi figura «la caldaia». Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 20 delle conclusioni, a differenza di altri elementi indicati al plurale, il termine la «caldaia» (nonché il termine il «camino») è menzionato al singolare.
25 Il tenore dell’art. 3, punti 4 e 5, della direttiva 2000/76 depone quindi a favore dell’interpretazione secondo cui ogni singola caldaia costituisce, con le attrezzature ad essa connesse, un impianto distinto ai sensi della direttiva.
26 Tale interpretazione risulta avvalorata dalla ratio e dalla finalità della direttiva 2000/76
27 Per quanto attiene, da un lato, alla sua ratio, è pacifico che gli impianti di incenerimento e gli impianti di coincenerimento sono soggetti a regole differenti per quanto riguarda le condizioni di esercizio nonché i valori limite di emissione loro applicabili. In linea generale, gli impianti di coincenerimento sono soggetti a regole meno severe.
28 Per quanto riguarda, in particolare, le condizioni di esercizio, quelle applicabili agli impianti di incenerimento implicano requisiti relativi al tenore di carbonio organico totale delle scorie e delle ceneri nonché alla loro perdita per ignizione che non sono invece previsti per gli impianti di coincenerimento. Inoltre, se è pur vero che, per entrambi i tipi di impianto, le condizioni di esercizio comprendono taluni requisiti relativi alla temperatura dei gas di combustione prodotti dall’alimentazione mediante rifiuti, solamente gli impianti di incenerimento devono essere provvisti quanto meno di un bruciatore di riserva.
29 Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 21 delle conclusioni, talune disposizioni relative agli impianti di incenerimento possono essere applicate solo ad ogni singola caldaia. Ne consegue che l’interpretazione secondo cui, in una centrale termoelettrica, ogni caldaia dev’essere considerata quale impianto distinto è conforme alla ratio della direttiva 2000/76.
30 Tale conclusione risulta inoltre avvalorata dalle norme relative all’ottenimento dell’autorizzazione all’esercizio di un impianto di incenerimento o di un impianto di coincenerimento. Infatti, l’art. 3, punto 12, della direttiva 2000/76 prevede espressamente l’ipotesi della concessione di un’autorizzazione per più impianti distinti localizzati sullo stesso sito e gestiti dal medesimo gestore.
31 Per quanto attiene, d’altro canto, alla finalità della direttiva 2000/76, quest’ultima è volta, come emerge dal suo art. 1, a prevenire o a limitare, nella misura del possibile, gli effetti negativi dell’incenerimento e del coincenerimento dei rifiuti sull’ambiente, imponendo condizioni di esercizio e requisiti tecnici severi nonché fissando valori limite di emissione.
32 Come rilevato dal governo austriaco e dalla Commissione delle Comunità europee nelle proprie osservazioni, un’interpretazione della direttiva 2000/76 che escludesse la qualifica separata di ogni singola caldaia rischierebbe di compromettere tale finalità. In tal senso, nell’ipotesi in cui una centrale termoelettrica costituita da impianti di incenerimento e di coincenerimento venisse qualificata, nel suo complesso, quale «impianto di coincenerimento», tale centrale potrebbe sottrarsi agli obblighi più severi previsti per gli impianti di incenerimento.
33 Alla luce delle suesposte considerazioni, la prima questione dev’essere risolta nel senso che, ai fini dell’applicazione della direttiva 2000/76, qualora una centrale termoelettrica comprenda più caldaie, ogni singola caldaia nonché le attrezzature ad essa connesse devono essere considerate quale impianto distinto.
Sulla seconda questione
34 A termini dell’art. 3, punto 4, primo comma, della direttiva 2000/76, un impianto destinato specificamente al trattamento termico dei rifiuti costituisce un impianto di incenerimento.
35 Conformemente al successivo punto 5, primo comma, un impianto la cui funzione principale consista nella produzione di energia o di prodotti materiali e che utilizzi rifiuti come combustibile normale o accessorio ovvero in cui i rifiuti siano sottoposti ad un trattamento termico ai fini di smaltimento dev’essere considerato quale impianto di coincenerimento.
36 Il secondo comma del detto art. 3, punto 5, precisa che, qualora il coincenerimento avvenga in modo che la funzione principale dell’impianto non consiste nella produzione di energia o di prodotti materiali bensì nel trattamento termico dei rifiuti, l’impianto di cui trattasi dev’essere considerato quale impianto di incenerimento ai sensi del precedente punto 4.
37 Dal tenore di tali disposizioni emerge chiaramente che un impianto di coincenerimento costituisce una forma particolare di impianto di incenerimento e che la questione se un impianto debba essere considerato quale impianto di incenerimento ovvero quale impianto di coincenerimento dipende dalla funzione principale dell’impianto medesimo.
38 Si deve precisare che le valutazioni in ordine alla funzione principale di un impianto vertono su elementi di fatto sussistenti al momento delle valutazioni stesse, vale a dire sulla capacità e sul funzionamento dell’impianto ovvero, qualora l’impianto non sia ancora costruito, tali valutazioni dovranno essere compiute alla luce del progetto in base al quale sia stata chiesta l’autorizzazione al relativo esercizio.
39 Nelle proprie osservazioni scritte il governo svedese sostiene che impostare la qualificazione di un impianto fondandosi unicamente sulla sua funzione principale rischierebbe di eludere la finalità della direttiva 2000/76. Infatti, varie unità di incenerimento concepite e costruite inizialmente ai fini dell’incenerimento dei rifiuti potrebbero essere riqualificate quali impianti di coincenerimento qualora il calore recuperato venisse utilizzato ai fini della produzione di energia. Tali unità sfuggirebbero, in tal modo, ai più severi requisiti previsti per gli impianti di incenerimento. A parere del detto governo, ai fini della distinzione tra i due tipi di impianto occorrerebbe fondarsi piuttosto sull’obiettivo in vista del quale l’unità in questione sia stata costruita.
40 Tale interpretazione non può tuttavia essere accolta. In primo luogo, essa risulta in conflitto con il chiaro tenore della direttiva 2000/76. Come rilevato dalla Commissione nelle proprie osservazioni dinanzi alla Corte, dall’esplicito tenore dell’art. 3, punto 5, della direttiva medesima emerge che gli impianti di coincenerimento si distinguono da quelli di incenerimento in considerazione della loro funzione principale. Per contro, tale disposizione non fissa alcun criterio per quanto attiene al fine per il quale l’impianto stesso sia stato costruito.
41 In secondo luogo, come emerge dal ventiquattresimo ‘considerando’ della detta direttiva nonché dagli artt. 3, n. 1, lett. b), delle direttive 75/442 e 2006/12, la normativa comunitaria in materia di rifiuti è volta a promuovere, nella misura del possibile, il recupero dei rifiuti e, in particolare, l’utilizzazione dei medesimi quale fonte di energia. Orbene, un’interpretazione troppo restrittiva della nozione di «impianto di coincenerimento» potrebbe compromettere il conseguimento di tale obiettivo. Infatti, l’applicazione di norme più severe a quegli impianti la cui funzione principale consista effettivamente nella produzione di energia o di prodotti materiali potrebbe dissuadere gli operatori di tali unità all’avvio o alla prosecuzione dell’attività.
42 In terzo luogo, si deve sottolineare che il fatto che un impianto provveda alla produzione di energia mediante incenerimento di rifiuti in volumi limitati non è di per sé sufficiente per considerarlo quale unità la cui funzione principale consista nella produzione di energia o di prodotti materiali. Infatti, il menzionato ventiquattresimo ‘considerando’ nonché gli artt. 4, n. 2, lett. b), e 6, n. 6, della direttiva 2000/76 contemplano espressamente, nella misura del possibile, il recupero del calore prodotto non solamente nel processo di coincenerimento, bensì parimenti nel processo di incenerimento.
43 Si deve infine rammentare che la direttiva 2000/76 impone severi requisiti per i due tipi di impianti e prevede garanzie specifiche per gli impianti di coincenerimento Ad esempio, a termini dell’art. 7, n. 2, secondo comma, della direttiva medesima, i valori limite di emissioni fissati per gli impianti di incenerimento si applicano parimenti agli impianti di coincenerimento qualora più del 40% del calore liberato provenga da rifiuti pericolosi. Inoltre, come emerge dal tredicesimo ‘considerando’ della direttiva stessa, gli impianti da questa previsti, qualora, in considerazione della loro capacità, ricadano anche nella sfera di applicazione della direttiva 96/61, debbono parimenti rispettare le disposizioni fissate da quest’ultima direttiva, particolarmente per quanto attiene ai valori limite di emissione.
44 Come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 42-47 delle conclusioni, la funzione principale di un’unità di incenerimento deve risultare in modo obiettivo da più elementi di fatto.
45 Nell’ambito di tale valutazione, spetta alle autorità competenti esaminare le caratteristiche specifiche di ogni singolo impianto. In particolare, occorrerà tener conto del volume di produzione di energia o di prodotti materiali generati rispetto al quantitativo di rifiuti inceneriti nell’impianto di cui trattasi nonché la stabilità ovvero la continuità di tale produzione.
46 Alla luce delle suesposte considerazioni, la seconda questione pregiudiziale dev’essere risolta nel senso che un impianto dev’essere qualificato «impianto di incenerimento» ovvero «impianto di coincenerimento», ai sensi dell’art. 3, punti 4 e 5, della direttiva 2000/76, in considerazione della sua funzione principale. Spetta alle autorità competenti individuare tale funzione sulla base di una valutazione degli elementi di fatto esistenti al momento dell’effettuazione della valutazione stessa. Nell’ambito di tale valutazione occorrerà tener conto, in particolare, del volume della produzione di energia o di prodotti materiali generati dall’impianto di cui trattasi rispetto al quantitativo di rifiuti inceneriti nell’impianto medesimo nonché della stabilità o continuità di tale produzione.
Sulle spese
47 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:
1) Ai fini dell’applicazione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 4 dicembre 2000, 2000/76/CE, sull’incenerimento dei rifiuti, qualora una centrale termoelettrica comprenda più caldaie, ogni caldaia nonché le attrezzature ad essa connesse devono essere considerate quale impianto distinto.
2) Un impianto dev’essere qualificato «impianto di incenerimento» ovvero «impianto di coincenerimento», ai sensi dell’art. 3, punti 4 e 5, della direttiva 2000/76, in considerazione della sua funzione principale. Spetta alle autorità competenti individuare tale funzione sulla base di una valutazione degli elementi di fatto esistenti al momento dell’effettuazione della valutazione stessa. Nell’ambito di tale valutazione occorrerà tener conto, in particolare, del volume della produzione di energia o di prodotti materiali generati dall’impianto di cui trattasi rispetto al quantitativo di rifiuti inceneriti nell’impianto medesimo nonché della stabilità o continuità di tale produzione.
Firme